[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

174 / GIUGNO 2022 (CCV)


attualità

Una svolta storica per Bogotà
SULLe elezioni colombiane

di Gian Marco Boellisi

 

I primi mesi del 2022 sono stati caratterizzati da alcuni appuntamenti elettorali di notevole rilevanza. Sebbene si sia dato ampio spazio sulla stampa alle elezioni francesi vinte da Macron, hanno ricoperto altrettanto grande importanza le elezioni in Colombia tenutesi al primo turno il 29 maggio e al ballottaggio il 19 giugno scorso. Le urne hanno reso vittorioso il candidato di sinistra Gustavo Petro, il quale è riuscito così ad accantonare decenni di storia politica colombiana nonostante gran parte dell’establishment gli fosse contro.

Nonostante il grande traguardo, le sfide del nuovo presidente sono tante, sia a livello interno che estero, e non è per nulla scontato che egli riesca a farvi fronte in maniera efficace. Risulta quindi essere interessante inquadrare nel loro contesto le recenti consultazioni e comprendere perché queste potrebbero essere considerate tra le elezioni più importanti della Colombia. Il voto di quest’anno è stato senza ombra di dubbio quello più indeciso e combattuto della storia recente colombiana. Il percorso che ha portato alle elezioni è stato lungo e tortuoso e fino alla fine non si è potuto prevedere il risultato verso l’una o l’altra parte. La sfida principale si è avuta tra il candidato di sinistra Gustavo Petro e il candidato della destra populista Rodolfo Hernandez.

La particolarità di questo confronto è stata nel fatto che il paese è sempre stato governato da forze di destra, o al più di centro-moderate, questo per le più svariate ragioni, tra cui anche le non indifferenti ingerenze straniere (leggasi statunitensi) nella politica colombiana. Questa volta è stata la prima vera occasione in cui le forze di sinistra hanno giocato veramente la partita in maniera diversa, riuscendo così a vincere la presidenza.

Per quanto riguarda i candidati, essi provengono da contesti molto diversi. Il vincitore Gustavo Petro è stato nei decenni passati un membro del movimento di guerriglia M19, scioltosi a fine anni ’80, per poi diventare uno dei protagonisti indiscussi della politica colombiana degli ultimi 30 anni. Ciò a testimonianza di quanto la storia della Colombia sia stata sempre permeata dalla presenza dei movimenti guerriglieri clandestini, siano essi di destra o sinistra. L’irregolarità del territorio, unito a una scarsa organizzazione delle forze governative, ha permesso a queste formazioni di nascondersi e di costituire una gravissima minaccia per il potere centrale (al pari dei narcotrafficanti se non oltre) per svariati decenni a questa parte.

Tra gli incarichi più importanti ricoperti da Petro vi è quello di sindaco di Bogotà tra il 2012 e il 2014, considerata essere la seconda carica più importante del paese, di deputato, di senatore e infine 3 volte candidato alla presidenza. Al primo turno ha ottenuto 8 milioni di voti, pari al 40% delle preferenze, mentre nel secondo turno ha vinto con il 50,4% contro il 47% delle preferenze verso Hernández.

Il programma di Petro non è stato quello classico delle sinistre sudamericane assimilabile a quello delle sinistre terzomondiste o di stampo castrista. Al contrario, le tematiche trattate in campagna elettorale sono state avvertite come moderne e attuali dai cittadini, quali maggiori sforzi in politiche ambientali a tutela delle foreste colombiane, riforme del sistema economico odierno e alla tutela dei diritti delle donne e delle minoranze. Particolari sforzi sono stati compiuti da Petro per conquistare ampie fette dell’elettorato femminile, così come anche quelle dei giovani e di tutte quelle regioni che storicamente sono state avverse a politiche di sinistra. Visti i risultati, è evidente che la retorica dell’ex sindaco di Bogotà ha attecchito in pieno nei cuori dei cittadini colombiani.

Mentre da un lato il candidato Petro cercava di coprire in lungo e in largo il territorio della Colombia con i suoi comizi, il candidato di destra Rodolfo Hernandez ha preferito un approccio più statico, affidandosi per lo più ai social media, tanto da guadagnarsi il nomignolo “vecchietto di Tik Tok”. La sua campagna elettorale si centrata principalmente sulla lotta alla corruzione, avvertita dalla maggior parte della popolazione come il maggiore dei mali del paese anche più del narcotraffico e delle diseguaglianze sociali. Nonostante il programma, il modo di esprimersi del candidato è stato quanto meno controverso, colmo di gaffe di non poco conto e insulti diretti verso i propri avversari. Questo ha portato la stampa ad associare Hernandez a tutta quella schiera di politici moderni, in primis Trump e Bolsonaro, che fanno uso di un populismo molto basso per poter portare dalla propria parte grandi fette di elettorato.

In principio Rodolfo Hernandez nasce come imprenditore che poi si butta in politica, ricoprendo peraltro anche il ruolo di sindaco della città di Bucaramanga. Nonostante la sconfitta, la forza di Hernandez è stata la sua identificazione nel candidato antisistema, occupando così la speculare e opposta parte della barricata rispetto a Petro. A conferma di ciò nel corso delle elezioni Hernandez ha rifiutato svariate volte l’appoggio dei leader dei partiti conservatori storici, in maniera da distanziarsi agli occhi degli elettori nei confronti di quella viene vista come “la vecchia politica”.

