Mito poco conosciuto, celebrazione
dell’ospitalità e dell’amore oltre
la morte, viene narrato nell’ottavo
libro delle Metamorfosi di
Ovidio (nel racconto che l’Acheloo
fornisce a Teseo).
In Frigia Filemone e Bauci, anziani
coniugi, accolgono nella loro umile
capanna, fatta di canne e stoppie,
Zeus e Ermes in sembianze umane, che
avevano cercato invano ospitalità
nelle case vicine ma ne erano stati
respinti.
tamen una recepit,
parva quidem, stipulis et canna
tecta palustri,
sed pia Baucis anus parilique aetate
Philemon
illa sunt annis iuncti iuvenalibus,
illa
consenuere casa paupertatemque
fatendo
effecere levem nec iniqua mente
ferendo
Una soltanto li accolse,
piccola davvero, coperta da stoppie
e canne di palude:
là vive Bauci, una pia vecchietta, e
il suo coetaneo Filemone;
uniti dagli anni della giovinezza,
invecchiarono
in quella capanna e, ammettendo la
propria miseria
e sopportandola di buon animo, la
resero lieve
(Ovidio, Metamorphoseon liber
VIII 629-634)
Minuziosamente sono descritte
l’affabilità e la cordialità
nell’accoglienza e la solerzia nella
preparazione della mensa. Bauci, per
farli riposare dalle fatiche del
viaggio, porge ai viandanti una
panca che premurosamente Filemone
ricopre con una rozza coperta. Viene
ravvivata la fiamma del focolare con
foglie secche e cortecce e allestita
la mensa con quel che la povera
dispensa e il raccolto dell’orto
possono offrire: un pezzo di spalla
di maiale affumicato, olive verdi e
nere, bacche autunnali, invidia,
radicchio, latte cagliato e uova.
Bauci, dopo aver riscaldato l’acqua
in un catino di faggio, la presenta
agli ospiti affinché si lavino e
ripuliscano i piedi dalla polvere
del viaggio. È predisposto un misero
giaciglio di salice con soffice erba
di fiume su cui viene distesa la
coperta di festa, seppure logora,
così che possano sdraiarsi
comodamente. Vengono offerti il
vino, frutta secca, noci, fichi
secchi, datteri, prugne, mele
profumate e uva di tralci vermigli.
Il vivido realismo della narrazione
è interrotto dal subentrare
dell’elemento soprannaturale:
prodigiosamente il boccale di vino,
a cui più volte attingono, si
riempie da solo, il che
insospettisce i due coniugi sulla
vera identità dei viandanti. Resisi
conto che si si tratta di divinità,
iniziano a innalzare preghiere e si
vergognano della frugalità della
loro mensa. Decidono così di
sacrificare l’oca, che rappresenta
il loro bene più prezioso, custode
della casa. L’oca starnazzando,
però, riesce a sfuggire alle grinfie
di Bauci e trova riparo nel grembo
di Zeus.
.
Moriello Leonardo, Filemone e
Bauci, 2023, bronzo a cera persa
34x18x55 cm
Quest’ultimo, commosso dalla
generosità del loro animo, rivela la
sua identità e quella di Ermes e
offre la ricompensa del trattamento
ricevuto. I due sposi sono condotti
sulla cima del monte, da cui
osservano l’empia città, punita per
la mancata ospitalità, completamente
distrutta e sommersa dalle acque.
Rimane in piedi solo la loro misera
capanna che viene tramutata in un
sontuoso tempio: i pali diventano
colonne, il tetto di paglia si
trasforma in oro e il suolo in
marmo. Inoltre, Zeus li esorta a
esprimere un desiderio. Essi
chiedono di poter diventare
sacerdoti e custodi del tempio e di
morire nello stesso momento. Alla
prima metamorfosi ne segue un’altra.
Quando, affaticati dallo scorrere
degli anni, giunge il momento della
morte, proprio davanti al tempio
Filemone si trasforma in un albero
di quercia, simbolo di forza, e
Bauci in un tiglio, emblema di
accoglienza e amore. Prima che la
corteccia ricopra le loro bocche,
insieme si dicono: “Addio”.
Le piante, unite dallo stesso
tronco, diventano oggetto di culto.
Il mito è un exemplum di
pietas ricompensata,
idealizzazione della vita rustica e
del mos maiorum. Il concetto
di ospitalità (ξενία) assumeva anche
in Grecia un’estrema importanza ed
era stato celebrato, in particolare,
nell’Odissea con l’episodio
di Telemaco alla corte di Nestore
(canto III) e di Ulisse alla reggia
dei Feaci (canto VI), oltre che
nell’Ecale di Callimaco.