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										attualità 
										
										
										
										“OLYMPUS HAS FALLEN” 
										
										
										CAPITOL HILL E L’ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA 
										AMERICANA 
										
										
										
										di Roberta Meloni 
										
										
										
										  
										
										
										L’assalto al Congresso americano cui il 
										mondo intero ha assistito il 6 gennaio 
										2021 non è stato un evento storico unico 
										nel suo genere. Esistono episodi nella 
										storia degli Stati Uniti in cui il 
										Congresso americano era già stato 
										assaltato in precedenza.  
										
										
										  
										
										
										Per esempio, nel 1814, durante la guerra 
										anglo-americana, i britannici tentarono 
										di prendere lo Stato di New York 
										occupando Washington D.C. e bruciando la 
										Casa Bianca e il Congresso. 
										Successivamente nel 1861, all’inizio 
										della guerra civile americana, la 
										Capitol Rotunda, ovvero un’area 
										cerimoniale che rappresenta il cuore 
										simbolico del Congresso, venne occupata 
										dalle truppe chiamate da Lincoln in 
										difesa di Washington, le quali 
										protessero la democrazia americana 
										e la città da un temuto attacco 
										confederato.  
										
										
										  
										
										
										Sebbene il recente attacco al 
										Congresso non rappresenti un evento 
										unico nel suo genere, lo è viceversa la 
										violenza e la modalità attraverso cui ha 
										preso forma. Il fattore che genera un 
										netto distacco rispetto ai precedenti 
										episodi storici e che ha catturato 
										l’attenzione di molti commentatori e 
										studiosi, è che il recente attacco al 
										Congresso americano è stato sobillato 
										dalle parole del presidente degli Stati 
										Uniti.  
										
										
										  
										
										
										Su questo punto è doveroso aprire una 
										riflessione sull’importanza linguistica 
										e sulla comunicazione politica 
										dell’ormai ex presidente Trump. Sin 
										dalla sua campagna elettorale, Donald 
										Trump si è presentato alla scena 
										politica statunitense e internazionale 
										come un candidato dai toni linguistici 
										“un po’ sopra le righe”. Grazie all’uso 
										di una lingua minimale e una retorica 
										indirizzata a colpire e screditare i 
										suoi avversari, è riuscito fin da subito 
										a trasmettere i propri messaggi politici 
										in maniera efficace e pungente, spesso 
										ricorrendo anche a falsità.  
										
										
										  
										
										
										È doveroso sottolineare che i violenti 
										attacchi avvenuti il 6 gennaio 2021 
										hanno trovato la loro linfa vitale a 
										seguito di un discorso che lo stesso ex 
										presidente ha fatto alla Casa Bianca 
										mentre al Congresso si votava per la 
										certificazione dell’elezione del nuovo 
										presidente americano Joe Biden. 
										L’attacco al Congresso americano può 
										essere inscritto come una delle 
										conseguenze più temibili che si possono 
										avere nel momento in cui i leader 
										politici si dimenticano delle 
										ripercussioni che l’uso 
										indiscriminato della parola può 
										avere in relazione a un uso altrettanto 
										sconsiderato delle nuove tecnologie di 
										comunicazione.  
										
										
										  
										
										
										La parola, la leadership e le nuove 
										tecnologie “social” sono fattori ormai 
										inscindibili per la politica, non solo 
										americana, ma anche internazionale. 
										Tuttavia, un uso poco saggio e ponderato 
										di questi tre fattori rischia di avere 
										delle gravi ripercussioni sui 
										destinatari del messaggio e l’attacco al 
										Congresso è l’esatta manifestazione di 
										questo fenomeno.  
										
										
										  
										
										
										Come afferma la storica americana Doris 
										Kearns Goodwin: «Once a president 
										gets to the White House, the only 
										audience that is left that really 
										matters is history». 
										
