[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 155 / NOVEMBRE 2020 (CLXXXVI)


contemporanea

FERNANDA PIVANO

LA DONNA CHE HA PORTATO IL BEAT AMERICANO IN ITALIA

di Carlo Desideri

  

Tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta si sviluppa, prima negli Stati Uniti poi in tutta Europa, un movimento passato alla storia come beat generation, nato da un gruppo di giovani scrittori caratterizzati da un comune disdegno verso le imposizioni sociali tanto diffuse negli USA degli anni Cinquanta.

 

I maggiori esponenti di questo movimento, che nel corso degli anni Sessanta diventano dei veri e propri punti di riferimento per tutti i giovani che si autodefiniranno appartenenti alla generazione beat, sono Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Thomas Lawrence Ferlinghetti e Gregory Corso, un gruppo di amici, compagni di studio o di viaggio che decidono di vivere dedicare la propria vita provando quelle tipologie di esperienze che tanto venivano criticate e denigrate dalla morale comune americana dell’epoca, che vanno dall’intraprendere lunghi viaggi sulle strade statunitensi abbandonando la sicurezza di una vita tranquilla e conformista (come Jack Kerouac narra nel suo libro On the road), al testare vari tipi di esperienze religiose orientali (come sempre Kerouac racconta in The Dharma Bums).

 

Una generazione dedita all’anticonformismo, alla provocazione, al cercare esperienze continuamente nuove da quelle proposte dalla società dell’epoca, come descrive Allen Ginsberg nel suo Howl.

 

Anche a causa della forte avversione iniziale verso le figure di questi autori, i loro testi iniziano a circolare principalmente soltanto dal 1957 in poi, giungendo in Europa solo nel decennio successivo. Una volta affermatosi il movimento (in Italia il movimento beat si afferma nella seconda metà degli anni Sessanta), iniziarono a nascere una serie di stampe autogestite da giovani che condividevano gli ideali di ribellioni e anticonformismo che caratterizzavano il clima giovanile degli anni Sessanta.

 

Nel primo numero della stampa autogestita italiana “Mondo Beat”, uscito il 15 Novembre 1966, si possono trovare queste osservazioni: « el 1945 vi erano già i primi Beatniks che vivevano come vagabondi, adoravano il bop e il loro gergo era simile a quello dei “negri”. In quel tempo essi erano ancora pochi e sconosciuti, ma da allora in poi il loro numero salì progressivamente, e nel 1948 incominciarono a formarsi le prime continuità e la loro fisionomia a definirsi»

 

Originariamente “beat” significava abbattuto, povero, vagabondo, triste, uno che dorme nella “sotterranea”. Quando invece Jack Kerouac pubblicò il suo primo libro che divenne di grande interesse per l’opinione pubblica, la pubblicità si impossessò di questo fenomeno, cambiandolo completamente agli occhi della società e rendendolo più uno slogan che un significato di hipster. Il significato di Beat Generation, usato per la prima volta da Kerouac per descrivere i personaggi dei suoi libri, fu ampliato in seguito a tutta la rivoluzione sociale che iniziò, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, a sovvertire il costume americano.

 

Dal 1954 fino al 1959 la pubblicità cambiò tanto il significato di beatnik da includere nella beat generation anche i delinquenti minorenni, esasperando talmente i veri beat da costringerli a nascondersi dalla loro sempre più crescente notorietà, portandoli anche a viaggiare all’estero, non solo in Europa, ma anche in Giappone e in India.

 

Come spiegato precedentemente, le opere di autori come come Kerouac e Ginsberg hanno iniziato a diffondersi tra la società giovanile italiana soprattutto intorno alla metà degli anni Sessanta e questo è stato possibile grazie al lavoro di studio e traduzione di un personaggio chiave del beat italiano (benché non ne fosse un diretto esponente): Fernanda Pivano.

 

La scrittrice e giornalista Fernanda Pivano viene considerata un vero e proprio elemento di collegamento tra il beat americano e quello italiano. Fu una delle prime principali traduttrici dei più importanti testi degli autori beat e, proprio grazie ai suoi lavori, tali testi iniziarono a circolare anche in Italia, così da non essere più materia di interesse soltanto per un’élite intellettuale.

 

Durante il suo lavoro come assistente di Nicola Abbagnano – filosofo e accademico italiano –, entra in contatto con un gruppo di saggisti, giornalisti e scrittori molto influenti all’epoca – tra i quali Elio Vittorini e Cesare Pavese –, ai quali viene riconosciuto di aver tradotto e introdotto in Italia i maggiori autori della letteratura nordamericana. Cesare Pavese ad esempio si laurea nel 1930 con una tesi su Walt Whitman.

