[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 212 / AGOSTO 2025 (CCXLIII)


ambiente

IL COCOMERO e la sua simbologia
USI, Credenze E tradizioni
di Giulia Cesarini Argiroffo

 

Il cocomero è una pianta erbacea delle Cucurbitacee (Citrullus vulgaris o Cucumis citrullus), con fusto strisciantee foglie pelose lobate. Si coltiva in diverse varietà per il frutto a peponide, globoso, a scorza liscia verde scuro, uniforme o marmorizzato. Attualmente esistono molte specie di cocomero con le loro differenze specifiche.
 
In generale questa pianta si coltiva principalmente per il suo frutto, che è commestibile. La polpa è dolce, croccante e sugosa, solitamente di colore rosso ma, anche se più rare,esistono tipologie con la polpa di colore giallo, arancio o bianco, a seconda delle varietà.
 
Il frutto del cocomero è ricco di semi che possono essere neri, bianchi o gialli che di solito si scartano ma che possiedono comunque proprietà benefiche. In alcuni Paesi infatti i semi si mangiano e fanno parte addirittura di alcuni piatti tradizionali. Dal cocomero è possibile anche ricavare del succo di frutta, dell’olio e della farina in uso in ambito culinario in certe nazioni. Inoltregrazie ai suoi effetti rinfrescanti si sta affermando anche l’uso di questo frutto in cosmesi.
 
Recentemente sono stati prodotti anche cocomeri dalla forma cubica o piramidale ma tale forma è innaturale,infatti è creata dall’Uomo. Ciò è possibile perché si fa crescere il frutto all’interno di recipienti di vetro allo scopo di fare loro acquisire questo particolare aspetto. Inoltre sono in aumento le produzioni di mini angurie che sono più facili da trasportare, meno ingombranti e di conseguenza più facili da mantenere e consumare.
 
Come notava Cattabiani, nell’Antichità il cocomero Citrullus vulgaris dalla polpa rossa giunse nel bacino Mediterraneo dall’Asia tropicale, da ciò deriva il nome greco Indiké, l’Indiana.
 
Come facevano presente i ricercatori Akusu e Kiin-Kabari, il Citrullus vulgaris è l’antenato biologico del cocomero Citrullus lanatus, proveniente invece dall’Africa tropicale.
 
Riguardo a quest’ultimo,anche se non si conosce la datazione precisa in cui giunse nell’area mediterranea, si sa che le sue coltivazioni esistevano già nell’Antico Egitto e i suoi frutti si consumavano. Per quanto riguarda l’arrivo di questa pianta in Europa si ritiene che furono gli Arabi a introdurla dopo il XII secolo. In seguito le sue colture si diffusero in tutto il mondo.
 
In particolare, come notavano Revelli Sorini e Cutini, gli Antichi Egizi credevano che il cocomero nascesse dal seme del dio Seth, divinità malvagia, il dio rosso del deserto. Inoltre i due studiosi affermano che il frutto veniva spesso deposto nelle tombe dei Faraoni in maniera che fungesse loro da sostentamento nell’Aldilà. Iscrizioni in geroglifici di cinquemila anni fa indicano il cocomero, a testimonianza della sua esistenza già all’epoca. Inoltre nell’Antico Egitto era d’uso tra i nobili offrire tale frutto agli ospiti in visita come forma di ristoro dalle fatiche e dalla sete.
 
Revelli Sorini e Cutini affermano che nella Bibbia, nell’Antico Testamento,gli Ebrei nel deserto del Sinai rimpiangevano i cocomeri mangiati in Egitto.
 
Il cocomero è un frutto dissetante. In Italia, a livello regionale, prende altri nomi come ad esempio, “anguria”, “melone d’acqua” o “pasteca”. È peculiare che in Calabria, in dialetto,si chiami “zi’ parrucu” ovvero ‘zio parroco’, ciò forse deriva dal fatto che la sua polpa rossa ricorda il volto rubizzo di un prete.
 
In generale, nel linguaggio popolare, il frutto del cocomero simboleggia la pancia gonfia, ma anche una mente grossolana o un balordo a causa forse delle sue dimensioni e delle scarse proprietà nutritive.
 
