[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 214 / OTTOBRE 2025 (CCXLV)


ambiente

I FUNGHI e la LORO simbologia
CREDENZE, TRADIZIONI E USI

di Giulia Cesarini Argiroffo

 

II funghi sono organismi eucarioti eterotrofi, d’aspetto assai vario, privi di clorofilla e che non compiono la fotosintesi. Quindi non hanno bisogno di vivere alla luce e possono crescere sottoterra o in altri luoghi oscuri. Non sono in grado di nutrirsi da soli; prendono la loro energia da altri organismi vivi o morti. La loro riproduzione può avvenire in più modi. Esistono tantissimi tipi di funghi con le loro peculiarità che vivono in diversi ambienti. Il loro corpo vegetativo (micelio) è un tallo uni o pluri-cellulare, formato da elementi filiformi (ife) fittamente intrecciati che di solito si estendono velocemente.

 

Infatti la caratteristica sulla loro straordinaria rapidità nel moltiplicarsi ha ispirato in molte lingue dei detti come “Crescere come funghi” o, a proposito di chi compare improvvisamente e inaspettatamente il proverbio, ”È spuntato come un fungo”.

 

Alcuni tipi di funghi sono negativi come quelli parassitari che provocano malattie nei vegetali o nell’Uomo, altri tipi però sono positivi. Tra quest’ultimi vi sono per esempio i funghi “spazzini” del sottobosco che contribuiscono a creare humus, rilasciando composti che arricchiscono il terreno di sostanze fertili. Anche quelli noti come “fermenti” e lieviti che provocano molte reazioni chimiche utilissime, come la formazione dell’alcol dagli zuccheri. La benefica muffa Penicillium da cui si ricava la penicillina alla base della creazione d’antibiotici e altri medicinali.

 

Inoltre fra i più noti ci sono le sgradevoli muffe ma anche i funghi dei boschi, mangerecci o velenosi, quali i porcini o gli ovuli. Di quest’ultimi è importante constatare ch’è solo la parte fruttifera, cioè il gambo e il cappello, che si vede spuntare nel sottobosco. Questa produce le spore e si forma quando l’organismo è pronto a riprodursi ma la sua parte permanente e fondamentale è costituita dalla trama di ife nascoste sottoterra, il micelio.

 

Così per esempio, nei boschetti di betulle, di abeti e di pini capita in autunno d’incontrare famiglie di funghi dal cappello rosso fuoco, punteggiato di verruche bianche e che si dispongono in cerchi regolari: sono le Amanitae muscariae, funghi allucinogeni. Questi sono velenosi, ma non mortali se non si supera un certo quantitativo. Contengono infatti la muscarina che provoca a dosi elevate broncocostrizione, blocco cardiaco e caduta pressoria. L’effetto allucinogeno è dovuto specialmente all’acido ibotenico e al muscimolo, che suscitano delirio, spasmi muscolari e torpore; si riscontrano nelle urine di chi ha mangiato il fungo.

 

L’Armanita muscaria era il fungo largamente sfruttato dai popoli della Siberia, ingerito dagli sciamani siberiani per iniziare il viaggio lungo la betulla cosmica. La si assumeva allo stato crudo o dopo qualche manipolazione o s'ingoiava l’urina di una persona che l’aveva consumata. Inoltre qualche studioso ha voluto identificare l’Armanita muscaria col mitico Soma della tradizione induista.

 

Nell’Antica Cina il fungo, ku o chih, era un simbolo di lunga vita: compariva anche come fungo magico, fungo divino o esprimeva l’idea d’immortalità. Sulle Isole dei Beati della tradizione cinese esisteva un “Palazzo fungo” fatto d’oro e d’argento.  Quindi alcuni funghi sono capaci di favorire viaggi extracorporei. Una volta, anche nell’America Centrale, si usavano nell’ambito di riti e cerimonie sotto il controllo di chi ne conosceva poteri e pericoli. Per esempio nell’Antico Messico il fungo allucinogeno Psilocybe (teonanácatl), talvolta riportato negli antichi codici illustrati dove si raffigurava come attributo divino, si usava per ottenere esperienze visionarie religiose. Tale uso a scopo rituale riaffiorò anche con la scoperta di vasi d’argilla, che servivano forse per offerte votive e il cui fondo si ornava con rappresentazioni di funghi nelle tombe zapoteche, vicine al sito archeologico di Mitla.

