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[ISSN 1974-028X]


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N. 94 - Ottobre 2015 (CXXV)

CASTIGLIONE MESSER RAIMONDO

STORIA DI UN BORGO
di Giorgio Giannini

 

Castiglione Messer Raimondo si trova nella media Valle del Fino, su una collina alla confluenza del fiume Fino con il torrente Pretonico,a 265 metri sul livello mare. Chiude con Montefino (antica Montesecco) la media Valle del Fino, prima che il fiume si disperda nella pianura verso Pescara.

 

Il Comune ha una superficie di 30,84 Kmq e poco meno di 3.000 abitanti. Il Patrono è S. Donato Martire,che si festeggia l’8 agosto.

 

Lo Stemma comunale ha una torre, che è raffigurata con le ali (come nello Stemma di Penne) nella Sala Comunale e senza le ali (come nello Stemma di Bisenti) nella Chiesa Parrocchiale.

 

Il centro storico conserva la struttura medioevale, con vicoli stretti e scalinate. Anticamente vi erano numerose Contrade e quelle lungo la Statale 81 (Piceno-Aprutina) per Penne-Chieti hanno avuto un notevole sviluppo.

 

Il territorio della Valle del Fino è stato devastato da varie epidemie, la più grave delle quali fu la peste del 1656-57, in seguito alla quale sopravvisse solo un terzo degli abitanti. Il territorio ha subito anche le conseguenze di alcuni gravi terremoti, soprattutto nel Settecento (devastante fu quello del 1703).

 

In passato vi si svolgevano ben 12 fiere di merci e di bestiame, tutte scomparse tranne quella per la festa di S. Donato, che una volta durava tre giorni (dal 6 all’8 agosto).

 

Gli abitanti si chiamano Castiglionesi. È nota la loro rivalità con gli abitanti di Bisenti che li chiamano matti (li mìtte di Castiùne).

 

Origini del nome

 

Il nome deriva probabilmente dal diminutivo castellio-castellionis= piccolo castello del termine antico latino castellum= castello. La dizione Messer Raimondo compare in un documento del 1532 in riferimento a Raimondo Caldora, che ne è il Feudatario.

 

La denominazione dell’abitato ha avuto, nel corso del tempo, numerose varianti: nel Catalogo dei Baroni (Catalogus Baronum, detto anche quaternus magne expeditionis),compilato nel 1150-1186 sotto la dominazione normanna per registrare la leva straordinaria nelle Provincie di terraferma del Regno di Sicilia, è chiamato Castellionem.

 

Nel Diploma emanato da Carlo d’Angiò ad Alife il 5 ottobre 1273, per costituire i Giustizierati di Abruzzo Ulteriore e Citeriore (separati dal fiume Pescara), è chiamato Castellionum; nelle Decime Vaticane del 1324, è chiamato Castellione. Successivamente, è chiamato anche Castilioni, Castellionem, Castellioni, Castiglioni.

 

Notizie storiche

 

La zona è abitata sicuramente dalla preistoria, al quale periodo risalgono i raschiatoi e le punte di frecce in selce ritrovate nella Frazione S. Giorgio, a 554 metri sul l.m.

 

All’età del bronzo finale ed all’età del ferro (I millennio a.C.) risale una necropoli, in cui sono stati rinvenuti tre cuspidi di freccia, un coltellino in selce e vari materiali bronzei: la punta di una lancia, una fibula ed un’armilla.

 

Un’altra necropoli dell’età del ferro è rinvenuta nella Frazione Piane, con una tomba di un bambino del V secolo, con un ricco corredo, conservato nella Collezione Leopardi del Museo archeologico di Penne.

 

Una tomba femminile, risalente al VII secolo a. C., in cui ci sono due fibule in bronzo, con staffa a disco, è rinvenuta nel 1900 nella Frazione Appignano ed è citata in una relazione dell’archeologo Prof. Edoardo Brizio del 1902.Questo materiale è attualmente disperso.

 

Anche nella località Selva Grande, intorno al 1930, sono rinvenute delle tombe del periodo italico ben conservate, scavate nel tufo, con all’interno resti umani, con corredi di armi ed oggetti vari.

