[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

182 / FEBBRAIO 2023 (CCXIII)


moderna

ALLA CORTE DI SAN PIETROBURGO
EVOLUZIONI SETTECENTESCHE / II

di Leila Tavi

 

Il regno di Pietro il Grande è considerato un punto di svolta nella storia della diplomazia russa. La partecipazione della Russia nella Guerra del Nord per l’egemonia sul mar Baltico nel 1700 fu l’occasione per intensificare i rapporti politici con alcuni regni dell’Europa (Danimarca, Norvegia, Polonia e Sassonia), soprattutto dopo la grave sconfitta che le forze armate russe subirono a Narva, il 30 novembre del 1700, a opera dell’esercito di Carlo XII di Svezia. La battaglia fu combattuta da 40.000 uomini per la Russia e da soli 10.000 per la Svezia, che difesero in modo valoroso, nonostante la palese inferiorità numerica, la città che oggi si trova nell’Estonia nord-orientale. Quell’evento fu la dimostrazione di come le forze armate russe non fossero preparate in modo adeguato per affrontare eserciti ben organizzati e con una lunga tradizione come quelli europei, che durante il secolo precedente, il Seicento, fu contrassegnato da numerose guerre, tra cui la più lunga e sanguinosa fu la Guerra dei Trent’Anni (1618-1648). Con la pace di Vestfalia, infatti, i regni che si erano affrontati sui campi di battaglia in Europa si resero conto della necessità di organizzare eserciti professionali permanenti, formati da uomini addestrati con regolarità e disciplinati, pagati e legati allo Stato e non assoldati in occasione delle guerre. Nella Guerra dei Trent’Anni la Svezia si distinse per le sue strategie militari, che scaturivano in modo diretto dalle riforme militari attuate a inizio Seicento da Gustavo II Adolfo Vasa (1594-1632) e ispirate dai provvedimenti attuati dagli olandesi nella loro decennale lotta contro la Spagna.

 

La necessità da parte dell’Impero russo di ripensare la strategia militare si intensificò con lo scoppio della Guerra di successione spagnola, scoppiata in seguito alla morte nel 1700 dell'ultimo re di Spagna della casa d'Asburgo, Carlo II. L’Europa si trovò, perciò, tra due fuochi e l’azione diplomatica fece da contrappeso all’azione militare. Fu proprio in occasione di questo delicato periodo che le prime delegazioni permanenti di diplomatici russi furono inviate nelle principali capitali europee.

 

Le prime missioni diplomatiche inviate da Pietro I all’estero rappresentarono un punto di svolta e un’apertura verso l’Occidente. Fino alla fine del XVII secolo, a differenza di altri Paesi europei, la Moscovia era, infatti, riluttante a permettere missioni straniere permanenti a Mosca. Allo stesso modo, le missioni russe all’estero erano visite temporanee, a eccezione dei rapporti diplomatici con la Polonia, che rappresentava un serio interesse per Mosca, poiché era uno dei principali centri delle attività diplomatiche moscovite. Il primo inviato russo a Varsavia giunse nel 1668 e vi rimase un anno. In seguito una seconda missione giunse nel 1673 e vi restò per un quadriennio. Dal 1688 un’ambasciata permanente russa si insediò a Varsavia. Possiamo considerare questa la prima rappresentanza diplomatica russa. 

 

In precedenza vi furono due significative missioni diplomatiche all’estero. La prima fu nel 1634, quando Dmitrij Andreevič Francbekov fu inviato a Stoccolma come agente diplomatico. Arrivato nel marzo 1635 con il suo entourage, rimase solo un anno e nell'aprile 1636 fu richiamato a Mosca. Successivamente Francbekov divenne il voivoda di Jakutsk e appoggiò Vasilij Danilovič Pojarko, suo subalterno e amico, nella conquista dell’Amur.  Nel 1660 John Hebdon, commerciante e mercante di origini londinesi, fu inviato da Alessio Michajlovič Romanov (Алексей Михайлович Романов) come emissario in diversi Paesi dell'Europa occidentale. La sua missione più lunga fu in Olanda, dove rimase per quattro anni, prima di fare ritorno a Mosca nel 1664. In entrambi i casi si trattò, però, principalmente di missioni a scopo commerciale, più che diplomatico, soprattutto per quanto riguarda il viaggio di Hebdon. 

