[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

180 / DICEMBRE 2022 (CCXI)


arte

SULLA GRANDE MURAGLIA CINESE

STORIA DI UN’OPERA IMPONENTE

di Lorenzo Bruni

 

Tra le opere costruite dall’uomo nel corso dei secoli, la Grande Muraglia Cinese è la più imponente di tutte. Questa sterminata e ramificata distesa di mura e difese naturali risulta talmente vasta da essere difficilmente quantificabile: solo nel 2012, dopo due anni di studi, misurazioni effettuate grazie ai più moderni strumenti tecnologici, come raggi infrarossi o sistemi di posizionamento GPS, hanno reso possibile stabilire che la Grande Muraglia raggiunge gli 8.850 km di lunghezza, dei quali 350 km sono composti da trincee e altri 2.250 km da difese naturali. Aggiungendo a tale valutazione ogni ramificazione interna ed eventuali parti della stessa ormai perdute, si ritiene che, nel suo momento di massimo splendore, questa abbia coperto una lunghezza sul territorio pari a 21.196 km.

 

L’origine di questa barriera è da collocare in epoca molto antica: per proteggersi dalle invasioni che giungevano dalla Mongolia, in particolare quelle del popolo Xiongnu, e per rendere più difficoltosa la carica dei guerrieri a cavallo, già tra l’VIII e il V secolo a.C., i regni indipendenti cinesi avevano eretto barriere in legno, riempiendo gli interstizi con terra e ghiaia. Tra il 453 e il 221 a.C. questi stessi regni, sotto le autorità delle famiglie di Qin, Wei, Zhao, Qi, Yan e Zhongshan, che fino ad allora avevano comunque mantenuto una sorta di alleanza feudale sotto la dinastia Zhou, entrarono in conflitto per ottenere il dominio assoluto su tutta l’area.

 

A trionfare fu Qin Shi Huang, che accentrò il controllo nella sua persona e si autoproclamò primo imperatore della Cina, istituendo la dinastia Qin. Col fine di rendere più compatto e difeso il proprio regno, ordinò la costruzione di ulteriori mura che andassero a collegarsi alle fortificazioni già presenti a Nord, cioè quelle dei territori di Qin, Zhao e Yan, in modo da formare un’unica grande frontiera fortificata per la Cina. Data la difficoltà dell’opera, e soprattutto la pericolosità dei lavori, si calcola che centinaia di migliaia di lavoratori abbiano perso la vita nella costruzione.

 

Un così elevato numero di decessi ha portato alla nascita di una leggenda, secondo la quale i cadaveri sarebbero stati sepolti all’interno delle mura stesse; al giorno d’oggi gli studiosi tendono a considerare tale mito come non vero: non solo non sono mai stati rinvenuti corpi all’interno delle rovine, ma si ritiene che i costruttori dell’epoca fossero già a conoscenza del fatto che inserire organismi degradabili all’interno delle mura avrebbe potuto compromettere nel tempo la stabilità della muraglia stessa. La maggior parte dei corpi sarebbe stata sepolta nelle immediate prossimità del sito, tanto che si tende a definire l’area come il più grande cimitero del mondo.

 

Nel 210 a.C., la morte dell’imperatore Qin Shi Huang comportò la scomparsa della stessa dinastia: nel 206 a.C., il potere passò alla dinastia Han, sotto il cui dominio la Cina visse uno dei suoi periodi di massimo splendore. Anche gli Han decisero di rinforzare la barriera a Nord e costruirono nuove sezioni lunghe centinaia di chilometri, estendendo la stessa fino ai confini con l’attuale Mongolia Interna: la lunghezza della Grande Muraglia, in questo periodo, raggiunse gli 8.000 km.

 

La dinastia Han si interruppe nel 220 d.c., quando la Cina si trovò ad essere nuovamente divisa in diversi Stati feudali. Nel 618 salì sul trono la dinastia Sui, che resterà dominante fino al 907, riuscendo a riunificare l’impero; considerata la propria superiorità militare rispetto alle tribù nomadi del Nord, però, decise di non finanziare alcun lavoro di rafforzamento delle frontiere. Al contrario, la dinastia Song, capace di fornire un enorme contributo alla storia, grazie allo sviluppo delle arti, dell’economia e del commercio orientale, dovette proteggersi dalle invasioni dei Liao, dei Xixia e dei Manciù ai confini Nord-occidentali, optando per la fortificazione e la ricostruzione di intere parti della muraglia.