 

Nello stesso periodo è rinvenuto, nella Frazione S. Giorgio, il basamento (podium) in pietra di un Tempio italico del II secolo,costruito in legno e decorato con materiale fittile (terrecotte policrome, che rappresentano Artemide persiana, con leone e tridente, ed altre decorazioni della trabeazione) pervenutoci in parte e conservato nel Museo Archeologico di Chieti. Sono rinvenuti anche oggetti di bronzo ed alcune monete del periodo romano repubblicano. Il Tempio è stato ampiamente studiato ed è oggetto di una interessante pubblicazione a cura della Cassa di Risparmio di Teramo.

 

Sull’insediamento del Tempio italico è stata realizzata nel periodo romanico una chiesa, ora scomparsa, certamente un Monastero benedettino dato che è citata nel giugno 982, nel Chronicon Cassinensis (Cronaca dell’Abbazia di Montecassino) come possedimento dell’Abbazia di Montecassino, come chiesa di Sancti Georgii de Colline, nel Contado di Penne.

 

Nel periodo italico, Castiglione fa parte della Vestinia (territorio dei Vestini, di cui Pinna-Penne è il centro principale),separata dal fiume Fino dal territorio dei Sabini Adriatici (l’Ager Hadrianus) con capoluogo Hadria-Atri, dal fiume Pescara dai Marrucini (di cui Chieti era la città principale) e dal fiume Vomano dai Pretuzi (di cui Teramo era la città principale).

 

Castiglione si trova sulla strada romana che da Montorio al Vomano (l’antica Berega) proseguiva verso Penne (Pinna), e che era un diverticolo della Via Cecilia, che a sua volta si diramava dalla Via Salaria in località Ponte Buida (vicino a Monteleone Sabino, l’antica cittadina sabina di Trebula Mutuesca). Un altro diverticolo della Via Cecilia, da Villa S. Romualdo-Villa Bozza, si dirigeva verso Hadria-Atri.

 

Al tempo dei Romani il Fino,nel tratto inferiore, segna il confine tra la Regione (Regio) IV Sabina e Sannio e la Regione V Piceno. Successivamente, nel periodo longobardo,il fiume Fino,nel tratto inferiore, segna il confine tra il Ducato di Spoleto (a nord) ed il Ducato di Benevento (a sud). Castiglione fa parte della Contea di Penne, che, insieme alla Contea di Aprutio e di Ascoli, fa parte del Ducato di Spoleto.

 

Nel periodo altomedieovale (X-XI secolo) a Castiglione è stato costruito un Castello,il Castrum Castellionis, citato nel Chronicon Casauriense (Cronica dell’Abbazia di S. Clemente a Casauria), redatto da Giovanni di Berardo nel XII secolo,con gli altri due Castelli della zona: il Castrum Apignani ed il Castrum Sancti Georgi, costruiti probabilmente per difendersi dai Saraceni, che compivano frequenti scorrerie nella zona.

 

Il Castello di Castiglione probabilmente apparteneva al Monastero benedettino di S. Giorgio, ed aveva una notevole importanza militare dato che chiudeva la Valle del Fino insieme al Castello di Montesecco (Montefino), con il quale costituiva la Baronia di Montesecco, in possesso degli Acquaviva.

 

Il primo documento storico è del 1047, conservato nel Monastero di S. Giovani in Venere, secondo il quale il castellum Castilioni appartiene al Monastero benedettino di S. Giorgio. Nel 1065, Sassone,figlio del Longobardo Rainaldo, dona al Monastero di Picciano la sesta parte del Castello di Montesecco con varie pertinenze: alcuni castelli, tra i quali quello di S. Giorgio, oltre a chiese e molini.

 

Secondo il Catalogo dei Baroni (Catalogus Baronum), compilato negli anni 1150-1186, sotto la dominazione normanna, per registrare la leva straordinaria delle Province di terraferma del Regno di Sicilia, il castellum Castellionem è feudo di Galgano di Collepietro, figlio di Gualtiero, con due militi (circa 260 abitanti).

 

Nel 1193, l’abitato è devastato, come tutta la Contea (contado) di Penne,dalle truppe di Bertoldo di Koenigsburg, al servizio dell’Imperatore Enrico IV. Da quel momento la Contea di Penne diventa possesso del Sacro Romano Impero, anche se la giurisdizione è affidata al Vescovo di Penne, che è “Cappellano regio”.

