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N. 97 - Gennaio 2016 (CXXVIII)

Casa Ponchielli, prima e dopo

IL CAMBIAMENTO RADICALE DI una struttura

impoverita del PROPRIO patrimonio
di Claudia Antonella Pastorino

 

Prima... Quasi tutte le case natali dei Grandi vengono recuperate come case-museo, anche se nella maggior parte dei casi – o, meglio, sempre – la vita e la carriera dei loro protagonisti si è svolta e consolidata altrove.

 

Amilcare Ponchielli (1834–1886), che nella cerchia degli illustri cremonesi ben figura accanto a Monteverdi, Stradivari e, fra i cantanti lirici, Aldo Protti, Giuseppe Modesti, Mario Basiola e Guido Volpi, è presente a Cremona con il teatro a lui intitolato e una statua (classica posa in piedi) nei giardini pubblici di piazza Roma, dà il nome a quattro importanti bande in Italia (a Piacenza, Sanluri in provincia di Cagliari, Civitavecchia, Vedano Olona in provincia di Varese), mentre a Paderno Ponchielli (Cremona) occupa il suo spazio di memorie storiche tra le mura della casa natale. Acquistata dal Comune negli anni Sessanta con l’aiuto degli ultimi eredi del Maestro e di un istituto di credito, era nata prima come sala espositiva allestita in un angolo della sede comunale e non custodiva che pochi oggetti, finché dal 1986 è diventata un vero museo con un suo curatore, Sergio Noci, nume tutelare del patrimonio ivi conservato ed esposto.

 

Per capirci e tanto per dare l’idea, Noci non rappresenta il solito burocrate piazzato a casaccio dall’ente o istituzione di turno, ma, a chi s’intende qualcosa di Opera, dà subito l’impressione di un crociato o di un antico cavaliere postosi spontaneamente a guardia del Santo Graal, come tutti i cultori della musica e dell’arte che si rispettino. Non è soltanto il conservatore della casa-museo, ma un vero intenditore di Ponchielli e dell’opera dell’Ottocento, collezionista storico di carte e cimeli del Maestro che per l’ottanta per cento costituiscono il materiale museale in libretti, lettere, manoscritti, dischi e partiture a stampa. Tuttavia se ne mostra soddisfatto solo a metà, memore delle battaglie con gli enti lombardi, soprattutto la Regione, per sostenere a favore della Casa progetti di ampliamento o altre iniziative quasi sempre senza risultato. “Ci vorrebbe più attenzione da parte delle autorità per piccoli musei come il nostro – è l’amaro commento – Ci conoscono a livello internazionale, ma non abbiamo il sostegno che meritiamo, il museo è lasciato alla disponibilità di tempo del curatore”.

 

C’è da dire che Ponchielli a tutt’oggi rientra nel ricordo di pochi e, nel grande repertorio, è rimasta una sola opera, La Gioconda, melodramma in quattro atti su libretto di Arrigo Boito – firmatosi Tobia Gorrio - che trionfò alla Scala l’8 aprile 1876 e, in versione definitiva, il 12 febbraio 1880. Celeberrima a tutt’oggi la Danza delle Ore, il Ballabile del terzo atto, nei tempi Allegro brillante, Andante, Moderato, Andante e Allegro vivacissimo, descrizione delle ore dell’aurora, del giorno, della sera e della notte (inserita anche nel penultimo degli otto brani classici animati del famoso film Fantasia della Disney, 1940). Eppure, nonostante sia tuttora stabilmente in repertorio, La Gioconda non è sempre valorizzata come dovrebbe anche per colpa di una critica spesso ingenerosa. “Come musicista è stato abbandonato – prosegue il curatore – Eppure Ponchielli ha fatto da ponte tra il melodramma romantico e il Verismo. Ne La Gioconda vi sono molti spunti preparatori alla Giovane Scuola. Inoltre, scrisse tante opere rimaste oggi sconosciute, I Promessi Sposi, Il Figliuol Prodigo, I Lituani, Lina, Il parlatore eterno, La Savojarda, Roderico re dei Goti e l’ultima, Marion Delorme. Di un’altra, I Mori di Valenza, aveva finito di comporre tre atti e mezzo, ma rimase incompiuta per la morte prematura, a soli 51 anni, per broncopolmonite Venne ultimata postuma da Arturo Cadore”.

