[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

172 / APRILE 2022 (CCIII)


contemporanea

Lo zar di Mosca

Sul significato del titolo imperiale russo

di Francesco Biscardi

 

L’aggressione russa all’Ucraina, avviata lo scorso 24 febbraio 2022, ha fatto ripiombare l’Europa nell’incubo di un possibile conflitto fra superpotenze che sembrava tramontato con la fine dell’Urss. In realtà si è giunti al tragico epilogo di una crisi cominciata nel 2013-2014 in una nazione da tempo teatro di contrasti fra movimenti e partiti filorussi e filoccidentali in vista di un possibile ingresso nell’Unione Europea (a cui si sarebbe poi aggiunto il più pericoloso “pericolo”, per Mosca, di un avvicinamento alla Nato).

 

Nel novembre 2013 il presidente ucraino Viktor Janukovyč, amico della Russia, rifiutò di firmare il trattato di adesione del suo Paese alla Comunità Europea; nei mesi seguenti schieramenti nazionalisti, vicini all’Occidente, diedero vita a imponenti manifestazioni che culminarono a Kiev, nel febbraio 2014, in un colpo di stato che detronizzò il Capo dello Stato, costretto alla fuga.

 

I filorussi reagirono con l’appoggio del presidente Vladimir Putin che inviò aiuti umani, armi e “volontari” (in realtà militari). La Crimea, tradizionalmente russa, strappata ai tatari-ottomani da Caterina la Grande nel 1783, poi ceduta da Nikita Kruscëv all’allora Repubblica Socialista Ucraina nel 1954, proclamò la sua indipendenza a seguito di un Referendum, tenutosi l’11 marzo 2014, non riconosciuto dalla comunità internazionale. Anche le regioni orientali ucraine di lingua e popolazione russa, come il Donbass, sulla falsariga della Crimea, proclamarono la secessione: appoggiati da Mosca ne nacquero scontri con il nuovo governo, sostenuto dall’Occidente, il quale varò, come oggi, sanzioni economiche. La crisi fu parzialmente tamponata con gli Accordi di Minsk del settembre 2014, ma si riacutizzò già poco dopo, fino ad arrivare in questi mesi al più nefasto degli esiti.

 

Ai nostri giorni sembra di assistere a una sorta di opera lirica di argomento tragico in cui ogni orchestra suona la sua melodia: la Russia che, parlando di “operazione speciale”, presenta la sua azione come salvifica per i popoli di etnia russa, il governo di Kiev, che oscilla fra una isterica richiesta di diretto intervento euro-americano, cosa che porterebbe a un ineluttabile scontro nucleare, e una flebile disponibilità a patteggiare, l’Occidente, egemonizzato dagli Usa, che ricorre a una retorica e a delle azioni che sembrano procrastinare sempre più la conclusione delle ostilità, e infine altri attori, come la Cina, che, sebbene schierati, osservano guardinghi l’evolversi della situazione.

 

In riferimento alla campagna mediatica anti-russa che ha preso corpo in Italia è molto curioso come Putin, oltreché “nuovo Hitler” (sulla scia dei vari Nasser, Gheddafi, Saddam e Bin Laden), sia stato definito “zar”, rispolverando un titolo che in Russia era tramontato nel secolo scorso. In molti non sanno però il significato reale di questo termine, profondamente radicato nella storia delle terre orientali e affondante la sua radice nel passato romano-bizantino, ben più considerevole di quello di “autocrate”.

 

Una storia che inizia in quella propaggine dell’est Europa che avrebbe poi preso la denominazione di “Russia”: qui popoli slavi e finni, fra VIII e IX secolo, in aspra contesa fra di loro, si appellarono a un principe variago o Rus’, tale Rjurik, di provenienza scandinava, il quale riuscì a pacificare quell’area e a fondare un centro che ribattezzò Novgorod (“Città Nuova”). I suoi successori si spinsero più a sud fino a Kiev, già emporio commerciale fra oriente e occidente, nota proprio come “Via dai variaghi ai greci” o “Via dell’ambra”.

 

La nascita della Rus’ di Kiev è però rimasta in gran parte oscura: il documento più importante che possediamo è la Cronaca di Nestore, scritta fra XI e XII secolo dai monaci locali per esaltare la dinastia regnante, ma è un racconto complesso e di dubbia interpretazione, a tratti leggendario (paragonabile, per certi versi, al mito sulle origini di Roma). Spingendosi nel profondo dell’Europa questi popoli, in parte di etnia slava e in parte nordica, entrarono in conflitto con l’Impero bizantino e, nell’860, sferrarono un attacco alla capitale. Sebbene fallirono, da allora i loro signori, attratti dall’opulenza e dai commerci di Costantinopoli, iniziarono a sollecitare la corte del basileus per farsi riconoscere titoli nelle terre da loro occupate.

 

Così, a partire dal X secolo, Bisanzio e Kiev presero a stipulare accordi e ad avviare la conversione al Cristianesimo. I buoni rapporti furono suggellati sotto i regni di Basilio II e Vladimir I che, nel 988, si convertì e sposò una sorella dell’imperatore costantinopolitano. Tale evento inaugurò un lungo periodo di influenza culturale greco-romana (in quanto i bizantini erano pur sempre gli eredi della pars orientis dell’Impero romano) sui Rus’, la quale avrebbe poi inciso profondamente sull’identità e sulla religiosità russa, contribuendo alla formazione dell’ideologia zarista.

