[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 215 / NOVEMBRE 2025 (CCXLVI)


filosofia & religione

Sulla Festa dei Defunti in Sicilia
Riti e tradizioni
di Mario C. Cavallaro

 

La celebrazione dei Defunti in Sicilia, in epoche passate, rappresentava un evento di grande significato e profondo coinvolgimento emotivo. Questa festività era molto sentita e ben radicata nelle tradizioni familiari, andando oltre il semplice significato religioso e diventando un momento di intima connessione tra passato e presente, tra vivi e morti. Il due novembre fungeva da ponte metaforico verso l’aldilà, popolato dai nostri cari scomparsi. Per il bisogno di mantenere vivi i ricordi dei familiari nei cuori dei bambini, il rito dei regali, lasciati dai parenti defunti ai più piccoli, assumeva un’importanza centrale.

 

Durante la notte magica tra il primo e il secondo novembre, si faceva credere ai bambini che i defunti lasciassero le loro dimore eterne, trasformandosi in piccole formiche per passare sotto le porte e portare dolci, giocattoli, abiti nuovi e altro ai bambini che si erano comportati bene o che li avevano ricordati nelle preghiere. I bambini, quindi, non percepivano i loro antenati come figure lugubri, ma come presenze familiari con cui interagire durante tutto l’anno. Ogni bambino aveva i propri “Morti”, che potevano essere benestanti o meno, a seconda della classe sociale, ricevendo doni in base a questa condizione.

 

Le classi sociali variavano dagli aristocratici ai più poveri, includendo funzionari pubblici, farmacisti, notai, avvocati, medici, insegnanti, proprietari terrieri, industriali, artigiani, domestici, operai e contadini. Così, accadeva che il bambino aristocratico ricevesse doni di grande valore economico, mentre il figlio del domestico ricevesse un paio di scarpe già usate dal figlio del datore di lavoro, gentilmente concesse dalla padrona di casa.

 

Indipendentemente dalla classe sociale, i bambini venivano ammoniti durante l’anno: “o fai u bravu, o i morti non ti pottunu nenti! (o fai il bravo, oppure i Morti non ti porteranno nulla!). La sera del primo novembre, spettava loro “apparari” (preparare) un posto in casa dove i Morti avrebbero potuto lasciare i doni. Ogni provincia o famiglia siciliana aveva il proprio rito, posizionando un vassoio (guantera), una tovaglia o un semplice foglio di carta o di giornale. Poi i bambini andavano a dormire con la raccomandazione di non svegliarsi quando i Morti avrebbero portato i regali; altrimenti avrebbero solleticato i loro piedi: “dommi o quannu venunu i Morti t’arraspuni (oppure: t’azzidicunu) i peri” (dormi o quando verranno i Morti stanotte ti gratteranno i piedi).

 

Per timore di essere colti in flagrante veglia, si rannicchiavano i piedi per non farli uscire dalle coperte e si addormentavano pregustando i doni che avrebbero ricevuto al risveglio. I più grandicelli e smaliziati tentavano di resistere al sonno per assistere alle “operazioni” dei Morti, ma inevitabilmente si addormentavano stanchi. Al mattino, il primo pensiero era per i doni, trovati nei posti “apparati” la sera precedente. In famiglie più agiate, i Morti potevano lasciare i doni ovunque, costringendo i bambini a cercare in tutta la casa, spronati dalle mamme a cercare meglio. Naturalmente, i bambini di famiglie benestanti trovavano giocattoli, vestiti e dolciumi, mentre i più poveri ricevevano al massimo qualche dolcetto tipico della Festa dei Morti e qualche formella di mostarda essiccata.

 

Ricevevano cavallucci a dondolo, bambole, vestiti, scarpe e dolci tipici del periodo, come i dolci di Martorana a forma di frutta, pupi di zucchero, ossa di mottu, tetò, rame di Napoli, ‘nzuddi, formelle di cotognata o di mostarda, e fichi secchi.

Nel corso dei decenni, i giocattoli hanno subito notevoli trasformazioni: prima della Seconda Guerra Mondiale, erano prevalentemente realizzati in legno o cartapesta e caratterizzati da movimenti semplici. Con l’arrivo degli anni Sessanta del XX secolo, i giocattoli divennero più sofisticati.

 

Le bambine ricevevano spesso bambole che riproducevano sembianze umane in modo sorprendente; queste bambole potevano avere movimenti autonomi, a molla o alimentati da batterie, rendendole affascinanti e realistiche. Per i bambini, i regali più ambiti includevano revolver giocattolo o fucili Winchester, ispirati alle armi dei film western tanto popolari allora; così, le strade diventavano set cinematografici improvvisati, con agguati e sparatorie.

 

La magia della festa svaniva man mano che i bambini scoprivano che i doni non venivano portati dai Morti, e spesso i genitori rispondevano scherzosamente: “megghiu, accussi natr’annu i Morti arrispammiunu! (meglio così, l’anno prossimo i Morti risparmieranno).

 

Sulla nascita della tradizione siciliana della festa dei Morti, il messinese Virgilio Saccà si interrogò nella Rivista delle tradizioni popolari di novembre 1894: “Chi fu il primo, qui in Sicilia, a far risvegliare i poveri morti delle chiese e dei cimiteri per farli diventare ladri, e poi farli accostare ai lettucci dei bimbi per riempire canestri di dolci e regali? Mistero. Eppure il fatto esiste: la festa dei morti è una festa generale che ascende dall’aristocratico alla povera stamberga dell’operaio. È questione di mezzi, questione di vistosità; ma il canovaccio della leggenda è identico per tutti”.

 

La tradizione dei regali dei Morti è antica, risalente all’Ottocento. Matilde Guarnaccia, su Cordelia del mese di ottobre 1885, racconta come avesse vissuto la sua ultima festa dei Morti, dato che una sua amichetta le aveva “aperto gli occhi”. Giuseppe Pitrè ci porta al Settecento; nel suo “Il giorno dei Morti e le strenne dei fanciulli”, pubblicato nel 1875, scrive: “Qui mi sia permesso di tornare un passo indietro, alla festa dei morti e delle strenne, per riferire la descrizione che ne faceva nel secolo passato il marchese di Villabianca”.

 

Oggi la festa dei Morti non esiste più. Il consumismo e l’esterofilia impongono l’omologazione alle tradizioni di altre nazioni, sostituendo il benevolo nonno defunto con uno sconosciuto e terrificante personaggio di “Halloween” che invade le città e colpisce chiunque gli capiti a tiro.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]