[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

197 / MAGGIO 2024 (CCXXVIII)


medievale

LE RADICI DELLA PRIMA EUROPA

SULLA SCIA DI CARLO MAGNO

di Titti Brunori Zezza

 

Nel gennaio dell'anno 814, vale a dire poco più di 1.200 anni fa, moriva Carlo Magno. Aveva 71 anni. Per quei tempi un'età ragguardevole a cui egli poté arrivare probabilmente grazie alla robusta corporatura, ma anche allo stile di vita che oggi diremmo salutista. Teneva il fisico costantemente in esercizio, ricorda Eginardo il suo biografo, cavalcando e praticando il nuoto, era moderato nel bere e nel mangiare tranne un'unica eccezione, gli arrosti a cui non sapeva rinunciare.

 

Morì ad Acquisgrana, nel palazzo da lui fatto erigere. Progetto architettonico straordinario questo, per imponenza, per armonia delle forme, per la ricchezza degli ambienti derivante dall'impiego di marmi e mosaici che ricordavano lo splendore degli edifici di Ravenna o di Costantinopoli. Allora la città di Acquisgrana fu definita “nuova Roma”, ma tale appellativo, oltre agli edifici fatti erigere da Carlo Magno, si sarebbe potuto riferire ancor più al grande processo di rinascita in atto.

 

Dopo centinaia d'anni travagliati da divisioni, povertà, arretratezza culturale, si era tornati alla grandezza di un ambizioso progetto politico oltre che all'impiego della pietra. Di quel complesso architettonico regale oggi resta solo quella che fu la sua Cappella e una torre che si levava sopra le mura a fianco dell'Aula Regia. Le robuste pareti della torre entro cui erano custoditi il tesoro imperiale e gli archivi sono l'unica testimonianza ancora visibile dell'articolato corpo del palazzo di Carlo Magno andato in seguito completamente distrutto con le sue abitazioni, gli uffici, le sale, le gallerie, i cortili a seguito di incendi e devastazioni.

 

In quella residenza si era avviata l'organizzazione di un vero e complesso apparato burocratico centrale, fondamento indispensabile per l'amministrazione di tutti quei territori facenti parte di quello che diverrà il Sacro Romano Impero. Oggi sulle sue fondamenta si erge il Rathaus, ovvero il Municipio di Aachen (toponimo corrispettivo di Aquisgrana in lingua tedesca come lo è Aix la Chapelle in lingua francese) sulla cui facciata principale troneggia, sopra la porta di ingresso, una scultura di Carlo Magno con ai lati le statue di tutti i sovrani tedeschi che qui vennero successivamente incoronati. All'interno la sala dell'incoronazione vuole riecheggiare l'Aula Regia carolingia, quella destinata alle cerimonie ufficiali a cui l'imperatore assisteva seduto in trono su alti gradini: imponenti pilastri sostengono ampie volte a costoloni, ma malgrado la maestosità degli spazi, ai nostri occhi tutto appare più modesto.

 

A poco più di cento metri dal Rathaus si trova il Duomo della città entro cui è stata inglobata la Cappella Palatina. Una lunga galleria coperta in legno che dava sui cortili interni del Palazzo e che evitava all'Imperatore di affrontare i rigori del clima invernale collegava la residenza imperiale con questa Cappella rimasta quasi intatta dopo mille e più anni, tranne i due corpi aggiunti nei secoli XIV e XV, ovvero un nartece e un'abside in stile gotico.

 

Elevata al rango di cattedrale in epoca napoleonica, Santa Maria di Aquisgrana oggi fa parte del patrimonio mondiale dell'Unesco ed è inclusa tra i primi dodici monumenti storici mondiali. Al suo interno il fulcro rimane la Cappella carolingia, il celebre ottagono, cosiddetto per la peculiarità della sua pianta, dove l'imperatore si recava quotidianamente per assistere alla Messa e dove verrà sepolto. Malgrado i lati dell'ottagono risultino aperti per la presenza di ampie arcate cieche a tutto sesto che immettono in un corridoio perimetrale che congiunge il nartece con l'abside, l'ambiente invita al raccoglimento. Esso è concepito su due livelli, apparentemente tre, per la presenza di arcate cieche realizzate a scopo solo decorativo e sovrastanti il secondo livello dove, posto come allora di rimpetto all'altare, si trova lo spoglio trono in marmo bianco di Carlo utilizzato dall'imperatore per assistere alle celebrazioni religiose più solenni. Le balaustre sono in porfido, tutto attorno dovizia di pietre ornamentali. Un elegante gioco di grigi chiari e scuri connota gli archi del piano terra e i pilastri da cui quelli si dipartono. Straordinaria la bellezza della pavimentazione con tessere marmoree policrome su cui si assiepavano soldati, servi e il popolo che assistevano alla celebrazione della Messa insieme al loro sovrano, In alto il gigantesco mosaico del Cristo e la cerchia dei ventiquattro vegliardi dell'Apocalisse schierati sull'orlo del grande incavo azzurro è sempre là, fuori dal tempo.

 

Quando si esce all'aperto permeati di rinnovata spiritualità ci vengono incontro bei palazzetti dalle strette facciate dipinte a tinte acquerellate, con uno sviluppo in altezza di due, tre piani, espressione di una piccola società benestante con il gusto della decorazione garbata, quella medesima che caratterizza l' arredo urbano in cui il verde si integra con lievi abbellimenti artistici.

