[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

173 / MAGGIO 2022 (CCIV)


ambiente

LA GEOGRAFIA DEL GAS
TRA CRISI INTERNAZIONALE E TRANSIZIONE ECOLOGICA / PARTE V

di Leila Tavi

 

La crisi del gas ha costretto governi e imprese a rallentare il processo di decarbonizzazione, mentre il mercato energetico è caratterizzato da un’estrema volatilità, causata principalmente dalle tensioni geopolitiche, dall’aumento della domanda di energia con la ripresa economica e dal conflitto in Ucraina, che hanno innescato picchi significativi nei prezzi dell'energia.
 
Nel 2021 la domanda di energia e le emissioni globali sono aumentate del 5% rispetto al 2020, raggiungendo quasi i livelli pre-COVID-19, ovvero ~33 Gt di CO₂ equivalente legata all'energia, come indicato nel rapporto di McKinsey Global Energy Perspective dell’aprile 2022.
 
Le aspirazioni di arrivare entro il 2050 alla decarbonizzazione espresse dai sessantaquattro Paesi che rappresentano l’89% delle emissioni globali di CO₂, in occasione della COP26 di Glasgow del novembre 2021, prevedevano un mix energetico con il 50% composto da elettricità, idrogeno e synfuel, con una previsione di domanda di elettricità triplicata entro il 2050 e l'utilizzo di idrogeno e di carburanti a base di idrogeno che aumentano la loro quota di mercato a causa della decarbonizzazione. La domanda di idrogeno potrebbe raggiungere i 350-600 mtpa nel 2050, rispetto agli attuali ~80 mtpa, mentre la domanda globale di carburanti dovrebbe aumentare, raggiungendo l'8-22% di tutti i combustibili liquidi entro il 2050.
 
Per quanto riguarda le fonti rinnovabili si prevedeva prima della guerra tra Russia e Ucraina che avrebbero raggiunto l'80-90% del mix energetico globale entro il 2050, grazie all'aumento della produzione di energia solare ed eolica con previsione di crescita rispettivamente di cinque e otto volte.
 
Il conflitto in corso in Ucraina sta però spostando in avanti il picco previsto della domanda dei combustibili fossili, con la domanda di petrolio dovrebbe raggiungere il picco nei prossimi cinque anni, tra il 2024 e il 2027 (circa 102 MMb/d), considerata la progressiva immissione sul mercato dell’automotive di veicoli elettrici. Un altro combustibile la cui domanda è stata influenzata dall’andamento del conflitto in Ucraina è il carbone, che aveva già raggiunto il suo picco nel 2013 ma che, dopo un temporaneo rimbalzo nel 2021, avrà un aumento nel breve periodo, con picchi di prezzo sempre dovuti al conflitto, con la riattivazione di centrali per la sicurezza energetica durante l’emergenza del conflitto e la conseguente riduzione delle importazioni dalla Russia. Nel lungo periodo il trend è comunque quello di una traiettoria discendente.
 
Veniamo ora alla domanda di gas per cui si prevede su tutti i fronti un aumento del 10-20% rispetto a oggi fino al 2035. Da quell’anno in poi gli analisti prevedono che la domanda di gas sarà soggetta a maggiori incertezze, con un mix energetico di biometano, idrogeno e gas naturale.  
 
Per la decarbonizzazione delle industrie pesanti, dove i combustibili fossili rappresentano ancora la fonte energetica più diffusa, è utilizzata la tecnologia CCUS, che sempre entro il 2050 dovrebbe catturare da due a quattro¹ Gt di CO₂, come indicato nel rapporto McKinsey 2022. La Carbon dioxide Capture & Utilization or Storage (cattura e stoccaggio o utilizzo dell’anidride carbonica) impedisce l’emissione in atmosfera della molecola di anidride carbonica. Tale tecnologia consta di due fasi: nella prima le molecole di anidride carbonica, come quelle contenute nei fumi di combustione delle fonti fossili, sono catturate e separate dalle altre a cui sono miscelate grazie all’applicazione di particolari tecnologie. Nella seconda fase, invece, l’anidride carbonica è stoccata in luoghi sicuri (“storage”), oppure è utilizzata nella produzione di altre sostanze (“utilization”), subendo una trasformazione chimica. In entrambi i casi la sua dispersione in atmosfera è evitata. Nel caso dello stoccaggio l’anidride carbonica catturata è trasportata nei luoghi dove può essere iniettata nel sottosuolo, in “depositi” (stoccaggi geologici come giacimenti di idrocarburi esauriti o acquiferi salini) sicuri, atti a contenerla in assenza di perdite nel più lungo periodo. 
 
