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N. 24 - Maggio 2007

LE FORTEZZE CIRCOLARI DI AROLDO DENTE AZZURRO

L'ultima battaglia

di Emanuela Marchetti

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In questo articolo, l'ultimo della serie dedicata alle fortezze circolari danesi, cercherò di presentare la figura dell'autore delle fortezze, re Aroldo Dente Azzurro, come descritta dalle fonti storiche, per concludere poi con la sua tragica morte, avvenuta intorno al 986 combattendo contro il figlio, il futuro re Svend Barbaforcuta. Questo guerra, i cui eventi sono tuttora incerti, assunse i tratti di una guerra civile e viene chiamata in danese “borgerkrig” ovvero la “guerra delle fortezze”, alludendo al coinvolgimento di tali strutture nelle battaglie che si susseguirono.

 

Figura 1: Mappa della Danimarca con indicati i luoghi in cui si svolse l'ultima battaglia di Aroldo Dente Azzurro

 

Un problema piuttosto frequente, per chi si trovi ad affrontare lo studio dell'età vichinga (800-1100 circa), è purtroppo la relativa assenza di fonti scritte contemporanee, costituite essenzialmente dai brevi testi preservati sulle pietre runiche, mentre scritti storiografici veri e propri compaiono solo dopo il 1000. A questo proposito occorre certamente menzionare la grande pietra runica di Jelling (figura 2), un piccolo paese nel cuore dello Jutland, dove Aroldo Dente Azzurro aveva fatto costruire un'area monumentale per onorare la morte dei genitori, il re Gorm e la regina Thyra. Il complesso, tuttora visibile, è costituito da due imponenti tumuli funerari, una chiesa in mezzo e due pietre runiche, di cui la più piccola e antica riportava tale testo: “Re Gormr fece questo monumento in memoria di Thyrvé, sua moglie, salvezza della Danimarca”[1].

 

Mentre nel testo della pietra più grande si legge: “Re Haraldr ordinò di far costruire questo monumento in memoria di Gormr, suo padre, e in memoria di Thyrvé, sua madre; quell'Haraldr che si conquistò tutta la Danimarca e la Norvegia e rese i Danesi Cristiani”[2].

 

La grande pietra di Jelling raffigura inoltre Cristo su di un lato e sull'altro un serpente avvolto intorno ad un leone. Un altra pietra runica connessa a re Aroldo è stata ritrovata anche presso il ponte Ravning Enge, che fu costruito per ordine dello stesso re sul fiume Aadal, nel centro dello Jutland, non lontano da Jelling, ma purtroppo il testo rimane di oscura interpretazione.

 

Tra le fonti scritte posteriori è invece da annoverare il Chronicon di Thieatmar vescovo di Merseburgo, scritto nel 1018, poco prima della sua morte, in cui sono narrate le ultime vicende della storia di Aroldo: la “guerra delle fortezze” e la sua fuga presso Jomsborg, centro fortificato in Pomerania, regione polacca che si affaccia sul Baltico, che era occupata dalla popolazione slava dei vendi. Thietmar prosegue poi descrivendo Svend Barbaforcuta come un re valoroso, in quanto riuscì a liberare la Danimarca dalla soggezione all'arcivescovo di Amburgo-Brema. Un'altra fonte rilevante è costituita dalle Gesta Cnutonis, scritte da un anonimo monaco di Saint Homer, Francia, che fu in corrispondenza con la regina Emma, nuora di Svend Barbaforcuta e moglie di Canuto il Grande[3].

 

[1] Testo originale in antico nordico o norreno da Jakobsen e Moltke 1941-42, DR 41, secondo la classificazione del database dei testi runici Rundata, disponibile su internet presso:  web.telia.com/%7eu13403587/rundata/1.htm.

[2] Testo originale in antico nordico da Jakobsen e Moltke 1941-42, DR 42 nel database Rundata:

[3] Le Gesta Cnutonis sono note anche come: Encomium Emmae.

