[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

197 / MAGGIO 2024 (CCXXVIII)


arte

A 100 dalla morte DI FRANZ KAFKA

UNa narrativa deformaNTE

di Riccardo Renzi

 

Nel 2024 ricorrono i 100 anni dalla morte di uno dei più grandi rivoluzionari della narrativa europea: Frenz Kafka. Kafka, assieme a Svevo e forse Pirandello, è stato uno dei grandi rivoluzionari della narrativa europea. Andiamo però con ordine e inquadriamo l’uomo e il contesto storico.

 

Egli nacque a Praga nel 1883 da una famiglia ebraica in cui pesava la figura autoritaria del padre, Hermann, un macellaio rituale molto religioso. Al contrario, Franz non si mostrava mai molto interessato alle questioni religiose pur avendo cominciato i suoi studi nella scuola elementare ebraica-tedesca della medesima città. Praga, negli anni della giovinezza dello scrittore, faceva parte dell’Impero Austro-Ungarico e linguisticamente era divisa tra il ceco e il tedesco, una lingua che viene considerata più prestigiosa della prima, e che Franz studia con interesse e usa con padronanza.

 

Nel 1901 entra all’Università tedesca di Praga e, dopo un primo anno di studi di Chimica, decise di passare alla facoltà di Giurisprudenza, più consona alle sue inclinazioni e in grado di offrirgli maggiori possibilità di carriera. Nell’ambiente universitario riesce ad abbandonare i modi schivi che aveva avuto fino a quel momento: organizza riunioni letterarie, si distingue per il suo acume e la sua intelligenza entrando così in contatto con giovani studenti come Oskar Baum e Franz Werfel, che diventeranno poi noti scrittori. Di particolare importanza è il rapporto con Max Brod, con il quale stringe una profonda amicizia che durò poi tutta la vita.

 

Agli inizi del 1908 venne assunto nell’Istituto delle Assicurazioni contro gli Infortuni del Regno di Boemia, diventandone ben presto un elemento essenziale al punto che, quando venne chiamato alle armi nel 1915, i dirigenti dell’Istituto s’impegnarono per evitargli la guerra di trincea. Nel 1917 fu Kafka stesso a tentare di entrare nell’esercito per partecipare alla guerra, ma la sua richiesta venne respinta a seguito della diagnosi di una tubercolosi. Fu proprio tale malattia, al tempo incurabile, che nel 1924 gli causò la morte.

 

Ma dove risiede l’innovazione in Kafka? Ma è possibile fare un uso foucaultiano, strettamente letterario di Kafka?

 

Per troppi anni l’opera di questo autore è stata letta solo in chiave filosofico-politica, ed è ora di restituire l’opera kafkiana a Kafka. Ora sarà solo la sua scrittura intricata, complessa e che spesso genera vertigine a farci da filo conduttore. Centrale in Kafka è il non-rapporto uomo animale, consistente nella loro problematica separazione (Adorno 2012). In questa sede Kafka si pone agli antipodi della filosofia rousseauiana.

 

Per lo scrittore praghese, uomo e animale sono molto più vicini di quello che possa sembrare. Quello attuato da Kafka è un cambio della prospettiva, per vedere differentemente la realtà umana. Tale mutazione di prospettiva è possibile solo se l’uomo divine altro da sé e appunto si trasforma in ciò che in natura c’è di più simile a esso: l’animale.

 

Se, come afferma Nietzsche, per comprendere la realtà bisogna mutare la propria prospettiva, non bisogna porre troppa attenzione sulla mutazione psico-corporia e corporale dell’individuo, ma allo spazio e alla fisica dello spazio stesso. Lo spazio e la mutata visione che lo riguarda fungono da filo conduttore della narrazione stessa. Lo spazio narrativo è specchio dello spazio letterario nel quale si muove lo scrittore proprio come un animale, che ormai ha mutato le sue prospettive narrative (Blanchot 1983).

 

Lo sperimento letterario kafkiano forte si accese a partire dagli anni successivi al 1914. La sperimentazione letteraria, nello scrittore praghese è intesa sempre come processo di deformazione o rarefazione del mondo, così come è conosciuto e concepito. Tutto ciò si riflette pienamente nell’espansione o nella riduzione dello spazio psicofisico dei personaggi. A tal proposito si pensi al racconto Una relazione per un'accademia, ove i protagonisti sono degli animali che subiscono una mutazione in quasi-uomini. La particolarità di tale racconto, come altri dei medesimi anni, è che il processo metamorfico non viene mai descritto, ma rimane nell’ombra ed è taciuto.

 

Dunque, la metamorfosi, in questo primo approccio narrativo rimane enigmaticamente oscura. La vertigine qui è data dal fatto che non esistono più confini tra uomo e animale. Tutto però muta nel finale, poiché come sottolineato da Agamben, tutte le storie di Kafka contengono un possibile rovesciamento che vada a riabilitare il tutto (Agamben 2005). Ciò impedisce inequivocabilmente una interpretazione univoca, andando a indicare una via di fuga.

 

Parlando di metamorfosi e dell’ottica della metamorfosi, non possiamo non ricordare quella di Carlo, protagonista di Petrolio di Pasolini. Carlo una sera subisce una transizione da uomo a donna, ma qui l’autore sposta tutta l’attenzione non sulla nuova prospettiva con cui il protagonista osserva il mondo, ma su quella con sé stesso mutato di sesso. Tutta l’attenzione è spostata sul corpo e non sullo spazio come in Kafka: «Cosi Carlo osservava, ai suoi piedi, il proprio corpo supino: ecco il suo viso pallido, quasi bianco o giallastro di adenoideo, la fronte di persona intelligente e ostinata sotto i capelli lisci e incolori, che, nella sgradevole circostanza, si erano un po’ scomposti, in modo ridicolo, ecco gli occhi tondi e cerchiati, che, non protetti dagli occhiali (che nella caduta si erano sfilati dal naso, e giacevano li accanto, con le loro sottili stanghette di metallo) parevano denudati e troppo espressivi; la pelle tirata del viso lungo e liscio».

