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filosofia & religione


N. 145 - Gennaio 2020 (CLXXVI)

BLAISE PASCAL

Parte I - UN’INTELLIGENZA PRECOCE

di Raffaele Pisani

 

Sublime misantropo, secondo Voltaire; scettico che per disperazione si aggrappa alla fede, secondo Cousin; Nietzsche lo considera una vittima del cristianesimo e Goldmann parla di lui come di una coscienza tragica, accomunandolo a questo riguardo a Racine e a Kant.

 

L’atteggiamento di Pascal è anche accostato a certi aspetti del romanticismo e pure dell’esistenzialismo. Nonostante il suo essere cristiano, nella forma cattolica romana alla quale ha sempre inteso rimanere fedele, è stato visto con sospetto dalla gerarchia. Il suo impegno apologetico non ha trovato unanime consenso tra gli studiosi, nel senso che solo alcuni riconoscono la validità della sua opera in favore del cristianesimo.

 

Quando nasce, il 19 giugno del 1623 a Clermont-Ferrand, Galileo ha 59 anni ed è filosofo del serenissimo granduca di Toscana, in quell’anno pubblica Il saggiatore, un’opera di carattere metodologico; Bacone ha 62 anni e già da una decina lavora alla sua Instauratio magna, nel ‘23 pubblica Sulla dignità e sul progresso delle scienze; Cartesio ha 27 anni e, come egli stesso ci racconta nelle sue notazioni qualche anno prima, avrebbe avuto una sorta di rivelazione intellettuale sui fondamenti di una scienza mirabile. Per questo proprio nel 1623 dà alle stampe il suo Studium bonae mentis.

 

Questa triangolazione dovrebbe servire a meglio collocare il personaggio nel milieu che lo vede nascere e dal quale assorbe ben presto gli elementi culturali. L’epoca in questione vede importanti innovazioni del pensiero scientifico e filosofico, accompagnate da un persistere e anche un riprendere della tradizione che ha nella Scolastica il suo principale riferimento.

 

Del clima scetticheggiante, dell’ambiente libertino e del giansenismo avremo modo di parlare in relazione al problema religioso.

 

Il padre Etienne ha molto a cuore l’educazione dei figli, in particolare di Blaise, l’unico maschio; ha in mente un modello educativo che parta dall’osservazione diretta della natura e degli uomini, per poi arrivare alle conoscenze astratte. Il trasferimento della famiglia a Parigi e la frequentazione di ambenti culturali elevati faciliterà e anticiperà l’emergere della genialità del giovane Blaise.

 

A 16 anni stende un breve scritto, Essai pour les Coniques, una pagina molto feconda per gli studi matematici, riprenderà il discorso quasi quindici anni dopo per un’opera completa sulle coniche, di cui però non si hanno tracce di pubblicazione, e sul cicloide, vale dire: la curva descritta da un punto fisso su di una circonferenza che avanza rotolando lungo una retta, senza strisciare.

 

Dal mondo astratto delle linee geometriche Pascal passa alla realizzazione pratica di una calcolatrice, utile in primo luogo al padre e poi allo zio che si sono succeduti nella presidenza della Cour des Aides di Montferrand, occupandosi del contenzioso sulle complesse questioni fiscali nella Francia seicentesca.

 

Una volta colto il principio, con l’aiuto di un valente orologiaio, crea quell’insieme ingegnoso di rotismi che permette di accelerare le operazioni di calcolo. Le rumorose calcolatrici meccaniche che fino a oltre la metà del Novecento si vedevano in certi negozi erano le discendenti perfezionate della Pascalina.

 

Nella fisica il nome di Pascal è legato alla dinamica dei fluidi e il principio che porta il suo nome ci dice che la pressione esercitata su di un fluido incomprimibile si trasmette in tutti i punti con uguale intensità. La pressa idraulica è una realizzazione concreta dell’applicazione di tale principio. Nel 1651 scrive Il trattato sul vuoto, di cui rimangono pochi frammenti.

 

L’approccio di Pascal al mondo della fisica è moderno, rifiuta il principio di autorità e fa dell’esperimento il punto cruciale del suo procedere, in ciò è come Galileo anche se, diversamente dallo scienziato pisano, pensa che le leggi che da tale metodo si ricavano non siano la piena descrizione della realtà. Questa nella sua complessità, visibile solo a Dio, va sempre oltre i tentativi dell’uomo di schematizzarla.

