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[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 157 / GENNAIO 2021 (CLXXXVIII)


arte

RICORDANDO FRIDA KAHLO

Kahliamoci, TRA RESILIENZA E RIVOLUZIONE

di Giovanna D’Arbitrio

 

Resilienza” ci sembra senz’altro il termine più adatto a definire la vita dolorosa di Frida Kahlo, fatta di grandi sofferenza psichiche e fisiche, ma anche di coraggio, amore, passioni, idee rivoluzionarie che riuscì a esprimere nelle sue magnifiche opere.

 

Considerata una delle più importanti pittrici messicane, viene spesso inclusa tra gli autori surrealisti, ma Frida ha sempre rifiutato l’appartenenza a tale corrente, affermando: «Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni».

 

Ripercorriamo in breve la vita di Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón, nata il 6 luglio 1907, anche se lei amava dichiarare di essere nata “davvero” nel 1910 con la rivoluzione del Messico: «Sono nata con una rivoluzione. Diciamolo. È in quel fuoco che sono nata, pronta all’impeto della rivolta fino al momento di vedere il giorno. Il giorno era cocente. Mi ha infiammato per il resto della mia vita».

 

Secondo alcuni biografi, affetta da spina bifida fin da bambina, purtroppo scambiata per poliomielite, non fu curata in modo adeguato. Nel 1925, inoltre, mentre tornava da scuola in tram, a 18 anni venne coinvolta in un terribile incidente che le causò la frattura multipla della spina dorsale e del bacino: si salvò con numerosi interventi chirurgici e dolorosi busti, restando immobilizzata per diversi mesi in un letto a baldacchino, con uno specchio attaccato al soffitto, entrambi ideati dai genitori che le regalarono anche colori e pennelli per aiutarla a passare il tempo. Grazie alle iniziative dei genitori, Frida iniziò a dipingere e la sua prima opera fu infatti un autoritratto al quale ne seguirono altri. Lei stessa affermò: «Dipingo autoritratti perché sono spesso sola, perché sono la persona che conosco meglio».

 

Nel 1928, a 21 anni, si iscrisse al partito comunista e conobbe Diego Rivera, famoso pittore muralista rivoluzionario e lo sposò nel 1929, benché fosse molto più grande di lei e donnaiolo incallito, già al terzo matrimonio. Lei stessa dirà in seguito: «Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego Rivera».

 

Frida ebbe ben quattro gravidanze non a portate a termine e poi decise di vivere in una casa separata da Diego per i suoi continui tradimenti con altre donne (compresa sua sorella). Frida d’altra parte, cercò di compensare le sue delusioni con rapporti bisex, diventando anche amante di personaggi famosi come Trotsky e Pablo Picasso. Benché continuasse a subire operazioni, non si arrese mai e quando l’amica fotografa, Lola Alvarez Bravo, organizzò per le sue opere una mostra, Frida vi partecipò sdraiata su un letto che Diego Rivera fece trasportare fin là.

 

Nel 1954 si ammalò di polmonite, ma alcuni giorni prima della sua morte prese parte a una manifestazione per la libertà del Guatemala, portando un cartello con l’immagine di una colomba e un messaggio di pace. Morì il 13 luglio 1954 per embolia polmonare.

 

Su Frida Kahlo sono stati scritti libri e girati film, in passato e ancor oggi ci sono scrittori che continuano a ricordarla, tra i quali citiamo Gaia Gentile, autrice di Kahliamoci, un piccolo libro, ma fatto di versi intensi e coinvolgenti, un sentito omaggio alla pittrice messicana. Come si legge sulla quarta di copertina, Kahliamoci è un omaggio a Frida Kahlo, ai suoi dipinti, alle sue parole, alla sua poesia. Frida come simbolo di forza, stile e bellezza, ma anche di tormenti e sofferenze che l’artista è riuscita a convogliare e a rappresentare nella sua arte. Kahliamoci è anche un imperativo: caliamoci nel vissuto che non ci appartiene, scendendo giù dentro di noi, pur rimanendovi ancorati come chi scende da una montagna con altissime cime, per aprire la porta e accogliere l’altro, l’illustre ospite della nostra casa interiore”.

 

Nella prefazione, Fausta Speranza, giornalista e scrittrice, ne evidenzia l’interpretazione narrativo-teatrale, ricca di evocazioni, emozioni e musicalità, veritiero ritratto di Frida. Segue una breve introduzione della scrittrice Flavia Basile Giacomini che definisce la poesia di Gaia Gentile “vera lirica del dolore”, poiché “il dolore fu il filo conduttore della travagliata vita di Frida Kahlo”. E infine il testo si conclude con la significativa postfazione dell’attrice Patrizia Benardini, in cui ella immagina che Frida dialoghi con Gaia: due donne che a tratti sembrano quasi fondersi o riflettersi l’una nell’altra in un gioco di specchi.

 

Kahliamoci,è un invito dunque a “calarsi” nel vissuto di una donna particolare, accogliendola dentro di noi come un illustre ospite della nostra anima. E in effetti dopo Alda Merini, Gaia Gentile sceglie ancora un personaggio femminile per guidarci con i suoi versi alla scoperta dell’anima di Frida, un percorso tra colori intensi, grida di dolore e amore per la vita, per il marito Diego Rivera, per le idee rivoluzionarie: l’anima di un’artista forte e possente, simbolo di passioni intense, di libertà, indipendenza e resilienza.

 

Gaia Gentile (Roma, 1975), laureata in Lingue e Letterature Straniere e in DAMS, è poeta, drammaturga e regista, docente di inglese e francese. Vincitrice di numerosi premi e concorsi letterari, ha pubblicato, tra gli altri, Il Granchio nell’Onda, Merimia, Io e Te fra Tramonto e Alba. Dalle sue raccolte ha tratto e diretto le drammaturgie per i suoi spettacoli teatrali, sinergie di poesia, danza, canto e musica.  

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]