 

Figura 2: Pietre runiche e chiesa di Jelling: Kjærsgaard 1993

Figura 3: Trelleborg, tomba n. 23: Skaaning 1992

 

Le Gesta si presentano come una cronaca famigliare, che descrive il mondo di allora dal punto di vista della famiglia reale. Re Svend è ritratto qui come un sovrano di saldi ideali, contrapposto al padre Aroldo, che cadde in disgrazia per essersi fatto prendere in odio dai suoi sudditi. Una simile situazione si ritrova anche in Adamo arcivescovo di Amburgo-Brema, che fu inviato intorno al 1070 come rappresentante della chiesa di Amburgo presso il re danese Svend Estridsen, nipote per via materna di Svend Barbaforcuta. Tuttavia, pur con l'intenzione di ritrarre Aroldo come una canaglia e suo figlio come un eroe, Adamo di Brema finì per descrivere il vecchio re come un martire che morì per la causa cristiana. Questa era infatti la posizione della chiesa di Amburgo, che aveva stabilito rapporti di alleanza con Aroldo e ne aveva ammirato gli sforzi profusi, nel tentativo di rendere il cristianesimo la religione ufficiale del suo regno.

 

Re Gorm è al contrario tratteggiato come un rozzo pagano, in contrapposizione con il figlio, che viene persino chiamato “vor Harald” ovvero “il nostro Harald”, da intendere secondo Poul Skaaning in senso letterale, come “l'Harald di noi cristiani”. Emblematico è dunque il racconto della conversione di Harald, avvenuta grazie all'incontro con Unni, l'allora arcivescovo di Amburgo-Brema, il quale recatosi in missione in Danimarca divenne come un padre per il giovane Aroldo, che a sua volta avrebbe rinnegato il vero padre Gorm. Tutto questo racconto appare romanzato e non attendibile storicamente: infatti non si ha nessuna prova di ostilità intervenute tra Aroldo e Gorm, inoltre si sa che le prime missioni cristiane in Danimarca avvennero ben prima, sotto il regno di re Angantyr o Ongendus, che permise a San Willibrord l'accesso al suo regno intorno al 710.

 

Ma nonostante la posizione della chiesa, re Aroldo non fu mai canonizzato, e secondo Skaaning la ragione di questo andrebbe cercata nell'aperta ostilità di Svend Estridsen a tale progetto, dato che la canonizzazione di Aroldo Dente Azzurro avrebbe reso più grave l'infamia di parricida del suo amato nonno materno, Svend Barbaforcuta. Un'ulteriore fonte è rappresentata da Svend Aggesøn e la sua “Breve storia sui re danesi”, in cui Svend Barbaforcuta è presentato come colui che iniziò le ostilità attaccando il padre. Ed ecco infine la più famosa fonte del medioevo danese: Saxo Grammaticus, che racconta la guerra delle fortezze nel decimo libro della sua monumentale opera. Il resoconto di Saxo rivela l'eco dell'opera di Svend Aggesøn e della tradizione sostenuta da Adamo di Brema, che presenta Aroldo come un martire della fede. Tuttavia la ricchezza di dettagli rende la narrazione di Saxo più appassionante, come per esempio la digressione sulle imprese di Palnatoke o Toke, che fu tanto abile con l'arco e la lancia da riuscire colpire una mela posta sulla testa del figlio, costretto dal re, un po' come Guglielmo Tell, e da uccidere in seguito re Aroldo con la sua lancia.

 

Tuttavia la tradizione medievale danese, nonostante l'indiscussa matrice cristiana, non accettò passivamente la posizione della chiesa e riconobbe a Svend Barbaforcuta alcuni meriti, come: la conquista dell'Inghilterra dopo numerosi tentativi, l'uso degli appellativi di Barbaforcuta e Dente Azzurro[1], e infine l'attribuzione del nome nordico di Jomsborg alla fortificazione di Wollin, che sarebbe stata fondata da Aroldo sotto i suoi occhi. In realtà, secondo Skaaning, dalle fonti risulta che il sito esistesse già da prima e che Aroldo fu in rapporti amichevoli con i suoi abitanti, tanto da chiedere loro aiuto. Pertanto, anche ammettendo che re Aroldo avesse partecipato alla fondazione del sito, dovremmo comunque assegnare tale evento ad un periodo precedente.

 

Tuttavia pare che prima della fuga di Aroldo a Jomsborg, una violenta battaglia fosse scoppiata a Trelleborg, come dimostrato dalla presenza di tracce di incendi nella zona. Secondo Poul Nørlund, che per primo studiò la fortezza, si trattava di diversi incendi appiccati presso tre delle porte di Trelleborg, probabilmente in seguito ad una battaglia, durante la quale la porta principale a sud era rimasta l'unica in funzione. Secondo Leif Chr. Nielsen invece ci fu sì una battaglia, ma un unico violento incendio, che si diffuse fino all'interno. Inoltre il notevole numero di punte di lancia, rinvenute a Trelleborg, e i resti del cimitero annesso sembrano corroborare tale teoria. Secondo Skaaning infatti alcune tombe, come la n. 23 (figura 3) con i suoi 10 scheletri disposti fianco a fianco, la n. 47 e 87 con 5 scheletri, ospitavano probabilmente nemici caduti in battaglia, sepolti senza particolare riguardo.

