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STORIA & SPORT


N. 100 - Aprile 2016 (CXXXI)

FRANCO SCARIONI, GIORNALISTA E MARTIRE
PARTE II - Le prime esperienze giornalistiche

di Adelmo Maria Imperi

 

Anche il maestro di Scarioni era consapevole dell’importanza del rapporto fra sport e stampa. La profonda stima che c’era tra Radice e Scarioni non sfociò quindi solo in un rapporto di lavoro organizzativo. Finita la sua esperienza alla F.I.G.C. Radice creò un periodico autofinanziato che parlava di calcio: “Il Foot-Ball”. E concesse a Scarioni, nel 1909, la possibilità di scrivere qualche articolo per il suo periodico. L’esperienza fu fruttuosa per il giovane Scarioni che mostrò buone doti da giornalista.

 

Successivamente Scarioni ebbe la possibilità di scrivere per un giornale che aveva una maggiore importanza nel panorama nazionale: “Il Secolo” di Milano. Sfogliando le pagine delle varie edizioni del giornale, uscite tra il 1910 e il 1912, non è possibile capire quali siano gli articoli di Scarioni, poiché all’interno del giornale milanese era molto raro trovare delle firme d’autore. Ma la consacrazione di giornalista sportivo del giovane avvenne nel 1912. Quando il redattore Tullo Morgagni iniziò il processo di ristrutturazione de “La Gazzetta dello Sport”, essendo a conoscenza delle ottime doti organizzative e giornalistiche di Scarioni, lo volle nella sua redazione. Sapendo in quali lavori si era cimentato in precedenza Scarioni, Morgagni gli diede il compito di scrivere di quegli sport che più aveva amato, organizzato e praticato: calcio e nuoto. Dal 1913 in poi la sua firma alla fine degli articoli apparve più frequentemente.

 

Egli, che per un anno aveva lavorato alla federazione calcistica, affrontò gli stessi temi che aveva cercato di risolvere nell’esperienza alla segreteria cercando di influire dall’esterno attraverso i suoi articoli, consapevole del peso dell’opinione pubblica sul funzionamento della macchina organizzativa. Egli accusò la federazione di scarsa capacità organizzativa e di mal gestione economica, approfondendo il fatto che la federazione non tenesse conto delle disparità economiche tra grandi e piccole squadre. Tale distanza avrebbe generato delle difficoltà a livello di competitività sportiva e di logistica. Le formazioni svantaggiate, non solo avrebbero avuto difficoltà nel vincere

 

una qualsiasi manifestazione calcistica, ma si sarebbero trovate in difficoltà anche nell’intraprendere un normale viaggio interregionale per disputare una partita in trasferta: “E per dare alla nuova attività calcistica i mezzi per evolversi conveniva, a costo di veri sacrifici, mantenere ai gironi eliminatori i loro caratteri più integri ed assoluti di eliminatorie regionali, poiché non è col dislocare inopportunamente e senza profitto alcuno le giovanissime società appena costituite, e che possono contare su fondi di riserva minimi, da un estremo all’altro di regioni anche finissime. Che si favorisce veramente la propaganda del foot – ball. Il problema del campionato trascina ed agita questioni finanziarie e di esse, per quello che riguarda le società minori, non si è tenuto certo, nell’ultima assemblea, il massimo conto”.

 

Inoltre, mise in risalto la debolezza delle istituzioni federali calcistiche che rendevano i vari campionati arretrati e malamente coordinati con le varie attività stagionali della nazionale italiana e delle squadre di club. Nei suoi articoli “federali” Scarioni mostrò la preparazione acquisita durante i suoi viaggi di lavoro all’estero in veste di segretario della F.I.G.C.: “Trentacinque domeniche preventive senza quelle riservate per i matches di allenamento alla squadra nazionale e le altre non poche nelle quali per intemperie […] non si potrà assolutamente dare vita al decrepito campionato. […] Se non si vivesse di abitudine e se il tempo e la consuetudine non avessero così ben disciplinate le sue attività dei grandi e dei piccoli clubs da barli umili e sottomessi ad un ordinamento assurdo nel suo egoismo feroce che frantuma ogni attività, paralizza ogni slancio, arresta il rapido e sano evolversi delle discipline calcistiche, forse a quest’ora il grido isolato emesso già da qualcuno: per l’abolizione assoluta del campionato avrebbe trovato tanta concordanza da elevarsi pieno e solenne in un grido di guerra”.

 

A fronte di una pratica calcistica ancora poco professionale, rivendicava le intenzioni d’organizzare finalmente un vero e proprio campionato nazionale a tutti gli effetti. Il calcio, e lo sport in genere, da elemento complementare di altre istituzioni tradizionali (esercito, scuola ecc.) doveva assumere la propria autonomia, in virtù della sua capacità, finanche maggiore di tali istituzioni, di costruire la Nazione.



 

 

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