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N. 94 - Ottobre 2015 (CXXV)

ASCLEPIO A EPIDAURO
LA PATRIA DEL DIO DELLA MEDICINA

di Federica Campanelli

 

In Argolide, nel Sud-Est del Peloponneso, là dove oggi regna il silenzio, sorge Epidauro, antica meta prediletta da migliaia di pellegrini che, piegati dal dolore e dalla malattia, qui si recavano per fare appello ad Asclepio, patrono degli infermi anche noto come “dio della medicina”.

 

Narra il poeta Pindaro (518-438 a.C.), nella terza pitica Per Ierone di Siracusa vincitore con il carro, che Asclepio fu strappato alla madre Coronide quando ancora le stava in grembo e mentre questa moriva trafitta da un dardo per mano di Artemide. La mente del terribile gesto fu il geloso e vendicativo padre di Asclepio, Apollo, furioso per il tradimento di Coronide consumato con Ischi. Privato dell’affetto materno, Asclepio fu affidato dallo stesso Apollo alle cure del centauro Chirone, che lo educò alla scienza medica.

 

Similmente a quanto accade oggi, quando devoti pellegrini rivolgono particolari formule di preghiera ai loro “santi protettori dalle malattie” (in alcuni luoghi d’Italia è ancora consuetudine percorrere decine e decine di chilometri a piedi per raggiungere il santuario dedicato al santo taumaturgo), i fedeli adunati al suo santuario invocavano Asclepio attraverso particolari rituali affinché egli provvedesse alla loro guarigione.

 

Epidauro rappresentava la Mecca della guarigione.

 

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Statua di Asclepio (Museo di Epidauro)

 

La popolarità acquisita da Asclepio quale principale divinità sanante è stato l’indispensabile contribuito allo sviluppo economico locale, a sua volta fondamentale per la realizzazione, tra IV e III secolo a.C., dell’importante programma di costruzione di un complesso di edifici afferente al santuario del dio.

 

A Roma il culto di Asclepio – per i latini Esculapio – fu introdotto nel III secolo a.C. in seguito a un evento prodigioso: il mito narra del popolo romano messo in ginocchio da una devastante pestilenza scoppiata nel 296 a.C. che solo Asclepio-Esculapio riuscì a vincere, debellando la malattia. Tra il 293 e il 290 a.C. i Romani, riconoscenti, fecero erigere un tempio a Esculapio sull’isola Tiberina. Dell’antico tempio, sulle cui rovine sorse in seguito una chiesa dedicata ai santi Bartolomeo, Adalberto e Paolino (poi basilica di San Bartolomeo all’Isola), non rimangono che labili tracce, ma è interessante notare come l’isola Tiberina sia tutt’oggi un “luogo di guarigione”, in quanto essa ospita due note strutture ospedaliere.

 

Tornando a Epidauro, vera patria del culto di Asclepio, l’accesso originale al santuario era il propileo posto a Nord del peribolo sacro; un altro ingresso a carattere monumentale era invece posto a Sud. Sede delle guarigioni era l’abaton (‘impenetrabile’) o enkoimeterion, edificio porticato a cui si accedeva in seguito a un’offerta, un sacrificio (spesso di un gallo, in quanto “annunciatore del giorno nascente”, metafora della luce che rischiara le tenebre) e un rituale di lustrazione dell’individuo. Nel portico d’incubazione i pellegrini trascorrevano la notte in attesa di esser liberati dai loro mali o nella speranza che il dio apparisse loro in sogno per suggerire i giusti trattamenti terapeutici.

 

 

Il tutto non si limitava alla cieca adorazione e all’abbandono da parte dei fedeli all’influsso taumaturgico del luogo... Presso il santuario di Asclepio (a Epidauro così come in tutte le località greche – più di 200 – in cui era presente il culto) le cure venivano intraprese con cognizione da sacerdoti specializzati nella scienza medica; la scoperta di un gran numero di strumenti medici (oggi conservati al museo di Epidauro) ne è una dimostrazione.

 

Antistante l’abaton v’è il piccolo Tempio di Asclepio (380-375 a.C.), dorico, periptero (6x11 colonne), progettato dall’architetto Theodotos. I suoi gruppi scultorei frontonali sono stati realizzati dallo stesso Theodotos con la collaborazione di Hektoridas e Timotheos, mentre la statua crisoelefantina di Asclepio, un tempo all’interno del tempio, risulta essere opera di Thrasymedes, scultore di Paros. Quasi coeve sono le costruzioni del tempio e dell’altare di Apollo Maleata sul vicino monte Kynortion.

 

 

Di poco successivo è l’edificio a tholos (360-320 a.C.), ricomposto solo in parte tramite recenti interventi di anastilosi. L’edificio circolare, attribuito all’argivo Policleto il Giovane, presenta un peristilio di 26 colonne in stile dorico e un porticato più interno di 14 colonne in stile corinzio; al di sotto del crepidoma vi è una complesso sistema di sei pareti concentriche, che nell’insieme assume l’aspetto di un labirinto circolare e che potrebbe evocare le spire di un serpente, animale sacro al dio e simbolo della rigenerazione. La sua esatta funzione risulta comunque ancora poco chiara.

 

Il complesso di edifici comprendenti il Tempio di Asclepio, l’abaton e la tholos rappresentava il principale nucleo del santuario. Intorno al peribolo sacro sorgevano altri edifici di varia destinazione, tra cui bagni termali, un tempio intitolato ad Artemide, l’anakeion (santuario dedicato ai Dioscuri), nonché strutture di ricezione riservate ai sacerdoti e ai pellegrini; a questi ultimi era riservato il katagogion, ostello a pianta quadrata la cui costruzione originaria risale al III secolo a.C., ma che fu ricostruito due secoli più tardi.

 

Non mancavano naturalmente strutture per gli spettacoli, come il grandioso teatro costruito su progetto di Policleto il Giovane nel 350 a.C., e impianti sportivi tra cui lo stadio (che sorge in un avvallamento a Ovest del peribolo sacro), di cui si può apprezzare l’andamento della pista (lunga circa 182 metri) e ciò che rimane degli spalti in pietra e delle linee di partenza.

 

 

 

Nell’anno 86 a.C. – quando la Grecia ormai da sessant’anni era un protettorato romano – nel corso della prima guerra mitridatica (88-85 a.C.), l’Asklepieion subì un duro colpo. Il generale romano Silla, infatti, per finanziare la propria impresa militare ne saccheggiò i tesori, e pare che la stessa sorte toccò ad altri due ricchi santuari: Delfi e Olimpia; pochi anni più tardi toccò invece alla furia devastatrice dei pirati di Cilicia. Epidauro era saccheggiata e distrutta.

 

Il santuario rivivrà un periodo di prosperità solo a partire dal II secolo d.C., quando furono erette nuove costruzioni e si procedette al ripristino dei vecchi edifici anche attraverso il riuso di elementi architettonici sopravvissuti agli anni della devastazione.

 

Nel 395 il santuario fu ancora depredato dai temibili Visigoti di Alarico, a cui tra l’altro si deve la fine dei noti misteri eleusini celebrati presso il tempio di Demetra a Eleusi.

 

Il mito di Asclepio perì definitivamente nel 426, quando l’imperatore romano d’Oriente Teodosio II (408-450) ne sancì il divieto di culto; un centinaio d’anni più tardi completarono la distruzione del sito due grandi terremoti, il primo nel 522, il secondo nel 551.



 

 

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