 

La città di Achen fa parte della Repubblica federale tedesca, non è dotata di aeroporto e per raggiungerla dall'Italia è necessario fare tappa a Liegi oppure a Bruxelles o a Dusseldorf. Il cuore dell'Europa che conta oggi batte altrove, a Strasburgo e nella capitale belga. Ce lo dicono i numerosi uomini d'affari o politici che si incontrano lungo la tratta aerea, con le loro valigette nere e il solito fascio di documenti da studiare. Nel trasferimento con lo shuttlebus dall'aeroporto ad Achen si intravvede un tratto del corso sinuoso del Reno sul quale scivolano nelle due direzioni scure chiatte. La città ci viene incontro distesa su lievi ondulazioni collinari racchiuse tra il Reno e la Mosa che in lontananza la incorniciano.

 

Carlo Magno elesse questo luogo a sua dimora imperiale forse perché incantato da quella mobilità della luce tipica dei luoghi percorsi da vie d'acqua, ma molto più probabilmente poiché aveva apprezzato la sua posizione strategica. Allora anche le sue sorgenti di acque termali con le loro emanazioni di vapori erano assai apprezzate. Conosciute sin dall'antichità più remota erano state utilizzate sia dai Celti che dai Romani. I legionari curavano i loro acciacchi con le medicamentose acque di Grano, una divinità celtica, che avevano dato il nome alla località.

 

Carlo Magno fece di Acquisgrana la sua residenza preferita e alla fine del secolo VIII nel giro di pochi anni fece costruire quel suo imponente e prezioso Palazzo ispirandosi, si dice, a quella lontana città imperiale affacciata sul Bosforo fondata nel IV secolo da Costantino. Carlo Magno era allora in Occidente il sovrano di gran lunga più potente. Il suo dominio si estendeva dall'Ebro all'Elba, dall'Oceano Atlantico all'alto Danubio e a sud sino al Tevere. Forse per questo egli riteneva di poter raccogliere l'eredità di Roma in Occidente.

 

Lo Stato creato da Carlo Magno costituiva per quei tempi una profonda novità storica e geopolitica. Egli era riuscito a concentrare nella sua persona un potere quale in Europa non si verificava più da secoli. La notte di Natale dell'anno 800, a Roma, il Papa Leone III lo investirà del titolo imperiale, ma già a partire dall'anno 790 nei documenti carolingi era comparsa l'espressione “imperium christianum” per connotare quel suo dominio che non era più l'antico Impero Romano, ma lo eguagliava in dignità e costituiva un baluardo per la cristianità. Seguiranno anni di diatribe, anche aspre, tra i due Imperi, ma alla fine, pur avendo radici comuni quelle due realtà politiche, economiche, sociali e culturali imboccheranno strade diverse.

 

L'ipotesi che il Sacro Romano Impero di Carlo Magno possa essere considerato o meno il precursore dell'attuale unità europea è ancor oggi oggetto di dibattito tra gli storici. Certo è che i Franchi frenarono di fatto il processo di frammentazione originatosi alla caduta dell'Impero romano nei territori che corrispondono all'Europa occidentale. Ed è anche interessante notare la coincidenza quasi perfetta di quell'area geografica con quella corrispondente ai primi sei Stati europei firmatari del Trattato di Roma del 1957 che darà vita alla Comunità economica europea.

 

Passeranno molti secoli prima di quest'ultimo evento e molte guerre travaglieranno l'Europa occidentale sino a quando, in un contesto quasi fuori dal mondo, nell'isola di Ventotene dei visionari italiani come Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colomi condannati al confino dall'allora imperante regime fascista, esprimeranno un loro sogno politico, delineato in quella prima stesura del 1941 intitolata “Per un'Europa libera e unita. Progetto di un manifesto”.

 

Quel sogno anni dopo comincerà a realizzarsi concretamente. Dopo la seconda guerra mondiale, spazzata via l'ondata dei nazionalismi, divenne progressivamente evidente che la sola garanzia di pace e democrazia interna per gli Stati europei era riposta nella creazione di un ordine internazionale basato su comuni valori. E si ritornava a guardare anche al nostro Giuseppe Mazzini che già nel secolo precedente aveva auspicato il raggiungimento nel contesto europeo di un equilibrio tra esigenze geopolitiche e tradizioni storiche dei vari Stati.

 

Non fu cosa facile. Dall'iniziale convinta aspirazione di molti a uno Stato federale d'Europa si passò progressivamente tra i primi membri della nascente Comunità Europea a un primo accordo che prevedeva una integrazione europea funzionale solo a livello economico disattendendo l'aspirazione di Spinelli a veder nascere una federazione dei popoli europei più articolata nelle sue competenze.

 

Oggi quella prima Comunità Europea ha ampliato di molto le sue competenze, si è creata l'unione monetaria e l'elezione diretta del Parlamento europeo da parte dei suoi Stati membri. Territorialmente si è ampliata di molto e altri popoli ancora, aspirando a farne parte, hanno avviato attualmente il procedimento di adesione.

 

Eppure c'è chi tra i suoi cittadini la vede oggi dotata di un potere soffocante che contesta. Il risultato delle imminenti votazioni (giugno 2024) ci dirà allora se questa nostra Comunità Europea, unico baluardo agli spiranti venti di guerra, riacquisterà vigore sotto la spinta di una visione politica di vasto respiro o prevarranno i singoli particolarismi nazionali. Nel qual caso quell'Inno alla gioia di beethoveniana memoria che oggi la connota striderà alle nostre orecchie. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]