[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

173 / MAGGIO 2022 (CCIV)


moderna

CATERINA DE‘ MEDICI

UNA REGINA DALLO SPIRITO MACHIAVELLICO

di Francesca Giordano

 

«Che si sia servita dell’astuzia, che la si colga spesso in colpa flagrante di mala fede è accertato, ma la cosa importante è che abbia posto quel machiavellismo fiorentino al servizio della Francia e non della sua ambizione personale».

 

È il 13 aprile 1519 quando a Firenze nasce Caterina de’ Medici, figlia di Lorenzo de’ Medici e Madelaine de la Tour d’Auvergne. Rimasta subito orfana di padre, viene trasferita a Roma su ordine del Papa Leone X, suo zio, e viene allevata dalla nonna Alfonsina Orsini.

 

Subito individuata come una pedina nello scacchiere nazionale e internazionale, avrà un’infanzia difficile, rimasta vittima del sacco di Roma del 1527, quando non riesce a scappare dall’Urbe, perché’ trattenuta come ostaggio, a differenza dei suoi cugini Ippolito e Alessandro. Viene spedita dai rivoltosi nel convento di Santissima Annunziata delle Murate da cui verrà poi spostata per essere mandata in uno meno filomediceo, quello di Santa Lucia.

 

Durante la sua permanenza in questi conventi, fuori le mura i grandi della politica cercano di trovare un accordo per porre fine ai disastri che inondavano la penisola: Clemente VII stringe un accordo con Carlo V, lo nominerà imperatore e re d’Italia, Carlo V si impegnerà per restituire la città fiorentina ai Medici, liberandola dai ribelli.

 

Nel frattempo, comincia il tragico ‘assedio di Firenze’, che durerà dal 14 ottobre 1529 fino all’agosto successivo, e si viene a conoscenza del patto fatto tra il pontefice e l’imperatore, che scatenerà l’ira dei più estremisti che vorranno far pagare a Caterina le colpe dello zio. Alla fine, uscirà illesa dal convento, in quanto Firenze si arrenderà agli assalitori e Alessandro de Medici diventerà signore della città, ma l’odio subito in quei mesi lo ricorderà per sempre.

 

Ad acque calmate, i tutori di Caterina possono cominciare a pensare all’ipotetico consorte, e stabilitisi i rapporti con la Francia, Clemente VII accetta la proposta di Francesco I di Valois, Re di Francia, che aveva suggerito come partito suo figlio, il secondogenito Enrico. Il 23 ottobre 1533 la piccola fiorentina giunge a Marsiglia, per arrivare poi a Parigi, dove conosce il suo futuro sposo, con cui convolerà a nozze il 28 dello stesso mese.

 

Qui si renderà conto di non essere così amata dai francesi e che non potrà fare troppo affidamento sulle promesse dello zio, che nel 1534 morirà, costringendo Caterina a cavarsela completamente da sola, e a sviluppare quella freddezza e quel genio politico che la caratterizzeranno tanto da giungere fino a noi. Amata da suo suocero, Francesco I, sarà uno dei pochi, insieme a Margherita di Navarra, sorella del re, a rendersi conto della sua intelligenza, della sua capacità di osservazione, che le tornerà utile nel momento in cui si troverà a regnare, e della sua obbedienza, che il re definirà il suo punto di forza.

 

La permanenza francese prenderà tutta un’altra piega quando il 10 agosto 1536 il delfino di Francia, Francesco di Valois muore avvelenato, e lei ed Enrico, per successione dinastica, diventano i prossimi eredi al trono. Impaurita dal fatto che non abbia ancora concepito un’erede, questa situazione la metterà ancora più in uno stato d’ansia, sapendo che sono i figli che conferiscono poteri alle regine e le assicurano sul trono, ricorrendo ai più svariati medicinali pur di rimanere incinta, e dopo dieci anni di sterilità arriva il primo figlio, maschio, Francesco. Dopo di lui ce ne saranno altri nove, Elisabetta, Claudia, Luigi, Carlo, Edoardo Alessandro, futuro Enrico III, Margherita, ed Ercole, poi chiamato Francesco, e due gemelline, subito scomparse. Solo tre di loro diventeranno Re di Francia: Francesco, Luigi ed Enrico, guidati sempre nel loro operato dalla Regina Madre.

 

Nel 1547 Francesco I muore e diventano sovrani Enrico e Caterina. Una volta regina, la Duchessina non cambia atteggiamento, sempre imperscrutabile, indecifrabile e impermeabile, non si prende rivincite né si vendica, sopporta, anche se a volte con fatica, di essere la seconda nel cuore del re, perché’ il primo posto è sempre stato della duchessa del Valentinois, Diane de Poitiers, la sua favorita. Nonostante sia diventata regina il suo potere politico è pari a zero si può dire, ma si impegnò a chiamare a corte un gran numero di italiani, soprattutto fiorentini, nei più svariati campi.

