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N. 7 - Luglio 2008 (XXXVIII)

MENO BIMBI E PIù MAIALI
come cambia la Cina e la sua popolazione

di Laura Novak

 

La popolazione cinese conta in tutto 1 miliardo e quasi 500 mila persone. Un’enormità, di certo. Ma il suo numero sarebbe potuto essere molto più sconvolgente se nel 1979 non fosse stata introdotta la cosidetta “Legge del Figlio Unico”.

Ma con quali conseguenze?

 

Nel 1979 il regime aveva deciso. Non più di un figlio, mai per nessuna famiglia, nessuno escluso; la pena prevista era assoltamente la più crudele: i figli “di troppo” un giorno esistevano, il giorno dopo non più.

 

A cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90 la Cina cambiò profondamente.

 

L’idea di auto-sopravvivenza assoluta, imposta dal regime per anni all’economia cinese, si è lentamente affievolita e con lo scadere degli anni ’90 completamente esaurita.

 

Contenere, trattenere l’esercito umano, che appare la popolazione cinese, diventava assolutamente infattibile. Le nuove tecnologie, che accorciano notevolmente le distanze di mondi e di uomini, ma soprattutto, la tendenza mondiale alla globalizzazione dura, erano fenomeni che rischiavano di annientare la Cina dal suo interno.

L’isolamento forzato poteva, in maniera plausibile, portare il paese all’isolamento dagli equilibri politici mondiali.

 

Diventato uno dei primi paesi produttori al mondo di materia prime fondamentali, come il frumento o il riso, in espansione al quadrato nel settore industriale, con un’economia eclettica ed in movimento, la Cina è agli occhi del mondo poco marxista, ma curiosamente capitalista.

 

Il sistema socialista ha ceduto il passo ad un Capitalismo “rosso”, amministrato esclusivamente dal partito comunista cinese, ma aperto al mercato globale, libero e competitivo.

 

Se negli ultimi 20 anni si è assistito nel settore econimico ad una potente sterzata liberista, dal punto di vista dei diritti umani e della loro tutela, la situazione è rimasta ad uno stadio di regime assolutista.

 

Come abbiamo accennato, nel 1979 la pena per il secondo figlio era pazzesca nella sua crudeltà; ora le pene si sono ridimensionate nella legalità, imponendo a trasgressori della “Legge del Figlio Unico” pene e sanzioni monetarie.

Almeno questo è quello che appare in superficie.

 

Dietro la patina di legalità in realtà si celano soprusi, minacce, violenze private, fino ad arrivare alle torture.

La legge, supporta da campagne promozionali forvianti e da brivido, in cui si invita a “comparare” la superficialità del desiderio di famiglia con la necessità di mangiare e di vivere nella disponibilità economica, impedisce, con eccezione di pochissimi casi(come i gemelli o il primo figlio avuto da una coppia di risposati in seconde nozze), la nascita di secondogeniti.

 

Gli strumenti per il monitoraggio ed il controllo delle nascite sono numerevoli: si passa da sostanziosi bonus finanziari al controllo sanitario serrato, ma soprattuto dalla diffusione a tappeto dei metodi anticoncezionali, alle pratiche abortiste, anche estreme (a tempi legali scaduti), fino alle minaccie fisiche ed a reclusioni incivili.

 

In questo contesto assolutamente coercitivo, le scelte individuali sono assolutamente prive di importanza. Nella maggior parte dei casi la scelta personale, la libertà di vita devia il proprio corso naturale per assumere altre sembianze. Una felicità ammanettata, irreale e comandata prende il posto della felicità piena ed improvvisa.

 

Ed è quì, nell’animo della coppia che può avere un’unica possibilità di soddisfazione come genitori, che nasce l’abomonio.

La nascita di un discendente diviene scelta ragionata e contro natura.

Il desiderio sarà il figlio maschio. Sarà lui a portare avanti la stirpe della famiglia, il cognome e il sangue. Le bambine, nella loro aurea anacronistica di innocenza ed inferiorità, saranno le reiette, le senza possibilità di nascere.

 

Il fenomeno degli aborti selettivi è in costante aumento; le nuove tecniche di monitoraggio fetale, nella mani delle persone sbagliate, stanno diventando tecniche di selezione naturale.

La discriminazione femminile che è nella tradizione culturale cinese diviene assoluta, senza possibilità di controllo.

L’esercizio di autorità sulle “femmine” diventa pugno di ferro, in cui i diritti umani sono negati fin dalla loro base, il diritto a nascere.

 

Ma non è la sola conseguenza alla legge. Abbandoni, orfanotrofi pieni, sanità privata e tecnologicamente avanzata in pieno boom economico, demografia incerta e inesatta per i continui rifiuti al riconoscimento, ed, infine, innalzamento vertiginoso dell’età media cinese.

 

Un paese assolutamente vecchio.

 

La mia riflessione, spontanea e indignata, non mette in dubbio la libertà  per i governi di trovare logiche politiche, economiche e sociali efficaci per tamponare problemi che rischiano di divenire cancrene per le istuzioni.

 

L’enorme crescita demografica cinese è, con certezza, un’emoraggia difficile da bloccare.

Ma come si può individuare il confine legittimo di interferenza da parte dello Stato nella vita di un individuo?

Il metro di misura per l’indagine è essenziale: è il sistema di governo, i diritti umani sanciti dal sistema, che fanno la differenza.

 

La Cina di oggi mascherata e truccata per l’occasione, con le Olimpiadi alle porte, con le industrie in incremento e l’ubriacatura della nuova politica commerciale del libero scambio e mercato, è senza se o senza ma, la Cina di ieri; la Cina del controllo di informazione, dei mass media pilotati, delle minaccie alle bocche della verità che ogni tanto si innalzano, dell’Internet falso e limitato.

 

La Cina in cui l’individuo non esiste, esistono solo uomini massificati e senza coscienza di se, essenzialmente solo strumenti di potere.

 

 

 

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