										Ne consegue che l’ex presidente degli 
										Stati Uniti, ovvero colui che avrebbe 
										dovuto essere il primo uomo politico a 
										difendere la Costituzione, il governo 
										federale, l’unità della nazione e della 
										democrazia americana, ha scatenato con 
										le sue parole un violento attacco 
										eseguito da migliaia di fanatici ed 
										estremisti al simbolo più sacro della 
										democrazia americana: il Congresso.
										 
										
										
										  
										
										
										A tal proposito, è bene ricordare che la 
										Costituzione degli Stati Uniti nasce 
										come una costituzione che privilegia 
										come organo supremo il Congresso, il 
										quale incarna e rappresenta alla Camera 
										dei Rappresentanti e al Senato il “We 
										the People of the United States”.
										 
										
										
										  
										
										
										La democrazia americana appare 
										indubbiamente indebolita e attraversa 
										una crisi senza precedenti. Il ritorno 
										del sovranismo e del populismo 
										è un elemento che interessa diversi 
										paesi dell’area atlantica e il mondo 
										intero. Negli Stati Uniti, la crisi è 
										innescata da una radicalizzazione che 
										riguarda entrambi i partiti politici del 
										paese, ovvero il partito democratico e 
										repubblicano. Entrambi rappresentano 
										l’anima del potere politico statunitense 
										e si alternano al potere da circa 150 
										anni, ovvero da quando il Grand Old 
										Party (GOP) si presentò per la prima 
										volta alle elezioni del 1856, per 
										vincerle poi nel 1860 grazie a una 
										spaccatura interna del partito 
										democratico con l’affermazione di 
										Abraham Lincoln, uno dei padri della 
										patria americana.  
										
										
										  
										
										
										Storicamente, la democrazia americana ha 
										attraversato diversi periodi di 
										incertezza. Per esempio, i confronti 
										politici sono stati una componente della 
										storia degli Stati Uniti in cui la 
										democrazia è stata più volte sotto 
										attacco a partire dalle elezioni del 
										1800, quando il presidente allora in 
										carica John Adams venne sconfitto da 
										Thomas Jefferson. Questa storica 
										elezione molto contestata finì con un 
										ballottaggio al Congresso che decise la 
										vittoria di Jefferson, colui che poi è 
										stato uno tra i più grandi presidenti 
										della storia americana. Lo sconfitto 
										John Adams, invece, fu il primo 
										presidente a non partecipare alla festa 
										di insediamento del nuovo presidente 
										successore, un parallelo storico che 
										dovrebbe risuonare più che mai 
										familiare.  
										
										
										  
										
										
										Trump rappresenta il quarto presidente 
										americano a essere messo sotto accusa 
										dal Congresso e il primo a subire due 
										processi di impeachment. 
										Tra gli atti che potrebbero essere 
										annoverati come i più deleteri per la 
										democrazia americana, vi sono stati il 
										suo rifiuto di sconfessare alcuni 
										movimenti di estrema destra, tra cui i
										Proud Boys e i QAnon, 
										e la distorsione della verità, non per 
										ultimo la convinzione di molti elettori 
										sobillati dallo stesso Trump che le 
										elezioni siano state rubate nonostante 
										gli oltre 60 rifiuti di corti statali di 
										ricorsi alle elezioni. Questi fattori 
										hanno innescato una catena di falsità 
										talmente gravi da diventare credibili 
										per milioni di persone che ancora 
										sostengono Trump. Le medesime persone 
										che, fra l’altro, hanno dimostrato fino 
										a che punto siano disposte a provare la 
										loro fedeltà per un leader che ha 
										innescato l’assalto al tempio della 
										democrazia americana. 
										
										
										  
										
										
										Queste e molte altre tematiche sono 
										state discusse nel seminario online 
										organizzato dal Dipartimento di Scienze 
										Politiche di Roma Tre dal titolo 
										“Capitol Hill, 6 gennaio. Attacco alla 
										democrazia”, tenutosi il 15 gennaio 
										2021. L’evento è stato un incontro utile 
										che ha permesso di rendere il 
										Dipartimento di Scienze Politiche di 
										Roma Tre disponibile a discutere i 
										fatti avvenuti a Capitol Hill lo scorso 
										6 gennaio con tutto l’ateneo. Tale 
										iniziativa è stata ideata con l’intento 
										di avere una discussione e uno scambio 
										di prospettive in diversi campi di 
										ricerca e studio, da e per l’ateneo.
										 
