[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 209 / MAGGIO 2025 (CCXL)


contemporaneo

SULL'EVOLUZIONE DEI CENTRI COMMERCIALI
UN FENOMENO DI LUNGA DATA

di Matteo Liberti

 

Cibo, vestiario, oggetti per la casa, prodotti elettronici: l’elenco delle merci presenti in un centro commerciale è pressoché infinito, e fra un negozio e l’altro è inoltre possibile imbattersi in ristoranti, cinema, palestre e aree giochi. Il tutto, all’interno di un unico, enorme complesso architettonico. Ma quando è nato questo modo di approcciarsi agli acquisti? Per trovare la risposta bisogna recarsi negli Stati Uniti, dove nel 1956 venne inaugurato il primo centro commerciale “moderno”, evoluzione storica dei grandi magazzini ottocenteschi e delle gallerie commerciali. Si trattava del Southdale Center di Edina (Minnesota). A progettarlo fu l’architetto austriaco Victor Gruen, che realizzò un innovativo complesso, dotato di enorme parcheggio, in grado di ospitare decine di negozi all’interno di una struttura climatizzata a due piani, collegati tra loro da scale mobili. Da quel momento, l’evoluzione di tali centri è proseguita senza sosta fino al terzo millennio, rivoluzionando il modo di fare shopping. Peraltro, anche in passato si erano registrati esempi di grandi spazi architettonici con concentrate all’interno più attività commerciali, a partire dall’antichità.

Idea antica

I primi antenati dei centri commerciali apparvero probabilmente a Roma, così come i primissimi supermercati. Questi, detti macella, erano grandi edifici in cui più tabernae offrivano al pubblico generi alimentari e cibi già pronti. Uno dei più celebri era il Macellum Magnum, eretto nel 59 e connotato da una curiosa pianta tondeggiante. Per vedere quello che è da molti considerato il primo vero “prototipo” di centro commerciale bisogna però attendere l’inizio del II secolo e la nascita dei mercati di Traiano, complesso di edifici a più piani e con molteplici funzioni, dove si svolgevano attività sia amministrative sia commerciali. Dopodiché, tra Medioevo ed età moderna, la storia dei centri commerciali non conobbe particolari svolte, fatta eccezione per i coloratissimi bazar fioriti nel mondo islamico, ovvero vasti spazi cittadini deputati a ospitare botteghe commerciali. In tal senso, spiccò dal XV secolo il Gran Bazar di Istanbul (popolarissimo ancora oggi), consistente in un ampissimo dedalo di stradine al coperto. Erano invece alloggiate sotto a una doppia fila di portici le oltre cento botteghe che nella seconda parte del XVIII secolo fecero la fortuna del Gostiny Dvor, edificio commerciale in stile neoclassico – sviluppato attorno a un grande cortile – sorto nel centro di San Pietroburgo.

Svolta ottocentesca

La svolta decisiva si registrò nell’Ottocento, con lo sviluppo dei grandi magazzini cittadini (spesso incentrati su singole tipologie di prodotti) e della moderna idea di shopping. A plasmarla fu l’imprenditore francese Aristide Boucicaut, genio del marketing che nel 1852 aprì a Parigi Le Bon Marché, un grande magazzino i cui spazi, caratterizzati da grandi vetrine, erano allestiti con estrema cura. Ancora a Parigi, spopolarono dal 1912 le raffinate Galeries Lafayette Haussmann, situate in un edificio in stile Art Nouveau sormontato da una grande cupola in vetro. A Londra si erano intanto affermati i celebri magazzini Harrods e a Milano La Rinascente. In Italia, inoltre, avevano iniziato a diffondersi le gallerie commerciali, ennesima tipologia di spazio architettonico cittadino deputato a ospitare negozi e punti di ristorazione, perfetto per rilassanti passeggiate. La più famosa divenne l’elegante Galleria Vittorio Emanuele II, inaugurata sempre a Milano nel 1877 e apprezzata a livello mondiale, tanto che ispirò nel 1890 la Cleveland Arcade, galleria sorta nell’omonima città statunitense (in Ohio). Dopodiché, ancora negli Usa, aprirono i battenti i primi centri attrezzati con vasti parcheggi per le auto, il cui uso iniziava a crescere. Apripista fu il Country Club Plaza, inaugurato nel 1922 a Kansas City, Missouri, strutturato in 18 palazzine intervallate da spazi esterni. Infine, nel 1956, fu il turno del Southdale Center di Victor Gruen, concentrato al contrario in un unico edificio il cui spazio era dedicato sì al consumo di beni, ma anche alla socializzazione. Seppure all’esterno esso appariva come un grande e periferico capannone, l’architettura interna, pensata per ospitare più di 70 negozi, era infatti ispirata a quelle delle piazze europee, con tanto di fontane, panchine e angoli verdi.

Boom e nuove prospettive

Dopo l’iniziativa di Gruen, negli Usa spuntarono molti nuovi centri commerciali (o “shopping mall”) sempre più grandi e attrattivi. In parallelo, la loro diffusione aumentò anche in Europa, alimentando tuttavia varie critiche basate sul concetto di “non luogo” (termine coniato nel 1992 dall’antropologo francese Marc Augè), riferito al loro essere spersonalizzanti dal punto di vista architettonico e forieri di una socialità basata sul consumo e non sull’esigenza di relazionarsi. Per ovviare a ciò, soprattutto con l’arrivo del terzo millennio, si è tentato di introdurre nuovi spazi aggregativi e di puntare su una serie di servizi accessori allo shopping, proponendo i centri commerciali sempre più come “luogo d’incontro” (in primis nelle aree urbane che ne difettano). In quest’ottica, la versione più ricca di offerte – nonché la più grande al mondo – è il Dubai Mall, negli Emirati Arabi Uniti, al cui interno vi sono circa 1.200 negozi e molteplici attrazioni, il tutto su una superficie equivalente a 50 campi da calcio. Tra i molti record di tale centro commerciale, uno riguarda la presenza di un enorme acqua
rio, che offre ai visitatori incredibili visioni sottomarine. Attrazioni a parte, per il futuro sono allo studio architetture sempre più ecocompatibili, con aree verdi attrezzate per lo sport o le semplici passeggiate. Peraltro, la pandemia di Covid-19 ha affossato le sorti di molti shopping center, decretando il definitivo boom del commercio online, e così, in prospettiva, c’è chi prevede un ritorno al passato, immaginando una ripresa dei negozi “vecchia maniera”, in grado di offrire un’unicità dell’ambiente e un rapporto più genuino con il cliente.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]