[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

161 / MAGGIO 2021 (CXCII)


filosofia & religione

DA CARTESIO AI MAESTRI DEL SOSPETTO

DIVERSI APPROCCI ALLA VERITÀ

di Raffaele Pisani

 

Con Cartesio si inaugura la filosofia moderna basata sul Cogito ergo sum, una visione antropocentrica che fa del soggetto umano criterio rigoroso di verità. Con la Scuola del sospetto di fine Ottocento non vengono demolite semplicemente alcune fondamentali idee da sostituirsi con altre che si ritengono più rispondenti a verità, ma si mette in discussione la stessa coscienza umana.

 

Il Discorso sul metodo di Cartesio, pubblicato nel 1637, inaugura il pensiero filosofico moderno; nell’intenzione dell’autore doveva essere un’opera completamente nuova, che nulla avrebbe dovuto utilizzare di quanto i precedenti pensatori avevano detto. La paragonava a una città costruita ex novo, bella e proporzionata, non come quelle che nate da un borgo antico sono poi cresciute in modo caotico.

 

Le discipline che a lungo aveva studiato le considera tutt’al più una forma di ginnastica mentale, della filosofia che veniva insegnata nelle università dice che «dà il mezzo di parlare con verosimiglianza di tutte le cose e di farsi ammirare dai meno dotti». Né la storia né le lingue né l’eloquenza né l’etica si salvano dal suo giudizio. È molto prudente nel parlare della teologia dicendo che le verità rivelate sono al di sopra della nostra intelligenza. La matematica lo affascina per la saldezza dei suoi principi ma si stupisce che venga perlopiù adoperata per scopi utilitaristici.

 

Il Metodo di cui tratta Cartesio serve «per ben condurre la propria ragione e cercare la verità nelle scienze» come è scritto nel titolo stesso, che peraltro si dilunga ancora. Ma se la verità non ce la può garantire il pensiero filosofico precedente, la si può raggiungere con l’applicazione delle quattro regole canoniche: evidenza, analisi, sintesi ed enumerazione completa. Se nelle cose semplici l’evidenza è immediata, in quelle complesse bisogna acquisirla con l’analisi e poi ricomporre il tutto. Quando i passaggi sono numerosi, non si può avere l’evidenza simultanea dell’insieme, quindi bisogna ripercorrere i singoli passaggi con la ricapitolazione.

 

Alla verità si arriva con l’esercizio del dubbio, diciamo normalmente che i sensi talvolta ci ingannano, o meglio, ci autoinganniamo quando diamo un giudizio affrettato basato su di essi; questo avviene soprattutto quando siamo turbati da sogni o allucinazioni, ma anche nella condizione di tranquillità il senso non può costituire fondamento del sapere scientifico. Il dubbio metodico diventa iperbolico quando ipotizziamo un genio ingannatore, génie trompeur, che ci induce all’errore anche sulle verità matematiche.

 

Questo dubbio radicale fa emergere la verità fondamentale dell’essere. Cogito ergo sum, se penso vuol dire che sono. Penso quindi sono pensiero, Cogito ergo sum (res cogitans). L’esistenza della materialità del mondo e della stessa corporeità umana potrà essere affermata da Cartesio quando avrà dimostrato l’esistenza di Dio, garante che alle nostre percezioni corrisponde la realtà. Se qualche volta noi sbagliamo nel giudicare ciò è dovuto all’indebita pressione della volontà sull’intelletto, appunto per questo la metodica razionale proposta fa da antidoto a queste debolezze umane.

 

Da tutto ciò ne discende una visione del mondo chiara, determinata misurabile in tutti i punti, l’aggettivo: cartesiano ha appunto questo significato. Il soggetto umano è capace di cogliere rigorosamente la realtà, come il punto di vista nella prospettiva pittorica che è individuale ma non arbitrario.

 

La scuola del sospetto con i tre maestri: Marx, Nietzsche e Freud mette in crisi la presente visione razionale del mondo. Non è che prima di questi tre nessuno avesse criticato la concezione cartesiana, Pascal lo fece mentre Cartesio era ancor vivo, anche i romantici sette-ottocenteschi non concordavano con questa visione razionalistica che costituiva per loro una sorta di prigione.

