La Congiura di Cellamare
UN manuale per cospiratori
sugli errori da non per compiere
di Daniele
Milella
Quella
della Congiura di Cellamare è
la storia di una cospirazione
“maldestra” che alla fine, giovò
alle “vittime” e non costò in un
epoca i cui i boia erano
particolarmente attivi, la testa
degli implicati. Fu un evento tanto
curioso, da ispirare il primo
romanzo storico scritto da Alexandre
Dumas padre: Il Cavaliere d’Harmental.
Opera scritta nel 1842 grazie anche
al contributo di Auguste Maquet, e
ambientata nella Francia del primo
Settecento. Nel libro, sono
descritti gli avvenimenti che nel
1718 rischiarono di sconvolgere gli
equilibri politici non solo nel
Regno di Francia che da poco aveva
perso il suo Re Sole, ma dell’intera
Europa. Dumas infatti, raccontò
della “Congiura di Cellamare”, che
fu ordita dalla Spagna e
maldestramente eseguita da un gruppo
di nobili Francesi e Italiani. Per
poter ben comprendere “il brodo di
coltura” in cui questa si sviluppò,
è necessaria una digressione utile a
contestualizzare.
Il 19 Agosto del 1715 Luigi XIV, il
Grande Re Sole, si reca per l’ultima
volta nell’appartamento di Madame de
Maintenon, l’ultima e più longeva
delle sue amanti, così paziente e
amorevole che il Re l’aveva persino
voluta sposare in segreto. Ne uscirà
dopo una breve visita per tornare
nei suoi appartamenti che non
lascerà più a partire dal 20 Agosto
di sera, fino a quando, rese il suo
ultimo respiro la mattina del 1°
Settembre 1715.
Nonostante la continuità che è
propria delle Monarchie (alla
morte del Sovrano si dice: “Il Re è
morto. Viva il Re!”, proprio a
indicare che la morte del Sovrano
non annulla l’esistenza di un Re il
quale continua ad esistere
attraverso il suo erede), la
scomparsa di un Re soprattutto se
questi è stato “ingombrante” (anche
fisicamente in questo caso) come il
Re Sole, non è mai una cosa semplice
e rischia come in questa storia, di
avere implicazioni politiche
internazionali.
Alla morte del Re Sole quindi, la
corona si posò sul piccolo capo di
Luigi XV che era suo nipote e che
all’epoca aveva solo cinque anni.
Per questo motivo, la reggenza dello
Stato fu assunta da suo cugino il
Duca d’Orléans, Filippo II di
Borbone, che i cronisti dell’epoca
hanno descritto come uomo ambizioso
e determinato. La reggenza di
Filippo era infatti salda in patria,
ma era osteggiata al di là dei
Pirenei. Sul trono di Spagna,
regnava un altro Filippo: Filippo
V che di cognome faceva Borbone
ed era infatti anche lui un nipote
del compianto Re Sole.
Egli
era salito al trono di Spagna grazie
alla abilità diplomatica
dell’Augusto Nonno il quale,
sfruttando l’ascendenza spagnola da
parte di sua madre Anna d’Austria
(Anna era una infante di Spagna ma
era chiamata d’Austria in quanto la
Spagna era all’epoca un dominio
Asburgico) nonché la sua infelice e
pluritradita prima moglie Maria
Teresa, anch’ella spagnola, riuscì a
collocare sul trono di Spagna
rimasto vacante per la morte del Re
senza eredi, il nipote di cui sopra.
Va ricordato inoltre che acquisendo
per il suo erede il trono spagnolo,
riuscì a collocare anche un altro
nipote su quello napoletano.
Filippo V quindi che regnava sulla
Spagna, ma era Francese, voleva
estendere il proprio dominio sulla
Francia. Naturalmente giustificava
il tutto con delle ragioni
dinastiche: perché come detto prima,
era uno zio del piccolo Luigi XV di
Francia; e se quest’ultimo per
“qualche fatalità” (le
virgolette sono d’obbligo, perché ai
tempi e vista la posta in gioco, le
morti misteriose avvenivano con gran
disinvoltura) fosse venuto meno, le
corone delle due potenze Europee si
sarebbero potute riunire in un’unica
persona.
