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N. 95 - Novembre 2015 (CXXVI)

FRANCISCO FRANCO
IL GENERALE CHE DISTRUSSE LA REPUBBLICA

di Filippo Petrocelli

 

Il 20 novembre 1975 muore Francisco Franco dopo un’agonia durata mesi. Malato di Parkinson, il Caudillo – come viene chiamato dai suoi sostenitori – è però lontano dalla politica che conta da almeno un paio di anni e gode ormai di un’autorità solo formale. Minato nel fisico e nella mente si è comunque lentamente adoperato per conservare intatto il potere franchista, sorretto dalle gerarchie militari così come da una parte non trascurabile della chiesa cattolica spagnola da sempre sostenitrice della sua politica.

 

La Spagna nei fatti è un paese fermo al primo dopoguerra, il motto di regime è “Dio, patria e giustizia” e si arringa iL popolo al grido di “¡Arriba España!” ossia “Avanti Spagna!”. Ma è anche uno stato autoritario nel quale l’ultima condanna a morte viene eseguita il 2 marzo 1974 con il brutale metodo della garrota, un cerchio di ferro a vite da puntare sul collo del condannato che stringendo provoca il soffocamento.

 

L’8 giugno del 1973 Franco nomina Luis Carrero Blanco – ammiraglio e politico di lungo corso – Primo ministro, designandolo di fatto come suo erede politico. Ma solo qualche mese più tardi, precisamente il 20 dicembre 1973, un attentato dinamitardo preparato dall’Eta, l’organizzazione indipendentista basca, uccide il successore designato mandando in fumo i progetti di continuità sognati dal Caudillo.

 

Per l’organizzazione basca, l’uccisione di Carrero Blanco segna la fine della lunga guerra civile spagnola cominciata negli anni Trenta e favorisce nei fatti un’accelerazione degli eventi. Un colpo durissimo inferto al regime che da quel momento inizia, senza sosta, il suo inesorabile disgregamento.

 

Già all’inizio degli anni Settanta si fa largo l’ingombrante figura di Juan Carlos di Borbone, futuro e vero erede del Caudillo, che guadagna consensi, preparandosi a rinnegare il passato franchista e studiando una lenta e inesorabile transizione alla democrazia, capace di lasciare intatti i privilegi della monarchia spagnola incarnata dai Borbone.

 

Ma dove e quando inizia la storia di Francisco Franco? Il Caudillo è stato il protagonista del golpe militare contro la Repubblica spagnola nata nel 1931, dopo la fuga di re Alfonso XIII, conosciuto con il nome di Alzamiento, ovvero “Sollevamento”. A sollevarsi insieme al generale Franco di stanza in Africa sono anche i generali Emilio Mola, Gonzalo Queipo de Llano, José Enrique Varela e parti consistenti dell’esercito.

 

Ma in realtà il vero leader di questa operazione è José Sanjurjo – interprete già nel 1932 di un altro putsch fallito – che muore però pochi giorni dopo il tentato golpe in un incidente dai contorni mai chiariti. Franco diventa l’uomo forte di questa rivolta che ambisce a distruggere il nuovo assetto repubblicano del paese per far trionfare in Spagna un governo nazionalista e conservatore capace di mantenere lo status quo.

 

Il 18 luglio 1936 le truppe si sollevano contro il legittimo governo e appena dieci giorni dopo la rivolta militare, prontamente, Italia e Germania forniscono importanti aiuti ai nazionalisti arrivando a impegnare sul campo proprie truppe.

 

Ma il clima politico è rovente già da tempo e la guerra civile è strisciante. Nell’ordine vengo uccisi diversi leader politici e figure di primo piano dei due schieramenti: da José Calvo Sotelo esponente della destra conservatrice a José Antonio Primo de Rivera, leader della falange, per il campo nazionalista, al poeta Federico García Lorca e a José Castillo, socialista esperto di guerriglia, per il campo repubblicano, sono solo alcuni dei casi più conosciuti.

 

Il sangue inizia a scorrere copioso: Italia e Germania continuano a sostenere l’avanzata nazionalista, anche con l’aviazione, mentre solo l’Unione Sovietica decide di aiutare il fronte repubblicano. Francia e Gran Bretagna restano sostanzialmente a guardare.

 

Nel 1937 Franco riunifica le diverse tendenze nazionaliste, conservatrici e apertamente fasciste nella Falange Española Tradicionalista, che nel 1939, dopo la definitiva vittoria dei nazionalisti, prende il definitivo nome di Movimento nacional e diventa il partito unico spagnolo fino al 1977, anno della caduta del franchismo.

 

La guerra procede ma nell’autunno del 1936 fanno la comparsa le brigate internazionali: unità militari di volontari stranieri di idee socialiste, comuniste e anarchiche, provenienti da tutte le parti del globo, dall’Italia alla Francia, alla Gran Bretagna, passando per la Germania, gli Stati Uniti, il Canada e molti paesi dell’est Europa che si schierano dalla parte repubblicana. Queste si distinguono nella battaglia di Guadalajara (marzo ’37) e nella difesa di Madrid (dal novembre 1936 al marzo ’39), regalando al fronte repubblicano l’illusione di una riscossa e di una possibile vittoria.

 

Tuttavia il 28 ottobre 1938 a Barcellona, dopo una parata militare laconica, le Brigate internazionali vengono smobilitate, su pressione, ancora una volta, di Inghilterra e Francia. Da quel momento il destino del campo repubblicano è segnato.

 

I nazionalisti conquistano il 26 gennaio 1939 Barcellona strenuamente difesa dall’esercito repubblicano e dal popolo in armi. Il 28 marzo i nazionalisti conquistano Madrid. Il governo legittimo fugge in esilio. Il 31 marzo finiscono gli scontri e il 1 aprile Franco annuncia la fine della guerra civile.

 

La scelta di non belligeranza durante la Seconda guerra mondiale – anche se il paese è ovviamente sbilanciato verso le potenze le potenze dell’Asse – garantisce al franchismo un ulteriore rafforzamento che cristallizza la situazione e garantisce al regime stabilità. Poi la Guerra fredda e la divisone del mondo in sfere d’influenza ed ecco che Franco diventa una pedina importante del blocco occidentale in funzione anticomunista.

 

Da quel momento si dimenticano in pochi istanti gli orrori della guerra civile, di quella che di fatto è una dittatura e tutto si ferma. Così la Spagna si cristallizza fino a quei giorni del febbraio 1975 quando finalmente sboccia il fiore della libertà.

 

Quarant’anni dopo il paese sembra aver chiuso i conti con il suo passato. La strada intrapresa è un’altra. Anche in termini politici le formazioni che si richiamano, anche vagamente a quell’esperienza, sono più che marginali e in pochi hanno celebrato l’anniversario della morte del Caudillo.

 

Resta spettrale Valle de los Caídos, il monumento costruito fuori Madrid – dove anche il Caudillo è sepolto – voluto da Franco per la morte di José Antonio Primo de Rivera, il fondatore della Falange.  



 

 

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