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N. 117 - Settembre 2017 (CXLVIII)

SULLA COREA DEL NORD E SUI “POTENTI DELLA TERRA”
KIM, TRUMP, L’UE E Il TRAMONTO DEL CARTESIANO COGITO, ERGO SUM

di Giovanna D'Arbitrio

 

Domenica 3 settembre 2017, Corea del Nord: l’ennesimo test atomico voluto da Kim Jong-un, consistente nel lancio, in una località nel Nord Ovest del Paese, di una potente bomba all’idrogeno, cinque volte più distruttiva di quella che distrusse nel 1945 Hiroshima e Nagasaki, provoca un violentissimo terremoto (magnitudo 6.3) che fa tremare molti di angoscia, non solo tra i nordcoreani. Immediato, scatta l’allarme in Corea del Sud, negli Stati Uniti e in Giappone; ovunque si alza il livello d’allerta, mentre i media diffondono le dure dichiarazioni dei vari capi di Stato, pronti a prendere in considerazione persino una “risposta militare”.

 

Ma qual è il motivo dell’apparentemente folle sfida lanciata dal leader nordcoreano Kim Jong-un al mondo? Secondo l’esperto di affari militari Rick Francona, quella di Kim non sarebbe altro che una reazione alla coalizione messa in piedi dai paesi sopra citati, e nel caso specifico del test di inizio settembre, va anche sottolineato come esso sia stato portato a termine mentre in Cina c’era in corso un importante incontro sul tema della globalizzazione tra Vladimir Putin e i leader di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica (riuniti nel BRICS, associazione nata nel 2010). D’altronde, non è la prima volta che Kim turba un evento internazionale con i suoi test.

 

Qualcosa di simile è avvenuto la scorsa primavera, in occasione del forum sulla nuova Via della Seta, tenutosi a Pechino il 14 e 15 maggio. Ebbene, stando alla tesi riportata da un altro esperto del settore militare, Adam Mount del Center for American Progress, lo scopo ultimo del governo nordcoreano è, semplicemente, quello di far capire agli Stati Uniti e ai loro alleati che, con le armi nucleari in mano a Kim, il Paese è ben in grado di difendersi nel caso a uno spirito bellicoso come Donald Trump venisse in mente di lanciare qualche “attacco preventivo”.

 

In tale contesto, si è fatta naturalmente sentire la voce dello stesso Putin, il quale – pur riconoscendo la pericolosità della situazione creata dalle iniziative di Kim Jong-un – asserisce che serve una soluzione “esclusivamente politica e diplomatica”, come ribadito in una recente conversazione telefonica con il premier giapponese Shinzo Abe.

 

Quale che sia la soluzione della faccenda, in ambito internazionale sono sempre più frequenti le voci di preoccupazione, tra cui si segnalano quella del presidente francese Emmanuel Macron, della cancelliera tedesca Angela Merkel e dell'italiana Federica Mogherini, alto rappresentante della politica estera europea, secondo la quale le iniziative della Corea del Nord rappresentano “una grave provocazione, una seria minaccia alla sicurezza regionale e internazionale e una’imponente sfida al sistema mondiale di non proliferazione”.

 

La richiesta dell’Unione Europea è pertanto estremamente esplicita: “la Corea del Nord deve abbandonare i suoi programmi nucleari, missilistici e per la produzioni di armi di distruzioni di massa in un modo totale, irreversibile e verificabile”.

 

Non sappiamo ancora come andrà a finire la vicenda, vista anche l’imprevedibilità dei personaggi coinvolti, poiché oltre a Kim c’è da tenere in considerazione lo stesso Trump (in proposito, il giornalista e scrittore Federico Rampini – riconosciuto esperto di politica internazionale – ha parlato senza mezzi termini di “un confronto tra folli che tiene il mondo col fiato sospeso”), ma nel frattempo molti di noi, europei in primis, sono rimasti sgomenti e profondamente delusi. Dopo aver superato nel Vecchio Continente secoli di lotte e guerre tra nazioni, speravamo infatti che l’Europa potesse rappresentare un faro capace di “illuminare” il resto del mondo attraverso la diffusione di valori quali la democrazia e la cooperazione tra stati.

 

Si deve invece costatare con amarezza come tra i “potenti della Terra” prevalgano tuttora ottuse politiche basate su interessi economici e giochi politici, in un quadro internazionale sempre più squallido, privo tra l'altro di leader di spessore (sia politico sia etico) e in cui il cartesiano “cogito, ergo sum” appare essere ormai decisamente tramontato.



 

 

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