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> Storia e ambiente

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N. 25 - Giugno 2007

LA CHIMICA E LA TERRA

Sugli effetti della concimazione chimica sul suolo

di Matteo Liberti

 

Il cosiddetto avvento della chimica nell’agricoltura ha sicuramente lasciato un indelebile segno di cambiamento. La domanda fondamentale è: a che prezzo? Quali effetti può aver avuto la concimazione chimica sull’agricoltura? Quali vantaggi da essa son scaturiti e, soprattutto, quali danni si sono determinati?

 

Intorno alla metà del XX secolo si è assistito ad uno stravolgimento di portata rivoluzionaria della vecchia agricoltura, stimolato dai miglioramenti tecnici, dai nuovi prodotti chimici e dal sostegno statale e politico, una rivoluzione silenziosa che probabilmente non venne adeguatamente percepita  dalla grande massa del pubblico contemporaneo.

Negli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, in tutto il continente europeo (negli Stati Uniti questo processo era già in atto dagli anni Venti) si assistette ad un definitivo avvicinamento delle sorti dell’agricoltura a quelle dell’industria, particolarmente la chimica.

Una struttura notevolmente stabile, almeno da un punto di vista ecologico, veniva sostituita da un’agricoltura nuova, sempre più dipendente, sia dal punto di vista economico che da quello sociale, da fattori prima esterni ad essa. L’agricoltura, semplicemente, veniva integrata nel sistema economico-industriale che si andava formando nei primi anni del dopoguerra.

 

Quel che è certo è che, con l’introduzione di nuovi macchinari, di pesticidi e di nuovi concimi chimici, la produzione agricola in tutto il continente europeo visse un enorme salto in avanti per quanto concerneva la quantità del prodotto.

Grano, patate e mais videro più che raddoppiati i loro livelli di produzione.

La crescita delle produzioni agricole basata sul massiccio uso della concimazione artificiale portava però con se delle conseguenze negative assai rilevanti sui terreni e non solo.

 

La storia e l’economia hanno spesso considerato il territorio ed il terreno agrario in particolare come un bene durevole, inalterabile nel tempo. Daltronde, se sotto il profilo strettamente economico il termine durevole non è (o meglio non era) completamente discutibile, lo è invece sotto il profilo puramente biologico. Con l’avvento dell’agricoltura moderna, il costante ed intenso sfruttamento dei terreni è divenuto, per vari fattori di ordine economico-produttivo, strettamente necessario al fine di mantenere il prodotto in un posizione di buona concorrenzialità sui mercati.

Tutto questo ragionando, però, nel breve periodo.

Le conseguenze sul lungo periodo possono risultare più problematiche: le monosuccessioni, le rotazioni (a volte obbligate da fattori non propriamente agronomici), l’uso sconsiderato (e spesso antieconomico) di prodotti chimici hanno reso i terreni agrari di un paese come l’Italia assai poveri di sostanza organica, con il conseguente obbligo da parte dell’agricoltore di aumentare costantemente le dosi di concimazione chimica.

 

Ora, i concimi chimici altro non sono che dei minerali sottratti alla terra e poi lavorati dall’industria, peraltro con un discreto consumo di energia... Restituiti alla terra dopo la lavorazione antropica, il risultato della doppia operazione di sottrazione ed addizione non è però quello di partenza. Nel terreno si verificano in effetti dei preoccupanti mutamenti.

 

Nel periodo di grande sviluppo tecnologico del secolo XIX fu fatto il conteggio delle sostanze assorbite dal suolo da parte delle piante coltivate e fu proposta l’ipotesi che fosse opportuno ridare al terreno le quantità asportate, mediante lo spargimento di concimi minerali.

Fu stabilita sperimentalmente la cosiddetta legge del minimo (la produzione è regolata dall’elemento presente in quantità minore rispetto alle esigenze della coltura) tra gli elementi P (fosforo), K (potassio), N (azoto), ritenuti fondamentali per la nutrizione delle piante; e dal 1920 in poi ci furono i presupposti per produrre fertilizzanti e insetticidi chimici, che divennero però convenienti solo dopo la seconda guerra mondiale, sopratutto per effetto di una diminuzione dei costi energetici.

 

Uno degli scienziati più convinti della necessità di modificare radicalmente il sistema di praticare l’agricoltura fu Justus von Liebig (1803-1873), il quale (da padre della legge del minimo), alla fine della sua vita, sembrò però rivedere i propri entusiasmi circa le bontà del supporto chimico:

 

“Confesso di buon grado che l’uso dei concimi chimici era basato su presupposti in realtà inesistenti. I concimi chimici avrebbero dovuto portare una completa rivoluzione nell’agricoltura, sarebbe stato abbandonato il letame di stalla e sarebbero state sostituite con i concimi chimici tutte le sostanze minerali asportate dai raccolti. Si sarebbe potuta coltivare sempre la stessa pianta sullo stesso campo, [...], senza discontinuità e senza che si esaurisse la fertilità del suolo, secondo i desideri ed i bisogni dell’agricoltore. Avevo peccato contro la saggezza del Creatore ed ho ricevuto la meritata punizione. Volevo portare un miglioramento alla sua opera e nella mia cecità credevo che nel meraviglioso concatenamento delle leggi che regolano la vita nella superficie terrestre, continuamente rinnovandola, fosse stato dimenticato un anello, che io, povero verme impotente, avrei dovuto fornire.”

