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filosofia & religione


N. 104 - Agosto 2016 (CXXXV)

TRA L'AGIOGRAFO E IL LETTORE
COMPRENDERE LA BIBBIA

di Vincenzo Zaccaria

 

Studiando o anche semplicemente leggendo la Bibbia sorgono tanti quesiti a cui riusciamo, o forse ci illudiamo, di saper dare una risposta.

 

Tuttavia, sono frequenti i momenti in cui non si riesce ad andare avanti nella comprensione del testo, sbattiamo contro un muro nonostante i nostri sforzi e continuiamo a domandarci: che cosa aveva in mente l'autore e che cosa aveva intenzione di dire in questo verso? La domanda è chiara, benché non sia così facile dare una risposta.

 

Ecco quindi la frequente condizione che si crea nella nostra mente quando ci tuffiamo nella Scrittura:

agiografo -------> lettore

 

È un momento di appagamento per il semplice lettore e di grande soddisfazione per lo studioso: si legge e si comprende, un percorso lineare che parte dal pensiero dell'agiografo e attraverso il testo giunge nella nostra mente.

 

Ma ad un certo punto emerge un fattore che fa crollare l'equilibrio che si è appena creato tra i due “interlocutori”: l'equivoco, ovvero il dubbio di non capire bene il pensiero e le parole dell'autore che si pone con forza tra i due protagonisti.

 

agiografo ------- equivoco -------> lettore

 

Il tragitto delle informazioni che riceviamo ha sempre un'unica direzione (--->), lo scrittore continua a “parlare”, ma il suo interlocutore pian piano si accorge di ricevere indicazioni che non lo condurranno alla giusta comprensione.

 

Il dubbio a poco a poco prende il sopravvento nella mente del lettore, si giunge così a conclusioni approssimative se non addirittura confuse e si avverte la necessità di trovare strumenti utili per poter riprendere il significato genuino del messaggio e procedere correttamente.

 

Non solo. Proprio in quel momento l'equivoco appare una montagna insormontabile poiché all'enorme distanza temporale tra chi “parla” e chi “ascolta” si associa anche quella dello spazio.

 

Lo studioso Diego Arenhoevel attraverso un sua esperienza chiarisce bene questa considerevole distanza che ci separa dagli autori della Bibbia e che si accentua soprattutto nelle Scritture ebraiche: Gli autori appartengono non soltanto a un mondo estraneo, ma anche a un mondo nel quale molte cose erano considerate diversamente da come lo sono nel nostro. Lo può chiarire una piccola esperienza che chi scrive ha fatto nel suo primo viaggio in Palestina. Avevo pensato alla possibilità di esprimere malcontento nella lingua di quel paese. La possibilità prevista mi si presentò ben presto. Ad Amman un tassista faceva chiaramente dei giri inutili. Si sentì apostrofare col termine dshamal “cammello”; non si arrabbiò per nulla, ma solo sorrise un po' sconcertato. Il termine “pecora” produsse ancor meno l'impressione desiderata; divenne addirittura raggiante. Solamente il termine “asino” gli fece capire che il suo passeggero era scontento di lui. Ebbene, gli equivoci non stavano nella cattiva pronuncia. Le parole erano giuste e lui le aveva anche capite bene. Per il pastore della Palestina gli animali sopra nominati significano qualcosa di diverso che per noi; perciò il nominarli ridesta in loro immagini diverse”.

 

Un esempio concreto, che conferma come sia difficile la comprensione tra due diverse concezioni (in questo caso quella occidentale e quella mediorientale) anche nello stesso spazio temporale e già al sorgere delle prime divergenze.

 

Ciononostante, in questa circostanza, se il tassista non avesse capito bene poteva pretendere che il suo cliente si spiegasse meglio.

 

Quindi da

tassista <------- passeggero

si può giungere a

tassista -------> passeggero

 

Nella Bibbia questa possibilità (<-------) non c'è, purtroppo. Anzi, come spiegato sopra, tende a peggiorare, si complica e sfocia in equivoco.

 

I nostri dubbi l'agiografo non può chiarirli osservando la nostra espressione, ponendo maggiore attenzione ai nostri quesiti oppure chiedendoci di riformulare le domande, come invece poteva fare il tassista. Così la “distanza temporale rende difficile la giusta comprensione più ancora della distanza spaziale” (D. Arenhoevel).

 

Come si può tentare di superare questi ostacoli?

 

L'esegesi biblica ha partecipato all'enorme progresso delle scienze avvenuto a partire dai primi del novecento, in particolare grazie alle scoperte di Qumran. Come tutte le scienze hanno raggiunto efficienti metodi di lavoro, anche la ricerca scientifica in campo biblico ha raffinato i suoi metodi di indagine del testo individuando quei criteri cardine da seguire affinché il contenuto originale “parli” in maniera comprensibile agli uomini di oggi.

 

L'esegeta di oggi non lavora come l'esegeta di cento anni fa, ha sicuramente maggiori e migliori strumenti a disposizione (fortunatamente neanche il medico di oggi non lavora come quello di un secolo fa) e così, forse può apparire strano, più la distanza temporale tra noi e l'agiografo aumenta più la comprensione delle sue parole e del suo pensiero per noi migliora.

 

E allora quali potrebbero essere alcuni espedienti di base per il semplice lettore per provare ad accorciare la distanza spazio-temporale con l'agiografo?

 

Oggi abbiamo a disposizione tante traduzioni del testo biblico, ma si sa, tradurre è un po' tradire. Avere la possibilità di consultare e confrontare più traduzioni certamente è un sussidio notevole, mai rimanere inchiodati, soprattutto nei momenti in cui ci sono difficoltà nella comprensione del testo, su quella che meglio rispecchia il proprio credo.

 

Allo stesso tempo, essendo lo studio della Scrittura una scienza, se si vuole andare più a fondo occorre però avvicinarsi alla lingua degli autori (ebraico e greco), per sapersi quantomeno orientare sul testo originale, ricostruito grazie al lungo e faticoso lavoro di competenti scienziati che hanno dedicato la loro esistenza a ritrovare attraverso il testo dell'agiografo la parola di Dio.

 

agiografo -------> lettore

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Diego Arenhoevel, Introduzione all'AT, Assisi 1989. 



 

 

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