[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 204 / DICEMBRE 2024 (CCXXXV)


antica

SUL mito di Filemone e Bauci
la virtù dell’ospitalità NELLE METAMORFOSI

di Daniela Maria Graziano

 

Mito poco conosciuto, celebrazione dell’ospitalità e dell’amore oltre la morte, viene narrato nell’ottavo libro delle Metamorfosi di Ovidio (nel racconto che l’Acheloo fornisce a Teseo).

 

In Frigia Filemone e Bauci, anziani coniugi, accolgono nella loro umile capanna, fatta di canne e stoppie, Zeus e Ermes in sembianze umane, che avevano cercato invano ospitalità nelle case vicine ma ne erano stati respinti.

 

tamen una recepit,

parva quidem, stipulis et canna tecta palustri,

sed pia Baucis anus parilique aetate Philemon

illa sunt annis iuncti iuvenalibus, illa

consenuere casa paupertatemque fatendo

effecere levem nec iniqua mente ferendo

 

Una soltanto li accolse,

piccola davvero, coperta da stoppie e canne di palude:

là vive Bauci, una pia vecchietta, e il suo coetaneo Filemone;

uniti dagli anni della giovinezza, invecchiarono

in quella capanna e, ammettendo la propria miseria

e sopportandola di buon animo, la resero lieve

(Ovidio, Metamorphoseon liber VIII 629-634)

 

Minuziosamente sono descritte l’affabilità e la cordialità nell’accoglienza e la solerzia nella preparazione della mensa. Bauci, per farli riposare dalle fatiche del viaggio, porge ai viandanti una panca che premurosamente Filemone ricopre con una rozza coperta. Viene ravvivata la fiamma del focolare con foglie secche e cortecce e allestita la mensa con quel che la povera dispensa e il raccolto dell’orto possono offrire: un pezzo di spalla di maiale affumicato, olive verdi e nere, bacche autunnali, invidia, radicchio, latte cagliato e uova.

 

Bauci, dopo aver riscaldato l’acqua in un catino di faggio, la presenta agli ospiti affinché si lavino e ripuliscano i piedi dalla polvere del viaggio. È predisposto un misero giaciglio di salice con soffice erba di fiume su cui viene distesa la coperta di festa, seppure logora, così che possano sdraiarsi comodamente. Vengono offerti il vino, frutta secca, noci, fichi secchi, datteri, prugne, mele profumate e uva di tralci vermigli.

 

Il vivido realismo della narrazione è interrotto dal subentrare dell’elemento soprannaturale: prodigiosamente il boccale di vino, a cui più volte attingono, si riempie da solo, il che insospettisce i due coniugi sulla vera identità dei viandanti. Resisi conto che si si tratta di divinità, iniziano a innalzare preghiere e si vergognano della frugalità della loro mensa. Decidono così di sacrificare l’oca, che rappresenta il loro bene più prezioso, custode della casa. L’oca starnazzando, però, riesce a sfuggire alle grinfie di Bauci e trova riparo nel grembo di Zeus.

 

.

Moriello Leonardo, Filemone e Bauci, 2023, bronzo a cera persa 34x18x55 cm

 

Quest’ultimo, commosso dalla generosità del loro animo, rivela la sua identità e quella di Ermes e offre la ricompensa del trattamento ricevuto. I due sposi sono condotti sulla cima del monte, da cui osservano l’empia città, punita per la mancata ospitalità, completamente distrutta e sommersa dalle acque. Rimane in piedi solo la loro misera capanna che viene tramutata in un sontuoso tempio: i pali diventano colonne, il tetto di paglia si trasforma in oro e il suolo in marmo. Inoltre, Zeus li esorta a esprimere un desiderio. Essi chiedono di poter diventare sacerdoti e custodi del tempio e di morire nello stesso momento. Alla prima metamorfosi ne segue un’altra. Quando, affaticati dallo scorrere degli anni, giunge il momento della morte, proprio davanti al tempio Filemone si trasforma in un albero di quercia, simbolo di forza, e Bauci in un tiglio, emblema di accoglienza e amore. Prima che la corteccia ricopra le loro bocche, insieme si dicono: “Addio”. Le piante, unite dallo stesso tronco, diventano oggetto di culto.

 

Il mito è un exemplum di pietas ricompensata, idealizzazione della vita rustica e del mos maiorum. Il concetto di ospitalità (ξενία) assumeva anche in Grecia un’estrema importanza ed era stato celebrato, in particolare, nell’Odissea con l’episodio di Telemaco alla corte di Nestore (canto III) e di Ulisse alla reggia dei Feaci (canto VI), oltre che nell’Ecale di Callimaco.  

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]