 

Per tutto Seicento ci furono soltanto pochi tentativi di stabilire missioni permanenti all'estero. La politica di isolamento condotta dallo Zarato russo fino al regno di Pietro I guardava con diffidenza alle missioni straniere, che avrebbero potuto influenzare in modo negativo la cultura e la tradizioni russe. Vigeva nella regno il divieto di viaggiare all’estero, se non per i pochi eletti, incaricati direttamente dallo zar. 

 

L’isolamento dello Zarato durò a lungo, basti pensare che soltanto nel 1682 Fëdor III Alekseevič Romanov (Фёдор III Алексеевич Романов) abolì il ме́стничество (mestničesvto), termine che prende origine dal protoslavo město (posto, luogo, ma anche posizione). Fu un rigido sistema gerarchico di tipo feudale in vigore dal XV al XVII secolo. Il mestničesvto era un complicato sistema di anzianità che stabiliva quali posti di governo un боя́рин (bojarin - boiardo), titolo posseduto soltanto dagli alti ranghi della nobiltà, potesse occupare. Si basava sull'anzianità del singolo all'interno di una famiglia aristocratica russa allargata, da un lato, e sull'ordine di precedenza delle famiglie, dall'altro. La gerarchia delle famiglie era calcolata sulla base dei registri storici delle nomine di alto livello, che risalgono al 1475 e chiamati Разряды (Razrjady). Il nome aveva origine dal termine razriad che significa sezione, divisione o categoria. Si trattava di registri annuali che includevano la nomina dei nobili a varie cariche, oltre a descrizioni delle principali campagne militari, informazioni sui matrimoni dei sovrani e dei loro parenti, sui ricevimenti degli ambasciatori, sulle onorificenze conseguite per il servizio prestato.

 

Una volta abolito il mestničesvto fu il Бархатная книга (Barchatnaja kniga) il registro ufficiale della nobiltà russa. Istituto durante la reggenza di Sof'ja Alekseevna Romanova (Со́фья Алексе́евна), prese il nome di Libro di velluto per la legatura in velluto rosso del volume. Il registro comprendeva l'antico registro genealogico del 1555, il Государев родословец (Gosudarev Rodoslovec - Il libro genealogico del Sovrano), con gli alberi genealogici delle case principesche dei Rjurikidi (Рю́риковичи - Rjurikoviči) e dei Gediminidi (dall’ucraino Гедиміновичі - Hedyminovyči). Inoltre, un'importante appendice conteneva una serie di genealogie che riguardano famiglie nobili, ma non principesche, sulla base dei loro registri familiari. Nonostante la politica dell’isolamento e l’avversione per la cultura e per le tradizioni delle corti europee occidentali, tra questi nobili russi di rango inferiore era di moda far risalire la propria discendenza a un immigrato straniero, anche se tale discendenza non fosse vera. Per molti anni abbondarono le genealogie di fantasia di ogni tipo tra i Russi, a conferma della curiosità e dell’ammirazione che la nobiltà russa aveva per quella europea.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Altbauer, Dan. "The diplomats of Peter the Great." Jahrbücher für Geschichte Osteuropas H. 1 (1980): 1-16.

BantyS-Kamenskij, Nikolaj N. Obzor vnesnich snosenij Rossii:(po 1800 god). Tipografija G. Lissnera i A. Gešelja, 1902.

Mears, John A. "The Emergence of the Standing Professional Army in Seventeenth-Century Europe." Social Science Quarterly (1969): 106-115.

RUBRICHE


attualità

ambiente

arte

filosofia & religione

storia & sport

turismo storico

 

PERIODI


contemporanea

moderna

medievale

antica

 

ARCHIVIO

 

COLLABORA


scrivi per instoria

 

 

 

 

PUBBLICA CON GBE


Archeologia e Storia

Architettura

Edizioni d’Arte

Libri fotografici

Poesia

Ristampe Anastatiche

Saggi inediti

.

catalogo

pubblica con noi

 

 

 

CERCA NEL SITO


cerca e premi tasto "invio"

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 


 

 

 

[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]