 

Nel Diploma emanato da Carlo d’Angiò ad Alife il 5 ottobre 1273, per costituire i Giustizierati di Abruzzo Ulteriore(con Capoluogo Teramo) e Citeriore (con Capoluogo Chieti), separati dal fiume Pescara, l’abitato è chiamato Castellionum Domini Raonis (Castello di Messer Raone o Ragone) e fa parte del Contea di Penne, nell’Abruzzo Ulteriore. Il 9 ottobre 1320, a Napoli, i Maestri Razionali della Regia Corte, stabiliscono l’importo della sovvenzione annua di Castellionum in 14 once e 16 grani.

 

Nelle Decime Vaticane del 26 gennaio 1324, i chierici di Castellione versano alla Camera Apostolica del Vaticano la decima annua di 21 tarì.

 

Nel 1418, il Castrum Castellionis è acquistato, per 2.300 ducati veneziani d’oro,con un atto riportato nel Salconio, dalla Città (Civita) di Penne, che acquista, con un altro atto, anche il Castrum Appiniani e quello di Villa Bozza.

 

Il 22 luglio 1446, Alfonso d’Aragona, a Gaeta, concede a Giosia Acquaviva, Conte di S. Flaviano, figlio di Andrea Matteo I e quinto Duca di Atri,i feudi posseduti dai suoi avi, tra cui Castiglionum. Il possesso degli Acquaviva è confermato da vari atti, tra i quali importante quello del 6 gennaio 1464 con cui gli Acquaviva sono investiti dell’Abruzzo Ultra(Ulteriore), con Atri e Teramo, diventato successivamente Regio Stato allodiale di Atri, cessando dalla servitù feudale.

 

Il 27 settembre 1462, a Lucera, il Re Ferrante I d’Aragona restituisce a Giulio Antonio Acquaviva,dopo averlo assolto dal reato di lesa maestà ed in conformità con l’accordo siglato con Giovanni Antonio Orsini, Principe di Taranto, i possedimenti del padre Giosia, tra i quali c’è Castiglioni. La restituzione è confermata dal Re il 6 gennaio 1464 da Monopoli.

 

Nel 1468-69, Castellioni de Messer Rago (il feudatario del tempo) versa 8 ducati per il pagamento del mezzo tomolo di sale di ottobre 1468, 80 ducati per il terzo tomolo di Natale 1468, di Pasqua 1468 e di Agosto 1469 ed infine 18 ducati per il tomolo di sale straordinario di giugno 1469.

 

Il 15 maggio 1481, a Matera, Ferdinando d’Aragona conferma il possesso della terra (territorio) di Castellioni a Andrea Matteo III,figlio primogenito di Giulio Antonio, Marchese di Bitonto,Conte di Conversano e di S. Flaviano e settimo Duca di Atri.

 

Il 15 marzo 1495,nel Palazzo reale di Castel Capuano a Napoli, il Re Carlo VIII di Valois conferma ad Andrea Matteo III d’Acquaviva il possesso del Castello di Castiglioni. Nel maggio 1502,il Re Luigi XII di Valois-Orleans conferma il possesso suddetto.

 

Il 20 novembre 1506, nel Palazzo regio di Castelnuovo a Napoli, il Re Ferdinando d’Aragona (il Cattolico) restituisce a Matteo Andrea III i suoi feudi, in seguito agli accordi della Pace di Blois con il Re Luigi XII di Valois-Orleans, secondo la quale i nobili che avevano parteggiato contro di lui dovevano essere reintegrati nei loro possedimenti.

 

Nel 1526, Castiglione adotta propri Statuti per regolamentare sia l’amministrazione pubblica che la vita quotidiana, i cosiddetti Capitoli Castiglionesi, giunti a noi nella versione della trascrizione notarile del 1759, scoperta nella Biblioteca del Senato della Repubblica, in cui è conservato come Manoscritto n. 519.

 

Nel 1532, Castiglione è in possesso di Raimondo Caldora, di cui ha preso il nome. Nel 1567, Castiglione ed Appignano sono donati dal Re delle Due Sicilie Filippo II al Barone Agostino Scorpioni,di Penne, Capitano dei Cavalleggeri Reali.