 

Avendo anche lei interessi verso gli autori americani, inizia la sua carriera letteraria sotto la guida proprio di Pavese, curando l’Antologia di Spoon River di Masters e continua traducendo testi di Faulkner, Hemingway, Anderson, Fitzgerald e Gertrude Stein.

 

Il suo lavoro non riguarda solo il ruolo di traduttrice, è infatti anche autrice di numerosi saggi critici, tra cui: La Balena Bianca e altri miti ( 1961), L’altra America negli anni sessanta (1971), Beat Hippy Yippie (1972), C’era una volta un beat (1976), Hemingway (1985) e i due romanzi Cos’è la virtù (1986) e La mia Kasbah (1988).

 

Il suo interesse per la letteratura americana è in costante sviluppo; negli anni Ottanta scopre e studia Jay Mclnerney, mentre negli anni Novanta si interessa a William Gibson. Molti di questi eventi, gli incontri con gli autori e le varie stagioni culturali che si susseguono – dagli anni Cinquanta, caratterizzati da un soffocante perbenismo, passando poi per l’esperienza beat e la successiva stagione degli hippies, fino a giungere alle sofisticate atmosfere della Manhattan degli anni Ottanta – sono narrati in Amici Scrittori (1995) e Album Americano (1997).

 

La Pivano scopre Ginsberg nel 1956, sentendone il nome a Portorico da William Carlos Williams, il quale le racconta di star scrivendo la prefazione ai testi di questo giovane poeta che avrebbe presto fatto parlare di sé. Lo incontra poi di persona a Parigi, quasi per caso, sotto la casa di Alice B. Toklas, nel 1961. In quel periodo iniziò quello che Maria Lima definisce un “lungo sodalizio letterario”.

 

Con Ginsberg e i poeti presenti nella sua cerchia si instaura un rapporto di amicizia, di reciproco rispetto e collaborazione costante. Nel 1965 esce la raccolta Jukebox all’idrogeno, con la traduzione di Howl, dalla quale deriva appunto il successo dell’autore in Italia. In questa raccolta è presente un saggio introduttivo di Fernanda Pivano, dal titolo Un poeta, non soltanto un minestrone beat, nel quale la traduttrice ringrazia del prezioso aiuto ricevuto per il suo lavoro i poeti Gregory Corso, Mike McClure, Lawrence Ferlinghetti, Harold Norse e Peter Orlovsky, dedicando un ringraziamento a parte per Allen Ginsberg per i titoli da lui suggeriti e le sue lettere.

 

Con Ginsberg si mantiene in contatto anche negli anni successivi, incontrandolo più volte anche a vari eventi letterari ma, oltre a lui, Fernanda Pivano ha occasione di intervistare anche altri importanti autori, tra cui proprio Jack Kerouac, nel 1966. I suoi saggi si ritrovano infatti spesso all’interno di molte edizioni dei testi di Kerouac, come in alcune edizioni di On the Road o di The Dharma Bums.

 

L’importanza del personaggio di Fernanda Pivano è indubbiamente legata al fatto di essere stata un vero collegamento tra l’originaria generazione beat americana e quella italiana degli anni Sessanta, proprio per questo viene ricordata come “la donna che ha portato l’America in Italia”.

 

Nel corso della sua lunga carriera di saggista, traduttrice, scrittrice e giornalista, ha raccolto e conservato un importante patrimonio di libri, documenti e immagini, costruendo, nell’arco della sua vita professionale, una biblioteca e un archivio, che nel loro insieme costituiscono un centro di documentazione, la sua personale officina dotata di tutti gli strumenti necessari al suo lavoro quotidiano, un insieme di materiali che si offre a storici e studiosi per percorsi di ricerca di alto livello e specializzazione.

 

Alla fine degli anni Novanta la Fondazione Betton Studi Ricerche ha condiviso il grande sogno della Pivano di mettere a disposizione di tutti il sapere e la cultura che ha custodito e salvaguardato per molti anni, inaugurando la Biblioteca Riccardo e Fernanda Pivano a Milano, dove è conservato il patrimonio letterario e culturale donato dalla giornalista.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

De Martino G., Crispigni M., I Capelloni: Mondo Beat, 1966-1967. Storia, immagini, documenti, Castelvecchi, Roma 1997.

Ghersetti F., Tramma F., Il Fondo Fernanda Pivano, in A Life: Lawrence Ferlinghetti. Beat Generation, Ribellione e Poesia, Silvana Editoriale, Brescia 2018.

Ginsberg A., Urlo & Kaddish, Il Saggiatore, Milano 2010.

Lima M., Le “voci” italiane di Allen Ginsberg, Trieste, EUT Edizioni Università di Trieste 1999.

Kerouac J., I Vagabondi del Dharma, Mondadori, Milano 2016.

Kerouac J., Sulla strada, Mondadori, Milano 2016.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]