 

Nel 1271 però le tribù mongole, guidate da Khubilai Khan, riuscirono a superare le difese, a prendere il controllo dei centri nevralgici del potere cinese e a formare la dinastia Yuan, della quale lo stesso nipote di Gengis Khan fu primo imperatore. Nei tre anni successivi gli scontri in Cina continuarono, finché nel 1279, in seguito alla battaglia di Yamen, l’ultimo imperatore Song, un bambino di otto anni di nome Zhao Bing, si suicidò assieme al primo ministro Liu Xiufu e a ottocento membri del clan reale. Considerando quanto vasto fosse il territorio controllato all’epoca, gli Yuan non si curarono della costruzione di parti della Grande Muraglia, preferendo aprire la Cina ai commercianti europei; tra questi si deve annoverare il viaggiatore veneziano Marco Polo, che entrò nelle grazie di Khubilai Khan tanto da diventarne consigliere.

 

I contrasti tra la popolazione cinese e la classe dominante mongola risultarono marcati sin dall’inizio: gli Yuan non prestavano il dovuto interesse ad attività come l’agricoltura e l’artigianato, preferendo dedicarsi a operazioni militari; queste ultime si rivelarono una perdita di risorse e consenso, come nel caso delle due fallimentari invasioni del Giappone, naufragate sia nel 1274 che nel 1281 a causa dell’improvviso scoppiare di altrettante tempeste.

 

Approfittando di un acuirsi delle rivolte anti mongole, nel 1368 i cinesi riuscirono a tornare al potere al termine di una ribellione capeggiata da Zhu Yuanzhang, primo imperatore della nuova dinastia Ming. I decenni successivi tornarono ad essere caratterizzati da pessime relazioni con le tribù di confine e, di conseguenza, da una ripresa delle ostilità. Gli imperatori Ming, forti del prestigio che avevano ottenuto in patria, furono in grado di anticipare gli avversari, combattendo oltre la propria frontiera e rafforzando la supremazia cinese nella zona; in seguito, però, decisero di abbandonare questa strategia, limitandosi a contrattare tregue preventive con le tribù mongole, offrendo loro doni oppure creando canali commerciali preferenziali.

 

Nonostante questo, l’1 settembre 1449 ebbe luogo la battaglia della fortezza di Tumu, un conflitto di frontiera tra la popolazione mongola degli Oirati e l’esercito regolare Ming, che si concluse con una clamorosa disfatta per i cinesi: oltre alla cattura dell’imperatore Zhengtong e alla morte del generale Wang Zhen, considerato il vero responsabile del tracollo, si ritiene che un esercito composto da circa cinquecentomila soldati cinesi fosse stato sconfitto da appena trentamila mongoli. In seguito a tale ciò, i Ming decisero di potenziare ulteriormente la muraglia sul confine settentrionale, limitando l’area di competenza mongola al deserto di Ordos e costruendo ulteriori fortificazioni, che presero il nome di bianqiang, cioè mura di frontiera, nella parte meridionale dello stesso.

 

A differenza delle precedenti costruzioni, quella Ming si rivelò sin da subito più moderna ed elaborata: sebbene la terra battuta e le pietre restassero i materiali più utilizzati, nelle zone ritenute cruciali, il muro venne costruito con mattoni e piastrelle, più malleabili e capaci di conferire una solida struttura alla barriera. Per rendere quanto più inespugnabile fosse possibile la muraglia, alle pendici delle zone considerate più a rischio invasione venne scavato un profondo fossato e per tutta la sua lunghezza vennero costruiti dei merli difensivi di forma rettangolare, alti poco più di 30 cm e larghi circa 20 cm. Onde facilitare il transito delle truppe stanziate, in determinate sezioni vennero aggiunti dei cancelli di legno, che potevano essere aperti soltanto dall’interno, ai quali si andarono ad aggiungere caserme, scuderie e armerie quando i soldati iniziarono ad essere addestrati direttamente sul luogo.

 

I regnanti Ming si impegnarono inoltre, senza successo, data la lunghezza della barriera, per rendere la supervisione della stessa quanto più completa fosse possibile: la sommità delle mura venne appositamente scavata in modo che soldati, ed eventualmente merci, potessero transitarvi per attraversare la Cina da una parte all’altra, risparmiando così tempo ed evitando eventuali insidie interne. Per facilitare la supervisione da parte dei soldati e la difesa in caso di attacco, le torri di controllo vennero munite di bracieri nei quali, in caso di avvistamento di nemici, le vedette potevano di notte accendere un fuoco, oppure, di giorno, bruciare lo sterco essiccato di lupo, facilmente incendiabile e capace di sprigionare grandi quantità di fumo.

