.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


.

arte


N. 97 - Gennaio 2016 (CXXVIII)

L’ESPRESSIONISMO TEDESCO
POLEMICA SOCIALE E RIVOLUZIONE ARTISTICA TRA XIX E XX SECOLO

di Valentina Daniele

 

Tra Ottocento e Novecento, quando la generazione espressionista si presenta sulla ribalta della scena artistica europea, trova in Germania l’ostilità del potere di Guglielmo II e così entra in conflitto con il mondo circostante.

 

L’imperatore che domina la scena politica tedesca dall’unificazione della Germania fino alla fine della prima guerra mondiale, diventa sempre più il simbolo negativo di una gestione del potere estremamente autoritaria e di una politica culturale, che rifiuta ogni apertura nei confronti dell’arte moderna.

 

Contro l’ideale conservatore di cultura propugnato dall’imperatore, che stringe alleanza con la borghesia, gli espressionisti si ribellano, rifiutando i valori e le forme rappresentative di questa classe.

 

La loro avversione per la società guglielmina li spinge anche a prendere parte attiva nella prima guerra mondiale, che diventa un leitmotiv delle loro opere. Molti di loro elevano alte lodi al conflitto e si illudono, sacrificando la loro vita, che da esso possa nascere una nuova umanità liberata degli impulsi civilizzatori.

 

L’orizzonte filosofico all’interno del quale viene articolata la critica alla società guglielmina è la Kulturkritik di Friedrich Nietzsche, che si può per molti aspetti considerare una sorta di padre spirituale dell’Espressionismo.

 

In sintonia con le sue posizioni, gli espressionisti si scagliano contro la nuova classe borghese che accompagna l’ascesa al potere di Guglielmo II, considerandola la responsabile della decadenza della cultura e della negazione dell’arte.

 

Tale pathos antiborghese conduce i protagonisti di questo movimento a rendere soggetti delle loro opere figure che simboleggiano uno stile di vita completamente opposto a quello borghese e che per questo vivono ai margini della società: il mendicante, la prostituta, il folle, il criminale.

 

Tuttavia, se si osservano le biografie degli artisti, si può notare che solo pochi sono vissuti effettivamente ai margini della società tanto deprecata. La maggioranza di essi, a livello inconscio, sembra che abbia interiorizzato parzialmente gli ideali contro cui ufficialmente si scaglia, accettando come inevitabile la problematica della “doppia esistenza”, cioè la frattura tra ambizioni artistiche e necessità della vita borghese. Pertanto è molto controversa l’effettiva portata della rivolta ed è difficile giudicare in modo univoco la critica al principio di autorità e l’impulso antiborghese.

 

Il disagio degli espressionisti non dipende solo dal posto che occupano rispetto alla cultura ufficiale, ma anche dai processi di modernizzazione legati alla trasformazione della Germania da paese agricolo a paese industriale. Nella gran parte dei casi si sentono disorientati dai processi di industrializzazione che disgregano la società e destabilizzano l’individuo.

 

Così il primo circolo, Die Brücke, con cui l’Espressionismo si afferma prima nelle arti figurative e poi in quelle letterarie, propone un’arte e una forma di vita a stretto contatto con la natura, lontane dagli influssi della grande città, percepita come il concentrato di tutti i mali portati dalla modernità. Parallelamente all’ideale proposto dal movimento Die Brücke, i pittori di Der blaue Reiter scelgono come fonte di ispirazione la natura e non la civiltà moderna.

 

Questa esigenza di riscoperta della natura conduce all’affermazione di un’estetica basata sull’immediatezza e sull’essenzialità dell’espressione. Il desiderio di riportare l’arte alle sue origini si intreccia negli espressionisti con una forte critica alla concezione razionale del mondo. La realtà empirica viene condannata come forma di una costruzione artificiale che corrisponde ai fini ideologici della classe borghese.

 

Da qui hanno origine le sperimentazioni artistiche dei pionieri di questa avanguardia che, di fronte ai principi della borghesia e alle procedure razionali, assumono due atteggiamenti contrapposti nelle loro opere. Alcuni restano fedeli alle tradizionali forme stilistiche e pittoriche.

 

Altri, invece, vedono nel linguaggio pittorico un possibile antidoto all’aridità della loro epoca e mettono in atto in misura e in modalità diverse una rivoluzione artistica.

 

Questi ultimi, constatando una discrepanza tra le forme logico-concettuali del linguaggio e la natura spirituale della realtà, mettono in discussione le strutture tradizionali e si avvalgono di una gamma cromatica acida e accentuata, che va dall’alterazione dello spazio e della prospettiva fino alla negazione del senso pittorico, che poi sarà portata alle estreme conseguenze dai dadaisti.

 

Essi propongono di relativizzare il più possibile le proporzioni e di tornare all’Urkunst, cioè all’opera d’arte originaria, che viene prima delle costruzioni razionali.

 

I pittori dell’Urkunst, tra i quali emerge un rappresentante emblematico del volto più rivoluzionario dell’Espressionismo Ernst Ludwig Kirchner, sono convinti che l’arte intesa come forma di comunicazione originaria possa ristabilire un contatto fondamentale sia con il mondo interiore sia con quello esterno e riportare l’uomo a se stesso e alla radice delle cose.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.