 

Ben dopo la scomparsa di Justus von Liebig, però, i suoi sbagliati convincimenti continuarono ad esser considerati validi, perché spesso confermati dalle verifiche fatte nei tempi limitatissimi delle sperimentazioni. Dopo il 1950 l’industria ha anzi prodotto sempre più sostanze chimiche sintetiche, molte delle quali sono risultate essere altamente tossiche e resistenti alla degradazione mediante processi naturali. Molte non sono ancora state esaminate per verificarne gli effetti sugli animali o sull’ambiente, da sole o in combinazione, e molte vengono facilmente assorbite da organismi viventi, nei quali si accumulano.

 

La complessa vita del terreno non dovrebbe daltronde ridursi alla semplice presenza di determinate sostanze chimiche. In esso hanno luogo dinamiche complesse legate a vari elementi (humus, composizione minerale, clima, ...), e da esso non si può ottenere un prodotto costante senza di conseguenza creare un’alterazione della sua struttura.

 

Le alterazioni e le modificazioni dovute alla concimazione chimica ed al super-uso vengono normalmente superate, come si diceva, con l’introduzione di ulteriori concimi chimici, ma la pianta non assorbe allo stesso modo le sostanze presenti nell’humus e quelle che vengono aggiunte nel terreno dall’uomo. Mentre le prime hanno un assorbimento lento e graduale, le seconde generano un assorbimento massiccio e soprattutto la formazione di residui nocivi.

Tali residui, oltre a contaminare il terreno stesso, sono anche strettamente collegati all'inquinamento dell’acqua. Le elevate dosi di fertilizzanti azotati che vengono ad esempio utilizzati per le colture cerealicole implicano gravi rischi di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee, e i rischi che derivano alla salute umana sono associati alla formazione di nitrosammine e di nitrosammidi, la cui sintesi avviene all'interno dell'organismo.

 

In alcuni agrosistemi, ormai, il modo di produrre è totalmente basato sulle tecnologie incorporate in nuovi e più produttivi inputs (sementi, fertilizzanti, erbicidi, insetticidi, macchinari e attrezzature). L'aumento della produzione agricola, sempre più sostenuto dallo sviluppo di nuove tecnologie meccaniche, chimiche e biologiche, è divenuto strettamente dipendente dalla capacità del settore industriale, ma il successo incontestabile dell’agricoltura industriale è stato  legato in profondità ad un continuo, sempre più estremo, processo di artificializzazione della vita biologica che ha innalzato la soglia del rischio dell’impresa economica e della salute del consumatore, trasformando la qualità in quantità, con inoltre la richiesta di un consumo crescente e dissipatore di energia esterna quale mai si era verificato in alcuna epoca del passato.

 

Durante una conferenza di pochi anni fa, la Soil and Biowaste in South Europe Conference (Suolo e rifiuti organici in Sud Europa) organizzata a Roma dall'ANPA in collaborazione con la DG XI Ambiente della Commissione Europea, è stato messo in luce il forte rischio di inaridimento dei suoli nei paesi mediterranei (in Italia e' a rischio il 27% del territorio): qui i climi e gli ordinamenti colturali intensivi, fortemente consumatori e generatori di residui organici, determinano una forte necessita' di ricostituzione della quota di sostanza organica persa annualmente. Decenni di concimazione chimica in sostituzione della fertilizzazione organica tradizionale a base di letame hanno decisamente peggiorato la criticita' della situazione. Molti suoli, soprattutto nelle Regioni meridionali, hanno ormai un contenuto di sostanza organica inferiore all'1,5%, quando una percentuale sufficiente e' nell'ordine del 3%.

 

Negli ultimi cinquanta anni la produzione agricola non ha cessato di crescere, giocando su tutti i fattori possibili. I risultati sono stati certamente sorprendenti, ma altrettanto lo sono stati gli effetti nefasti sull'ambiente.

 

L'inquinamento delle falde con i nitrati e i diserbanti, gli ormoni della crescita per i bovini, gli scandali della mucca pazza e dei polli alla diossina ne sono gli esempi più significativi, ma vi sono stati anche effetti indiretti: l'abbandono delle aree collinari e di montagna da parte degli agricoltori, la concentrazione delle produzioni in poche aree e il conseguente aumento dei costi energetici dei trasporti. Tutti problemi cui si dovrebbe cercare di dare una risposta il più completa possibile, in un tentativo di recupero del territorio e di stimolo alla conoscenze che abbiamo della sua importante e determinante storia, forse non più separabile da quella degli uomini che vi hanno vissuto e che vi vivono.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Battistelli E., La concimazione e i suoi errori, Paravia, Torino 1961

Bevilacqua P., Demetra e Clio, Donzelli, Roma 2001

Bevilacqua P., La mucca è savia, Donzelli, Roma 2002

Cornell Agricultural Waste Management Conference, Food, fertilizer,  and agricultural residues, Ann Arbor, Mich 1977

Floccia M., Dizionario dell'inquinamento: cause, effetti, rimedi,  normativa, NIS, Roma 1989

Francescato G., Il pianeta avvelenato, La Nuova Italia, Firenze 1977

Liebig J., Chimie appliquee a la physiologie vegetale et a l'agriculture, Fortine, Masson et Co., Paris 1844

Ponting C., Soria verde del mondo, SEI, Torino 1992

Steiner R., Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell'agricoltura, Ed. Antroposofica, Milano 1995

Zamagni V., Dalla periferia al centro. La seconda rinascita economica dell’Italia (1861-1990), Il Mulino, Bologna 1993

 



 

 

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