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N. 22 - Marzo 2007

Una congiura del silenzio

è così difficile per gli italiani avere una memoria comune?

di Sergio Sagnotti

 

"Congiura del silenzio", questi sono stati i termini usati dal Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, in rifererimento alla tragedia delle Foibe, nel giorno di commemorazione delle vittime.

 

Diventa lapalissiano che, se a parlare in questi termini molto forti e con toni di denuncia è un Presidente del calibro di Napolitano che per decenni ha militato nella sfera comunista, si può veramente credere in questa ricostruzione storica; lo stesso Presidente ha poi evidenziato che: "Non dobbiamo tacere. Dobbiamo assumerci la responsabilità dell'aver negato o teso a ignorare la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica e dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali".

 

Le repliche, anche piccate, non si sono fatte attendere soprattutto al di là dei confini italiani e in special modo in terra slava, dove il Presidente croato Mesic ha sottolineato che "È impossibile non intravedere elementi di aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo politico...".

 

La confusione e le generalizzazioni sull'argomento sono molto diffuse, si calcola che ancora oggi una cifra molto considerevole e vasta di giovani, e anche anziani, non sappia cosa siano in realtà le foibe, molti interrogati sull'argomento chiedono addirittura quale sia la pronuncia esatta della parola e se essa derivi dal francese (fuab)...

 

Normalmente si assiste, anche in maniera pregiudizievole, a giustificare questa pulizia etnica e caccia all'italiano come una reazione alle ingiustizie fasciste effettuate durante la sovranità italiana, dimenticandosi, però, che non si trattò di moto di reazione ma di una vera e propria "bonifica etnica".

 

La storia si fà con le fonti ma soprattutto con le testiomanianze dei diretti interessati che molte volte ci fanno comprendere la follia di tali gesti ingiustificabili; a farci capire che non si trattò di vendetta ma di persecuzione razziale, ci sono svariati fattori, uno su tutti il fatto che furono infoibati non solo fascisti, ex fastisti o repubblichini, nelle cavità carsiche (oppure in fondo al mare con una pietra al collo) ci finirono anche donne, bambini, civili, ecclesiastici e partigiani italiani; il che già sarebbe sufficiente a supportare la tesi del genicidio che però subisce un ulteriore rafforzamento dalle parole del braccio destro di Tito, Gilas il quale disse: "Mi fu ordinato di cacciare gli italiani con qualsiasi mezzo, e così fu fatto...".

 

Molte volte per richiamare l'attenzione della gente su episodi di grande importanza non è sufficiente urlare per farsi ascoltare, bisogna far toccare con mano la realtà dei fatti, magari anche con rappresentazioni e modi bruschi e violenti, quali per esempio la scritta "il fumo uccide" sui pacchetti di sigarette e così è anche per altre circostanze di ben altra consistenza.

 

Norma Corsetto era una ragazza istriana di 24 anni laureanda in lettere; una giorno di settembre del 1943 venne prelevata dalla sua abitazione e trasportata in varie caserme prima di finire nella scuola di Antignana, dove cominciò il suo calvario; in quelle lugubri stanze che la guerra aveva trasformato, venne legata ad un tavolo con alcune corde e violentata ripetutamente da 17 uomini prima di essere gettata nuda in una foiba.

 

Quando venne recuperato il suo cadavere, ci si rese conto che i suoi aguzzini non si erano "accontentati" di abusare di lei ma le avevano reciso i seni e conficcato un legno nelle parti intime, le sue mani erano state legate con del filo di ferro.

 

Nel 2005 l'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, conferì a questa vittima dell'odio di razza la medaglia d'oro al merito civile.

 

A precedere Napolitano, denunciando la congiura del silenzio, era stato nel 2005 il cantautore italiano Gino Paoli, il quale affermò: "la sinistra è responsabile culturalmente, sono state coperte le connivenze tra titini e partigiani rossi..." aggiungendo "I miei parenti non erano militanti fascisti, erano persone perbene, pacifiche. Ma la caccia all’italiano faceva parte della strategia di Tito, che voleva annettersi Trieste e Monfalcone. I partigiani titini, appoggiati dai partigiani comunisti italiani, vennero a prenderli di notte: un colpo alla nuca, poi giù nelle foibe. Mia madre e mia zia non hanno mai perdonato. Mi ricordavano spesso i nomi dei loro cari spariti in quel modo, senza lasciare dietro di sé un corpo, una tomba, una memoria. Peggio: una memoria negata.".

 

Il tutto veniva poi condito con un rituale macabro di origine balcanica, veniva gettato nella foiba e sopra ai cadaveri un cane nero vivo, il quale, secondo la leggenda popolare, latrando in eterno toglieva per sempre agli uccisi la pace dell'aldilà.

 

Le tecniche usate per le uccisioni furono le più svariate; a volte accadeva che la vittima veniva seviziata o torturata o addirittura stuprata ed evirata, dopo ciò, se si trovava in una località costiera, veniva inserita in un rituale di annegamenti colletivi; le vittime legate l'una all'altra con del filo di ferro venivano zavorrate con grandi pietre, portate tramite una piccola imbarcazione al largo e gettate in mare.