 

Nonostante gli imponenti lavori e la grande quantità di risorse destinate allo scopo, la Grande Muraglia viene considerata come un colossale fallimento: non soltanto non impedì alle popolazioni mongole di invadere continuamente il territorio cinese per compiere razzie, approfittando delle zone meno controllate, ma attirò su di sé il malcontento della popolazione, che, ritenendo la dinastia regnante incapace di assicurare loro sicurezza, la iniziò a considerare il simbolo del fallimento Ming. Nei primi decenni del ‘600, una rivolta capeggiata da Li Zicheng iniziò a prendere possesso di città cinesi, minacciando un colpo di Stato.

 

Il 25 maggio 1644 il generale Ming Wu Sangui, sperando di ottenere un aiuto esterno per sedare la rivolta, che si era spinta fino a Pechino e aveva costretto al suicidio Chongzhen, l’ultimo imperatore Ming, aprì le porte di Shanhaguan alle tribù dei Manciù, guidate dal principe Dorgon. I guerrieri mongoli si impadronirono velocemente di Pechino, sbaragliando i ribelli nella battaglia del 27 maggio; tradendo le speranze di Ming Wu Sangui, però, non si limitarono a ciò che era stato concordato, ma si liberarono anche dei rimasugli del governo cinese e si impossessarono del potere, stabilendo l’inizio della dinastia Qing.

 

Sotto il nuovo governo mongolo, la seconda dinastia straniera a dominare in Cina, si interruppe definitivamente la costruzione della Grande Muraglia, dato che non vi era più alcuna necessità di fortificare la difesa dei confini settentrionali. Nei secoli seguenti all’instaurazione della dinastia Qing, la Grande Muraglia, perdendo la propria funzione difensiva, iniziò ad assumere una connotazione turistica, in particolare quando la sconfitta rimediata dai cinesi nella seconda guerra dell’oppio non aprì definitivamente le porte territoriali agli stranieri occidentali.

 

Proprio in questo periodo, soprattutto in seguito a un articolo uscito su National Geographic nel 1923, iniziò a circolare la teoria che la Grande Muraglia potesse essere visibile dalla Luna: nonostante molte persone continuino a credere alla veridicità di tale ipotesi, questa si è poi dimostrata falsa, come confermato dallo stesso Neil Armstrong nel 2001, poiché, per quanto lunga, la Grande Muraglia non supera mai i 10 m di larghezza, per cui essa già a un centinaio di chilometri d’altezza appare non visibile a causa del potere risolutivo dell’occhio umano.

 

Il suo ruolo nell’economia dello Stato acquistò maggior importanza con la fondazione della Repubblica Popolare Cinese. Se però da lato lo stesso Mao Zedong abbia dichiarato che per essere definiti veri uomini, oppure “eroi” a seconda della traduzione, si debba necessariamente salire sulla Grande Muraglia, pare altrettanto vero che lo stesso abbia incoraggiato le popolazioni limitrofe a distruggere la struttura, in modo da ottenere una quantità illimitata di materie prime, utilizzabili per la costruzione di case.

 

Per quanto si possa considerare ambiguo questo trattamento riservato alla muraglia da Zedong, lo stesso non può dirsi del suo successore, Deng Xiaoping, che dal 1984 portò l’opera sotto la tutela dello Stato, dando il via a un intenso periodo di restauri. Infatti, mentre le aree della stessa in prossimità di Pechino, cioè quelle più visitate ogni anno dai turisti, sono state oggetto di numerose ristrutturazioni nel corso degli anni, sono molte di più le parti della Grande Muraglia cadute in rovina, abbattute dal governo per la costruzione di nuove infrastrutture, erose da tempeste di sabbia e inondazioni, oppure dalla maleducazione dei turisti, che le danneggiano per portarne a casa ciottoli, tanto che al giorno d’oggi si ritiene che circa 2.000 km di barriera siano irrimediabilmente danneggiati, oppure sommersi per via dell’innalzamento delle acque del mare e dei laghi.

 

Basti considerare che numerose sezioni occidentali sono state costruite utilizzando materiali scadenti, come terra e fango, e dunque si trovano costantemente a rischio scomparsa, oppure di abbattimento: non solo in alcuni punti l’altezza delle mura si è ridotta dai 5 m ai 2 m, ma molte torri d’avvistamento sono ormai scomparse. Nonostante questi problemi alle infrastrutture, che il governo cinese cerca di arginare, la Grande Muraglia è diventata uno dei siti turistici più apprezzati e visitati al mondo, tanto da essere dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 1987 e, nel 2007, da venire votata come la prima tra le Sette Meraviglie del mondo moderno.  

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]