[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 160 / APRILE 2021 (CXCI)


attualità

LE FONTANE DI PIETRO LOMBARDI NEI RIONI DI ROMA
V / FONTANA DELLE ANFORE

di Emanuel De Marchis

 

La Fontana delle Anfore, costruita interamente in travertino e realizzata nel 1926, è divenuta nel tempo uno dei simboli più importanti del quartiere Testaccio. L'opera in oggetto, strutturata con una base a X, è adagiata su una scalinata circolare puntellata da dodici colonnine distribuite su due diversi livelli. Suddivisa in quattro cantoni radiali, ognuno con una vasca in cui s'incanala l'acqua (gli argini di ogni vasca presentano uno stemma di Roma e una testa di caprone) e di egual numero di rampe, da sette gradini ognuna, essa sostiene un assembramento di anfore, o giare che dir si voglia, che si sviluppa verso l'alto. Si tratta, indubbiamente, della fontana più monumentale tra tutte quelle realizzate da Pietro Lombardi nella città eterna.

 

 

La fontana simboleggia un momento importante nello sviluppo tecnico stilistico del Lombardi, che in questo caso utilizza come elemento ornamentale predominante l'emblema del rione, ossia, per l'appunto, le anfore, oggetti usati nell'antica Roma per conservare olio e vino e stipati in gran quantità in appositi magazzini dislocati proprio in quest'area cittadina, prossima al Tevere. La scelta di mettere tale emblema in primo piano rimanda proprio alla sua "funzionalità", che dialoga agilmente con l'elemento artistico e decorativo, secondo uno schema che influenzerà probabilmente anche la realizzazione di altre fontane (tra cui quella di piazza Mazzini, firmata da Raffaele De Vico nel 1927). Quel che è certo, è che a seguito di quest'opera Lombardi ottenne l'incarico di disegnare e costruire altre otto fontanelle, per varie zone di Roma, tutte con decorazioni a riferimento rionale o alle attività caratteristiche del tempo.

 

La Fontana delle Anfore, proprio come il rione che la ospita, è attorniata da mercati, osterie e pub che simboleggiano l'animo di un quartiere che nasce popolare e che col tempo si trasforma più volte. Lo stesso monte di Testaccio (monte dei cocci) ci conferma appunto che in tempi passati fiumi di vini e olii riempivano gli spazi vuoti tra lavoro e riposo. Costruito come rione popolare per eccellenza, nel corso degli anni tale area si evolse in quartiere bohéme, capace di attrarre stuoli di artisti, attori, registi, critici d'arte e giornalisti, determinati forse a ritrovare il mito pasoliniano di Mamma Roma (capolavoro firmato da Pier Paolo Pasolini nel 1962).

 

Ritornando ai tempi antichi, è importante ricordare come il suddetto monte dei cocci sia di natura "artificiale", essendosi formato, nel corso dei secoli, attraverso l'accumulo di vasi di coccio, provenienti dai citati magazzini del non distante Emporium, l'antico porto romano sul Tevere, fiume attraverso il quale giungevano a Roma merci provenienti da tutto il mondo, stoccate appunto in miriadi di anfore i cui resti diedero origine alla collinetta in questione, la cui area fu ribattezzata Testaccio (mons Testaceus) in epoca tardomedievale.

 

 

La fontana oggetto di tale approfondimento, come molte altre del Lombardi, richiama dunque alla memoria storie antiche e nuove. Per di più, c'è da dire che nel corso degli anni l'opera si è adattata alle esigenze di questo quartiere in continuo cambiamento, arrivando addirittura a cambiare molteplici volte collocazione, fino a stabilirsi definitivamente nell'odierna Piazza Testaccio, cuore del rione, al cui centro, tale maestosa meraviglia, dona acqua fresca potabile a chiunque voglia dissetarsi. E seppure le sue condizioni non sono al giorno d'oggi perfette, essendosi manifestati vari problemi relativi alla quantità di acqua disponibile, essa continua a essere un punto di riferimento, amato e rispettato, per tutti i cittadini che ogni giorno affollano tale vivace quartiere.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]