 

Il 29.1.1575, arriva a Castiglione, provenendo da Penne, il Domenicano Serafino Razzi. In quel periodo, il Feudatario è Gregorio Scorpioni. Il giorno seguente, fonda la Compagnia (Confraternita) del SS. Nome di Dio ed il giorno successivo rivitalizza la Confraternita del SS. Rosario.

 

Nell’ultimo decennio del XVI secolo, opera nella zona il capobrigante Marco Sciarra, capo di una banda con alcune centinaia di uomini (si dice addirittura 800), che si fa chiamare il Re della montagna. Il Consigliere Regio di Chieti, Carlo Gambacorta, muove contro di lui con un gran numero di soldati e di volontari e lo costringe a riparare nello Stato Pontificio, dove però è ricercato anche dalla Polizia locale, dato che il Papa Sisto V combatte il brigantaggio. Così, Sciarra è costretto a rientrare nel Regno di Napoli.

 

Nel 1621, una grave carestia colpisce tutta la regione pennese, provocando la morte di migliaia di persone, per la fame e le malattie. Nel 1627, si verifica un forte terremoto, che causa molte vittime. Nel 1656-57, si diffonde la peste, che causa la morte di oltre un terzo della popolazione. Nel 1669, ha la portolania di Castiglione Tito di Leone.

 

Il Settecento inizia con il disastroso terremoto del 1703, che è devastante. Nel 1713, il territorio è colpito da una grave carestia. Nel 1760,dopo l’estinzione della Casata degli Acquaviva, non avendo la Duchessa Isabella Acquaviva eredi, lo Stato di Atri, di cui fa parte Castiglione,è devoluto al Regno di Napoli.

 

Nel 1760, Governatore del Distretto di Castiglione e di Montesecco (Montefino) è Gaspare Antonio Perazza di Città S. Angelo.

 

Nel 1774, c’è di nuovo la carestia in conseguenza di un cattivo raccolto. Nel 1795, Castiglione è terra regia allodiale, dello Stato di Atri, con oltre 2.000 abitanti.

 

Nel 1798, è in possesso della baronessa Maddalena Castiglione (un casato pennese). Nel 1798, arrivano i Francesi, portatori degli ideali della Rivoluzione, i quali piantano in tutte le città e paesi l’Albero della Libertà. Però,la popolazione abruzzese, come quella del resto del Meridione, è tenacemente attaccata ai valori tradizionali cattolici ed alla dinastia dei Borboni, per cui ben presto si ribella all’occupazione francese, che peraltro ha già dato origine alla diffusione del fenomeno del brigantaggio,soprattutto per sottrarsi agli obblighi della leva militare.

 

Nel 1807 e nel 1810, Castiglione è saccheggiato dalla banda dei briganti guidata dai fratelli Matteo e Venanzio Sciabolone. La repressione del brigantaggio da parte dei Francesi è molto dura: i briganti catturati sono condannati a morte, mediante impiccagione, ed il loro corpi sono lasciati appesi agli alberi per alcuni giorni, come monito per la popolazione.

 

Nell’Ottocento, anche in seguito all’arrivo dei Francesi, si diffonde in Abruzzo la Carboneria, che è particolarmente attiva a Castiglione,dove c’è la “vendita” denominata Auspici della Fortuna, di cui è Gran Maestro l’agrimensore Domenicantonio Toro. Della “vendita fanno parte anche il Medico Condotto Serafino Giuliani e suo fratello Vincenzo, Domenico Luciani, Nicola Moschetta (Tenente delle Guardie Provinciali), Pietro Giovanni Piccirilli, Domenico Simoni (Capitano delle Guardie Provinciali), Francesco Simoni, Don Michele De Paulis (Vicecurato della Parrocchia), i Frati Alberto Manna e Martino Luciani ( entrambi ottuagenari). Toro ne diventa il Gran Maestro, con una solenne cerimonia religiosa celebrata nella Chiesa Parrocchiale di S. Rocco dal Vicecurato Michele De Paulis.

