.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


.

medievale


N. 119 - Novembre 2017 (CL)

L’aiuola della grecità
Mistrà e il despotato di Morea

di Giulio Talini

 

Truppe, cannoni, flotte, fiumi di denaro e una buona dose di fortuna: tutto ciò e molto altro servì agli Ottomani per sopraffare le difese di Costantinopoli il 29 maggio 1453. Il sultano Maometto II, definito “folle” da Isidoro di Kiev, catturò la preda più ambita dal mondo musulmano e, mentre il suo impero riceveva la consacrazione definitiva, un altro, quello bizantino, si sgretolava insieme alla sua millenaria eredità greco-romana.

 

Responsabili dell’ineluttabile disastro furono tanto gli stessi Bizantini quanto l’indifferente Societas Christiana d’Occidente, come poi avrebbe rimarcato Pio II nel concilio di Mantova del 1459. E tuttavia il corpo morente dell’Impero bizantino respirava ancora: oltre alla Trebisonda dei Comneni, resisteva in Grecia anche il despotato di Morea, da oltre un secolo il giardino rigoglioso di un palazzo in frantumi.

 

Era il 1348 quando Giovanni VI Cantacuzeno (1347-1354), l’antimperatore in lotta col genero Giovanni V Paleologo (1341-1391), fondava un nuovo despotato in Morea (denominazione bassomedievale del Peloponneso) per il secondogenito Manuele. Il XIV secolo era per Bisanzio “un periodo di disastri politici”, per dirla col Runciman: il dilagare della Peste Nera, l’orrore della guerra civile, la minaccia turca e la frammentazione politica dell’area balcanica mettevano a repentaglio la saldezza dell’Impero.

 

La Morea bizantina, tuttavia, seppe discostarsi dal declino dei tempi. I despoti, che risiedevano a Mistrà, centro non lontano dall’antica Sparta, erano principi imperiali, a cominciare dal già citato Manuele, ma la loro fu una vita tutt’altro che comoda. Catalani, Angioini, Veneziani, Genovesi, Fiorentini, Ospedalieri: tra repubbliche marinare e eredi dello scomparso Impero latino d’Oriente (1204-1261) la Morea del Tardo Medioevo era una pericolosa selva di potentati. Fu forse per tale ragione che i despoti Cantacuzeni mantennero saggiamente una prudente politica di consolidamento fino al 1383, quando, dopo i governi di Manuele, del fratello Matteo e del nipote Demetrio, il despotato passò nelle mani dei Paleologhi.

 

Sotto i governi del figlio di Giovanni V Paleologo, Teodoro I (1383-1407), e poi del nipote di quest’ultimo, Teodoro II (1407-1443), il despotato di Morea conobbe una fioritura tale che si poteva perfino dubitare che facesse parte del decadente Impero bizantino. I Paleologhi si curarono anzitutto di fortificare i confini (si pensi alla ricostruzione delle mura di Hexamilion sull’istmo di Corinto) e di espanderli fino a ricomprendere quasi tutto il Peloponneso. Inoltre grazie all’attenzione da loro prestata alle arti e al sapere, Mistrà, non per nulla definita da Ostrogorsky “aiuola della grecità”, divenne la culla di una sorta di Rinascimento orientale incentrato principalmente sul recupero dell’ellenismo e su proposte concrete di riforma dell’ordinamento. Protagonisti indiscussi di tale exploit culturale furono Giorgio Gemisto Pletone, fondatore di una scuola d’impronta neoplatonica, e l’umanista bizantino Bessarione.

 

Intellettuali del loro calibro sapevano passare con disinvoltura dalla sopraffina erudizione teorica alla concretezza della politica: per convincere le potenze occidentali a scendere in campo contro gli Ottomani, promossero, infatti, con grande zelo la causa dell’unione delle Chiese greca e latina ai concili di Ferrara e di Firenze tra il 1438 e il 1439. A onor del vero, nel seguire la linea del riavvicinamento a Roma e al mondo cattolico non furono da meno i despoti di Morea, come dimostrò nel 1421 Teodoro II Paleologo prendendo in moglie Cleopa Malatesta, figlia di Malatesta IV, signore di Pesaro e Fano.

 

Gli sforzi di mobilitare l’Occidente cristiano contro gli infedeli, tuttavia, furono vani e Costantinopoli cadde nel 1453 sotto il controllo Maometto II. Il despotato di Morea sopravviveva ancora, ma al suo interno il quadro politico si era complicato. Già Teodoro II negli anni precedenti al suo ritiro dalle scene nel 1443 era stato affiancato dai fratelli Tommaso e Costantino.

 

Nel 1449 quest’ultimo era partito alla volta di Costantinopoli per insediarsi sul trono dopo la dipartita dell’imperatore Giovanni VIII. Il suo posto in Morea lo aveva quindi preso il penultimo dei figli del basileus Manuele II, Demetrio. Costui, da subito in dissidio con l’altro despota, Tommaso, fu tanto spregiudicato da rivolgersi ai nemici di sempre, gli Ottomani, pur di strappare territori al fratello. Ma tali contrapposte ambizioni ebbero l’unico effetto di facilitare la fulminea conquista dell’intera Morea nel 1460 da parte di Maometto II, che poi accolse l’infido Demetrio alla sua corte.

 

Questa la fine priva di eroismo ma non di malinconia del despotato di Mistrà. Platonismo, cultura ellenica e audaci voli del pensiero furono i suoi lasciti più significativi, benché non gli unici: la figlia del despota Tommaso Paleologo, Sofia, andò in sposa nel 1472 a Ivan III di Moscovia, che apparve così il successore dei Cesari bizantini. Appunto del titolo di zar (dal latino Caesar) si fregiò ufficialmente nel 1547 Ivan IV, detto il Terribile, dando il via a un cammino politico, quello della Russia zarista, protrattosi fino al 1917, esattamente cento anni fa.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.