 

Paul Ricoeur con il suo saggio su Freud intitolato Della Interpretazione, 1965, accomuna i tre autori sopraccitati, molto diversi tra loro per tantissimi aspetti, per il fatto che mettono in discussione il fondamento stesso della coscienza.

 

Nel secondo capitolo del primo libro, al paragrafo intitolato: L’interpretazione come l’esercizio del sospetto, si esprime nei seguenti termini: «Il filosofo educato alla scuola di Cartesio sa che le cose sono dubbie, che non sono come appaiono; ma non dubita che la coscienza non sia così come appare a se stessa; in essa senso e coscienza del senso coincidono; di questo, dopo Marx, Nietzsche e Freud, noi dubitiamo. Dopo il dubbio sulla cosa, è la volta per noi del dubbio sulla coscienza».

 

Quella solida certezza della coscienza sulla quale si fondava il pensiero di Cartesio e del suo lungo seguito, è ora insidiata da un tarlo: non è detto che essa sia come appare, è necessario interpretarla a partire dalla sua genesi.

 

Marx parla di falsa coscienza o ideologia come frutto di rapporti sociali ingiusti, i valori della classe dominante vengono posti come naturali, eterni, validi universalmente. L’ideologia, lungi dall’essere una limpida visione del mondo, è invece rivestimento, mascheramento che nasconde la vera realtà. Sappiamo che Marx non si limita a denunciare il male ma è portato a elaborare un progetto grandioso per liberare l’umanità dall’ignoranza e dallo sfruttamento.

 

Per Nietzsche la verità, sia quella scientifica sia quella morale, è costituita sostanzialmente da bugie, da convenzioni derivanti da metafore che si è dimenticato essere tali. L’umanitarismo, il filantropismo, la democrazia nascondono motivazioni meschine, utilitaristiche. L’idea di un ordine razionale del mondo, che già i Greci antichi avevano elaborato e che con Hegel verrà a inglobare anche la storia umana, a giudizio di Nietzsche non è fondata. Può solo dare quella tranquillità che porta alla decadenza e all’esaurimento di ogni slancio leale e coraggioso.

 

Afferma Nietzsche su Verità e menzogna in senso extra morale: «… le verità sono illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria, sono metafore che si sono logorate e hanno perduto ogni forza sensibile, sono monete la cui immagine si è consumata e che vengono prese in considerazione soltanto come metallo, non come monete».

 

Quindi l’umanità mente in buona fede ma così va sempre più decadendo. Bisogna andare oltre, all’uomo è chiesto di superare se stesso, affrontare l’abisso del nichilismo e creare nuovi valori.

 

Il terzo maestro è Freud, il padre della psicoanalisi, disciplina di cui è difficile stabilire lo statuto epistemologico ma che comunque ha avuto un grande impatto su vari aspetti della cultura. Questa ci ha fatto capire che l’io, che reputavamo cosciente e libero di operare nelle proprie scelte, deve convivere con due compagni inquietanti: l’es e il super-io. Farli emergere con il metodo psicoanalitico potrà portare dopo un lungo percorso a un io, certamente ridimensionato, ma più maturo e cosciente.

 

Continuare il discorso filosofico alla luce di questi problemi impone nuove strade, si tratta di interpretare quei segni che permettano di ridefinire il sé della coscienza. Si constata che quello che prima appariva in un’immediata limpidezza ora si riconosce al termine di un lungo itinerario riflessivo che ha a che fare con l’altro, con molteplici alterità esterne ma anche con qualcosa di interiore: l’altro che trovo in me stesso.

 

L’ermeneutica di Ricoeur, definita da Jean Greisch more gallico demonstrata, presenta effettivamente dei caratteri propri che la distinguono da quelle di Dilthey, Heidegger e Gadamer. Un aspetto particolare del linguaggio, il mito-simbolo, è il modello del suo procedere. Non era partito da una riflessione epistemologica generale ma dal problema della volontà che si trova ad essere compromessa dall’esperienza del male, commesso o anche subito.

