N. 135 - Marzo 2019
(CLXVI)
IL FIHRIST E LA BIBLIOGRAFIA ARABA DEL SECOLO X
LA FIGURA DI IBN AL-NADÌM - PARTE ii
di Vincenzo La Salandra
Il Fihrist è
dunque
un
catalogo
comprendente
tutti
i
libri,
quaderni
di
lezioni,
documenti,
redatto
in
lingua
araba
dal
suo
autore:
un
‘campione’
unico
di
letteratura,
sviluppato
in
un’enciclopedia
o un
compendio
delle
conoscenze
possedute
da
un
erudito
musulmano
nel
X
secolo
a
Baghdàd.
Non
solo
è
una
preziosa
fonte
di
riferimento
per
la
cultura
dell’Islam
medievale
e
dei
letterati
che
l’hanno
rappresentata,
ma
fornisce
anche
preziose
informazioni
sull’eredità
dell’antichità
a
disposizione
dei
musulmani. Il Fihrist
contiene
vari
pezzi
di
informazioni
rare.
In
molti
casi,
le
nostre
uniche
informazioni
su
alcuni
autori
dei
primi
secoli
dell’Islàm
e le
loro
opere
provengono
proprio
da
questo
libro.
Spesso
spazi
vuoti
sono
stati
volutamente
lasciati
nel
testo
per
aggiunte
successive,
con
una
modernissima
richiesta
indirizzata
ai
lettori
ad
aggiungere
qualsiasi
informazione
che
l’autore
avrebbe
potuto
trascurare.
Le
note
raccolte
sono
state
disposte
tematicamente
e in
sequenza
cronologica
in
dieci
discorsi
(maqālāt),
ciascuno
suddiviso
in
varie
sezioni:
(1)
sulle
Scritture
rivelate
di
musulmani,
ebrei
e
cristiani,
con
un’enfasi
sulle
scienze
coraniche
e
coraniche; (2)
su
grammatici
e
filologi
arabi; (3)
su
storici,
biografi,
epistografi
e
genealogisti; (4)
su
poesia
e
poeti; (5)
su
teologia
e
sette
musulmane; (6)
sulla
giurisprudenza
(fiqh),
autorità
legali
e
hadith; (7)
su
filosofia,
logica,
matematica,
astronomia
e
medicina; (8)
su
leggende,
favole,
incantesimi,
magia,
magia,
stregoneria,
talismani
e
simili; (9)
sulle
dottrine
delle
religioni
non
monoteiste
(Sabei,
Manichei,
Mazdakiti
e
altri
dualisti)
e le
credenze
dell’India,
della
Cina
e di
altri
paesi; e
(10)
sull’alchimia.
Seguendo
la
metodologia
storica
del
suo
tempo,
Ibn
al-Nadīm
cercò
l’origine
di
ogni
scienza
di
cui
si
occupò
e
continuò
la
sua
storia
fino
alla
sua
epoca. Le
sue
osservazioni
introduttive
sull’arte
della
scrittura
rivelano
il
tentativo
di
essere
esauriente
e
presentano
un
affascinante
modello
di
concisione
e
ricerca
sulla
distribuzione,
la
storia
e le
caratteristiche
delle
lingue
e
delle
scritture
di
diversi
popoli.
Ogni
discorso
inizia
con
un’indagine
introduttiva
generale,
come
sulle
prime
fasi
della
grammatica
araba
o
sugli
inizi
della
filosofia.
Generalmente,
una
breve
nota
biografica
sugli
autori
è
seguita
da
un
elenco
delle
loro
opere.
Ibn
al-Nadīm
tenta
di
dare
un’immagine
obiettiva
degli
autori
che
nomina,
fare
osservazioni
distaccate
sulla
base
di
materiale
affidabile.
Occasionalmente
una
lista
è
dedicata
alle
pubblicazioni
su
un
tema
particolare,
come
ad
esempio
la
letteratura
sull’esegesi
coranica,
sulle
storie
d’amore
o
sulle
fiabe.