 

Nel 1814, Toro diventa uno dei Capi dell’insurrezione “anti murattiana” (contro Gioacchino Murat, nominato da Napoleone Re di Napoli), dato che i Francesi hanno tradito gli ideali di libertà,uguaglianza e fratellanza portati nel 1798. Toro,fallita la sollevazione antimurattiana, è catturato e rinchiuso nel carcere del Coccodrillo,nel Castello de L’Aquila. Condannato a morte, la moglie Maria Nicola Ruscitti, riesce a salvarlo, pagando un forte riscatto. È liberato nel 1815, dopo la restaurazione borbonica, e continua la suo impegno politico per la democrazia e la libertà, partecipando ai moti del 1820, del 1837 e del 1848. Muore a 93 anni, il 12 febbraio 1865.

 

Dopo la restaurazione borbonica, vari Castiglionesi partecipano ai moti democratici del 1820, del 1837e del 1848.

 

Nel 1833, è aggregata a Castiglione l’Università (Comune) di Appignano, che negli anni precedenti era stato aggregato al Comune di Bisenti.

 

Dopo l’unione al Regno d’Italia, continua la protesta filoborbonica della popolazione locale (come anche di altre regioni del Sud), tanto che il Governatore di Teramo è costretto a chiedere l’intervento delle truppe.

 

Nel 1927, con la costituzione della Provincia di Pescara, Castiglione, pur facendo parte del Circondario di Penne, che è aggregato alla nuova Provincia, rimane con la Provincia di Teramo (che è il Capoluogo dell’Abruzzo Ulteriore Secondo).

 

L’8 giugno 1923, è inaugurata solennemente la Scuola elementare intitolata all’eroe dell’Insurrezione antimurattiana del 1814, Domenicantonio Toro.

 

Durante la seconda guerra mondiale,nella notte tra il 12 ed il 13 giugno 1944, la scuola è incendiata dai tedeschi in ritirata.

 

Nel dopoguerra, in seguito al fenomeno dell’immigrazione (sia verso l’estero-soprattutto il Belgio e la Germania – che verso la costa pescarese), Castiglione ha subito, come gli altri paesi della Valle del Fino, un notevole spopolamento, tanto che la popolazione si è ridotta, in mezzo secolo, alla metà. Infatti, nel 1951 aveva 4.213 abitanti, 3.534 nel 1961 e circa 2.600 nell’ultimo censimento generale del 2001.

 

Nel 1956 viene fondata la Cassa Rurale ed Artigiana di Castiglione Messer Raimondo, che nel 1996 diventa Banca di Credito Cooperativo di Castiglione Messer Raimondo e di Pianella.

 

Le chiese

 

La Chiesa Parrocchiale di S. Nicola di Bari Vescovo,che si erge nella parte più elevata della collina, dove anticamente sorgeva il Castello. È un grande edificio, costruito in laterizio tra la seconda metà del XVIII secolo e l’inizio del XIX secolo. I lavori durarono quasi un secolo. Sono iniziati nel 1780 e si sono conclusi nel 1867. La facciata è coronata da un timpano semicircolare sorretto da semicolonne, con lesene e cornici ai lati. Vi si accede da un’ampia scalinata a doppia rampa.

 

L’interno è a croce latina con una grande cupola e l’abside semicircolare. Conserva un busto in legno di S. Nicola. Conserva anche le spoglie di S. Donato Martire,prelevate dalle Catacombe di S. Ciriaca, sulla Via Tiburtina a Roma, e portate a Castiglione il 22 luglio 1843, accolte con grande solennità dalla popolazione. Per il notevole afflusso di pellegrini, la Chiesa è stata elevata a Santuario di S. Donato, che è il più importante dell’Abruzzo dopo quello di S. Gabriele ad Isola del Gran Sasso.

 

L’altare di S. Donato è stato realizzato dall’artista pennese Angelo De Vico e presenta un’iscrizione che ricorda il sacrificio fatto dai fedeli per la raccolta dei fondi per la costruzione della Chiesa che durarono molti anni.

 

In una Cappella laterale, è conservato il corpo di S. Donato Martire. Vicino c’è un affresco del pittore marchigiano Sigismondo Martini, allora Direttore della Scuola d’Arte di Penne,che raffigura il soldato Donato che ha la visione della Croce. L’affresco è stato restaurato dal pittore pennese Paolo Bellante.

 

Nella chiesa ci sono otto altari e alcuni quadri interessanti tra cui una Pietà (Deposizione di Gesù dalla croce) e l’Annunciazione (o Annunziata),entrambe di autore ignoto. Ci sono inoltre due quadri moderni, opere della pittrice Carlotta De Colli, che rappresentano S. Vincenzo Ferreri e la Vergine del Rosario di Pompei.