 

Mentre il Teatro Ponchielli possiede il pianoforte a coda avuto dagli eredi e altro materiale proveniente dalla raccolta Sonzogno, la casa-museo accoglie il grosso del patrimonio storico-artistico, come ci si può subito rendere conto osservando il materiale cartaceo custodito o anche solo leggendo la catalogazione delle musiche. Si resta effettivamente sbalorditi dalla messe di materiale prodotta dal Maestro nell’arco della sua breve vita: oltre alle opere teatrali – molte delle quali erano però regolarmente in repertorio fino ai primi decenni del secolo scorso - figurano cantate, balletti, musica sacra, da camera vocale e da camera strumentale, composizioni per pianoforte a due e quattro mani, per orchestra, per banda, con coro, più frammenti e abbozzi vari, nonché quattro composizioni di vario genere attribuitegli.

 

La casa conserva, come si fa di solito, la struttura abitativa dell’epoca, quando vi viveva la famiglia e vi era annessa la bottega di alimentari con osteria che essa possedeva (come Roncole Verdi, casa con bottega-osteria). In tre stanze al pianterreno e in altre tre di sopra sono distribuiti, in base alla cronologia della vita e della carriera, i cimeli, mentre saranno prossimamente inaugurate le due nuove sale dedicate una agli allievi del Maestro (non solo Puccini e Mascagni, ma Giovanni Tebaldini, Ettore Pozzoli, Marco Enrico Bossi), l’altra alla raccolta di tutto il materiale sparso donato da un mecenate padernese vissuto a Milano. Si tratta di Giulio Maianti, archivista alla Ricordi e imprenditore, finanziatore dell’acquisto di un fondo musicale presso la libreria antiquaria Gallini di Milano, fondo ricco di manoscritti importanti fra cui la partitura completa de Le due Gemelle, celebre balletto in un prologo e sei atti rappresentato con successo alla Scala il 4 febbraio 1873, e gli appunti per un’opera mai data, La Maschera: ecco alcune idee per riproporre in tempi moderni dei lavori che un interesse musicologico potrebbe indurre a riprendere.

 

Effettuando il giro della casa, in cui i cimeli si presentano molto ben posizionati con ordine e criterio storico-cronologico, si notano i primi scritti del piccolo Amilcare, composti a soli nove anni e dedicati a Stefano Jacini, della famiglia del conte Giovanni Battista Jacini alla quale il musicista dovette molto, più o meno come il giovane Verdi con il suocero Barezzi. Infatti gli Jacini, prendendo a cuore le sorti e il talento di un giovinetto nato per la musica, lo ospitarono più volte a Milano durante il periodo degli esami di ammissione al conservatorio e, nel loro palazzo di Casalbuttano, vicino Paderno, nel 1842 gli fecero dare lezioni settimanali di musica dall’organista Francesco Gorno, su un fortepiano su cui si esercitava la figliola del conte. E un fortepiano, compratogli dal padre mentre era ancora fresco di conservatorio, si ammira nelle prime sale, insieme a oggetti di famiglia e suoi personali, lettere, la partecipazione di nozze (1874) con il soprano Teresa Brambilla, onorificenze di ogni tipo, un quadro a microsfere di vetro realizzato dai vetrai di Murano e donato nel 1886 al Comune padernese per la celebrazione di Venezia fattane in La Gioconda (ambientata al tempo dei Dogi, nel secolo XVII). A quest’opera è dedicata un’intera sala, in cui si ammirano celebri incisioni discografiche in LP, due costumi di scena di Aldo Protti, grande Barnaba, una bacheca con commemorazioni filateliche, una locandina uscita in Brasile il 12 ottobre 1892, per ricordare la rappresentazione di una Gioconda quattrocento anni dopo la scoperta dell’America, in omaggio agli Italiani emigrati nel Paese sudamericano.

 

Troviamo ancora libretti delle prime rappresentazioni di sue opere, brani sparsi, spartiti di romanze da salotto, notturni, pezzi per organo, mentre Noci si accalora a spiegare, commentare, far ascoltare pagine vocali od orchestrali da titoli ormai fuori repertorio, comprese opere complete come I Promessi Sposi (Bongiovanni), Marion Delorme (Accord), I Lituani (in 33 giri per la MRF record, in CD, GB 2390/91-2, per la Bongiovanni), in attesa che escano, ancora per la Bongiovanni, Il Figliuol Prodigo e I Mori di Valenza dirette da Silvano Frontalini, altro cultore del Maestro. “Ponchielli è stato un musicista vero, un musicista completo – conclude – Pur avendo scritto tantissimo, è tra i nostri autori abbandonati dell’Ottocento. Sì a Wagner, Mozart, Bizet, ma non dimentichiamo i nostri grandi Italiani”.

