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N. 148 - Aprile 2020 (CLXXIX)

LA BASILICA DI SAN LORENZO A FIRENZE

Pontormo e il catechismo di Juan de Valdés

di Daniela Tropeano

 

La prima chiesa cristiana di Firenze, fondata da Sant’Ambrogio nel 393, fu quella di San Lorenzo, antica parrocchia dei Medici, situata vicino al loro palazzo di via Larga. Lo sviluppo e la decorazione della basilica avevano accompagnato il consolidamento del loro potere, offrendo alla famiglia un riconoscimento, oltre che politico anche religioso.

 

Un potere che, soprattutto dopo l’acquisizione del titolo ducale, aveva bisogno di essere celebrato e riconosciuto pubblicamente con matrimoni o con cerimonie pubbliche tra le mura di quella chiesa che, alla fine del Cinquecento, divenne una sorta di chiesa di Stato “sede deputata all’epifania del principe, al massimo grado della sua sacralità”.

 

Fu in questo contesto che intorno al 1545 Cosimo I volle realizzare la decorazione del coro, affidando il compito a colui che era ormai diventato l’artista di fiducia dei Medici: Jacopo Carucci, conosciuto come il Pontormo.

 

Per questo ciclo pittorico, l’artista decise di centrare la narrazione sulla storia della Salvezza raffigurando vari episodi tratti dal Vecchio e dal Nuovo Testamento. Pontormo mori nel 1556 lasciando incompiuta l’opera che fu portata a termine da Agnolo Bronzino.

 

Fin da subito, nei confronti dell’ultima opera di Pontormo non mancarono le critiche. La totale assenza di figure come quella della Madonna etichettarono questi affreschi come eretici. Artisti come il Vasari che aveva sempre apprezzato i suoi lavori giovanili, vedendo questi affreschi scrisse: «non mi pare, anzi in niun luogo, osservato né ordine di storia, né misura, né tempo, né varietà di teste, non cangiamento di colori di carni, et insimma non alcuna regola, né proporzione, né alcun ordine di prospettiva: ma pieno ogni cosa d’ignudi».

 

A seguito di alcuni lavori di restauro voluti dell’Elettrice Palatina Anna Maria Luisa de’ Medici, avvenuti tra il 1738 e il 1742, gli affreschi scomparvero definitivamente permettendo alla durissima critica del Vasari di farsi strada e di condannare il Pontormo come artista eretico.

 

Per quale motivo questo ciclo di affreschi furono stroncati dal punto di vista artistico e abbandonati a un progressivo degrado?

 

La risposta a questa domanda viene fornita da Salvatore Caponetto che riuscì a individuare nel catechismo di Juan de Valdés “qual maniera si dovrebbe tenere a informare insino della fanciullezza i figliuoli de Christiani delle cose della religione”, dunque la giusta chiave iconologica per leggere gli affreschi della basilica medicea.

 

Il catechismo valdesiano apparve per la prima volta a Venezia nel 1545 e a Pavia nel 1550 con il titolo Latte spirituale ed ebbe un’ampia diffusione in tutti gli ambienti riformati inclusa Firenze. Il Sant’Ufficio romano fin dalla sua nascita aveva condannato Juan de Valdés, convinti che avessero “infectato (…) tutta l’Italia de heresia”.

 

Il legame tra i gruppi religiosi valdesiani e i circoli fiorentini si era formato grazie a Eleonora di Toledo, figlia del viceré di Napoli e moglie di Cosimo I il quale, finanziando i lavori per la basilica di San Lorenzo, rendeva visibile il suo sostegno ai circoli ereticali. Di fatto, pochi anni dopo l’inizio dei lavori, nel 1549 il commissario generale del Sant’Uffizio romano Teofilo Scullica iniziò a raccogliere un dossier sul duca della Repubblica fiorentina, sospettato di eresia.

 

Un’opera, quella del Pontormo, così fedele al Catechismo di Juan de Valdés da poter essere considerato un caso unico di trasposizione in immagini di un testo religioso. Un libro e un affresco, che videro la luce in un periodo storico in cui i dibattiti teologici e le battaglie controriformistiche infiammavano l’Europa.

 

Tutto mutò quando il contesto politico e religioso cambiò intorno a Cosimo I: la chiusura del Concilio di Trento nel 1563, l’inizio di una feroce guerra di religione, con chiare sfumature politiche, in Francia, il rafforzamento del potere spagnolo in Italia e la morte della moglie e dei suoi figli. Cosimo I passava così da sospetto eretico a difensore della fede e sovrano contro-riformatore.

 

Le critiche negative del Vasari nei confronti del Pontormo scaturivano quindi non da motivazioni estetiche e stilistiche, ma da ragion di stato nel momento in cui Cosimo de’ Medici stava per ricevere da papa Pio V la corona granducale e aveva quindi bisogno di cancellare il suo passato non sempre limpidissimo per quanto riguarda l’obbedienza alla chiesa cattolica.



 

 

 

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