 

La via pare essere quella della narrazione dei miti nei quali possiamo cogliere quei simboli che hanno «un valore euristico, giacché conferiscono universalità, temporalità e portata ontologica alla comprensione di noi stessi». Il simbolo è un qualcosa che rimanda ad altro, in modo univoco nella logica formale, equivoco in quella trascendentale che è peculiare dell’ermeneutica. Ma coltivare l’equivocità porta a quel conflitto delle interpretazioni che rischia di vanificare ogni discorso. Afferma ancora Ricoeur nel libro sopraccitato: «Per il momento, la difficoltà in cui ci troviamo è grande: alla nostra perplessità ci si offre un rapporto a tre termini, una figura a tre vertici: la riflessione, l’interpretazione intesa come restaurazione del senso, l’interpretazione compresa come riduzione dell’illusione».

 

I miti non devono essere recepiti nell’immediatezza dell’ingenuità né eliminati tout court ma devono passare il vaglio delle scienze sociali e linguistiche per giungere a una consapevolezza matura. Il soggetto umano personale è imprescindibile per Ricoeur, il quale d’altra parte non si sottrae al confronto con dette scienze sociologiche che fanno riferimento a strutture e a soggetti metaindividuali.

La comprensione ermeneutica non si contrappone ma si integra con la spiegazione delle scienze linguistiche e umane in generale.

 

In un altro passaggio del suo lungo e fecondo percorso filosofico Ricoeur pone particolare attenzione sul testo come strumento di mediazione. La sua funzione si integra e va oltre quella del segno e del simbolo; risulta anche significativamente diversa dal discorso faccia a faccia.

 

La parola scritta produce una distanziazione tra l’autore e il suo testo, che viene ad assumere una certa autonomia; il fruitore da parte sua si confronta in primo luogo con un discorso solidificato che ha una vita indipendente rispetto l’autore, in qualche caso anche a dispetto dell’autore. Il fruitore può essere chiunque si approcci al testo, non è come nel dialogo nel quale perlopiù si sceglie con chi parlare.

 

La parola scritta funziona da mezzo che permette al fruitore di conoscere se stesso; «Comprendere è comprendersi davanti al testo», afferma Ricoeur in Dal testo all’azione. La metafora viva, che è anche il titolo di un’opera che costituisce un tutt’uno con la precedente appena menzionata, va ben oltre il significato ordinario della nota figura retorica. Viene definita piuttosto come «predicazione bizzarra, attribuzione impertinente»; è un evento testuale discorsivo capace di rifigurare la realtà e di scoprire le dimensioni ontologiche dell’esperienza umana. Rispetto la mera descrizione, è un’apertura verso una pluralità di possibilità.

 

La scrittura, la lettura e l’interpretazione così come le prospetta Ricoeur costituiscono un modello trasferibile anche nella prassi, anche l’azione infatti viene ad essere un’apertura di significato. Quanto questo possa essere valido lo si può osservare nelle grandi azioni storiche ma anche in quelle della semplice esperienza personale.

 

Con il suo procedere riflessivo che va dalla fenomenologia all’ermeneutica, dalla metafisica alla morale, Ricoeur ha congiunto linee filosofiche che di per se stesse avrebbero continuato a procedere ignorandosi, come atomi senza clinamen. Il suo spostarsi in America può significare proprio questo voler congiungere il mondo culturale continentale con quello anglo-americano.

 

Anche il pensiero cristiano apprezza il suo procedere ermeneutico dal quale la teologia biblica trova giovamento. Per quanto riguarda la teologia morale, l’attuale pontefice Papa Francesco ha manifestato, anche con riferimenti diretti, il suo apprezzamento per Ricoeur, soprattutto per ciò che riguarda la libertà e l’azione morale; ne sono testimonianza l’enciclica Laudato si’ del 2015 e l’esortazione apostolica Amoris Laetitia dell’anno successivo.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Francesca Brezzi, Introduzione a Ricoeur, Editori Laterza, Bari 2006.

Renato Cartesio, Discorso sul metodo, a cura di Gustavo Bontadini, Editrice La Scuola, Brescia 1983.

Paul Ricoeur, Dal testo all’azione. Saggi di ermeneutica, Jaca Book Milano 2020.

Paul Ricoeur, La metafora viva. Dalla retorica alla poetica: per un linguaggio di rivelazione, Jaca Book Milano 2020.

Paul Ricoeur, Della interpretazione, Saggio su Freud, Il Saggiatore, Milano 2002. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]