Le emissioni di CO₂ contribuiscono in larga parte al riscaldamento globale, che secondo uno studio del 2019 di cento climatologi in Francia, dovrebbe arrivare a 7 gradi centigradi nel 2100 con conseguenze catastrofiche. Con la crisi economica in atto e il conflitto in Ucraina è difficile al momento stanziare cospicui investimenti per la ricerca, lo sviluppo e l’attuazione delle nuove tecnologie necessarie alla decarbonizzazione. Di contro, il percorso che prevede di mantenere 1,5° sembra non poter essere realizzato per la decarbonizzazione senza investimenti in tecnologie orientate verso fonti di energia non fossile con una crescita di oltre il 4% all’anno. Gli investimenti annuali per la fornitura e la produzione di energia dovrebbero raddoppiare entro il 2035, per raggiungere 1.500-1.600 miliardi di dollari, necessari per conseguire l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale. 
 
Il gas ha gradualmente aumentato la sua quota nel mix energetico e si prevede che svolgerà un ruolo chiave durante la transizione energetica, grazie alla sua ampia gamma di applicazioni. Come abbiamo avuto modo di spiegare in un precedente articolo, il rally dei prezzi del gas a livello mondiale nel 2021 è stato sostenuto da un'elevata domanda dovuta alla rapida ripresa economica e a condizioni meteorologiche inattese, oltre a una minore offerta, dovuta a interruzioni impreviste e a investimenti insufficienti. 
 
L'incertezza sulle tempistiche e sulle modalità della transizione energetica può influire sulla volatilità dei prezzi del gas e portare a cicli di investimento ancora più pronunciati, considerato che, in futuro, il gas potrebbe svolgere un nuovo ruolo nella produzione di idrogeno e ammoniaca blu, inoltre le infrastrutture che ora trasportano gas potrebbero essere riutilizzate per carburanti a basse emissioni di carbonio o CO₂, come idrogeno e biogas. Applicando la tecnologia CCUS, la previsione di domanda di gas dovrebbe attestarsi al 10% nel prossimo decennio, ma dopo il 2030 le previsioni divergono a seconda degli scenari, in larga parte il trend dipenderà dai progressi nel processo di decarbonizzazione nel riscaldamento degli edifici e per la produzione nell'industria. Quello che è certo è che la domanda di gas sarà più resistente rispetto a quella di altri combustibili fossili, con una quota rispetto alla domanda di energia primaria che dovrebbe scendere dall'attuale 23% al 23-15% entro il 2050.
 
Se fossero mantenuti gli impegni raggiunti dai Paesi che hanno aderito al programma di decarbonizzazione, la restante domanda di gas dal 2050 in poi sarà da parte dei soli Paesi che non hanno assunto impegni di azzeramento delle emissioni, alle compensazioni delle emissioni di carbonio e alla diffusione del CCUS, che spiegano rispettivamente il 54%, il 15% e il 31% della domanda di gas. Una domanda di gas relativamente robusta in termini assoluti si traduce in una riduzione del ruolo del gas nella fornitura di calore ed energia elettrica, a causa della forte crescita di alternative a basso contenuto di carbonio in questi settori, secondo le previsioni di McKinsey.
 
Ricordiamo che il picco della domanda di gas è previsto per il 2035, con una crescita della domanda nell'energia e nell'industria, in particolare in Asia, compensata da un calo nel riscaldamento degli edifici, che già dal 2025 saranno isolati meglio e riscaldati con gas verdi come l’idrogeno e il biometano. A seguito della crescita nel settore energetico fino al 2035-2040, è previsto che il gas svolgerà in seguito un ruolo sempre più di supporto alle energie rinnovabili.
 
La crisi diplomatica tra Occidente e Russia ha innescato uno spostamento regionale della domanda di gas verso l'Asia che proseguirà, senza dubbio, anche alla fine del conflitto in Ucraina, in quanto il ruolo di motore della crescita della domanda della Cina sarà assunto dal Sud-Est asiatico dopo il 2030. Il consumo di gas in Cina sarà con molta probabilità sostenuto dal passaggio dal carbone al gas e dal ruolo del CCUS nell'energia e nell'industria. Quasi tutta la domanda aggiuntiva di gas importato è fornita dal GNL, il gas naturale liquefatto, che secondo le proiezioni porterà a una crescita del 20-70% nel 2050 rispetto al 2019.
 