Una prima riflessione può essere fatta sulla natura dei candidati stessi. Infatti sebbene essi abbiano rappresentato due diverse anime della Colombia, colpisce come nessuno dei due appartenga alla dirigenza politica classica colombiana e anzi rappresenti quel sentimento anti-establishment proprio sia degli elettori di destra così come di quelli di sinistra. L’origine di questo orientamento della società colombiana può essere spiegato parzialmente dalla storia recente del paese. La Colombia sta infatti uscendo da decenni di violenza causata sia dalle guerre contro il narcotraffico sia dai conflitti contro i guerriglieri nella giungla. Il costante fallimento dei vari governi nell’arginare questo spargimento di sangue ha portato la popolazione a cercare la necessità di pacificazione nazionale in nuove forze politiche asistemiche e apartitiche.

Altra causa di questo malessere diffuso è la situazione economica disastrata del paese, a causa della quale la povertà e le diseguaglianze delle fasce più basse della popolazione vengono accentuate. La popolazione avverte come responsabile il modello economico su cui è stato costruito il paese dai governi negli ultimi decenni, motivo per il quale Petro e Hernandez sono stati considerati gli unici a poter fornire un’alternativa per la rinascita di una Colombia moderna.

Dal punto di vista economico, la Colombia ha registrato nel 2021 una crescita del Pil del 10,6%. Questo dato tuttavia non trasmette il quadro reale della situazione nel paese, dove abitano circa 20 milioni di poveri, equivalente circa al 40% della popolazione, e una larga fetta della popolazione rimane ad oggi disoccupata e senza alcuna tutela. Oltre a ciò si aggiunge anche il delicato processo di pace tuttora in atto a seguito degli accordi tra lo stato e i guerriglieri delle FARC nel 2016. Nonostante siano passati 6 anni, il governo non è ancora riuscito a riprendere il controllo di intere aree del paese, dove gli ex guerriglieri si sono messi al servizio dei narcos e hanno portato avanti un dominio locale sul territorio.

I progetti di Petro per la Colombia sono ambiziosi e sono volti a risolvere, o quanto meno tamponare, queste particolari problematiche. Per quanto nobili siano gli ideali del neo-presidente, egli dovrà prima o poi misurarsi con la realtà. Infatti è opinione diffusa tra la popolazione colombiana che Petro non sia mai stato un uomo d’azione, cosa che lo ha contraddistinto anche mentre ricopriva la carica da sindaco a Bogotà, dove a detta di molti non avrebbe apportato grandi cambiamenti alla capitale.

La sua proposta di vietare nuove esplorazioni petrolifere, oltre ad aver adirato un gran numero di imprenditori e lavoratori, potrebbe non essere realizzabile. Infatti l’industria petrolifera è uno dei due pilastri su cui si regge l’economica colombiana, oltre all’agricoltura, e tagliare le esplorazioni vorrebbe dire togliere lavoro a una gran fetta di professionisti, aggravando così la già stremata situazione occupazionale del paese.

Le altre proposte di Petro hanno come linea guida quella di ridistribuire la ricchezza tra le varie fasce sociali, come ad esempio fornire un’istruzione superiore gratuita o riformare il sistema sanitario pubblico e allo stesso tempo aumentare la tassazione delle fasce più abbienti. Il maggior problema di Petro nel realizzare il suo piano di riforme sarà nel Congresso, dove il suo partito non avrà a disposizione una maggioranza assoluta tale da poter governare senza necessità di alleanze. Le sue forze saranno nel suo partito, Pacto Histórico, e nel partito Comunes che insieme rappresentano circa il 35% dei seggi disponibili. Creare una coalizione disposta a supportarlo nel suo piano di riforma non sarà semplice, e questa non sarà altro che la prima di tante sfide che il neo presidente dovrà affrontare.

Dal punto di vista della politica estera, con la vittoria di Petro la Colombia ha rotto radicalmente i suoi legami con il passato. È infatti passata dall’essere un alleato chiave degli Stati Uniti nel Sud America all’avere un governo di sinistra che potenzialmente potrebbe mettere in discussione anni e anni di ingerenze in casa propria. Proprio la Colombia insieme al Cile sono sempre state considerate colonne portanti del sistema a guida statunitense dell’America Latina, anche dopo il periodo di dittature destrorse caratterizzanti gli anni della Guerra Fredda.

Eppure nonostante questo passato a impronta atlantista anche Colombia e Cile hanno ceduto a governi di sinistra, con Petro a Bogotà e Gabriel Boric a Santiago. Ciò ha scosso non poco i piani di Washington per la regione, la quale sperava di aver archiviato gli anni in cui doveva impegnarsi attivamente per tenere a bada il cosiddetto “giardino di casa” sudamericano. E potrebbe non essere finita. Infatti Colombia e Cile potrebbero essere solo l’antipasto di una portata ben più ricca e catastrofica per la Casa Bianca: la svolta a sinistra del Brasile. Infatti a ottobre 2022 si svolgeranno le elezioni nel più grande e importante stato dell’America Latina, portando allo scontro Bolsonaro contro un resuscitato Lula, il quale se dovesse vincere rovinerebbe anni e anni di pianificazione statuniense per tutto il continente.

In conclusione, la Colombia con l’elezione di Petro si trova a un punto di svolta epocale nella sua storia recente. Non solo la sinistra ha per la prima volta una vera occasione per migliorare sensibilmente le condizioni dei cittadini colombiani, ma essa ha anche la possibilità di mostrare come si possa dare un concreto segnale di rottura rispetto a una classe politica che per anni ha solamente peggiorato le cose, o al più è rimasta indifferente al corso degli eventi.

Per quanto i buoni propositi abbondino, è estremamente difficile che Petro riuscirà interamente nel suo intento riformatore. Tuttavia anche solamente avviare un cambiamento potrebbe mostrare ai colombiani come è possibile cambiare rotta anche quando il mare è in burrasca e come la Colombia sia in grado di salvarsi, soprattutto da se stessa.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]