Nel
nono maqāla,
un
trattato
sulla
storia
della
religione,
gli
annunci
bibliografici
occupano
solo
un
posto
minore. Curiosamente
ha
omesso
del
tutto
il
mazdaismo,
anche
se
la
sua
discussione
sui
vecchi
scritti
iraniani
mostra
che
egli
conosceva
le
fonti
mazdakite.
Gli
ultimi
quattro
discorsi
si
concentrano
sulle
traduzioni
in
arabo
dal
greco,
dal
persiano,
dal
siriaco
e da
altre
lingue,
insieme
a
libri
composti
in
arabo
sul
modello
di
queste
traduzioni. Queste
sezioni
sono
sufficientemente
dettagliate,
e
potrebbero
essere
considerate
una
vera
e
propria
piccola
storia
della
letteratura
araba
del
secolo
X.
Alcune
informazioni
sulle
fonti
del Fihrist possono
essere
estratte
dal
libro
stesso. Apparentemente
diversi
“cataloghi”
su
argomenti
specifici
o
opere
di
singoli
autori
erano
già
in
circolazione
prima
di
Ibn
al-Nadīm. Tra
questi
egli
nomina
il
Kitab
al-Aḡānī
di
Abu’l-Faraj
Iṣfahānī.
L’autore
principale
da
cui
attinge
al-Nadìm
è
Ibn
al-Kūfī,
che
nel Fihrist menziona
più
volte
come
fonte,
e
che
potrebbe
aver
compilato
una
lista
di
autori
usando
il
lavoro
preliminare
svolto
da
Ibn
al-Kalbī
e
Madā’inī.
Ibn
al-Nadīm
aveva
probabilmente
esaminato
personalmente
molti
dei
libri
che
registra,
sebbene
a
volte
fornisca
anche
i
nomi
dei
suoi
informatori
fidati.
Gli
autori
di
repertori
biografici
e
bibliografici
in
arabo
successivi
a
Ibn
al-Nadìm,
come
Yàqùt,
Ibn
al-Qiftì,
Ibn
Abì
Usaybi’ah,
Ibn
Khallikàn,
Kutubì,
e
Hajjì
Khalìfa,
sono
tutti
ampiamente
dipendenti
dal
Fihrist,
fonte
primaria
delle
loro
compilazioni.
Ibn
Abì
Usaybi’ah
sottolineava
che
al-Nadìm
era
un
Kàtib,
ma
non
un
semplice
trascrittore;
Yàqùt
(Ubadà’
VI,
197)
afferma
finanche
di
aver
utilizzato
una
copia
del
Fihrist
manoscritta
dallo
stesso
Ibn
al-Nadìm,
assieme
ad
una
seconda
copia
estesa
fornita
da
Wazīr
Abu’l-Qāsim
Maḡribī.
Il
materiale
del Fihrist successivo
all’anno
380/990
molto
probabilmente
ha
avuto
origine
dalla
penna
di
Maḡribī.
Il
testo
abaro
del
Fihrist
è
consultabile
anche
on-line
nella
classica
versione
di
Gustav
Flügel
in
due
volumi,
Leipzig
1871-72.
Per
sottolineare
ancora
il
valore,
il
peso
e la
centralità
del
Kitàb
al-Fihrist,
concludiamo
con
una
citazione
dalla
voce
enciclopedica
dedicata
ad
Ibn
al-Nadìm
da
un
grandissimo
arabista
italiano,
Francesco
Gabrieli,
che
scriveva:
«Del
resto,
il
suo
nome
si
identifica
con
l’opera
da
lui
intrapresa
nel
987,
il
celebre
Fihrist,
grande
indice
e
catalogo
ragionato
della
produzione
scientifica
e
letteraria
nota
al
suo
tempo,
che
si
allarga
a
tratti
a
una
vera
storia
letteraria
e
culturale
non
solo
della
civiltà
arabo-islamica
nel
suo
pieno
fiore,
ma
anche
delle
culture
da
essa
assorbite.
