.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


.

STORIA & SPORT


N. 101 - Maggio 2016 (CXXXII)

F.C. Internazionale

PARTE II - L’epopea della Grande Inter
di Francesco Agostini

 

I veri interisti conoscono la formazione della Grande Inter a memoria. La recitano con devozione, come se fosse il rosario: Sarti, Picchi, Burgnich, Guarneri, Facchetti, Bedin, Mazzola, Suarez, Jair, Peirò, Corso. Pensando al calcio di oggi, così fisico, violento e muscolare, questa squadra, per l’elevatissimo tasso tecnico, mette quasi i brividi. La formazione del ‘mago’ Helenio Herrera era semplicemente di un altro livello, distante anni luce da tutte le altre squadre che le contendevano il primato. L’Inter di Angelo Moratti era… la Grande Inter.

 

Già il solo nome di Giacinto Facchetti dovrebbe incutere reverenza e rispetto. Facchetti è stato colui che per primo ha reinventato l’idea stessa del terzino, passando dalla figura statica classica a quella propositiva e mobile. In poche parole, Giacinto Facchetti è stato il primo prototipo di terzino fluidificante, reincarnatosi poi in grandi talenti come Antonio Cabrini o Paolo Maldini, entrambi eroi della Nazionale italiana. Uomo a modo e pacato, Facchetti era amato e ammirato da tutti; tifosi e, soprattutto, avversari.

 

L’altra faccia della difesa era Tarcisio Burgnich, se vogliamo un calciatore tatticamente all’opposto rispetto al compagno Facchetti: Burgnich era un difensore arcigno e coriaceo, che raramente superava la linea del centrocampo. Fu uno dei punti fermi della Grande Inter di Herrera, un calciatore silenzioso e ombroso, ma di grande affidamento; i più lo ricorderanno per un rocambolesco gol nel mondiale messicano del 1970, nella sfida epica Italia-Germania (4-3).

 

A centrocampo Suarez e Mazzola, due calciatori versatili e moderni nel senso più vero della parola. Eccellenti con la palla al piede, grande tecnica, forza fisica. Nel caso di Mazzola, la classe gli proveniva direttamente dal padre, essendo un figlio d’arte. Visto con gli occhi moderni, ben poche squadre di oggi potrebbero permettersi il lusso di avere Mazzola e Suarez come compagni di reparto; ma quelli erano gli anni sessanta e, fondamentalmente, stiamo parlando di un altro calcio.

 

In attacco, calciatori del calibro di Jair e Mario Corso. L’italiano inventò il famoso tiro ‘a foglia morta’: in poche parole Corso riusciva a calciare delle punizioni che si abbassavano violentemente sul terreno, come una foglia morta che cade dall’albero. Il suo piede sinistro era magico e riusciva a trasformare in gol delle punizioni molto complicate da un punto di vista tecnico, quasi impossibili. Anche Jair non era affatto da meno: un’ala potentissima, devastante, con una grande forza fisica. Non è un caso che vinse, oltre ai numerosissimi trofei della Grande Inter, anche il mondiale del 1962 giocato in Cile.

 

Quanto vinse la Grande Inter di Helenio Herrera? I numeri sono semplicemente impressionanti: tre scudetti (1962-1963, 1964-1965, 1965-1966), due Coppe dei Campioni (1963-1964, 1964-1965) e due Coppe Intercontinentali (1964 e 1965). Da capogiro.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.