Naturalmente questo era il disegno
di Filippo V e lui voleva
realizzarlo, senza preoccuparsi
particolarmente del fatto che questo
fosse proibito dalle clausole del
Trattato di Utrecht che era stato
firmato dal Re Sole nel 1713, al
termine della Guerra di Successione
Spagnola. Contestualmente in
Francia, l’altro Filippo lavorava su
ispirazione del Cardinale Dubois,
che era Segretario di Stato per gli
Affari Esteri e già suo
precettore,alla creazione di
un’alleanza che potesse bilanciare
l’egemonia spagnola sul
Mediterraneo.
Così nel 1718 nacque la Quadruplice
Alleanza: un’intesa tra Inghilterra,
Province Unite d’Olanda, Austria e
naturalmente la Francia che l’aveva
ispirata. Alla luce di ciò quindi,
al di là delle pretese dinastiche di
pura facciata, era questa la reale
motivazione che spingeva la Corte di
Madrid a voler destabilizzare il
Regno al di là dei Pirenei. Nella
trama che sarebbe sorta per tentare
di accontentare i desiderata del Re
di Spagna, un ruolo di primo piano
lo avrebbero giocato due persone in
particolare: il Primo Ministro della
corona spagnola, Cardinale Guido
Alberoni e l’Ambasciatore Spagnolo a
Parigi Antonio del Giudice, Principe
di Cellamare.
Quest’ultimo era già attivo sul
campo internazionale a tramare con
lo Zar di Russia per ottenere
un’alleanza con la Spagna, che
allontanasse la Francia
dall’alleanza con Austria e
Inghilterra e contestualmente, per
riuscire sempre con l’aiuto della
Russia,a installare sul trono
inglese il cattolico Giacomo
Stuart.Faccio notare ai lettori che
entrambi erano Italiani, Il primo
era di Piacenza, il secondo era nato
a Giovinazzo in provincia di Bari,
di cui il padre era Duca. I due
“maldestri strateghi”, cominciarono
perciò a contattare i nobili che
contrastavano la reggenza del trono
francese e che erano capeggiati da
Anne-Louise Bénédicte de
Bourbon-Condé, Duchessa del Maine e
nipote del Gran Condé e di Anna del
Palatinato;la quale non aveva
perdonato a Filippo V l’annullamento
del testamento di Luigi XIV, in
seguito al quale questi aveva di
fatto escluso il marito Duca del
Maine,da ogni potere politico. Gli
altri nobili francesi che presero
parte alla congiura erano:
Louis-Auguste de Bourbon (Duca del
Maine, figlio bastardo poi
legittimato di Luigi XIV e di madame
de Montespan e marito della su detta
Duchessa del Maine), Il Cardinale
Melchior de Polignac, Louis François
Armand de Vignerot du Plessis, (Duca
di Richelieu, Maresciallo di Francia
e pronipote del famigerato
Cardinale), Marguerite Cordier,
(Baronessa de Staal-Launay e
femme de chambre della Duchessa
del Maine), Léonard-Élie, (Marchese
di Pompadour) e infine Guy-André de
Montmorency (Conte di Laval).
Il quadro presenta quindi un
eterogeneo quanto bizzarro gruppo di
“ardimentosi Aristocratici”
Italiani e Francesi, diretti dalla
Corona di Spagna (la quale –
repetit aiuvant – come detto, si
posava su un capo Francese). Il
conciliabolo costituitosi e
riconosciutosi nell’obiettivo
comune, elaborò un piano tanto
rudimentale, quanto rocambolesco e
tecnicamente assurdo. Questo infatti
prevedeva: il rapimento di Filippo
II di Borbone, la sua sostituzione
alla reggenza con il Re di Spagna e
la successiva convocazione degli
Stati Generali che, posti di fronte
al fatto compiuto, altro non
avrebbero potuto fare se non
ratificare lo status quo.
