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FILOSOFIA & RELIGIONE


N. 97 - Gennaio 2016 (CXXVIII)

La dea solare Amaterasu
origini della mitologia nipponica

di Vincenzo La Salandra

 

All’origine del sistema mitologico giapponese si colloca l’originale divinità shintoista Amaterasu Omikami, Dea del Sole. Le antiche leggende giapponesi iniziano con la separazione del cielo e della terra: emergono due divinità, fratello e sorella, Izanami e Izanagi i creatori delle isole giapponesi che vengono come pescate dal mare dai due numi. Nascono peraltro le divinità della “Pianura dell’alto Cielo”, Takamagahara, ovvero una regione oltre l’oceano e al di sopra della sfera umana. Spiccano fra queste divinità in ruolo primario Amaterasu Omikami, la Dea del Sole, e suo fratello Susa-no-o-no-Mikoto, dio delle tempeste e della violenza.

 

I due generarono una serie successiva di dèi che divennero gli antenati mitici dei maggiori gruppi delle famiglie feudali in lotta per il potere politico in Giappone. La storia leggendaria continua con molti cicli legati alle differenti genealogie e località, ma è specialmente concentrata su tre luoghi pricipali: a Nord Kyùshù, Izumo sul Mar del Giappone e Yamato. Se il primo e l’ultimo di questi luoghi erano associati con Amaterasu, Izumo era invece la patria dei discendenti di Susa-no-o.

 

I due numi sono in costante lotta fraterna e in conflitto. Amaterasu si comporta, sotto molti punti di vista, come un tipico capo sciamanistico, ed infatti si veste come un guerriero, utilizza poteri magici e possiede simboli di autorità, ovvero uno specchio di bronzo e una collana di gioielli ricurvi, oltre alla spada. Diventa la progenitrice della più importante stirpe di sovrani della terra, il clan di famiglie note come la tenson e cioè la ‘stirpe del sole’.

 

Potrebbero stupire alcune lontanissime assonanze con una cultura antica e ancora misteriosa come quella etrusca, ma i simboli antichi della mitologia nipponica sono gli stessi di quella simbologia occulta eppure palese degli Etruschi: spade, collane e specialmente specchi di bronzo, tipico arredo funerario e filosofico assieme. Ma si preciserà meglio questa divagazione.

 

Nello stesso modo Susa-no-o diventa l’antenato mitico del lignaggio dei sovrani di Izumo. La lotta tra queste due divinità si trasferisce sulla terra: Amaterasu fa scendere sulla terra suo nipote Ninigi-no-Mikoto da Takamagahara concedendogli i tre tesori come simboli della sua autorità: lo specchio, la spada e la collana. Due generazioni più tardi il nipote di Ninigi, Kamu Yamato Iware Hiko, occupa Yamato e vi stabilisce la sede del nuovo governo imperiale, riconosciuto come primo imperatore del Giappone, Jimmu, Guerriero divino. Nel volgere di pochi anni il successore di Jimmu conquista Izumo ed altre importanti regioni completando il processo di unificazione antica della nazione. L’Archeologia, le cronache cinesi e le fonti della storia leggendaria giapponese confermano la fondazione di un primo stato arcaico.

 

 Nei termini della antica concezione shintoista, lo stato Yamato si configurò simbolicamente come governato dal rappresentante della Stirpe del Sole in grazia di Amaterasu: sul piano geografico e simbolico assieme, lo specchio venne conservato nel satuario di Amaterasu a Ise, la spada nel santuario di Atsuta e la collana veniva affidata al sovrano.

 

Significativa la permanenza della dea, in qualità di personificazione tra le più originali dello Shinto. Ancora nel 1868, il micado Muzuhito, nel proclamare la sua incoronazione e discorrendo dei suoi diritti ‘imperiali’, affermava che la sua casata “per volontà degli dei, ha governato il Giappone da Jimmu Tenno sino a oggi... Io mi sento felice di dover servire da intermediario fra Amaterasu e il mio popolo.”