 

Inoltre sugli altopiani abitati dai Maya e dagli Aztechi si ritrovarono statuette chiamate per la loro forma mushrooms-stones, “pietre-funghi”. Quale fosse il loro simbolismo lo si può ipotizzare sulla scorta d’una serie di testimonianze dei coloni europei. Per esempio quella di Bernardino de Sahagún nella sua “Historia general de las cosas de la Nueva España” (1582), in cui si riportava per la prima volta l’uso del teonanácatl, che letteralmente significava “carne degli dei”. Per lui questi funghi avevano per gli Aztechi una funzione analoga a quella dell’ostia consacrata nella religione cristiana. Infatti diceva: “Allo stesso modo con questo cibo amaro essi ricevono in comunione il loro crudele dio”.

 

Nel XX secolo in Messico si scoprirono gli affreschi di Teotihuacán, la grande Città degli dei dove si trovano il Tempio del Sole e il Tempio della Luna, con raffigurazioni murali in onore della divinità dell’acqua degli Aztechi, Tlaloc, detto anche “Fecondatore della terra” e “Patrono del paradiso”, e considerato divinità atavica di tutti gli uomini. In quegli affreschi si vedevano sulla riva d’un ruscello una serie di conchiglie e funghi attribuiti al dio. Tutt’oggi gli attuali discendenti degli Aztechi li chiamano apipilzin, “piccoli figli delle acque”.

 

Un’altra scoperta sulla loro funzione simbolica e rituale in Messico si ha nel 1953 quando Robert Gordon Wasson ricevette una lettera dell’americana Eunice V. Pike che proveniva dalla regione messicana abitata dagli Indios Mazatechi in cui parlava di un fungo chiamato dagli Indios Si’-tho, ossia “sangue di Cristo”. Questo perché si credeva che il primo esemplare nacque da una goccia di sangue caduta dalla Croce durante l’agonia del Signore. I Mazatechi dicevano che fu Cristo stesso a donare loro il fungo, in quanto essi erano poveri e non avevano di che pagarsi le medicine. Normalmente non erano i malati a mangiarlo ma un “guaritore” che dopo l’indigestione della droga rivelava le cause della malattia che aveva colpito una persona. Due anni dopo Wasson e la moglie si recarono lì e mangiarono il fungo sacro, iniziati da una guaritrice. I funghi usati dai Mazatechi erano lo Psilocybe mexicana e lo Psicocybe caerulescens, con il cappello campanulato e una protuberanza centrale, “umbone”. Il primo dei due è uno dei più piccoli in natura, per i Mazatechi è ‘nti-si-tho-nise, “grande fungo sacro”, e in spagnolo si dice angelito. A questo genere appartengono altre specie fra cui lo Psilocybe zapotecorum, detto “narcotico della Corona di spine di Gesù Cristo”. La loro sostanza attiva fondamentale è la psilocibina, presente anche in un altro fungo ritenuto sacro, Stropharia cubensis, reperibile dagli Stati Uniti meridionali all’America sudequatoriale.

 

In Europa gli Antichi Greci e Romani ritenevano che i funghi crescessero sui terreni colpiti da un fulmine. In particolare Omero li considerava un punto di congiunzione fra cielo e terra. Invece Porfirio chiamava i funghi “figli degli dei” perché sembravano sorgere dal nulla, in poche ore. In Europa Occidentale, il fungo velenoso Armanita muscaria è anche detto “ovolaccio”, o in Germania, “fungo dei pazzi” e si considerava malefico. In Inghilterra lo chiamavano “trono di rospo” perché le credenze popolari lo collegavano spesso a questo animale prediletto dalle streghe. Ciò induceva a ritenere che nel Medioevo le donne esperte in piante magiche l’adoperassero per profetare, congettura verosimile.

 

Gli “ovuli malefici”, funghi velenosi, sono però noti soprattutto per le loro proprietà allucinogene. In Europa Centrale esiste qualcosa di simile, il cosiddetto “gaio”, la cui cappella è rossa e punteggiata di bianco. Alcuni funghi (morchella) in virtù della loro forma fallica, possono ricordare i concetti di potenza e fertilità, secondo le indicazioni dell’antica fisiognomica. I funghi cresciuti in cerchio, “spugnole” nella zona bavarese-austriaca, detti anche “anello delle streghe” poiché si crede che siano i resti delle danze notturne di elfi e streghe.