										
										
										  
										
										
										L’evento è stato ideato in concerto con 
										il Magnifico Rettore, prof. Luca 
										Pietromarchi, il Direttore del 
										Dipartimento di Scienze Politiche, 
										nonché docente di Storia 
										e istituzioni degli Stati Uniti 
										d'America, 
										prof. Daniele Fiorentino e il docente 
										di Storia 
										delle Relazioni Internazionali, prof. 
										Leopoldo Nuti, al fine di discutere la 
										drammaticità di un evento di portata 
										internazionale.  
										
										
										  
										
										
										Al seminario hanno fatto seguito una 
										serie di contributi e interventi di 
										estremo interesse, tra cui quello della 
										dott. ssa Alice Ciulla, assegnista di 
										ricerca, sulla crisi del partito 
										repubblicano e sui movimenti 
										dell’estrema destra americana; della 
										coordinatrice del Corso di Laurea 
										Magistrale in International 
										Studies, prof.ssa 
										Marilena Gala, che ha dato spunti per 
										una riflessione sulla transizione 
										Trump-Biden e sui suoi riflessi sul 
										sistema internazionale; il prof. Renato 
										Moro, docente di Storia 
										contemporanea, 
										ha discusso il problema del fascismo 
										eterno; l’intervento della prof.ssa 
										Barbara Pisciotta, docente di Politica 
										internazionale, 
										si è invece concentrato sulla tenuta e 
										la qualità della democrazia americana; 
										la prof.ssa Michela Manetti, docente di Diritto 
										parlamentare, 
										ha a sua volta contribuito con una 
										riflessione sulla comunicazione e il 
										free speech o incitamento alla 
										sedizione; il prof. Leopoldo Nuti ha 
										discusso della crisi americana e delle 
										conseguenze per l’equilibrio nucleare; 
										infine, la dott.ssa Giordana Pulcini, 
										docente a contratto di Storia 
										delle relazioni tra Europa e USA, ha 
										concluso gli interventi con una 
										riflessione incentrata sulla ricezione 
										internazionale dell’era Trump e il suo 
										impatto sul ruolo degli Stati Uniti nei 
										prossimi anni. 
										
										
										  
										
										
										Attingendo al famoso discorso che il 
										trentaduesimo presidente degli Stati 
										Uniti, Franklin Delano Roosevelt, fece 
										al Congresso americano quando definì il 
										7 dicembre 1941, data dell’attacco 
										giapponese a Pearl Harbor, come il 
										giorno dell’infamia che vivrà per sempre 
										nella storia americana, il Senatore 
										democratico Charles Ellis “Chuck” 
										Schumer ha dichiarato che il 6 gennaio 
										2021 può essere aggiunto a quella breve 
										lista di date della storia americana che 
										vivranno per sempre nell’infamia. 
										 
										
										
										  
										
										
										Questa data sarà certamente ricordata 
										dalla Storia come il simbolo della 
										fragilità della democrazia. Rievocherà 
										il ricordo che anche la patria della 
										democrazia per eccellenza, gli Stati 
										Uniti, può essere messa sotto attacco.
										 
										
										
										  
										
										
										Il 6 gennaio ha insegnato all’America, 
										ma anche al mondo intero, quanto sia 
										essenziale proteggere giorno per giorno 
										le istituzioni democratiche da insidie 
										domestiche e internazionali.  
										
										
										  
										
										
										Soltanto attraverso questa presa di 
										coscienza da parte di politici e 
										cittadini, la democrazia sarà in grado 
										di prevalere e unire laddove le 
										divisioni rischiano di avere la meglio.  |