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N. 17 - Maggio 2009 (XLVIII)

A EST DEL DANUBIO
Capitolo XV

di Leila Tavi

 

Roma, agosto 2005

 

Wir gehen geradeaus ins blaue. Vielleicht kannst Du mit, bitte. Wo sollen wir sonst hingehen? (Linsar, Ins blaue)

 

Ogni sette persone nel mondo una è sottonutrita. La fame è la legittimazione delle guerriglie e della guerra.

 

In centomila sono morti di fame nel Darfur. La fame è un’arma politica. Intanto in Europa ci rifugiamo dietro al brain storming e al confidence building.

 

Al-fadlāk, l’ingannatore.

 

Ogni euroscettico è un esperto conoscitore di Leibniz e del Petit Lu e ogni vero francese utilizza le système D pour se debrouiller, se dèmerder.

 

Siamo arrivati al momento della mummificazione delle immagini.

 

Quando su un prato pulito ricoperto di grandine ti sembra di vedere la neve, quando le religioni diventano partiti politici.

 

La Liberation libanoise, il mondo orizzontale delle donne, dei monaci indiani; il mondo verticale degli uomini, del jazz.

 

Forse tra trenta anni si leggerà nei libri di storia che l’ideatore della guerra in Iraq è stato Wolfowitz della World Bank.

 

L’aria torbida di Roma, irrespirabile, la tensione, la strategia della tensione.

 

Puntare su un cavallo.

 

Una donna che sposa uno slovacco non può non saper cucinare a Natale i biscotti, altrimenti non è una moglie è una piča, una puttana.

 

A Roma le puttane si trovano di notte anche sulle scalinate delle chiese.

 

A ogni ricevimento in ambasciata finisco sempre ad asciugare i bicchieri in abito da sera insieme ai camerieri, pur di non dover terminare la serata con certe maschere ingioiellate e rugose.

 

Uno dei camerieri di Haiti cerca di convincermi della verità assoluta, rispondo che è per me è sempre tutto relativo e che è un privilegio stare a discutere con lui nella cucina sotterranea dell’ambasciata, piuttosto che rispettare ai piani superiori il protocollo.

 

L’haitiano predica che è necessario credere in un dio senza rinnegare la chiesa.

 

Non è forse bello l’amore degli omosessuali? Non fa bene all’anima masturbarsi? Chi dice che non innalzi lo spirito una masturbazione più che un precetto religioso?

 

Roma è maledettamente bella di sera mentre sei in un ingorgo sul lungotevere, ti giri a guardare il sedile vuoto accanto al tuo, non sai se è meglio assaporare questo silenzio o avere qualcuno vicino con i soliti commenti di circostanza.

 

Pensi che la soluzione migliore sarebbe avere qualcuno seduto accanto con cui mettere a nudo il cuore.

 

Invece ci portiamo dietro il retaggio della delusione di non essere riusciti a vedere l’umanità come un grande corpo nudo.

 

Molti allora si sono rifugiati nella droga come oblio della tristezza del quotidiano e sono stati catapultati nell’era dell’AIDS.

 

Ma la libertà porta la rivoluzione e la rivoluzione porta i cambiamenti.

 

Qui dort tous les fois avec la même appartient à l’establishment.

 

Le narcomafie e l’operazione Medusa.

 

A Padova è vietato guardare gli affreschi della Cappella degli Scrovegni, se sei uno studente e ti vuoi laureare.

 

Le parole non lasciano mai lividi.

 

Un’utopia politica ha bisogno di un’utopia sessuale.

 

L’Italia mi sembra un taglialegna piromane autolesionista che, per espiare la sua colpa, lascia che il suo Pinocchio made in China abusi di lui.

 

Agosto 2008

 

Ogni tanto mi torna in mente la teoria di Ivan sull’amore perfetto e mi viene da ridere. Ivan e io siamo cresciuti in due sistemi politici diversi, in un epoca in cui la sinistra estrema in Italia rappresentava una forza extraparlamentare, spesso di rottura, violenta, interprete oscura dei disagi della classe operaia. In Cecoslovacchia la sinistra rappresentava la repressione, i carri armati sulle piazze, la regressione dopo il boom economico, la fine della libertà di espressione, il potere legittimato e servo del Cremlino.

 

Questo humus politico ha forgiato il nostro carattere e influenzato la nostra educazione.

 

Trovare un comune linguaggio tra noi due non era solo difficile attraverso una lingua veicolare non nostra, ma anche per una mancanza di ideali comuni, modi di vedere la vita e soluzioni per affrontarla.

 

Intendevamo anche l’amore in modo diverso, per me era un gioco di parole, di sotterfugi, di velate complicità, per Ivan l’amore era una pagina html, andava spiegato tutto, anche il sesso.

 

Un giorno mi ha spiegato che per un uomo la vagina di una donna è come una scarpa che non sai se ti sta bene fino a che non l’hai provata e che trovare quella che ti sta comoda è il segreto per fare sesso in modo gratificante, e quindi, per amare qualcuno nel modo giusto.

 

Una questione di misure e tempi, la giusta formula, che ti fa evitare inutili equilibrismi e complicazioni.

Per lungo tempo la formula di Ivan ha funzionato, l’avrei definita un’applicazione marxiana infallibile, che riusciva a dimostrare incontrovertibilmente la fisicità dell’amore contro ogni turbamento dell’animo.

Ha funzionato e avrebbe continuato a funzionare perché ci eravamo trovati con le misure, se non fosse stato per il fatto che mancava di evasione, di coinvolgimento mentale, di quel modo d’intendere l’amore che, colui che è cresciuto in una società in cui il collettivismo è esasperato, fa fatica a comprendere, perché attiene squisitamente all’esaltazione dell’individuo, al fatto di essere un unicum e di proiettare nell’amore tutto quello che c’è di irrazionale nel nostro essere.

Da questo Ivan non veniva neanche sfiorato, era come una perfetta macchina, sempre efficiente, felice dell’appagamento sessuale.

Tutto avrebbe potuto funzionare, se non fosse stato per il mio retaggio culturale, quel concetto di amore cerebrale, quello che ti fa desiderare di esplorare la mente di colui che è l’oggetto del tuo desiderio. Una penetrazione diversa, ma gratificante e completa quanto quella fisica.

 

 

 

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