SULL'EVOLUZIONE DEI CENTRI
COMMERCIALI
UN FENOMENO DI LUNGA DATA
di Matteo
Liberti
Cibo, vestiario, oggetti per la
casa, prodotti elettronici: l’elenco
delle merci presenti in un centro
commerciale è pressoché infinito, e
fra un negozio e l’altro è inoltre
possibile imbattersi in ristoranti,
cinema, palestre e aree giochi. Il
tutto, all’interno di un unico,
enorme complesso architettonico. Ma
quando è nato questo modo di
approcciarsi agli acquisti? Per
trovare la risposta bisogna recarsi
negli Stati Uniti, dove nel 1956
venne inaugurato il primo centro
commerciale “moderno”, evoluzione
storica dei grandi magazzini
ottocenteschi e delle gallerie
commerciali. Si trattava del
Southdale Center di Edina
(Minnesota). A progettarlo fu
l’architetto austriaco Victor Gruen,
che realizzò un innovativo
complesso, dotato di enorme
parcheggio, in grado di ospitare
decine di negozi all’interno di una
struttura climatizzata a due piani,
collegati tra loro da scale mobili.
Da quel momento, l’evoluzione di
tali centri è proseguita senza sosta
fino al terzo millennio,
rivoluzionando il modo di fare
shopping. Peraltro, anche in passato
si erano registrati esempi di grandi
spazi architettonici con concentrate
all’interno più attività
commerciali, a partire
dall’antichità.
Idea antica
I primi antenati dei centri
commerciali apparvero probabilmente
a Roma, così come i primissimi
supermercati. Questi, detti
macella, erano grandi edifici in
cui più tabernae offrivano al
pubblico generi alimentari e cibi
già pronti. Uno dei più celebri era
il Macellum Magnum, eretto
nel 59 e connotato da una curiosa
pianta tondeggiante. Per vedere
quello che è da molti considerato il
primo vero “prototipo” di centro
commerciale bisogna però attendere
l’inizio del II secolo e la nascita
dei mercati di Traiano, complesso di
edifici a più piani e con molteplici
funzioni, dove si svolgevano
attività sia amministrative sia
commerciali. Dopodiché, tra Medioevo
ed età moderna, la storia dei centri
commerciali non conobbe particolari
svolte, fatta eccezione per i
coloratissimi bazar fioriti nel
mondo islamico, ovvero vasti spazi
cittadini deputati a ospitare
botteghe commerciali. In tal senso,
spiccò dal XV secolo il Gran Bazar
di Istanbul (popolarissimo ancora
oggi), consistente in un ampissimo
dedalo di stradine al coperto. Erano
invece alloggiate sotto a una doppia
fila di portici le oltre cento
botteghe che nella seconda parte del
XVIII secolo fecero la fortuna del
Gostiny Dvor, edificio commerciale
in stile neoclassico – sviluppato
attorno a un grande cortile – sorto
nel centro di San Pietroburgo.
Svolta ottocentesca
La svolta decisiva si registrò
nell’Ottocento, con lo sviluppo dei
grandi magazzini cittadini (spesso
incentrati su singole tipologie di
prodotti) e della moderna idea di
shopping. A plasmarla fu
l’imprenditore francese Aristide
Boucicaut, genio del marketing che
nel 1852 aprì a Parigi Le Bon
Marché, un grande magazzino i
cui spazi, caratterizzati da grandi
vetrine, erano allestiti con estrema
cura. Ancora a Parigi, spopolarono
dal 1912 le raffinate Galeries
Lafayette Haussmann, situate in
un edificio in stile Art Nouveau
sormontato da una grande cupola in
vetro. A Londra si erano intanto
affermati i celebri magazzini
Harrods e a Milano La Rinascente. In
Italia, inoltre, avevano iniziato a
diffondersi le gallerie commerciali,
ennesima tipologia di spazio
architettonico cittadino deputato a
ospitare negozi e punti di
ristorazione, perfetto per
rilassanti passeggiate. La più
famosa divenne l’elegante Galleria
Vittorio Emanuele II, inaugurata
sempre a Milano nel 1877 e
apprezzata a livello mondiale, tanto
che ispirò nel 1890 la Cleveland
Arcade, galleria sorta nell’omonima
città statunitense (in Ohio).
Dopodiché, ancora negli Usa,
aprirono i battenti i primi centri
attrezzati con vasti parcheggi per
le auto, il cui uso iniziava a
crescere. Apripista fu il Country
Club Plaza, inaugurato nel 1922 a
Kansas City, Missouri, strutturato
in 18 palazzine intervallate da
spazi esterni. Infine, nel 1956, fu
il turno del Southdale Center di
Victor Gruen, concentrato al
contrario in un unico edificio il
cui spazio era dedicato sì al
consumo di beni, ma anche alla
socializzazione. Seppure all’esterno
esso appariva come un grande e
periferico capannone, l’architettura
interna, pensata per ospitare più di
70 negozi, era infatti ispirata a
quelle delle piazze europee, con
tanto di fontane, panchine e angoli
verdi.
Boom e nuove prospettive
Dopo l’iniziativa di Gruen, negli
Usa spuntarono molti nuovi centri
commerciali (o “shopping mall”)
sempre più grandi e attrattivi. In
parallelo, la loro diffusione
aumentò anche in Europa, alimentando
tuttavia varie critiche basate sul
concetto di “non luogo” (termine
coniato nel 1992 dall’antropologo
francese Marc Augè), riferito al
loro essere spersonalizzanti dal
punto di vista architettonico e
forieri di una socialità basata sul
consumo e non sull’esigenza di
relazionarsi. Per ovviare a ciò,
soprattutto con l’arrivo del terzo
millennio, si è tentato di
introdurre nuovi spazi aggregativi e
di puntare su una serie di servizi
accessori allo shopping, proponendo
i centri commerciali sempre più come
“luogo d’incontro” (in primis nelle
aree urbane che ne difettano). In
quest’ottica, la versione più ricca
di offerte – nonché la più grande al
mondo – è il Dubai Mall, negli
Emirati Arabi Uniti, al cui interno
vi sono circa 1.200 negozi e
molteplici attrazioni, il tutto su
una superficie equivalente a 50
campi da calcio. Tra i molti record
di tale centro commerciale, uno
riguarda la presenza di un enorme
acquario, che offre ai
visitatori incredibili visioni
sottomarine. Attrazioni a parte, per
il futuro sono allo studio
architetture sempre più
ecocompatibili, con aree verdi
attrezzate per lo sport o le
semplici passeggiate. Peraltro, la
pandemia di Covid-19 ha affossato le
sorti di molti shopping center,
decretando il definitivo boom del
commercio online, e così, in
prospettiva, c’è chi prevede un
ritorno al passato, immaginando una
ripresa dei negozi “vecchia
maniera”, in grado di offrire
un’unicità dell’ambiente e un
rapporto più genuino con il cliente.