 

Esistono anche dei funghi innocui ma la tradizione ha attribuito loro una simbologia negativa. Per esempio al Phallus impudicus la cui forma, come indica il nome, ricorda l’organo maschile. Questo fungo, individuabile dal pesante e fetido odore che diffonde intorno a sé, non si mangia, benché non contenga sostanze tossiche. Una volta nelle campagne si utilizzava per qualche atroce beffa ai danni dei rivali in amore che dovevano consumarlo: era come una specie di olio di ricino, ma più repellente.

 

Nelle campagne piemontesi si tramanda la seguente leggenda ambientata nel Medioevo. Un giorno una contadina confessò ai genitori di essere rimasta incinta dopo aver toccato per curiosità un Phallus impudicus trovato nel bosco. Non fu creduta ma non rivelò mai il nome di chi la fecondò. Incoraggiate dalla sua reticenza altre contadine, ingravidate dal misterioso Phallus, cominciarono a incolparlo con una tale determinazione da convincere anche i più smaliziati che fosse diabolico. Così si cominciò a sussurrare che riuscisse a impregnare magicamente tante fanciulle in pochi mesi. Una volta gli esasperati maschi del villaggio si precipitarono nei boschi circostanti e, strappati con guanti protettivi tutti i funghi incriminati, ne fecero un immenso rogo sulla piazza mentre il parroco recitava la canonica formula di esorcismo. Lo stesso rito fu ripetuto ogni nuovo autunno, mentre le gravidanze indesiderate diminuivano sensibilmente.

 

In generale ogni anno con le piogge autunnali e l’aumento dell’umidità cominciano a spuntare i funghi dai tanti colori e forme; alcuni commestibili, altri velenosissimi o allucinogeni. Quelli mangerecci si possono raccogliere nei boschi e sono alla base di molti piatti e ricette culinarie. Come diceva Cattabiani, per secoli la ricerca di funghi fu un’attività per pochi, spesso tramandata per generazioni. Così molti raccoglitori si spingevano in passeggiate anche tortuose con il piacere della contemplazione, dell’amore per la natura e per questi organismi, anche se talvolta la raccolta era scarsa, ma solo con quella strettamente indispensabile.

 

Invece attualmente, affermava Cattabiani, a un’abile passione nella raccolta dei funghi s’è sostituita un’avida ricerca che si rivela alla fine come una vandalistica distruzione. Oggigiorno una massa incontrollata di gente inesperta si precipita nei boschi per fare incetta di funghi senza avere alle spalle una tradizione familiare né una conoscenza approfondita: sicché in ottobre gli avvelenamenti, talvolta mortali, sono numerosi. Inoltre questa invasione umana provoca guai molto più gravi perché la gente calpesta il sottobosco e li strappa malamente danneggiando il micelio. Infatti se si seguono queste orde, si notano migliaia di funghi non commestibili schiacciati, strappati e calpestati. Eppure se si sapesse che ogni fungo maltrattato ci si attira una piccola disavventura, come sostiene un proverbio afgano, si sarebbe più prudenti.

 

In generale oggigiorno si considera il fungo un simbolo di fortuna. Inoltre sognare di correre nei prati e divertirsi a guardare i funghi si traduce in un desiderio di libertà e d’avventura.  In particolare, per Coupal, le apparizioni oniriche di quelli velenosi indicano un amore eccessivamente sfortunato; mentre quelli allucinogeni designano un amore senza confini, utopico, non duraturo. Infine quelli commestibili e deliziosamente cucinati per i buongustai suggeriscono piaceri d’alcova raffinati.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Biedermann, Hans, Enciclopedia dei Simboli, Garzanti Editore, Milano 1991.

Cattabiani, Alfredo, Florario, Mondadori Editore, Milano 2016.

Cattabiani, Alfredo, Il Lunario, Mondadori Editore, Milano 2002.

Coupal, Marie, I simboli dei sogni. Analisi psicologica, psicoanalitica, esoterica e mitologica, Il Punto d’Incontro Editore, Vicenza 2000.

Pastoureau, Michel, Verde. Storia di un colore, Ponte delle Grazie Editore, Milano 2008.

Owusu, Heike, Simboli Maya, Inca e Aztechi, Il Punto d’Incontro Editore, Vicenza 2003.

Went, Fritzs W., e dai redattori di LIFE, Le Piante, Mondadori Editore, Milano 1965.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]