 

Dopo... Così scrivevamo diverso tempo fa, in visita al Museo, accompagnata da un curatore di eccellenza come pochi. Da allora, Il Figliuol Prodigo e I Mori di Valenza sono stati pubblicati dalla Bongiovanni, per i Mori il curatore Noci ha collaborato con il direttore Frontalini fornendo il materiale e una decina di spartiti a stampa per canto e pianoforte, segnalandogli il Coro Lirico Ponchielli-Vertova di Cremona presente infatti nell’edizione uscita in prima incisione mondiale. Non è mai avvenuta, invece, l’inaugurazione delle due nuove sale – una sugli allievi del Maestro, l’altra sulla raccolta Maianti - anzi da poco più di un anno c’è stata ai vertici una virata improvvisa, dolorosa e, come nel Rigoletto, “tutto un sol giorno cangiare poté!”. Dopo ventotto anni di reggenza qualificata e di rilancio museale inaspettato, l’amministrazione comunale decide per un’altra conduzione e la struttura – così come l’avevamo vista e ammirata di persona – si svuota non solo di una figura professionale determinante, ma dei più importanti cimeli del patrimonio Ponchielli incrementati anche con acquisti effettuati a spese del curatore presso librai antiquari, mercatini specializzati e privati sia in Italia sia all’estero. Indignato per l’ingrata destituzione, l’ex responsabile si è portato via la sua collezione privata, concessa al museo solo temporaneamente a titolo gratuito, svuotando quindici bacheche su diciassette, schiodando dai muri trentacinque quadri a carattere musicale su quaranta e lasciando nella casa natale del musicista solo i reperti originali di quando la situazione museale era stata trovata, ancora in alto mare, nel 1986, prima del recupero totale seguito all’incarico di conservatore onorario.

 

Prima d’allora non c’era gran che da vedere, se non poche cose ammassate alla rinfusa in una stanza, alla cui sinistra (una foto lo documenta) si vedevano, appoggiati su una cassetta di plastica, alcuni giornali del 1886 riportanti la notizia della morte del Maestro a Milano, presso il cui Conservatorio insegnò Composizione; la prima targa apposta alla casa natale; la scrivania donata dai figli nel 1934 e qualche quadro. Al centro il pianoforte o spinetta a tavolo “carrè” dono del nipote Amilcare nel 1950, anno in cui fu abbinato il nome di Paderno (prima Paderno Ossolaro) a quello di Ponchielli con D.P.R. dell’8 settembre 1950 n. 899; a destra la madia, anch’essa dono degli eredi nel ‘34, alcuni quadri e un paio di targhe ricordo lasciate dalla banda “Amilcare Ponchielli” di Vedano Olona (Varese) e dalla Corale di Sesto San Giovanni (Milano) negli anni 1950-60. Un desolante passo indietro, dunque, che ripristina la scarsità di materiale allora presente e a cui oggi si aggiungono soltanto, tra le poche cose lasciate da Noci, l’opera completa I Mori di Valenza terminata dal M° Arturo Cadore ed ereditata dalla famiglia (essendo ancora in vigore i diritti d’autore, la cessione tra i Cadore e il curatore per conto del Comune è avvenuta con atto notarile), più due cimeli da lui recuperati dal Museo Civico di Cremona che li aveva solo in archivio, non esposti: un tamburello con sopra un rigo musicale tratto da La Gioconda e la firma autografa del Maestro; una medaglia in rame con i due punzoni per il conio (copia di quella in oro donata dai Padernesi nel 1876 in occasione del collaudo dell’organo del paese). Ora nel museo è rimasto ben poco, soprattutto come iter e valore musicale per spiegare l’arte, l’epoca e la vita di Ponchielli.

 

Il punto è proprio questo, vale a dire il percorso musicale-museale che, per quanto possa essere ricostruito tra pannelli e altri moderni supporti audiovisivi, non potrà più essere lo stesso di quello che abbiamo ammirato nella sua ricchezza non solo quantitativa od oggettistica, ma soprattutto ideale nel suo contesto: un patrimonio ben tenuto e ben curato, con tutto l’amore di cui solo un vero cultore è oggettivamente capace di garantire. Nonostante il Comune sia riuscito a ottenere il sequestro di soli diciassette reperti su 550 di proprietà del Noci, restituiti al museo ed anche esposti – la vertenza giudiziaria è in corso – la raccolta portata via potrebbe finire redistribuita in altre direzioni, purtroppo a rischio frammentazione poiché le istituzioni cremonesi di possibile destinazione sono diverse: il Teatro Ponchielli, la Scuola di Musicologia, il Museo del Violino e il Centro Studi Ponchielli. Per ora nessuna cessione è avvenuta, in quanto il proprietario vorrebbe che la raccolta fosse preferibilmente messa a disposizione di eventuali studiosi “senza problemi e difficoltà di consultazione”.