 

Anche per il calcolo delle probabilità l’aspetto teorico e l’utilità pratica si trovano a essere congiunte nel discorso pascaliano. Il contatto con l’ambiente dei giocatori d’azzardo congiunto con la mentalità matematica che lo caratterizza lo porta ad affrontare la questione della probabilità, scrivendo un saggio anche a questo riguardo.

 

La prima biografa di Blaise è la sorella Gilberte, che non manca di esprimere giudizi sul modo di vivere del fratello. È lei stessa a narrare che alla morte del padre, nel 1651, segue di lì a poco l’adozione della vita monastica da parte dell’altra sorella, Jacqueline, nel monastero di Port-Royal. Nello stesso periodo anche Blaise si dedica per un po’ di tempo a una intensa vita religiosa.

 

Segue il periodo mondano con frequentazione di salotti nei quali ha occasione di manifestare le sue indubbie capacità, apprezzate dai dotti e dai potenti; ha modo anche di accedere più volte a corte. Su questo periodo la sorella biografa così si esprime: «Fu questo il tempo della sua vita peggio impegnato. Infatti, sebbene per misericordia di Dio si sia preservato dai vizi, in fondo si trattava sempre del clima mondano che è molto diverso da quello del Vangelo. Dio, che gli chiedeva una maggiore perfezione non voleva lasciarvelo a lungo, e per trarlo dal mondo si servì di mia sorella,così come s’era un tempo servito di mio fratello per trarre mia sorella dagli impegni mondani ».

 

Si parla a proposito di Pascal delle due conversioni che avrebbe avuto, la prima legata alla frequentazione di Port-Royal, abbazia nella quale si respirava uno spirito agostiniano, avvenuta nella seconda metà degli anni Quaranta, la successiva, più radicale e irreversibile, è quella avvenuta nel 1654.

 

È Pascal stesso a mettere per iscritto questo evento mirabile che l’ha sconvolto. La tradizione dice che lo terrà cucito nel gilet per averlo sempre accanto; solo alla sua morte, nel 1662, si verrà a conoscenza di tale scritto.

 

«L’anno di grazia 1654,

 Lunedí, 23 novembre, giorno di san Clemente papa

e martire e di altri nel martirologio.

 Vigilia di San Crisogono martire e di altri.

Dalle dieci e mezzo circa di sera sino a

circa mezzanotte e mezza.

Fuoco.

“Dio di Abramo, Dio d’Isacco, Dio di Giacobbe”,

non dei filosofi e dei sapienti.

Certezza, certezza, sentimento, gioia, pace.

Dio di Gesú Cristo.

Deum meum et Deum vestrum.

“Il tuo Dio sarà il mio Dio”.

Oblio del mondo e di tutto, fuorché di Dio.

Non si trova che per le vie insegnate dal Vangelo.

Grandezza dell’anima umana.

“Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto”.

Gioia; gioia, gioia, pianti di gioia.

Io me ne sono separato.

Dereliquerunt me fontem aquae vivae.

“Mio Dio, mi abbandonerete voi?”

Che io non sia mai separato da lui per l’eternità.

 

“Questa è la vita eterna, che riconoscano te solo

vero Dio e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo”.

Gesù Cristo.

Gesù Cristo.

Io me ne sono separato; l’ho fuggito, rinnegato,

crocifisso.

Che non sia mai separato da Lui.

Egli non si conserva se non per le vie insegnate dal Vangelo.

Rinuncia totale e dolce.

Completa sottomissione a Gesú Cristo e al mio direttore.

La gioia in eterno per un giorno di prova sulla terra.

Non obliviscar sermones tuos. Amen. ».

 

Dopo la conversione Pascal distoglie la sua attenzione dagli studi sulla natura; diverso è il discorso per la matematica, anche questa viene messa da parte in un primo tempo ma poi è ripresa per un evento legato alla sua persona, che interpreta come suggerimento divino.

Del resto la razionalità filosofica e anche quella scientifica non l’abbandoneranno mai. Possiamo dire che egli a un certo punto si trova nella condizione di adoperare la propria intelligenza per altri fini. 



 

 

 

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