[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

161 / MAGGIO 2021 (CXCII)


contemporanea

napoleone nello spazio
alla ricerca di nuovi sistemi di approvvigionamento alimentarE

di Sara Bordignon & Cristiano Fanelli

 

“Un esercito marcia sul proprio stomaco

Napoleone Bonaparte

 

Il cibo unisce i popoli e oltrepassa le epoche, ma cosa hanno in comune un generale francese nato nel Settecento e l’agenzia spaziale americana? Nulla, se si esclude il timido interesse del generale per i primi palloni aerostatici, eppure la Nasa e Napoleone si incontrano a tavola per portare a termine la loro personale missione.

 

All’inizio del 2021, l’Agenzia spaziale canadese e la Nasa hanno lanciato una sfida alla scienza alimentare terrestre: 500.000 dollari per chi penserà a come conservare il cibo per lunghi viaggi spaziali, «to Mars and beyond».

 

Nel 1810, dopo che Napoleone si era incoronato imperatore dei francesi, Nicolas Appert (1750-1841), un pasticcere della Sciampagna, vinceva un premio da 12.000 franchi, 200 volte la paga annuale di un operaio dell’epoca; il suo merito? Aver scoperto “il miglior processo per un’alimentazione sana durante i lunghi viaggi”. La sua scoperta avrebbe cambiato la nostra storia: nasceva il cibo in scatola; un mercato che vale ancora oggi 23 milioni di dollari, con 50 chili annui di scatolette consumate per persona.

 

La conservazione degli alimenti nacque con l’uomo, forse con l’osservazione di carcasse in stato di congelamento o di frutta essiccata sotto un sole cocente. Ogni civiltà sviluppò una propria strategia: l’affumicatura, la salatura, l’impiego di zucchero, grassi, aceto o alcool. Ma furono il pensiero scientifico illuminista e la Rivoluzione francese a segnare la rottura definitiva con il passato.

 

Sessant’anni prima della “scoperta dei germi” da parte di Pasteur, Appert mise a punto “l’appertizzazione”, un procedimento che conosciamo ancora oggi: bottiglie di Champagne svuotate e riempite di confetture, piselli o selvaggina venivano bollite a bagnomaria e sigillate ermeticamente.

 

Il successo fu immediato, «monsieur Appert ha scoperto come fermare le stagioni», il cibo non andava in putrefazione e le conserve trovarono la loro fortuna a bordo di vascelli mercantili e tra le fila della Grande Armée. Per la prima volta gli alimenti conservati non perdevano le loro proprietà e conservavano anche il loro gusto.

 

Come recita l’annuncio della Nasa, «gli astronauti vogliono che il loro cibo sia anche buono!» L’attenzione per l’aspetto psicologico dell’alimentazione è un approccio innovativo, infatti all’inizio dei viaggi spaziali il cibo non era una priorità.

 

Un curioso avvocato si rivolgeva così ad Alan Shepard, il primo americano nello spazio, all’alba del lancio della capsula Mercury, il 5 maggio 1961: «Niente merda?». «Esattamente» era la risposta.

 

Il cibo era a basso residuo, la defecazione nello spazio era difficoltosa e come se non bastasse la pietanza era anche disgustosa, carne e verdure erano ridotte a una poltiglia vischiosa ed erano racchiuse in tubetti di alluminio, il format era quello del rancio militare.

 

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Uno dei primi esempi di cibo spaziale, usato da John Glenn nel 1962

 

Durante la missione Mercury-Atlas 6 (1962) la preoccupazione primaria dell’agenzia era quella di accertarsi che John Glenn riuscisse a digerire anche in condizioni di microgravità. Con le missioni Gemini e Apollo (1965-1975) arrivò il cibo solido, le posate e la paura per le briciole riversate in cabina dal sandwich del pilota John Young.

 

Oggi il cibo spaziale non è solo una necessità, ma anche un obiettivo, si lavora a un pasto leggero, nutriente, gustoso e veloce da preparare. Queste erano le stesse caratteristiche che doveva possedere la refezione dei soldati napoleonici, abituati ad affrontare lunghe marce e rapidi spostamenti. Durante la campagna d’Egitto (1798-1801), i medici avevano potuto vedere con i loro occhi la dissenteria dilagante tra i soldati; essa era legata al consumo di angurie raccolte dalle sponde del Nilo. Per sopperire alla mancanza di viveri si faceva ricorso alla carne di cammello o a saccheggi e requisizioni.

 

Con l’avvento della carne in scatola le condizioni igieniche dei cibi migliorarono, ma i barattoli in vetro non poterono sfamare da soli un esercito che, al suo apogeo, contava 612.000 uomini in marcia. I soldati francesi avevano in dotazione della farina e lungo il tragitto percorso dall’armata venivano allestiti dei forni di campagna, infine vi era una anche una figura preposta alla produzione del pane, il munitionnaire général. Il pane era un alimento basilare, una vera e propria “munizione da bocca”.

 

La stessa ricerca di autonomia alimentare si ritrova anche nello spazio: due micro-serre, una di insalata e l’altra di Arabidopsis thaliana, una pianta infestante europea, sono state coltivate dall’astronauta Paolo Nespoli durante la sua permanenza sull’ISS. Su 14 semi piantati di A. thaliana ne sono germogliati 2, l’insalata, invece, non ha dato segni di crescita.

 

Nel 1815 la fabbrica costruita da Nicolas Appert venne distrutta, l’uomo morì in povertà all’età di 91 anni e fu gettato in una fossa comune. Nel 1812 il britannico Peter Durand iniziò a produrre conserve in latta anziché in vetro e l’Inghilterra divenne uno dei centri mondiali per la produzione di cibo in scatola. Intorno al 1850 le lattine non servivano solo a proteggere un marinaio dallo scorbuto, ma arrivarono anche sulle tavole dei più ricchi, da ogni parte del mondo: le aringhe del mar Baltico, le ostriche della costa atlantica, i fagioli della Campbell’s e i pelati del torinese Francesco Cirio.

 

Una “globalizzazione culinaria” che caratterizza anche l’esperienza della ISS, dove il branding si mischia all’antropologia alimentare. Va a Samantha Cristoforetti il primato del caffè espresso in orbita, prodotto da Argotec per Lavazza, con la macchina ISSpresso. Il cinese Yang Liewi ha potuto mangiare del pollo kung pao e bere tè verde, la JAXA ha prodotto ramen e sushi spaziali. Per i Russi caviale e goulash e un kimchi per l’astronauta sud-coreana, per la cui produzione il paese ha speso milioni di dollari.

 

L’attenzione dell’agenzia spaziale per i vantaggi che tali scoperte potrebbero avere anche sulla Terra sottolinea l’universalità della scoperta scientifica. Oggi la medaglia Nicolas Appert viene assegnata ogni anno per le più importanti innovazioni dall’Institute of Food Technologies di Chicago. Un pasticcere nato nel 1750 permise ad altri uomini di cenare ai Poli terrestri mezzo secolo più tardi. Egli non è altro che il giovane ricercatore del 2021 che permetterà a futuri esploratori di cenare su un pianeta alieno.

 

Yuri Gagarin non dovette pensare a come nutrirsi durante i primi 108 minuti in orbita della storia umana. Eppure, pregustando la cena che lo attendeva al ritorno, il cosmonauta dedicò al cibo le sue ultime parole prima del lancio: «La cosa più importante è che ci sia la salsiccia, al chiaro di Luna».

 

 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]