 

Ci sono varie statue in legno: S. Donato, S. Vincenzo, S. Nicola di Bari (reliquario a mezzo busto) e l’Addolorata.

 

Tra gli arredi, c’è una croce processionale in argento e rame dorato, del Quattrocento di scuola sulmonese, che raffigura nel lato anteriore Cristo crocifisso con alla sua destra la Vergine Maria e alla sinistra S. Giovanni.Nel lato posteriore, c’è al centro il Redentore seduto ed alle estremità superiori tre figure,anch’esse sedute, e nella estremità inferiore una figura a mezzo busto. Queste quattro figure probabilmente rappresentano i quattro Evangelisti. È simile alla croce conservata nella Chiesa di. Maria delle Grazie ad Atri. Vi è anche un organo a canne datato 1765.

 

Nel piano inferiore c’è la Cappella della Confraternita del SS. Rosario, in cui si conserva una tela seicentesca che raffigura l’Addolorata e S. Rocco ed una statua lignea, dipinta e dorata, di S. Rocco ed un’altra statua che raffigura S. Francesco di Paola. Vi è anche un quadro con S. Rocco e Santi (proveniente dall’antica Chiesa di S. Rocco), con S. Rocco che reca in mano il Castello di Castiglione.

 

La Chiesa di S. Donato, in località Piano della Fiera (attualmente vicino al Cimitero, lungo la strada statale 365). È stata edificata nel XV secolo e ristrutturata nel secolo seguente. È una chiesetta rurale ad una sola navata con capriate con mattoni (formelle) dipinte.

 

La facciata è molto semplice,con due finestrelle laterali all’ingresso. All’interno c’è un solo altare laterale, che risale al 1734, con sopra una tela settecentesca che raffigura la Vergine Maria con al lato i Vescovi S. Nicola (Patrono di Castiglione) e S. Biagio ed in basso S. Donato con un Angelo che regge un libro con la mezza luna. Presenta il sottopassaggio per l’entrata laterale, detta “del perdono”.

 

In origine, davanti, vi era un porticato che è stato abbattuto nel primo decennio del Novecento per allargare la Strada Statale 365.

 

La Chiesa di S. Lucia,del Settecento, molto piccola, ubicata in Via Cavour, nel centro storico, dalla facciata molto semplice. Vi si accede attraverso 5 gradini. Conserva un affresco con una rappresentazione insolita della Santa,che ha un atteggiamento molto fiero, con la mano sinistra sul fianco e con la destra che regge un nastro da cui pendono gli occhi. C’è anche un quadro ad olio che raffigura S. Lorenzo con S. Lucia alla sua destra, che riceve la palma da Gesù Bambino in braccio alla Madonna, dipinto in alto.

La Cappella di S. Antonio Abate, consacrata “alla Beata Vergine ed al Divo Antonio”, all’interno del Palazzo De Leone, nel Rione S. Antonio,nel centro storico. Non è officiata. In passato, due volte l’anno, nei mesi di maggio e di ottobre, vi si svolgeva un Triduo per la Madonna di Pompei, rappresentata in un quadro.

 

Il 17 gennaio, vi si festeggiava S. Antonio Abate, di cui ci sono due statue: una lignea, posta sull’altare ed un’altra vestita, per essere portata nelle processioni.

 

La Chiesa di S. Maria dello Spino, nella Contrada Borgo S. Maria, sulla strada per la Frazione S. Giorgio. È l’antica Chiesa del Monastero benedettino di S. Maria di Loquiano (o Lucuiano o Lucusano), già possesso del Monastero di S. Giovanni in Venere, ristrutturata ne secoli XIII-XIV. Del Monastero rimaneva, fino all’inizio degli anni sessanta del Novecento, una Torre diroccata (detta lu torriijune).

 

Probabilmente è stata costruita sui resti di un tempio dedicato alla Dea Diana Efesina che potrebbe essere quello rinvenuto a S. Giorgio,dato che le antefisse di terracotta colorata raffigurano Diana-Artemide. Forse sorgeva vicino ad un Lucus Dianae (bosco sacro a Diana) da cui è derivato il nome Lucuiano o Lucusano.