 

Dal 1552 viene nominata reggente poiché il marito è impegnato nelle guerre d’Italia, combattute tra la Francia e la Spagna per il possesso dei territori italiani. Una delle battaglie più importanti fu quella del 10 agosto 1557, combattuta in Piccardia presso la roccaforte di San Quintino che sbarrava all’esercito spagnolo la via di penetrazione più rapida verso Parigi, Filippo II d’Asburgo, re di Spagna, succeduto al padre Carlo V da cui ha ereditato la determinazione a distruggere la Francia, pone Emanuele Filiberto di Savoia come guida dell’esercito.

 

L’esercito francese risponde guidata da Montmorency e guida l’esercito a San Quintino, avamposto che non offre nessuna difesa naturale o artificiale. Questo grande errore di valutazione del generale determinerà la sconfitta della Francia nella battaglia. Si contano uccisi ottomila uomini e fatti prigionieri settemila, tra cui Montmorency. Parigi cade nella disperazione e l’invasione spagnola è molto facile e probabile, ciò che bisogna assolutamente fare è trovare denaro e armare un esercito.

 

Ecco qui che la fiorentina mette in atto per la prima volta la sua grande abilità politica, e accompagnata dalla cognata Margherita e da grandi dame si reca all’Hotel de Ville e supplica davanti ai grandi uomini francesi di concedere al re aiuti economici. Abile e persuasiva riesce nel suo intento e convince i ricchi borghesi a cedere il denaro. Enrico mette così in piedi un esercito di diecimila uomini, guidati da Francesco di Lorena duca de Guise, che invece di precipitarsi da Filippo II e invadere i Paesi Bassi, pone l’assedio a Calais, roccaforte in mano agli inglesi, dalla guerra dei Cent’anni, alleati degli spagnoli, e riesce a riconquistarla. La Francia riesce così a prendersi la rivincita, in cui Caterina ha avuto un ruolo fondamentale, prima ma non ultima volta in cui mostrerà abilmente il suo genio politico, agendo sempre dietro le quinte.

 

Con quest’ultima rivincita Enrico II comincia a pensare che forse è giunto il momento di rinunciare al grande sogno italiano e mettere fine alle lunghe guerre d’Italia che per sessant’anni hanno visto scontrarsi due grandi imperi, e così nel 1559 con la pace di Cateau-Cambrésis si pone fine allo scontro e si determinano le sfere di influenza dei rispettivi paesi, a Enrico II rimangono Calais, i tre vescovati di Metz, Toul e Verdun, e il marchesato di Saluzzo, restituisce Nizza, la Savoia, la Corsica e il Piemonte, abbandona le pretese su Firenze e Urbino, che gli spetterebbero dall’eredità di Caterina. Questo sarà poi motivo di attrito tra i due, in quanto Caterina, venuta a sapere del trattato si dispererà dovendo abbandonare i suoi diritti di rivendicazione su Firenze, città da lei tanto amata, e farà di tutto per convincere il re a non accettare alle condizioni proposte dalla pace, da lei considerate poco onorevoli.

 

Con lei si schierano anche i Guise non d’accordo con l’abbandonare così tanti territori in mano agli spagnoli, ma il re, seppur forse con qualche dubbio, si convince a firmare l’accordo, probabilmente per ragioni religiose stabilite nell’accordo. Durante i festeggiamenti per il trattato di pace, il 30 giugno, Enrico II rimane ferito durante un duello, una spada gli trapassa l’occhio arrivando fino al cervello, incidente profetizzato già da Nostradamus, medico-veggente della corte, fidato di Caterina. Ferita mortale che lo vedrà spirare il 10 luglio dello stesso anno, portando via a Caterina sia il suo grande amore sia la sua posizione di regina. I sovrani, infatti, diventano Francesco II di Valois e Maria Stuart, nuora tanto odiata da Caterina, ma non regneranno per molto tempo, in quanto Francesco II è molto cagionevole e a dicembre del 1560 la morte si porta via anche lui.

 

La regina madre manda via Maria Stuart, che ritornerà in Scozia, e può finalmente cominciare a prendere in mano le redini del potere, come dirà Simone Bertiere, "Si credeva che la sua ora fosse passata, in realtà il suo regno cominciava". Essendo l’erede al trono Carlo, che diventerà Carlo IX, ancora troppo piccolo per governare in autonomia, con abile maestria il 20 dicembre 1560, riesce a farsi nominare dal Consiglio privato governante di Francia, ruolo che le permetterà finalmente di mostrare le sue abilità politiche, rivelare la sua statura, mostrando quello spirito machiavellistico che porta dentro di sé.

