qualche (edificante) verità
sulle auto elettriche
TRA realtà e maldicenze
di Alba
Indiana
Le automobili elettriche sono al
centro di un acceso dibattito: per
alcuni rappresentano la soluzione
ecologica per eccellenza, per altri
una minaccia travestita da
sostenibilità. Un argomento che
continua a far discutere – tra
articoli di giornale, post sui
social e chiacchiere quotidiane – e
che si alimenta di entusiasmi,
illusioni e diffidenze. Ma se si
mettono da parte le opinioni e si
analizzano i numeri, lo scenario
cambia radicalmente.
Uno dei principali punti critici
sollevati dai detrattori riguarda
l’impatto ambientale della
produzione, in particolare quello
delle batterie. È vero: la
realizzazione di un’auto elettrica
genera, in media, circa il 40% in
più di emissioni di CO₂ rispetto a
un’auto a combustione interna. Il
motivo è da ricercare soprattutto
nella fabbricazione delle batterie
agli ioni di litio, responsabili del
30-40% delle emissioni totali del
veicolo. Tuttavia, fermarsi a questa
fase iniziale è un po’ come
giudicare un film dai titoli di
testa. Il vero confronto si gioca
sul ciclo di vita del veicolo.
Secondo l’International Council on
Clean Transportation, un’auto
elettrica immatricolata in Europa
nel 2025 emetterà, lungo l’intero
arco della sua esistenza, il 73% in
meno di gas serra rispetto a un’auto
a benzina o diesel, considerando
anche le emissioni legate alla
produzione delle batterie. Un
divario significativo. E se si
guarda alle emissioni per
chilometro, il distacco è ancora più
netto: una vettura tradizionale si
attesta intorno ai 250 g/km di CO₂,
mentre una full electric si ferma a
circa 65 g/km, o addirittura 50 g/km
se alimentata solo da fonti
rinnovabili. Le ibride plug-in,
invece, si posizionano intorno ai
165 g/km.
La fase d’uso è decisiva. Il motore
elettrico ha un rendimento superiore
all’80%, contro il 20-40% dei motori
a combustione, e in ambito urbano
ogni chilometro percorso a zero
emissioni ha un impatto diretto
sulla qualità dell’aria e sulla
riduzione dell’inquinamento globale.
Inoltre, il “pareggio” tra le
emissioni iniziali più alte e i
benefici ambientali avviene prima
del previsto: in Europa, tra i
17.000 e i 40.000 km, pari a meno di
due o tre anni di percorrenza media,
un’auto elettrica diventa più
virtuosa di una termica. E da quel
momento in poi, il divario si
allarga ulteriormente, grazie alla
progressiva decarbonizzazione della
rete elettrica.
Un altro mito da sfatare è quello
secondo cui “le auto elettriche
inquinano quanto le altre se
l’elettricità proviene dal carbone”.
È vero che il mix energetico conta,
ma la transizione verso le
rinnovabili sta avanzando più in
fretta del previsto. Oggi, oltre il
56% dell’elettricità europea
proviene da fonti pulite o a basse
emissioni. Secondo le stime
ufficiali, questa quota salirà
all’86% entro il 2045. In Italia,
nel primo semestre del 2025, la
quota era del 40%, in crescita
costante. Paesi come Danimarca,
Portogallo e Svezia hanno già
superato l’80%. Di conseguenza,
l’argomento “meglio la benzina se
l’energia è sporca” perde
consistenza: già oggi, in quasi
tutta Europa, l’elettrico rimane
infatti la scelta con la minore
impronta di carbonio.
Le auto elettriche aiutano anche a
contrastare un altro nemico spesso
sottovalutato: le polveri sottili.
Grazie alla frenata rigenerativa, le
emissioni di particolato da usura
dei freni si riducono fino all’83%
rispetto ai veicoli a combustione.
Anche considerando il maggiore peso,
che potrebbe aumentare l’usura degli
pneumatici, il bilancio complessivo
resta positivo: in media, le
elettriche emettono circa il 38% in
meno di particolato rispetto alle
auto tradizionali.
E le batterie? Anche qui vale la
pena ridimensionare certe narrazioni
allarmistiche che le dipingono come
una bomba ecologica a fine vita. La
realtà è diversa. Le normative
europee prevedono che entro la fine
del 2025 le batterie al litio siano
riciclabili almeno al 65%, con un
obiettivo del 70% entro il 2030.
Inoltre, una batteria che ha
esaurito il proprio ciclo
automobilistico può avere una
“seconda vita” come sistema di
accumulo energetico stazionario, con
altri 10-15 anni di utilizzo utile.
Alla fine anche di questa fase,
tecnologie come l’idrometallurgia e
la pirometallurgia permettono di
recuperare gran parte dei materiali
critici, avvicinando concretamente
l’obiettivo dell’economia circolare.
Restano ovviamente delle sfide:
abbattere le emissioni nella
produzione, accelerare la
transizione energetica, rendere più
trasparenti le filiere dei minerali
e rafforzare le infrastrutture per
il riciclo. Ma questi limiti, per
quanto reali, non bastano a mettere
in discussione la direzione
tracciata dai dati. Le auto
elettriche non sono una soluzione
magica, ma oggi rappresentano lo
strumento più concreto ed efficace
per ridurre le emissioni
climalteranti nel settore dei
trasporti. A fare chiarezza non sono
le opinioni, ma i numeri: freddi,
ostinati, difficilmente
manipolabili. E tra le strade che
portano verso un futuro più pulito e
silenzioso, la corsia dell’elettrico
sembra non solo la più sensata, ma
anche quella più battuta.