 

La facciata è semplice, con un portale con arco a sesto acuto, ed il campanile è sulla destra.

 

All’interno c’è un capitello in marmo bianco, del VI secolo, ed una lastra di pietra bianca,utilizzata come altare (che probabilmente appartenevano ad una vicina villa romana e poi sono state utilizzate per la costruzione dell’antico Monastero benedettino) ed una acquasantiera rinascimentale, con scolpito sul fondo un vitellino a rilievo, interpretato come il simbolo dell’Evangelista Marco.

 

Sull’altare c’è un quadro che rappresenta in alto La Madonna con il Bambino, tra due Angeli, ed in basso S. Michele con la spada sguainata contro il diavolo e S. Giuseppe che prega rivolto verso la Madonna.

 

A fianco dell’altare, c’è una statua della Madonna, opera di un artista di Penne, che poggia su una grande pietra rettangolare (cm 130 x cm 70), che probabilmente era la pietra sacrificale dell’antico Tempio pagano sul quale è stata costruita la Chiesa.

 

Nella Sacrestia, c’è un altro altare formato da una grande lastra di pietra di marmo (cm 180 x cm 67) sorretta da due colonnine (cm 78) di stile diverso, ed un’altra lastra di pietra (cm 78 x cm 57), che si dice siano state portate dalla Schiavonia (Montenegro).

È anche detta la Madonna de la Vregnalète perché, secondo la leggenda, la Madonna apparve su un “mazzo di spine” (nu vregne de spine).

 

La Cappella della Madonna delle Grazie, all’entrata meridionale dell’abitato. Ha la forma di un’Edicola. Sull’altare c’è un quadro ad olio che raffigura Gesù Bambino, sorretto dalla Madonna che regge nella destra un giglio, che pianta una croce sulla Terra, raffigurata con un globo.

 

La Chiesa di S. Giovanni Bosco, realizzata nel secolo scorso nella Frazione Piane, lungo la Statale 81 Piceno-Aprutina. È la prima chiesa dedicata a don Bosco dopo la sua santificazione. È a una sola navata.

 

L’Edicola con la Madonnina del Grappa, nel Parco della rimembranza, realizzato in ricordo dei caduti delle guerre sotto il paese, in un tornante della statale 365.

 

Il giorno di Natale 1935, mentre si celebrava una messa, la figlia di Andrea Cretarola, di 5 anni, scappa dalle mani della madre ed attraversa la strada, dove sta transitando un’automobile. La bimba è travolta, ma rimane illesa e si grida al miracolo.

 

Le chiese scomparse

 

A Castiglione sorgevano le seguenti altre chiese, andate distrutte:

- La Chiesa di Sancti Georgii de Colline, realizzata nel periodo romanico sul sito del Tempio italico di S. Giorgio del II secolo, che certamente apparteneva ad un Monastero benedettino dato che è citata nel Chronicon Cassinensis del giugno 982, come possedimento dell’Abbazia di Montecassino.

 

- La Chiesa di S. Maria in Loquiano (o Lucuiano), nella Contrada Borgo S. Maria. È citata nella Bolla del 16 giugno 1176 del Papa Alessandro III all’Abate del Monastero di S. Giovanni in Venere.

 

Faceva parte del Monastero benedettino di S. Maria in Loquiano o di S. Bartolomeo, costruito nel VI secolo, gli ultimi resti del quale sono stati abbattuti negli anni 60.

 

Il nome della località Loquiano\Luquiano\Lucuiano, chiamata anche Lucusano in un documento del 1279, si ritiene sia derivato dal latino Locus Dianae, perchè vi era un Tempio dedicato a Diana, che potrebbe essere quello rinvenuto a S. Giorgio,dato che le antefisse di terracotta colorata raffigurano Diana-Artemide.