 

Non meno dolorosa l’ipotesi di restituire ai donatori quello che avevano affidato personalmente al conservatore, come il pianoforte a coda del marchese Araldi Erizzo di Milano su cui una sua trisavola, Donna Emilia Araldi, prendeva lezioni dal compositore, i manoscritti giovanili del Maestro di proprietà del conte Stefano Jacini, altri importanti documenti manoscritti degli amici di famiglia Maianti e il costume di scena di Barnaba (il perfido personaggio de La Gioconda) del celebre baritono cremonese Aldo Protti donato dalla moglie Masako. Già il Fondo Modesti, costituito dal consistente materiale musicale appartenuto al basso cremonese Giuseppe Modesti (1915-1998) e affidato dagli eredi all’ex curatore cui sono stati personalmente donati, anziché far parte dei cimeli del Museo – Noci non li ha più aggiunti dopo la revoca dell’incarico – ha preso un’altra strada, la Biblioteca della Facoltà di Musicologia: la consegna è già avvenuta in presenza di Valeria Carlotti, funzionaria della struttura, e del Prof. Pietro Zappalà della Scuola di Musicologia di Cremona (Dipartimento dell’Università di Pavia). Creatore tra l’altro del sito internet del Museo nel 1995, l’ex conservatore ha al suo attivo il supporto fattivamente dato a molti studenti per le loro tesi di laurea presso le università di Venezia, Milano, Napoli, Trieste, Parma, Pavia, Amburgo e perfino a un docente dell’università di Nantes, Walter Zidaric, entrato di ruolo con un lavoro inedito dal titolo “L’opera italiana nel XIX secolo: l’universo drammatico di Amilcare Ponchielli nel processo di formazione dell’identità nazionale italiana”. Alla parte accademica si unisce un’altra recente soddisfazione, quale la premiazione per l’impegno nella divulgazione dell’arte del Maestro cremonese nel corso della quarta edizione del Festival Amilcare Ponchielli (manifestazione organizzata dal Centro Studi Ponchielli di Cremona), presente la pronipote del compositore, Mariantonietta.

 

Il cambio della guardia avvenuto al Museo propone un rilancio sul piano culturale e turistico, con progetti didattici ed altre attività divulgative in collegamento con le realtà musicali cremonesi, quali il Teatro Ponchielli e il Museo del Violino, per uscire da una situazione di presunto “immobilismo”. Fatto sta che, dal momento in cui l’ex curatore - il cui incarico era stato sempre riconfermato per riconosciuta professionalità e in deroga alla legge regionale che prevede la laurea per questa specifica figura - si è ripreso il materiale di sua proprietà, si è stati costretti a tenere chiusa la struttura con tanto di cartello affisso, “per sistemazioni interne”, dal 29.11.2014 fino al 30.04.2015, dunque per ben cinque mesi. In realtà c’era ben poco da mostrare e le “nuove acquisizioni” riguardano i pezzi sequestrati; il museo doveva tenerli in custodia fino a sentenza definitiva (il contenzioso è in corso), invece sono stati esposti in mancanza d’altro. Eccoli:

Diploma del Conservatorio di Milano, anno scolastico 1851-52

Partecipazione nozze Amilcare Ponchielli/Teresina Brambilla

Manifestino per il ballo Le due Gemelle

Locandina de La Gioconda al Teatro dal Verme, in data 3.11.1900

Ritratto a stampa di Teresina Brambilla

Fotografia con firma autografa di Annibale Ponchielli, figlio del compositore

Domine Deus (per organo, manoscritto autografo del Maestro)

Domine Deus (a quattro voci, manoscritto autografo)

Il Martedi (per pianoforte, manoscritto autografo)

Otto spartiti semplici a stampa di romanze varie dall’opera La Gioconda

 

Ora ci auguriamo che, oltre le mura, sia rimasto nella Casa qualcosa per cui valga la pena ritornare, a parte i pochi cimeli del 1934 e del 1950 oltre alla manciata di reperti momentaneamente riavuti con il sequestro. Sappiamo di diversi quadri esposti di un pittore minore locale, non a tema musicale e usati per riempire le sale, confondendo un Museo dedicato a Ponchielli con una galleria d’arte. Triste comunque constatare che nel nostro Paese, ogni volta che sia messa in piedi una bella realtà culturale come questa – un organismo museale che era espressione di una intelligente sintesi tra pubblico e privato, sorretto da una competenza musicale che più ponchielliana non si può - debbano sempre entrarvi beghe politico-amministrative, questioni locali di gestione e altre personali vedute che, con l’Arte e il suo patrimonio, fanno letteralmente a pugni, per non dire a calci.



 

 

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