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                          N. 16 - Aprile 2009 
                          
                          (XLVII) 
															
															
															
															
															DIVERSO DA CHI? 
															commedia sulla 
															diversità sessuale 
															
															
															di Leila Tavi 
															
															  
                                    
						
						Piero (Luca Argentero) è 
						un giovane professore universitario, presidente 
						dell’Arcigay locale e felicemente “sposato” da tredici 
						anni con Remo (Filippo Nigro), un critico culinario. 
						Oltre alla carriera universitaria Piero porta avanti il 
						suo impegno politico per l’affermazione dei diritti dei 
						gay all’interno dell’Unione Democratica, una coalizione 
						disastrata e contraddittoria come nella realtà, in un 
						città del Nord-Est dove la sinistra perde da troppo 
						tempo.  
						
						  
						
						In occasione delle 
						prossime elezioni a sindaco il partito di sinistra tenta 
						nuove strategie per contrastare il successo della Lega, 
						rappresentata dal gretto e politically incorrect 
						sindaco uscente Galeazzo (Francesco Pannofino) che, con 
						il pretesto di voler garantire ai cittadini maggiore 
						sicurezza, candidatosi di nuovo, vorrebbe innalzare muri 
						di cemento e frapporre barriere culturali.  
						
						  
						
						Piero diventa la 
						rivelazione delle primarie e, così, l’uomo nuovo che 
						la sinistra, quasi per errore, mette in campo. I quadri 
						di partito Corazza e Serafini, magistralmente 
						interpretati dalla coppia Antonio Catania e Giuseppe 
						Cederna, decidono di attenuare lo choc culturale che un 
						candidato sindaco gay potrebbe provocare negli elettori 
						affiancando a Piero, come vicesindaco, Adele (Claudia 
						Gerini) soprannominata la “furia centrista”, una devota 
						di De Gasperi, per giunta antidivorzista, che considera 
						la “preservazione” della famiglia tradizionale una 
						priorità politica.  
						
						  
						
						L’inizio della campagna 
						elettorale è per lo staff dell’uomo nuovo un vero 
						disastro, non si riesce a trovare tra le posizioni di 
						Adele e quelle di Piero nessun compromesso; i due stanno 
						per gettare la spugna quando Remo, dall’animo sensibile, 
						suggerisce a Piero la giusta strategia per ingraziarsi 
						Adele. Il corteggiamento politico di Piero ha, però, 
						degli effetti indesiderati e il giovane gay si trova ben 
						presto coinvolto in una travolgente passione insieme 
						alla sua compagna di partito, una sorta di 
						entanglement quantistico di cui non riesce a 
						spiegarsi le ragioni e che mette in crisi la sua 
						identità di “diverso”. 
						
						 
						Il film, una divertente sophisticated comedy, 
						opera prima di Umberto Carteni, ci presenta la politica 
						italiana come fenomeno di costume, senza velleità di 
						denuncia, senza pretese di voler scoprire l’acqua calda. 
						Il regista ha voluto trovare un modo non arrogante e 
						saccente di spiegarci come va la politica, facendoci 
						sorridere.  
						
						  
						
						Ha scelto di raccontare la 
						politica da sinistra, senza voler fare l’uomo di 
						sinistra, senza qualunquismi, con umiltà e con garbo. 
						Nonostante la leggerezza con cui il tema è trattato il 
						linguaggio utilizzato rimane comunque quello 
						cinematografico, che non scade mai in quello televisivo, 
						in un’armonia semplice e verace.  
						
						  
						
						La città di Trieste, non 
						annunciata, ma neanche celata, proprio per la sua 
						bellezza che la caratterizza come città mitteleuropea 
						dal fascino retrò, è quasi impercettibilmente elemento 
						di disturbo, in quella che dovrebbe essere il modello di 
						città governata da una giunta leghista, grigia e 
						anonima.  
						
						  
						
						Uno dei punti di forza del 
						film è la sceneggiatura di Fabio Bonifacci, che non è 
						mai prevaricata dalla regia; le battute caustiche non 
						hanno bisogno di volgarità per conquistare lo 
						spettatore e sono accompagnate da immagini che, 
						attraverso un tocco di calore umano, rendono gli attori 
						del film tutti simpatici, compreso il rozzo sindaco 
						leghista.  
						
						  
						
						Forse è proprio 
						l’improbabile mancanza di cattiveria in politica una 
						piccola pecca del film; tale mancanza si sente 
						soprattutto per il ruolo della protagonista femminile, 
						Adele, credibile come donna sessualmente repressa che, 
						attraverso la relazione clandestina con Piero, ritrova 
						la sua sensualità, ma meno come rampante politica. 
						
						  
						
						Dopo il primo bacio tra i 
						due, quando Piero ribadisce, a scanso di equivoci, di 
						essere omosessuale, Claudia Gerini recita in maniera 
						superba; con quel semplice “Ma io no!” riesce a 
						comunicare allo spettatore la vergogna, l’attrazione, la 
						naturale sicurezza femminile alla "io ti salverò", la 
						normalità e il divertimento.  
						
						  
						
						Non convince allo stesso 
						modo come politica in carriera; è troppo buona, si 
						lascia convincere troppo facilmente dalla coppia 
						Corazza-Serafini ad abbandonare l’idea di essere la 
						candidata ideale a sindaco per affiancare Piero; allo 
						stesso modo si lascia convincere troppo facilmente da 
						Piero a trovare una mediazione tra i loro programmi 
						politici quasi antagonistici, proprio un momento dopo 
						aver platealmente annunciato di rinunciare all’impresa 
						per insormontabili divergenze d’idee.  
						
						  
						
						Il personaggi di Piero è 
						ben assortito con Remo, la storia d’amore tra i due è 
						tenera e coinvolgente, manca però il sottotono nel 
						momento della crisi; ci sarebbe piaciuto vedere Piero 
						più tormentato e meno serafico, struggersi nella scelta 
						tra i suoi amori, ammiccando, magari, a Jack Lemmon 
						nella scena del tango di Some like it hot, invece 
						di citare Cary Grant.  
						
						  
						
						Nonostante piccole 
						défaillance di recitazione, nel complesso gli attori 
						sono bravi e sanno trasmettere grande umanità. Una dote 
						di regia, poi, è di riuscire a suscitare empatia per i 
						personaggi nello spettatore; ciò denota una certa 
						dimestichezza ed esperienza nell’affrontare temi 
						sentimentali, che compensa qualche esitazione nella 
						parte che affronta il mondo politico, in cui è la 
						sceneggiatura a primeggiare. 
						
						 
						Sembrerebbe che per il regista la politica sia solo un 
						pretesto per indagare, in modo solare e limpido, le 
						dinamiche che sono alla base dei rapporti tra uomini e 
						donne nella loro quotidianità.  
						
						  
						
						Se Diverso da chi? 
						riesce a farci sorridere dei pregiudizi vuol dire che il 
						film è riuscito a trasmetterci il messaggio che la 
						società è in continuo movimento, la politica ne è solo 
						una fotografia sfocata.  
						
						  
						
						In Italia è così dai tempi 
						del compromesso storico ed è bene riderci sopra. 
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