Mi permetto di soffermarmi su due
degli aggettivi con cui ho definito
il piano. Rocambolesco: immaginino i
lettori, questo gruppo di nobili
imparruccati e incipriati che
sfidando la imponente guardia del
corpo presente nella reggia di
Versailles, riescono a rapire il
reggente e a portarlo chissà dove
nascondendolo per sempre. Sembra la
trama di un film di avventura, non a
caso, ha ispirato il genio di Dumas
che ne ha fatto un romanzo. Assurdo:
perché se anche le cose fossero
andate secondo i piani e gli Stati
Generali avessero accettato la
reggenza del Re di Spagna, certo non
sarebbero tardate le reazioni delle
altre potenze europee, le quali non
avrebbero esitato a scatenare un
conflitto contro la Spagna per
liberare il trono Francese dalla sua
influenza.
Ma i congiurati, se possibile,
riuscirono a superare
nell’esecuzione, quello che già
appariva “folle” nella
progettazione. Essi infatti pur
essendo dotati di una grande
immaginazione, tale da partorire un
progetto così fantasioso, certamente
erano anche alquanto svogliati.
Infatti dopo aver elaborato il
piano, lo fecero trascrivere per
inviarlo ad Alberoni da un copista,
il quale, una volta terminato il
lavoro e ricevuto il compenso, da
“cittadino modello” corse ad
informare le autorità. Queste
ovviamente attivarono le indagini
che nel dicembre 1718, svelarono la
cospirazione e i cospiratori.
Il cardinale Dubois,
intelligentemente, lasciò che i
dispacci partissero per farli poi
sequestrare a Poitiers. Gli altri
documenti compromettenti del
Principe di Cellamare furono
recuperati a Parigi. Le pene
ovviamente toccarono solo i nobili
francesi i quali tuttavia salvarono
la testa (la ghigliottina non
esisteva ancora e quel tipo di
esecuzione si faceva sul ceppo con
una accetta) e se la cavarono
con qualche “pernottamento”
alla Bastiglia (nella quale ai
nobili era consentito portare la
servitù)e qualche esilio. In
particolare: il Duca del Maine fu
rinchiuso nella fortezza di Doullens,
la Duchessa esiliata a Digione, il
Duca di Richelieu fu inviato a uno
dei suoi tre "pernottamenti" alla
Bastiglia e il Cardinale di Polignac
venne esiliato nella sua abbazia di
Anchin.
Il Principe di Cellamare invece che
era cittadino Spagnolo, fu arrestato
e portato a Blois eda lì espulso dal
suolo francese. Al suo rientro in
Spagna, fu gratificato dal Re con il
titolo paterno di Duca di Giovinazzo.
Naturalmente la Francia, non esitò
ad approfittare dell’episodio e a
usarlo come pretesto per dichiarare
guerra alla Spagna nel gennaio del
1719, forte anche le clausole legali
che
obbligavano la Quadruplice
Alleanza a intervenire in suo
favore.
Alla fine di tutto quindi, come
detto nell’apertura dell’articolo,
questa congiura giovò alle vittime
che poterono utilizzarla
politicamente in loro favore.
Gratificò l’ideatore Principe di
Cellamare il quale ottenne un
ulteriore titolo nobiliare con
relativa rendita feudale. E di fatto
non ebbe conseguenze nefaste sul
resto dei congiurati, la progenie
dei quali tornerà in auge sotto il
successivo Re, Luigi XVI e forse,
per una sorta di contrappasso
Dantesco, pagherà le “colpe dei
predecessori”, travolta dalla
furia della Rivoluzione Francese. Ma
questa è un’altra storia. Drammatica
e non “divertente” come quella
appena raccontata.