 

Lo shintoismo è la prima forma di religione praticata in Giappone, il nucleo primigenio della religiosità nipponica: questa religione non subì molte influenze dalle altre forme religiose cinesi e asiatiche; è inoltre singolare che tra tutte le forme religiose asiatiche lo shintoismo è l’unica che non abbia avuto rapporti diretti con l’Islam, a differenza della Cina, dove fiorirono importanti e attive società islamiche.

 

Shinto è un termine composto che deriva dal cino-giapponese shin e cioè, spirito, deità; e dal vocabolo sempre cino-giapponese tò, cioè via o cammino. Il termine viene anche tradotto come ‘il cammino che gli dèi hanno seguito’. Centrale è la concezione del kami, che è divinità, spirito, presenza, essenza et similia, senza una definizione univoca: il kami terrestre di Amaterasu, ad esempio, è il cervo bianco che sostiene il globo solare. Nella poetica visione nipponica la dea del sole cavalca il cervo bianco sulle alte montagne innevate, come nella idealizzazione famosa del dipinto di Kano Yeino Genroku del 1691.

 

Per meglio comprendere l’attualità, l’universalità e forse la permanenza del messaggio mitologico giapponese e la sua incisiva valenza comunicativa in Occidente, è possibile concludere con una citazione dal libro Il segreto degli Etruschi del Lensi Orlandi, che afferma in modo originale e trasversale: “Non è fuor di luogo considerare la relazione costruttiva che c’è fra il tetto dell’urna di bronzo a forma di casa trovata a Civita Castellana ed un qualsiasi tetto di paglia di riso delle antiche case di campagna nei dintorni di Kioto e di Tokio. Una fatale identità si riscontra nella curiosa e inspiegabile presenza delle stesse coppie di travi incrociate sul culmine, decorate spesso da demoniache teste mostruose e sempre in numero dispari come nell’urna etrusca dove se ne contano nove.

 

Attraverso il pensiero, le manifestazioni artistiche, la storia e le concezioni spirituali del popolo giapponese, si può comprendere più di quel che non si creda il mondo degli etruschi. [Pensiamoci!] Impensati legami sussistono fra la loro architettura e la sorgente più pura dell’architettura nipponica rappresentata dai templi shinto di Ise. Un’architettura di tetti, di figure, di statue, di mostri che dai comignoli e dalle grondaie guardano spaventosi con gli stessi magici significati delle Gorgoni, delle Menadi, dei grifi, dei draghi, dei mostri marini, degli animali sanguinari sui vasi di bronzo e di terracotta di Vetulonia, di Narce o di Preneste, di quelle fiere che lasciarono a Roma e a Perugia, a Siena e a Firenze l’eredità delle loro immagini quali insegne cittadine.

 

Altri accostamenti col mondo etrusco possono essere suggeriti dal giardino giapponese, il quale non è espressione logica dello spirito umano, ma riflesso di una concezione della natura misteriosa e sacra per la quale l’uomo ha il più profondo rispetto. In quel giardino, rive, pietre, alberi e acque sono costretti o modificati, sono dimore sacrali, simboli segreti. Poche pietre diventano montagne, pochi alberi diventano foreste, poca acqua diventa oceano e il sentiero di lastre affogate nell’erba è il simbolo del primo stato della meditazione destinato a rompere ogni legame col mondo esterno per preparare il giapponese alle pure gioie intellettuali che l’attendono nalla stanza del tè.” (G. Lensi Orlandi, Il segreto degli Etruschi, Catania, 1991, pp. 177-78).

 

In una società globale in cui anche il cibo giapponese è tra i più apprezzati in Occidente ha senso ripercorrere le origini della cultura nipponica, la cui attuale ramificata rete culturale è il frutto di queste antiche concezioni, e cercare di comprendere il fascino di questa civiltà attraverso la sua più antica idealizzazione del femminile.

 

Infine è interessante in questa sede ricordare un episodio di diplomazia internazionale: nel 1615 giunse nel porto di Civitavecchia dopo aver attraversato due oceani, Pacifico e Atlantico, Hasekura Tsunenaga, in qualità di ambasciatore del Date Masamure di Sendai presso Paolo V. In ricordo di tale evento esiste una originale statua di Hasekura Tsunenaga a Civitavecchia.



 

 

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