 

Per quanto concerne invece il binomio uomo-animale, molto deve a Kafka Gabriel García Marquez di Cent'anni di solitudine, ma c’è una differenza di fondo tra i personaggi kafkiani e quelli di Marquez, e questa risiede nel fatto che gli uomini-animali di Cent'anni di solitudine, quelli con la coda di maiale o con comportamenti animaleschi, per intenderci, stanno fuori dalla dimensione spazio-temporale del reale, quindi la realtà da essi generata costituisce una normalità cosmico-narrativa, mentre quelli dello scrittore praghese sono dissonati con la realtà stessa, poiché mettono il lettore in una condizione di osservare il reale da altre prospettive.

 

Tornando proprio a Kafka e alla dichiarazione di Agamben, bisogna in primo luogo affermare che questo rovesciamento della metamorfosi non è concepito, né tanto meno attualizzabile in tutti i racconti, ma al contrario si ha un’esperienza lenta o fulminea di riduzione dello spazio, che può anche coincidere col varcare una soglia, cioè col voler ritornare umani rinunciando alla propria animalità, ma anche rimanere in quella condizione di indicibilità. Il carattere metamorfico, caratterizzato da una costante instabilità dell’individuo, che naturalmente si rispecchia nello spazio, assume i tratti di una oscillazione deformante, capace di dischiudere attraverso la scrittura una zona di indistinzione psicofisica tra uomo e animale, condizione che in Marquez è invece data dal contesto.

 

Kafka è sicuramente entrato in contatto con le teorie freudiane che in quell’epoca si stavano diffondendo. L’uomo non è solo ciò che si vede, ma al suo interno ha qualcosa di molto più vicino alla natura e all’animale, che però nella vita di tutti i giorni, fatta eccezione per il sogno, cerca di tener celato. Kafka riporta tali teorie della psicoanalisi nella narrativa, dal concetto del sogno e della vertigine a esso legata, al desiderio animalesco celato.

 

La narrativa kafkiana vuole sperimentare una nuova condizione, oltre quella umana, portandola costantemente al limite. Lo stesso Kafka annota nei Diari: «la letteratura è un assalto all’uomo limite terreno, e precisamente assalto dal basso; dalla parte degli uomini».

 

Utilizzando un’affermazione foucaultiana, è proprio questo l’uso intensivo della lingua realizzato per sovvertire la lingua stessa e aggiungerei io, per quanto concerne Kafka, insieme a essa sono rovesciate anche le concezioni spazio-temporali. La grandezza dello scrittore praghese risiede nell’aver rivoluzionato attraverso la lingua/narrazione il rapporto uomo-animale e con esso la concezione stessa della realtà, poiché essa muta in base alla prospettiva dell’osservatore.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

T.W. Adorno, Note per la letteratura, introduzione di Sergio Givone, Einaudi, Torino 2012, pp. 124-128.

G. Agamben, L'uomo senza contenuto, Quodlibet, Macerata 2005, p. 65.

W. Benjamin, Angelus novus: saggi e frammenti, Einaudi, Torino 1962, p. 33.

M. Blanchot, Da Kafka a Kafka, Feltrinelli, Milano 1983, p. 47.

E. Canetti, L'altro processo: le lettere di Kafka a Felice, traduzione di Alice Ceresa, Mondadori, Milano 1980, p. 22.

A. Castelli, Lo sguardo di Kafka: dispositivi di visione e immagine nello spazio della scrittura, Mimesis, Milano-Udine 2012, pp. 112-113.

S. Freud, L’interpretazione dei sogni, Fabbri, Milano 2007.

F. Kafka, Diari: 1910-1923, Mondadori, Milano 1966, p. 603.

F. Kafka, Una relazione per un'accademia, introduzione di Micaela Latini, traduzione di Ginevra Quadrio Curzio, La vita felice, Milano 2022.

G.G. Marquez, Cent'anni di solitudine, Mondadori, Milano 2009.

P.P. Pasolini, Petrolio, Mondadori, Milano 2012, p. 12.

M. Robert, Solo come Kafka, Editori Riuniti, Roma 1993.

J.J. Rousseau, Le passeggiate del sognatore solitario, traduzione di B. Sebaste, Feltrinelli, Milano 2012, p. 37.

I. Schiffermueller (a cura di), I romanzi di Kafka, in "Cultura tedesca", 35, luglio-dicembre 2008.

M. Stentella, Kafka e la scrittura di una nuova legge, Galassia Arte, Roma 2012.

D. Stimilli, Fisionomia di Kafka, Bollati Boringhieri, Torino 2001.

C. Thiébaut, Kafka. Processo alla parola, Electa, Torino 1997.

J. Urzidil, Di qui passa Kafka, Adelphi, Milano 2002

K. Wagenbach, Kafka. Biografia della giovinezza, Einaudi, Torino 1972.

K. Wagenbach, Kafka. Immagini della sua vita, Adelphi, Milano 1983.

K. Wagenbach, Due passi per Praga insieme a Kafka, Feltrinelli, Milano 1996.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]