 

Skaaning dal canto suo propone una possibile ricostruzione degli eventi, secondo cui i lavori delle fortezze e del ponte Ravning Enge furono terminati il primo settembre 980, per far fronte alla guerra civile in atto. Lo storico aggiunge inoltre che le continue costruzioni avrebbero lasciato stremati e scontenti gli uomini di Aroldo, che iniziarono a manifestarsi ostili. Un grosso contingente fu dunque radunato presso Trelleborg, dove il vecchio re stabilì la sua base e dove sperava di attirare il figlio e i suoi uomini per lo scontro finale. Il contingente di Aroldo comprendeva circa 2400 uomini, di cui 7-800 danesi e il resto vendi provenienti da Jomsborg. A fine ottobre avvennero dunque due battaglie, una presso Pine Mølle e l'altra presso Trelleborg, durante la quale la fortezza fu messa a ferro e fuoco e, secondo Skaaning, re Aroldo fu ferito e morì il primo novembre. Secondo le varie fonti antiche, dopo la battaglia il re fu trasferito dai suoi fedeli nella fortezza di Jomsborg, dove poco dopo morì. Nel maggio del 981 Svend Barbaforcuta diresse poi le sue truppe contro la stessa Jomsborg, ma durante la spedizione fu catturato e tenuto prigioniero fino al luglio 982, quando fu liberato dai suoi fedeli grazie al pagamento di un esoso riscatto. Infine fu stipulato un accordo di pace, che prevedeva la promessa di Svend Barbaforcuta di non riaprire le ostilità, e forse portò persino un'alleanza militare contro il regno germanico, che intanto aveva preso d'assedio Hedeby[2].

 

Il corpo di re Aroldo fu quindi sepolto nella chiesa della Trinità di Roskilde, che si dice fu fatta costruire per suo stesso ordine, mentre Svend fu riconosciuto re con pieno diritto.

 

In conclusione possiamo dire che la ricostruzione proposta da Skaaning ha il merito di armonizzare le varie fonti, nonostante permangano molti dubbi relativi alla datazione precisa e al susseguirsi dei fatti. Inoltre non credo sia possibile oggi sostenere che le fortezze siano state costruite solo per far fronte a una guerra, soprattutto considerando che solo Trelleborg vi ebbe un ruolo significativo.

 

[1] L'appellativo di Dente Azzurro, in danese Blåtand, potrebbe alludere al fatto che Aroldo si sarebbe rovinato un dente oppure derivare dall'antico nordico blátann, equivalente a blámenn, che significa “uomo blu”, espressione usata per indicare i vichinghi o di riflesso i pirati.

[2] Hedeby: città del regno danese sul confine germanico.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Adamo di Brema, Magistri Adami Bremensis Gesta Hammaburgensis Ecclesiae Pontificum, ed. Bernhard Schmeilder, III Auflage, 1917 Hannover un Leipzig.

Aggesøn, Svend, Svenonis Aggonis filii: Brevi Historia Regnum Daciae, in Scriptores Minores Historiae Danicae medii aevi, ed. M. Cl. Gerts, 1917/1970 Copenhagen.

Gesta Ctunonis Regis (Encomium Emmae), in Scriptores Minores Historiae Danicae medii aevi, ed. M. Cl. Gerts, 1922 Copenhagen. 

Jacobsen, Lis e Moltke, Erik, Danmarks runeindskrifter, 1941-42 Ejnar Munksgaards Forlag, Copenhagen.

Jomsvikingernes Saga, ed. Helle Degnbol e Helle Jensen, 1975 Copenhagen.

Kjærsgaard, Erik, Kjærsgaards Danmarks Historie, 1993 Aschehoug, Aarhus.

Nielsen, Leif Chr., Trelleborg, p. 105-177, in Aarbogen for Nordisk Oldkyndighed og Historie, 1990, Copenhagen.

Nørlund, Poul, Trelleborg, 1948 Copenagen.



 

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