 

Piena di astuzia, avendo osservato gli operati del suocero, essendo cresciuta in due corti che le hanno fatto da scuola, quella medicea e quella papale, ora che è al potere sa come deve agire, soprattutto per placare quei disordini che vengono dai conflitti tra ugonotti e cattolici, che sfoceranno poi in otto guerre di religione che dureranno dal 1562 al 1598. Sa bene che da conflitti religiosi possono nascere conflitti civili, che metterebbero a rischio il potere dei suoi figli, considerata laica, se non addirittura atea da molti pensatori, non comprende il motivo di quei disordini, ma sa che possono mettere in pericolo la stabilità dello stato e si impegna nel proporre una forma di laicità. Motivo per cui nel 1562 emana l’editto di Saint-Germain, che concede svariate libertà agli ugonotti, tanto che verrà chiamato anche editto della tolleranza.

 

Se Machiavelli fosse vissuto così a lungo, avrebbe probabilmente apprezzato questa mossa di Caterina. È intrisa di quella virtù politica, definita dall’autore del Principe, come una piena consonanza con i tempi, sa entrare in sintonia con il proprio momento e comprende bene che in quel periodo per la Francia, la cosa più importante è fare Stato, organizzarlo al meglio e fare di tutto affinché questi conflitti religiosi cessino il prima possibile. Ha una visione quasi lungimirante, perché proprio quell’editto di Saint-Germain, che nel suo tempo non viene capito, può essere considerato un’anticipazione di quello che sarà l’editto di Nantes, emanato nel 1598 da Enrico IV, a fine guerre di religione.

 

Proprio nel 1562 ci sarà la strage di Wassy, a cui poi seguirà un periodo di pace, e nel 1563 verrà firmato il trattato di Amboise con gli ugonotti. Nel frattempo, Carlo IX ha raggiunto l’età per governare ma lascerà alla madre, comunque, il ruolo di reggente. Durante il regno di Carlo IX, scandito da varie guerre di religione, la Medici organizza un tour per la Francia, comprendendo a pieno la vocazione itinerante delle corti dell’età moderna, che per farsi amare dal popolo, dovevano farsi conoscere. Riesce così a consolidare la pace nel reame, che però durerà molto poco, pronta a crollare al prossimo soffio di vento.

 

Siamo nel 1572, dopo varie guerre di religione che l’hanno vista oscillare tra le varie fazioni, prima tollerante nei confronti dei protestanti, poi intransigente cattolica, nella notte del 24 agosto, durante la festa di San Bartolomeo, ricordata dagli storici come una strage, evento che segnerà la reputazione di Caterina fino ai giorni nostri, che la ricorderà come la regina nera, spietata, malvagia, sempre pensata come l’artefice del delitto, anche se fino a oggi ancora non si sa certamente da chi fosse voluto. Qui, per l’occasione del matrimonio di Margherita di Valois con il protestante Enrico di Borbone, successivo Enrico IV, nel corso dei festeggiamenti a cui avevano partecipato svariati ugonotti, viene ordinata dal re Carlo IX, sotto consiglio della madre, l’uccisione dell’ammiraglio Coligny, che poi fallì, e di altri protestanti, ma la situazione degenera. Si stima che morirono tra le 20.000 e le 30.000 persone.

 

Molti storici sono convinti che sia il momento in cui la regina mostri veramente la sua crudeltà, e incarni tutta l’essenza del Principe, dotato di immoralismo, cosciente che la politica non può rimandare alle questioni morali, perché inevitabilmente queste porteranno alla sconfitta, c’è bisogno invece che questo sappia dosare quando essere buono e quando non essere buono, come fa Caterina, e sa bene che certe volte, per essere un buon governante, bisogna servirsi di qualità animali, come l’astuzia e la forza.

 

Accusata dagli storici di essere un’ “adepta del machiavellismo”, per il suo oscillare tra le diverse fazioni e creare disordine per rimanere al potere e governare, rappresenta a pieno il Principe, dotato di virtù e fortuna, che la regina tanto ha cercato di far conciliare durante tutta la sua vita, non tenuto a mantenere la sua parola se non gli conviene più, e disposto a fare di tutto per rimanere al potere, anche essere odiato, come succederà per Caterina, piena incarnazione della teoria della ragion di Stato, della realpolitik.

 

Abile regina, madre viscerale di figli non all’altezza della sua genialità morirà nel 1589, troppo presto per veder finire le guerre di religione, e godersi quella Francia che stava progredendo verso l’epoca del Grand Siècle, epoca di cui certamente lei ha messo le basi.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

A. Aubert, P. Simoncelli, Storia moderna, dalla formazione degli stati nazionali alle egemonie internazionali. Cacucci Editore, Bari 2015.

A. Necci, Caterina de’ Medici. Un’italiana alla conquista della Francia, Marsilio, Roma 2019.

B. Craveri, Amanti e Regine. Il potere delle donne, Adelphi , Milano 2005.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]