Un simbolismo analogo lo possiede anche il cetriolo (Cucumis sativus), molto acquoso e originario dell’Asia. Infatti una persona sciocca, goffa, melensa si dice “cetriolo” oppure “citrullo”. Questa loro somiglianza simbolica si riflette anche nel nome, infatti a titolo esemplificativo nell’Italia settentrionale il cetriolo è anche chiamato “cocomero”.
 
Per quanto riguarda la simbologia di questo frutto, ad esempio, in India la grande fecondità di questa pianta dal fusto ramoso prostrato, con grandi cirri semplici, foglie a contorno cuoriforme e fiori monoici a corona gialla ha evocato l’omonimo principe leggendario Iksh-vâku, dalla numerosa discendenza.
 
Secondo un’altra leggenda indiana la moglie di Sagara, personaggio celebre, alla quale erano stati promessi sessantamila bambini partorì inizialmente un cocomero.
 
Una novella toscana narra una storia similare a una che si trova nel famoso Mille e Una Notte indiano, tranne che per il particolare del cocomero e racconta quanto segue. C’erano una volta tre povere sorelle che tessevano tutto il giorno per guadagnarsi da vivere. Un giorno il sovrano, che passava nelle vicinanze, sentì una delle sorelle dire che se avesse potuto sposare il cuoco del re, avrebbe finalmente mangiato bene.
 
Poi ascoltò un’altra delle tre controbattere che si sarebbe accontentata del fornaio del sovrano per mangiare del pane bianco. Infine la minore delle sorelle aggiunse che se avesse sposato il figlio del re avrebbe generato tre bambini con capelli d’oro e denti d’argento. Udendo tutto ciò il re ne fu colpito e decise di esaudire i tre desideri. Le due sorelle, però, invidiosissime della minore che sposò ilsovrano (succeduto al trono del padre) cominciarono a tramare contro di lei per farla cadere in disgrazia.
 
L’occasione buona si verificò quando il re partì in guerra. Così, mentre il marito combatteva, la giovane regina partorì un bambino con i capelli d’oro e i denti d’argento ma le due sorelle glielo sottrassero. Poi scrissero al sovrano che la moglie aveva partorito un gatto morto. La stessa storia si ripeté con il secondo figlio, che sostituirono con un ramo d’albero e infine con una graziosa bimba, che sostituirono con un serpente.
 
A quel punto il re, furibondo, fece chiudere la regina in una prigione angusta come una tomba ordinando di darle da bere soltanto acqua sporca. Questo mentre le due sorelle rinchiusero di nascosto i tre veri bambini in una scatola che affidarono al mare. A un certo punto, però, un giardiniere trovò la scatola con le tre creature e decise di allevarle. Così i bambini crebbero sereni all’interno del giardino dove lavorava colui che si prendeva cura di loro e diventando a loro volta giardinieri.
 
Un giorno passò un’anziana bonaria donnache lodò il giardino ma rilevò che all’interno di esso mancavano tre elementi fondamentali. Nello specifico, l’acqua che danzava, l’albero che giocava e l’uccellino parlante. Allora i tre ragazzi decisero di mettersi in cammino per cercare queste tre cose meravigliose. Così, cammin facendo, incontrarono il re che tristemente andava a caccia per distrarsi.
 
Si parlarono amabilmente, lo invitarono a visitare il loro giardino e poi ripresero il cammino. Fu allora che riapparve di nuovo la buona vecchietta che indicò loro il luogo dove si trovava l’acqua che danzava, avvertendoli però di non voltarsi indietro dopo averla attinta altrimenti si sarebbero trasformati in statue di sale. I ragazzi ubbidirono. Poi dopo un po’ andarono a cogliere una foglia dall’albero che giocava la quale, se fatta cadere nel loro giardino, in una sola notte sarebbe diventata una pianta.
 
Nel frattempo incontrarono nuovamente il re e l’amabile anziana con cui chiacchierarono. In seguito, ripresa la ricerca dell’uccellino parlante, ritrovarono l’anziana che insegnò loro a catturare il magico volatile che parlava. Incontrarono poi di nuovo il re con il quale presero appuntamento per rivedersi il giorno dopo.
 