 

Attualmente è la Chiesa di S. Maria dello Spino:

 

- La Chiesa di S. Rocco, che era l’antica Chiesa Parrocchiale e sorgeva sulla Piazza. È stata dismessa al culto nel 1867, dopo l’inaugurazione della nuova Parrocchiale poi diventata Santuario di S. Donato. È stata utilizzata come sede della Confraternita del SS. Rosario, Sacro Monte dei Morti e SS. Nome di Gesù. Andata in rovina, è stata abbattuta. È stato eliminato anche il cimitero che era nelle sue vicinanze. Nell’area è stato costruito l’edificio scolastico, intestato a Domenicantonio Toro,Gran Maestro della “vendita” carbonara “Auspici della fortuna” ed eroe dell’insurrezione antimurattiana del 1814. La Confraternita è stata trasferita nella Cappella sottostante la Parrocchiale- Santuario di S. Donato.

 

- La Chiesa di S. Ippolito, nel centro storico. È stata abbattuta perché diruta e sul suo sito c’è ora una abitazione.

- La Chiesa di S. Giuseppe, sita nel Rione Giardino. È una chiesetta antica, ora adibita a magazzino.

- La Chiesa del SS. Salvatore, in Contrada Vorghe, dove la popolazione in passato si recava il martedì dopo la Pasqua.

 

I palazzi storici

 

Il Palazzo De Leone è stato costruito nel XVII secolo nel Rione S. Antonio, nel centro storico, dalla nobile famiglia De Leone, che aveva residenze anche ad Appignano ed a Penne. È attualmente di proprietà della famiglia Luciani. Ha vari ambienti affrescati.

 

Versa in precarie condizioni, anche per il recente terremoto del 6.4.2009. All’interno c’è la Cappella di S. Antonio Abate, consacrata “alla Beata Vergine ed al Divo Antonio”, che non è officiata.

 

Il Palazzo De Dominicis è stato costruito nel XVIII secolo,nel centro storico,vicino all’attuale sede del Comune, dalla famiglia de Dominicis, alla quale appartengono alcuni personaggi illustri di Castiglione. Attualmente appartiene ad un’altra famiglia.

 

Ha gli ambienti del primo piano affrescati con monocromie a soggetto agreste. Anche le stanze del piano superiore erano affrescate, ma le pitture sono state coperte perchè rovinate per le infiltrazioni di acqua piovana,quando il palazzo era in stato di abbandono.

 

Molto interessanti sono i vasti locali seminterrati, destinati a magazzini e stalle. Dalla terrazza, molto grande, si gode un bellissimo panorama del Gran Sasso.

 

Il Palazzo Gambacorta, del XVIII secolo, adiacente al Santuario di S. Donato. È sede del Museo di arte cinese, allestito dall’attuale proprietario, dott. Enrico Gambacorta che ha lavorato per molti anni nell’Ambasciata italiana in Cina.

 

Il Palazzo Candelori, costruito nel XIX secolo, nel centro storico, vicino al Santuario di S. Donato,dalla famiglia Candelori, alla quale appartengono alcuni personaggi illustri di Castiglione. Ha alcuni ambienti affrescati.

 

Il Palazzo Moschetta, costruito nel XVIII secolo dalla famiglia Moschetta, alla quale appartengono alcuni personaggi illustri di Castiglione. È attaccato al Santuario di S. Donato ed ha vari ambienti affrescati.

 

Fa parte delle Dimore storiche dell’Abruzzo. Ricordiamo anche i seguenti edifici pubblici, ora scomparsi:

- l’Asilo Infantile intitolato alla memoria della nobildonna Luigia Silvestri, in quanto il figlio (il Cav. Quirino Silvestri), aveva donato all’Ente Comunale di Assistenza ECA la notevole somma di 300.000 lire;

- la Scuola di Avviamento, intitolata alla memoria di Michele Candelori,medico Igienista, che aveva utilizzato le sorgenti del Vitello d’Oro nella Valle d’Angri.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Lamberto De Carolis, Luci e voci di Castiglione Messer Raimondo, Castiglione Messer Raimondo 1959

Donatangelo Lupinetti, Castiglione Messer Raimondo e il suo tesoro, Cattedra Berardiniana, L’Aquila 1963

Candido Greco, Liber Capitolorum Universitatis Terrae Castileonis Messer Raimundi con Cenni storici di Castiglione Messer Raimondo, Cassa Rurale ed Artigiana di Castiglione, Castiglione Messer Raimondo 1991.

Dalla Valle del Piomba alla Valle del basso Pescara.Dizionario topografico e storico,Vol. II, Edizioni Cassa di Risparmio di Teramo, Teramo 2001.



 

 

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