[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

179 / NOVEMBRE 2022 (CCX)


contemporanea

DELITTO D’ONORE E MATRIMONIO RIPARATORE

SUL CORAGGIO DI FRANCA VIOLA

di Francesca Zamboni

 

Il matrimonio riparatore e il delitto d’onore hanno rappresentato per tanti anni nel panorama giuridico italiano non solo una contraddizione etimologica per l’accostamento dei termini, ma un’offesa per la donna resa oggetto manipolabile da parte di una società retaggio di un’epoca dittatoriale e patriarcale, che desiderava la donna sottomessa e angelo del focolare.

 

D’altronde riparare un matrimonio e onorare un delitto più che norme giuridiche sembrano rispettivamente un fuori tema linguistico e un ossimoro degni entrambi di un romanzo distopico della Atwood. Il matrimonio è unione, mantenendo sempre la propria individualità, ma non certo riparazione; e il delitto non è sicuramente onore. Tuttavia per avere un’idea della portata della situazione è sufficiente rileggere alcuni vecchi articoli del Codice Penale Rocco (o Codice Rocco) appartenente al periodo fascista.

 

L’articolo 544, poi abolito nel 1981, sosteneva per esempio che lo stupro era un reato contro la moralità e non contro la persona. A essere tutelata dunque non era la vittima ma il buon costume, violando doppiamente la donna che non era libera di scegliere e difendersi, bensì obbligata a sposare il suo stupratore per salvaguardare le apparenze.

E spesso, aspetto ancora più allucinante, gli artefici del cosiddetto matrimonio riparatore erano i genitori della stessa ragazza a cui lo stupratore dava il consenso solo per estinguere il reato come previsto dall’articolo 530.

 

Un compromesso vicendevole tra due famiglie per togliersi due macchie: una penale e una agli occhi di una società ipocrita e sessista. Senza tener conto della macchia indelebile che una scelta del genere avrebbe lasciato sulla ragazza, vittima della sua famiglia e di un intero sistema supportato da un codice e anche da una mentalità religiosa per la quale una donna non può avere rapporti sessuali prematrimoniali.

 

L’articolo 587, anch’esso abolito nel 1981, sempre appartenente al Codice Rocco prevedeva invece una riduzione di pena per chi causasse la morte del coniuge della figlia o della sorella scoprendo un’illegittima relazione carnale. Il delitto per poter beneficiare delle attenuanti doveva essere compiuto in uno stato d’ira e la situazione per la quale il delitto era scaturito doveva aver recato offesa al suo onore e a quello della sua famiglia. La reclusione dai tre ai sette anni faceva inoltre sottintendere quanto il reato fosse a favore dell’uomo, potenziando la figura patriarcale da un lato e destrutturando quella femminile dall’altro, vista come l’incarnazione del disonore.

 

Anche se la norma non attribuisce l’esclusiva del reato solo all’uomo, un’attenta lettura della norma mostra una discriminazione insita nella stessa fattispecie, perché il delitto d’onore ricorreva solo quando il reato coinvolgeva coniuge sorella o figlia, ma non fratello o figlio. Quindi il padre che avesse trovato la figlia o la sorella con l’amante avrebbe potuto uccidere e beneficiare delle attenuanti, viceversa non avrebbe potuto fare la stessa cosa se nella situazione fosse stato coinvolto il figlio.

 

Ricapitolando, un matrimonio riparatore per chi non fosse ancora sposata e un delitto d’onore per chi avesse contratto il matrimonio ma avesse ceduto alla lussuria: due norme conformiste che nulla avevano a che vedere con l’amore e con il rispetto, semmai con un retaggio gerarchico dove ancora una volta la figura femminile veniva strumentalizzata e umiliata.

 

Questo scenario durò fino al 26 dicembre 1965, fino al rapimento di Franca Viola, una giovane adolescente del trapanese; un rapimento durato un’infinità di giorni amplificato dalle violenze fisiche e psicologiche che la giovane subì. L’aguzzino: un vecchio fidanzato, il malavitoso Filippo Melodia, ma Franca si ribellò e con lei il padre Bernardo, che si costituì parte civile.

 

Quindi niente matrimonio riparatore, perché per Franca non c’era niente da riparare agli occhi di una società artefatta, semmai c’era una ragazzina da tutelare, proteggere e amare, denunciando i colpevoli, mostrando non solo al paese locale, ma all’Italia intera le ferite di una mentalità sovrastata dai tabù, dai ricatti e dalle minacce mafiose.

 

Agli occhi dell’opinione pubblica il suo gesto apparve per la prima volta un atto rivoluzionario contro un sistema che cercava un vile compromesso a cui Franca non cedette. La violenze fisiche e psicologiche inflitte da Filippo Melodia, che la voleva sua sposa come se fosse una sua proprietà, le portarono via una parte di esistenza da cui Franca seppe risollevarsi come donna capace di apportare un cambiamento mentale e giuridico nella società italiana senza precedenti.

 

Franca durante questo lungo ed estenuante percorso ebbe al suo fianco un uomo, il padre, il suo punto di riferimento. Insieme non cedettero, neanche quando in tribunale Melodia tentò ingiustamente di screditarla e infangarla ulteriormente. E nel frattempo Franca trovò anche il grande amore, quello vero quello senza tabù. Mentre Melodia fu condannato con sentenza definitiva a 10 anni anni di pena detentiva.

 

Il 5 settembre 1981 poi la grande svolta: l’abolizione del matrimonio riparatore e del delitto d’onore con la legge 442. Un grande conquista raggiunta più col cuore che con un iter legis classico.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]