A questo punto trovarono l’uccellino magico che stava appollaiato su un albero e gli gettarono un laccio per catturarlo. La bestiolina si lasciò prendere facilmente e volò sulla spalla del fratello più giovane. Poi sussurrò loro di cogliere nel giardino un cocomero e di portarlo al re per tagliarlo.
 
Così accadde; ma invece di semi il sovrano trovò delle pietre preziose e domandò loro ad alta voce come fosse possibile tale avvenimento. A quel punto l’uccellino parlante rispose facendo presente come fosse possibile che una donna partorisse un gatto, un pezzo di legno e un serpente. Poi aggiunse che quei tre ragazzi erano i suoi figli, che l’invidia delle due sorelle di sua moglie era la causa di ogni male e dunque di andare subito a liberare la regina che era innocente. Così il re, commosso, corse dalla sua consorte e ordinò di festeggiare solennemente l’avvenimento. Nel contempo condannò al rogo le malvagie sorelle.
 
Attualmente in generale il cocomero è simbolo del matrimonio e della fecondità e inoltre rappresenta, metaforicamente, una delle immagini che elenca le preoccupazioni per i bambini.
 
Non va confuso con i cocomeri sopracitati il cosiddetto “cocomero asinino” (Ecballium elaterium) ch’è una pianta erbacea delle Cucurbitace e il cui frutto non è commestibile. Essa presenta foglie palminervie dall’odore fetido, fiori piccoli gialli, frutto a peponide che a maturità schizza il succo interno frammisto ai semi che hanno azione irritante soprattutto per gli occhi di chi ne viene a contatto. Questo avviene perché il frutto del cocomero asinino, che è simile a una grossa ghianda pelosa, per una pressione interna di gas si stacca bruscamente dal peduncolo e disperde con fragore una sostanza mucillaginosa che contiene i semi, mentre la capsula vuota viene scagliata per reazione nella direzione opposta.
 
Nell’Antichità il frutto del cocomero asinino losi usava come purgante, seppure contenga un succo amaro e irritante. Ci sono testimonianze del suo uso anche in epoche successive.
 
Ad esempio si narra che nel 1888 un certo dottor Dickson, per rinfrescarsi durante una giornata particolarmente afosa, si mise sul capo e sotto il cappello un frammento di cocomero asinino che gli causò una forte emicrania e una colica per un’intera giornata. Per questo attualmentesi raccomanda di non toccare con le mani questa pianticella dal fusto prostrato e dalle foglie triangolari.
 
Tuttavia in Gran Bretagna si prepara tuttora una pozione, dal nome “elaterio”, che si ottiene con i frutti del cocomero asinino non maturi ed essiccati perché possiede un’azione purgativa e favorente l’eliminazione dell’acqua dall’organismo.
 
Secondo Sermonti l’espulsione dei semi da parte di questa pianta si rispecchia,metaforicamente, nelle fiabe che narrano di bambini che i genitori cattivi o poveri mandano via, lontano da loro e addirittura in giro per il mondo.
 
 
Riferimenti bibliografici:

 

Akusu, Monday O., Kiin-Kabari, David B., Comparative Studies on the Physicochemical and Sensory Properties of Watermelon (Citrulluslanatus) and Melon (Citrullus vulgaris) Seed Flours Used in “EGUSI” Soup Preparation,Journal of Food Research,Canadian Center of Science and Education Publisher, Toronto 2015.

Cattabiani, Alfredo, Florario, Mondadori Editore, Milano 2016.

Coupal, Marie, I simboli dei sogni. Analisi psicologica, psicoanalitica, esoterica e mitologica, Il Punto d’Incontro Editore, Vicenza 2000.

Revelli Sorini, Alex, Cutini, Susanna, Taccuini Gastrosofisici. Enciclopedia digitale di Culture e Politiche Alimentari, 2017.

Revelli Sorini, Alex, Cutini, Susanna, Dizionario Gastrosofico di culture e politiche alimentari, Ali&No Editrice, Perugia 2022.

Russo Pavan, Ada, Iniziazione ai Culti Egizi. Divinità, simboli, rituali, magia, amuleti, invocazioni, Edizioni Mediterranee, Roma 2005.

Went, Fritzs W. e dai redattori di LIFE, Le Piante, Mondadori editore, Milano 1965.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]