[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

182 / FEBBRAIO 2023 (CCXIII)


medievale

1439: GALEAS PER MONTES

CONTESA TRA MILANO E VENEZIA PER il territorio GARDESANO

di Raffaele Pisani

 

Ipotizzare uno spostamento di navi dall’Adriatico fino al Lago di Garda per affrontare la flotta nemica è certo idea audacissima, al limite della follia, il fatto poi che abbia avuto successo desta ancora stupore e ammirazione.

 

Blasio de Arboribus, ingegnere, e Nicolò Sorbolo, marinaio, presentarono questo ardito progetto al Senato veneto; derisi all’inizio, vennero poi presi in seria considerazione e il loro disegno trovò ben presto accoglimento. Pare anche che il giudizio favorevole espresso dal Gattamelata abbia contribuito alla decisione.

 

Girolamo dalla Corte alla fine del ‘500, nella sua opera intitolata Dell’istorie della città di Verona, così riporta il fatto: «() quando un certo Sorbolo di Candia, avendo veduto quei luoghi, e considerata diligentemente la natura di quelli, e trovata la via che tener si doveva, si fece introdur in Senato, e disse, che aveva trovato una via da introdurre un’armata da Venezia nel Lago di Garda. Fu stimato costui pazzo alla prima, parendo loro impossibile che ciò far si potesse; ma essendo poi stati avvertiti colui non essere altrimenti pazzo, ma di grande ingegno e giudizio, cominciarono a dargli orecchie, e massimamente quando lo videro star fermo nella sua opinione, e arditamente affermare che gli bastava l’animo di far ciò, adducendo ragioni molto efficaci, ogni volta che dato gli fosse tutto quello, che gli facesse bisogno per tal impresa. Onde ordinarono ai Signori sopra l’Arsenale, che dovessero consegnargli tutto quello che loro domandasse; ed alle Città, e popoli, che sono longo la riva dell’Adige, e fra terra, che l’ubbidissero, ed a lui diedero autorità di poter comandar quante persone, ed animali gli paresse, e dove volesse».

 

Alla decisione formale seguirono ben presto i preparativi. L’arsenale, il più grande complesso produttivo dell’età preindustriale, non mancava né di mezzi né di maestranze qualificate per risolvere ogni problema inerente alla cantieristica, ma inoltrarsi nella terraferma risalendo il fiume Adige, trascinare i natanti scavalcando un valico di 264 metri era certo un lavoro del quale non si avevano esperienze pregresse.

 

 

Il governo veneto era interessato a mantenere buoni rapporti con l’aristocrazia e con la popolazione dei suoi domini di Terraferma e un’impresa di tal genere, che richiedeva requisizioni di animali e di materiali e provocava sbancamenti e taglio di alberi, doveva essere adeguatamente compensata per non provocare risentimenti.

 

Evidentemente per i Veneziani i 15mila ducati da spendere per l’operazione erano considerati un buon investimento, così da poter dominare completamente il Lago di Garda e mettersi al riparo dalla potenza viscontea. È bene ricordare comunque che Venezia, lungi dall’essere in una posizione esclusivamente difensiva, aveva un grande progetto di espansione sulla terraferma. Del resto la penisola italiana era politicamente suddivisa in potentati di dimensione regionale tutti impegnati ad allargare i loro territori, le alleanze erano finalizzate a mettere in difficoltà un avversario troppo potente o a spartirsi i territori di chi era caduto in disgrazia.

 

A differenza di alcune monarchie come la Francia, l’Inghilterra e quelle della penisola iberica, in Italia non c’era alcun disegno di unificazione nazionale. Il dominio più esteso che comprendeva tutto il Sud della penisola era retto da dinastie straniere: gli Angioini ai quali si sostituiranno gli Aragonesi, prima nella sola Sicilia poi tutto il Meridione.

 

La situazione della repubblica veneta era diversa da quella di altri stati regionali della penisola: italiana e al tempo stesso levantina, con domini sugli Stati da Tera e sugli Stati da Mar. La sua politica estera e la sua difesa territoriale e delle rotte di navigazione ponevano complessi problemi. La crescente pressione turca portava Venezia a costituirsi sempre più come Stato territoriale, senza peraltro rinunciare al suo carattere marinaro.