L’immenso
valore
dell’opera
(di
cui
manca
ancora
una
soddisfacente
edizione)
à
quasi
eclissato
la
nostra
conoscenza
dell’autore,
delle
cui
vicende
e
attività
al
di
fuori
dell’opera
stessa
ci
manca
ogni
altra
notizia».
Grabrieli,
che
scriveva
alla
fine
degli
anni
‘60,
lamentava
in
effetti
una
mancanza
per
la
letteratura
orientalistica
europea;
oggi,
per
fortuna,
possiamo
disporre
di
una
ottima
edizione
in
inglese
dell’opera,
di
Bayard
Dodge
(editor
and
translator),
The
Fihrist
of
al-Nadim.
A
Tenth-Century
Survey
of
Muslim
Culture.
New
York
&
London
(Columbia
University
Press)
1970
Volume
1
& 2.
Manca
ancora
una
edizione
scientifica
completa
in
italiano
di
quest’opera
seminale
della
letteratura
araba
del
Medioevo.
Infine,
a mò
di
piccolo
contributo
di
traduzione
e
breve
congedo,
citiamo
una
suggestiva
e
onirica
pagina
del
Fihrist,
il
Capitolo
VII,
alla
sezione
I, e
precisamente
l’incipit
del
paragrafo
intitolato
Menzione
sulla
ragione
per
la
quale
i
libri
sulla
filosofia
e le
altre
scienze
antiche
furono
abbondanti
in
questo
paese:
“Una
delle
ragioni
di
ciò
fu
che
al-Ma’mùn
(r.
786-833)
vide
in
sogno
la
parvenza
di
un
uomo
bianco,
dalla
carnagione
rosea,
dalla
fronte
ampia,
sopracciglia
unite,
testa
calva,
occhi
accesi
di
sangue,
e di
ottime
visibili
qualità
umane
che
sedeva
sul
suo
letto.
Raccontava
al-Ma’mùn:
‘Era
come
essersi
ritrovati
difronte
a
lui
e in
pieno
timore
nei
suoi
confronti.
Quindi
gli
chiesi:
‘Chi
sei?’
Egli
replicò:
‘Sono
Aristotele.’
Ero
a
tal
punto
entusiasta
per
la
sua
presenza
che
dissi:
‘Oh
sapiente
posso
farti
una
domanda?’
E
lui
replicò:
‘Chiedi.’
E
quindi
chiesi:
‘Cos’è
bene?’
Ed
egli
rispose:
‘Ciò
che
è
buono
nel
pensiero.’
E
chiesi
ancora:
‘E
cosa
c’è
dopo?’
Egli
rispose:
‘Ciò
che
è
bene
nella
legge.’
Dissi
ancora:
‘Quindi
cosa
c’è
dopo?’
E
replicò:
‘Ciò
che
e
bene
nel
pubblico.’
Dissi:
‘E
quindi,
cosa
ancora?’
Egli
rispose:
‘Ancora?
Non
c’è
più
nulla.’
Secondo
un’altra
citazione:
‘Io
(al-Ma’mùd)
dissi:
‘Dammi
qualcosa
di
più!’
Ed
Aristotele
rispose
dicendo:
‘Chiunque
ti
dà
consiglio
sull’oro,
fa
che
sia
per
te
come
l’oro;
e
che
sia
per
te
l’unità
di
Allàh.’
Questo
sogno
fu
una
delle
più
chiare
ragioni
alla
base
della
produzione
di
libri.
Tra
al-Ma’mùn
e
l’imperatore
bizantino
ci
furono
intensi
contatti
epistolari
[...]
per
ricevere
manoscritti
scientifici
e
fino
a
che
ogni
mese
si
arrivò
a
spendere,
per
le
traduzioni
e la
produzione
libraria,
fino
a
cinquecento
dinàr
d’oro”.