 

La tecnica più usata però fu senza ombra di dubbio quella dell'infoibamento, sia perchè garantiva di occultare i cadaveri, sia perchè era tristemente più pratica; i condannati venivano legati l'uno accanto all'altro sul ciglio della cavità, si sparava ai più vicini al burrone in modo che cadendo questi ultimi si trascinassero dietro tutti gli altri; le vittime venivano precedentemente spogliate così da non essere riconosciute nell'ipotesi di un ritrovamento.

 

Oltre alla caccia all'italiano le truppe titine si adoperarono in quella che Stalin chiamava decristianizzazione del territorio, più di 50 furono i sacerdoti assassinati in quei giorni, molti dei quali furono gettati nelle cavità carsiche con una corona di filo di ferro in testa per essere scherniti.

 

Nei territori slavi non era la prima volta che venivano applicati metodi così brutali contro una popolazione, pochi anni prima venne addirittura messo a punto un "manuale della pulizia etnica", dal titolo Iscljavanje Arnauta (Piano di allontanamento degli albanesi) l'autore era Vasa Cubrilovic un professore universitario che nel 1945 ricoprì l'incarico di Ministro dell'agricoltura di Tito e fino al 1991, anno della sua morte, quello di consigliere di Milosevic.

 

Il testo è una vera e propria guida alla bonifica etnica e fu presentato il 7 marzo del 1937 in un circolo culturale di Belgrado; ne riassumo alcuni passi salienti:

 

"La sola maniera ed il solo sistema di allontanarli (gli etnodiversi) è la forza brutale di un potere statale organizzato. Non rimane che una sola via, la loro deportazione in massa. Quando il potere dello Stato interviene nella lotta per la terra non può avere successo che agendo brutalmente (...) La così detta pulizia etnica non è infatti una tragica novità dei nostri giorni, bensì una costante sempre presente nei rapporti conflittuali fra le varie stirpi nel mosaico jugoslavo. Lo Stato deve arrogarsi il diritto senza limiti di espropriare i beni mobili ed immobili degli espulsi e immediatamente dopo la loro partenza deve insediare al loro posto i propri coloni.

 

Nel XX secolo soltanto un paese abitato dal proprio popolo autoctono può garantire la propria sicurezza, è quindi nostro imperativo dovere comune non abbandonare posizioni strategiche di tale importanza in mano a un elemento ostile straniero. (…)

L'errore fondamentale dei nostri responsabili è stato dimenticare di trovarci nei turbolenti e insanguinati Balcani, e cercare di risolvere i grandi problemi etnici ricorrendo a metodi occidentali: mentre tutti i Paesi balcanici dal 1912 hanno risolto, stanno risolvendo, i problemi delle minoranze nazionali attraverso trasferimenti di popolazioni, noi siamo rimasti a lenti metodi di colonizzazione graduale.(...) La posta in gioco è tanto rilevante che non bisogna risparmiare denaro, e neppure vite."

 

A dare ulteriori toni grotteschi alla questione c'è un'inchiesta del giornale Panorama, certificante alcuni nomi di presunti infoibatori che addirittura percepiscono o hanno percepito una pensione da parte dell' INPS.

 

Le cifre totali degli infoibati non sono molto precise, si parla di un totale di 10.000 15.000 vittime; circa 350.000 furono le persone che scelsero la via dell'esodo per sfuggire ad un destino crudele e atroce.

 

Molte volte si dice che il silenzio conta più di mille parole...

 

In questi decenni il silenzio sulle foibe è stato invece un silenzio assordante, di quelli che rompono la quiete della memoria e del ricordo; a disturbare il sonno ed il ricordo dei defunti non è stato il cane nero della leggenda balcanica ma il silenzio di una classe politica colpevole...in questo caso il silenzio è stato delitto.

 

Il silenzio dovrebbe cadere ed avvolgere la giornata della memoria delle vittime delle foibe, senza interferenze e strumentalizzazioni politiche, perchè ogni tipo di giustificazione od offuscamento di un olocausto, che non coinvolge solamente la storia degli italiani ma l'intera umanità, è intollerabile...in questo caso il silenzio sarebbe pregio.

 

La speranza di tutti è che nelle future giornate di memoria non ci sia nessun altro "cane nero" a tormentare il sonno di defunti e viventi o di chi vuole solamente ricordare in pace...

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

www.lefoibe.it

digilandre.libero.it/lefoibe

Il Corriere della Sera

www.international.rai.it

istruzione.perugia.it

www.crimelist.it

Foibe, Vincenzo Maria De Luca

L'Esodo, Arrigo Petacco

Foibe rosse. Vita di Norma Cossetto uccisa in Istria nel '43, Frediano Sessi

Pola, Istria, Fiume 1943-1945. L'agonia di un lembo d'Italia e la tragedia delle foibe,  Gaetano La Perna

Foibe: io accuso, Nidia Cernecca

Panorama

 

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