 

Ma l’evento che stiamo trattandosi può leggere anche in chiave molto locale: la disputa tra il Ducato visconteo di Milano e la Repubblica di Venezia; anche l’alleanza di quest’ultima con Firenze non pare incidere più di tanto. Disputa locale e anche personale: da una parte il duca Filippo Maria Visconti dall’altra il doge Francesco Foscari, entrambi risoluti nel portare a termine i loro progetti di espansione.

 

Nel 1438 i Visconti tenevano assediata Brescia e avevano occupato Desenzano e Peschiera del Garda. Ai Veneziani era precluso l’accesso meridionale al lago, l’unica via verso il bacino benacenseera sull’apice settentrionale e qui superando tanti ostacoli condussero la loro flotta. Uscirono dall’arsenale all’inizio del 1439 con 2 grandi galee, 3 fuste e 25 copani, gli uomini impegnati per la navigazione, il trasporto terrestre e il combattimento erano 2.000, alcuni reperiti nella parte terminale del tragitto, 640 buoi provvidero al traino delle imbarcazioni che risalirono il fiume Adige dalla foce fino a Mori, piccolo centro a poca distanza da Rovereto.

 

Se le modeste chiatte per il trasporto delle merci non trovavano particolari problemi nella navigazione, la cosa si presentava ben diversa per questo tipo di imbarcazioni, specie per le galee. Data la magra del fiume nel periodo invernale, per superare certi tratti furono adoperati dei galleggianti onde evitare danni alle carene; giunti alla città di Verona, non potendo passare sotto i ponti, le barche furono tratte in secca e trainate su strada fino a monte della città, per poi riprendere la navigazione sul fiume.

 

Arrivati all’altezza di Mori si mise in secca tutto il naviglio per compiere il tratto più difficile e pieno d’incognite: partendo da 160-170 m sul livello del mare si doveva superare il valico, 264 m s.l.m. che separa la valle dell’Adige dal Lago di Garda. Bisognava spianare la via, abbattere alberi e anche qualche casa, compiti difficili sia dal punto di vista tecnico sia da quello sociale. A Venezia stava a cuore conservare il consenso della popolazione locale, per questo provvide ai relativi risarcimenti per le requisizioni e gli inevitabili danni causati, adoperò anche manodopera locale retribuendola adeguatamente.

 

La salita verso la sommità del valico avvenne con l’ausilio di centinaia di buoi che trascinarono le barche sopra tronchi posti trasversalmente funzionanti da rulli, giunti quasi alla sommità, a quel tempo con la presenza di un lago che permise ancora un tratto di navigazione,dovettero salire ancora un po’ fino al valico di San Giovanni per arrivare alla ripida discesa che porta al bacino lacustre in località Torbole. Con una serie di accorgimenti per rallentare il più possibile lo scorrimento delle imbarcazioni, aiutati anche dal vento che provvidenzialmente si contrappose alla direzione del moto, con il dispiegamento delle vele in funzione di freno si giunse finalmente sul bacino lacustre.

 

La flotta della Serenissima comandata da Pietro Zen ebbe modo di operare nel Lago di Garda per alcuni mesi fino allo scontro con quella viscontea presso Maderno nel mese di settembre dove subì una cocente sconfitta, si salvarono solo due navi che ripararono a Torbole.

 

Intanto Brescia resisteva ancora all’assedio dei Milanesi e Venezia era più che mai decisa a continuare la disputa. Avendo alle spalle una grande capacità produttiva non ebbe difficoltà a realizzare in tempi brevi una seconda flotta; questa volta invece di condurre le navi da battaglia lungo il fiume i Veneziani fecero affluire uomini e materiali e produssero in loco le imbarcazioni.

 

Nella primavera del 1440, presso Riva del Garda nelle acque del Ponale, la flotta veneziana al comando di Stefano Contarini ebbe decisamente la meglio su quella lombardae Venezia poté consolidare i suoi possedimenti nel bacino benacense.

 

Questo avvenimento, certamente significativo ma non risolutivo della complessa situazione, è ricordato soprattutto dalla storiografia locale per il senso di meraviglia che suscita una tale impresa; anche i contemporanei l’avevano considerato come qualcosa di eccezionale. Le vicende successive porteranno Venezia a sottomettere una notevole porzione di territori lombardi,una situazione che, a parte qualche breve periodo e qualche modesta variazione, sarà destinata a durare fino all’epoca napoleonica.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Beggiato E., 1439: galeas per montes. Navi attraverso i monti, Editrice Veneta, Vicenza 2019.

Dalla Corte G., Dell’istorie della città di Verona, Camporese e Savioli Stampatori, Venezia 1744.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]