L'invasione da parte della Russia dell'Ucraina, oltre ad aver innescato una grave crisi umanitaria e ad aver riportato il mondo a un livello di tensione geopolitica da Guerra Fredda, influisce nel breve periodo in modo pesante come fattore esogeno nella transizione energetica, essendo la Russia uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio, gas e materie prime. Sembra però evidente che nel lungo termine la necessità di stabilità per quanto riguarda la sicurezza energetica e l'economia mondiale porterà a una convergenza per accelerare la transizione verso le emissioni zero, a due velocità a livello regionale, con un percorso di decarbonizzazione più rapido in alcune regioni rispetto ad altre. 
 
In passato i conflitti hanno spesso accelerato le transizioni energetiche, basti pensare alle guerre navali del XIX secolo, che hanno incentivato il passaggio dalle navi a vento a quelle a carbone. La Prima Guerra Mondiale ha favorito, invece, il passaggio dal carbone al petrolio, mentre la Seconda Guerra Mondiale ha introdotto l'energia nucleare come fonte energetica. In ognuno di questi casi le innovazioni belliche si sono riversate direttamente nell'economia civile e hanno inaugurato una nuova era. Nel caso della guerra in Ucraina non assistiamo a una spinta all'innovazione energetica, ma a una presa di coscienza della comunità internazionale della necessità immediata di una transizione energetica. 
 
In Europa la transizione energetica si sta attuando con notevole ritardo, soprattutto in alcuni Paesi, tra cui l’Italia. Tale ritardo, in concomitanza con il conflitto in corso, ha provocato un aumento dei prezzi dell'energia con conseguente aumento dell'allocazione di capitale a breve termine per la produzione e il consumo di combustibili fossili, in particolare dagli asset esistenti o recentemente dismessi. Questo aumento improvviso dei prezzi dell’energia ha scaturito una grave e improvvisa crisi economica e politica che deve essere risolta in tempi brevi. 
 
Nello scenario ora descritto la diversificazione dal gas russo richiede del tempo, perché vanno superati gli ostacoli logistici, la negoziazione dei contratti, le restrizioni di capacità dei gasdotti e lo sviluppo delle strutture di importazione. L'Europa ha acquistato più di 46 miliardi di dollari di gas naturale dalla Russia dall'invasione dell'Ucraina (fonte McKinsey) ed ora è costretta, in situazione di emergenza, a diversificare in tempi rapidi le fonti di importazione di combustibili fossili, nell'interesse sia dei prezzi che della sicurezza energetica, anche attraverso una maggiore produzione nazionale, che senza un’innovativa tecnologia porterà inevitabilmente all’utilizzo di combustibili più economici ma più emissivi, come il carbone, come sta accadendo in Germania e come presumibilmente avverrà in Italia. La necessità, inoltre, di allocare maggiori risorse per la difesa contribuirà a ritardare la diffusione delle tecnologie net-zero per mancanza di fondi e di ricerche. 
 
Anche negli Stati Uniti la tendenza a breve termine è quella di aumentare la produzione di combustibili fossili per far fronte all'aumento dei prezzi interni e per sostenere la diversificazione dell'approvvigionamento europeo. La tendenza a medio e lungo termine è meno certa, invece, considerata l'abbondanza di riserve nazionali di combustibili fossili di cui dispongono, gli Stati Uniti sono meno sensibili agli aumenti dei prezzi dell'energia, ma altrettanto esposti alla carenza di materiali chiave a zero emissioni. Pertanto l'economia della transizione potrebbe non migliorare negli Stati Uniti proprio come in Europa. Un probabile scenario energetico a medio termine negli Stati Uniti potrebbe essere l'accelerazione della sostituzione del petrolio più costoso e ad alta intensità di carbonio sul mercato globale, con il petrolio del Bacino Permiano, un bacino sedimentario che si estende nella parte occidentale del Texas e in Nuovo Messico, nel sud-ovest degli Stati Uniti. 
 
In Occidente si rende necessaria, inoltre, un'efficiente politica energetica per ridurre il consumo di combustibili fossili, con una conseguente riduzione di costi per i consumatori e una più efficace sicurezza energetica, che contestualmente potrebbe portare notevoli progressi per la riduzione di CO₂. 
 
Infine, in Asia, nonostante la Russia abbia incrementato verso il sud-est del mondo l'export di gas e petrolio, resta il rischio di un ritorno al carbone nel breve termine. Se le sanzioni riducono l'accesso agli oleodotti che la Russia utilizza principalmente per trasportare petrolio e gas verso l'Europa, ci vorrà del tempo prima che la Russia costruisca oleodotti alternativi per attingere al mercato asiatico. Con la probabilità che il mercato del gas naturale si restringa in modo sostanziale, l'aumento dei prezzi che ne deriverebbe potrebbe spingere i consumatori asiatici meno solidi economicamente ad abbandonare il mercato e a tornare al carbone, che è abbondante, economico e con una regolamentazione più leggera.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]