 

Fino al XII secolo il principato di Kiev rimase un regno unitario, ben inserito nei rapporti politici del continente europeo, viste anche la ben congeniate alleanze matrimoniali fra casate aristocratiche, ma nel Duecento emerse a nord un nuovo centro: la regione di Vladimir Suzdal’, sul fiume Kljaz. Seguirono la formazione di nuove città e avamposti di frontiera, fra cui Mosca (nominata per la prima volta nella Cronaca di Nestore alla data 1147). Fu un principe moscovita, Andrej Rogoljubsky, a inviare truppe alla conquista di Kiev, dove si era aperta una contesa dinastica, esacerbando un periodo di crisi che avrebbe condotto alla fine del regno.

 

A complicare la faccenda giunsero i mongoli: fu il celeberrimo Gengis Khan che, fra XII e XIII secolo, riunì le varie tribù dell’Asia centro-orientale guidandole alla formazione di uno dei più colossali imperi della storia. I principi Rus’ non riuscirono a fronteggiare un nemico terribile e sconosciuto che per aspetto e ferocia sembrava uscito dal Tartaro, l’oltretomba (donde il termine “tatari” o “tartari” con cui soventemente furono designati in Europa). La loro avanzata si fermò nel 1242 a Rus’ assoggettata, la quale fu aggregata nel khanato dell’Orda d’Oro, la più occidentale provincia del colosso mongolico, e divenne un crocevia di popoli, essendo posta al centro di quella che sarà ribattezzata “Via della Seta”.

 

Lo sfaldamento del khanato fu provocato da crisi interne ed esterne: lotte di successione, scontri con i popoli limitrofi, fino alla più seria minaccia rappresentata, fra XIV e XV secolo, da Timur o, come più noto in Europa, Tamerlano.

 

Fra i Rus’ i primi a rialzarsi furono i principi di Mosca: si deve a Ivan III il Grande (1446-1505) il merito di aver completato il processo di affrancamento dai dominatori e di conquista di “tutte le Russie”, ovvero di quei centri urbani che dal XII secolo in poi si erano costituiti in principati autonomi, come prima brevemente delineato, e di aver dato vita all’ideologia zarista.

 

Nel 1453 Costantinopoli era caduta in mano ottomana: la storia dei “cesari” era giunta al tramonto e con essa, almeno apparentemente, anche la lunga contesa che aveva visti opposti il basileus e il Sacro Romano imperatore latino nella disputa su chi dovesse essere ritenuto vero e solo “imperatore” (termine che nel Medioevo si riferiva alla dignità e al ruolo universale di governatore laico della cristianità), un contrasto che andava avanti sin dall’incoronazione di Carlomagno (Natale dell’800) e che vedeva coinvolti, oltre ai sovrani, anche pontefici e patriarchi.

 

In realtà, visto che tradizionalmente tutti gli eredi legittimi o presunti a un trono imperiale venivano insigniti o si arrogavano il titolo di “cesare” (come i principi bulgari e serbi), non risultava esservi nessun signore che potesse essere unanimemente considerato “cesare augusto”, come si soleva fare ai tempi romani, per cui la contesa era spesso più di prestigio e autorevolezza che altro.

 

Questa disputa non si concluse con il 1453 giacché si fecero avanti vari pretendenti, fra cui il più interessante fu proprio Ivan III, che nel 1472 sposò Zoe Paleologa, figlia di Costantino XI, ultimo dei basileis: il matrimonio lo aveva praticamente reso consorte dell’erede dei cesari d’Oriente.

 

Partendo dal presupposto che negli idiomi slavi il termine latino caesar risuonava come “c-zar”, donde “zar”, da vari documenti sappiamo che Ivan III prese a qualificarsi come “Gran principe e Zar” verso i suoi sudditi. Inoltre, dal momento che aveva riunito sotto il suo scettro le varie terre dei Rus’, si qualificò come “Zar di tutte le Russie” e arrogò per Mosca il ruolo di “Terza Roma”, degna erede delle città di Romolo e Costantino.

 

Anche se il titolo zarista sarà sarà stabilmente introdotto solo sotto Ivan IV, “il Terribile”, a seguito di un decreto del 1561, approvato dal patriarca ortodosso, possiamo dire che in tutta la lunga storia che va dalla nascita della Moscovia con Ivan III a Nicola II Romanov, vittima degli eventi rivoluzionari del 1917, tutti gli autocrati dei Rus’ furono “cesari-imperatori”.

 

Il significato di zar risulta essere quindi ben più profondo di quello di re, sovrano o tiranno, in quanto caratterizzante specificatamente un insieme di terre e designante un particolare tipo di potere che, dal Medioevo al Novecento, si riteneva derivasse direttamente da Dio e non dovesse incontrare alcun limite nell’esercizio delle sue funzioni.

 

L’attribuzione all’attuale presidente della federazione russa di tale etichetta risulta pertanto priva di senso, in quanto “zar” rimanda a un concetto molto più complesso e storicamente definito, rispetto ai generici “dittatore” o “despota”, a cui allude la propaganda occidentale, paralizzata in un apparato retorico demistificatorio-semplificatorio inadatto alla situazione.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Bartlett R., Storia della Russia. Dalle origini agli anni di Putin, Oscar Mondadori, Milano 2014.

Cardini F., Il Sultano e lo Zar. Due imperi a confronto, Salerno Editrice, Roma 2018.

Di Rienzo E., Il conflitto russo-ucraino. Geopolitica del nuovo (dis)ordine mondiale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2015.

Ostrogorsky G., Storia dell’impero bizantino, Einaudi, Torino 1993. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]