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N. 132 - Dicembre 2018 (CLXIII)

Un rinascimento mariano

La presenza della Vergine Maria nella Roma nel Cinquecento

di Alfredo Incollingo

 

Tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento a Roma si registrarono numerose (vere o presunte) apparizioni mariane. Questi eventi segnarono per secoli la tradizione e la fede popolare e tuttora è possibile trovare le loro tracce nel marasma cittadino.

 

Un dipinto della Vergine Maria, che si trovava in una via laterale a Piazza Navona, venne colpito da un sasso lanciato da un giocatore d’azzardo in preda all’ira. Il volto della Madonna iniziò a sanguinare miracolosamente e papa Sisto IV, stupito dall’accaduto, ordinò che il quadro fosse custodito nella chiesa di Santa Maria della Pace, fatta costruire appositamente nel 1482.

 

Il pontefice volle così ripagare un voto fatto alla Madonna. Complice della famiglia fiorentina dei Pazzi nella congiura contro Giuliano e Lorenzo de Medici (1478), pregò la Vergine affinchè non facesse scoppiare una guerra se il complotto fosse fallito. Così non fu, come ben sappiamo, e Sisto IV edificò un luogo di culto in onore di Maria per ringraziarLa.

 

In un giorno imprecisato del 1546 due malviventi si azzuffavano in un vicolo del ghetto ebraico, a pochi passi dall’attuale Piazza Venezia. Un contendente impugnò senza preavviso un coltello e l’altro uomo, implorando la Vergine Maria, lo convinse a deporre l'arma. A tradimento, questi pugnalò il suo avversario, che precedentemente lo aveva salvato mosso da pietà.

 

Sul luogo del misfatto, dove nel frattempo si era radunata una folla di passanti, appesa su una parete esterna di un palazzo, un dipinto della Vergina Maria sovrastava i presenti. La Madonna iniziò a versare lacrime di sangue. Il miracolo fu riconosciuto dalle autorità ecclesiastiche competenti e l’icona fu traslata nella vicina chiesa di Santa Maria del Pianto, nel rione Regola.

 

Nella seconda metà del Cinquecento una violenta e lunga esondazione del Tevere sommerse l’Isola Tiberina e buona parte della città. La popolazione fuggiva alla ricerca di un rifugio sicuro e lontano dalle acque, ma una luce, intensa e calsa, emergeva dal fiume fangoso.

 

La lanterna che illuminava un’immagine mariana votiva posta sul campanile di San Giovanni Calibita non aveva smesso di brillare. I romani, colti da stupore e dal fervore religioso, si riversarono in massa per osservare e venerare la Madonna e si decise di conservare l’icona all’interno della chiesa.

 

Dietro l’altare maggiore di Santa Maria in Vallicella o Chiesa Nuova, dove ha sede la Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri dal 1575, oggi su Corso Vittorio Emanuele II, nel centro storico di Roma, venne intronizzato un dipinto mariano risalente agli inizi del XVI secolo.

 

In origine, era collocato in un bagno pubblico, ma, colpito con un sasso da un avventore, la Madonna, come spesso accadde, iniziò a sanguinare. Il quadro, oggetto della venerazione dei romani, fu affidato al rettore della Chiesa Nuova.

 

Il pittore fiammingo Pieter Paul Rubens realizzò nel 1608 una nicchia apposita per ospitarlo e, con un sistema complesso di corde e di pulegge, viene tuttora fatta abbassare o alzare una lastra di rame che lo nasconde alla vista dei fedeli.

 

Qualche anno dopo alcune scosse sismiche turbarono la serenità degli abitanti del rione Monti e degli occupanti (abusivi) di un antico monastero appartenuto all’Ordine delle Clarisse. Le monache lo avevano abbandonato da molti anni e i locali dismessi furono riutilizzati per ospitare abitazioni e stalle.

 

Dopo il breve e intenso sisma, una voce orante e flebile invitò i romani a non ferire Gesù e a non ingiuriarlo. Nessuno seppe spiegare quel fenomeno né si riuscì, all’inizio, ad individuare da dove provenisse quel lamento.

 

Nascosto sotto diversi strati d’intonaco, si scoprì, vi era un dipinto raffigurante la Madonna con il Bambino: era stata lei a parlare. L’icona venne liberata e un flusso ininterrotto di fedeli, proveniente da tutta la città e dalle campagne, si riversò nel rione.

 

La folla era immensa e tutte le strade del quartiere erano ormai impraticabili. Gregorio XIII visitò personalmente il luogo del miracolo, incuriosito dal clamore che vi giungeva. Volle di persona osservare l’affresco miracoloso per decidere del suo destino.

 

L’evento soprannaturale venne riconosciuto dalla Chiesa Cattolica dopo attente indagini e si progettò un nuovo spazio che potesse al meglio ospitare il sacro ritratto.

 

Nel 1580 Gregorio XIII diede ordine di staccare l’immagine dalla parete e di edificare una chiesa, Santa Maria dei Monti o Madonna dei Monti, come verrà chiamata nei secoli successivi, per conservarla degnamente dalla ressa dei pellegrini.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Rendina C., Le chiese di Roma, Newton Compton, Roma, 2007;

De Matthaeis N., Andar per miracoli: guida all’affascinante mondo delle reliquie romane, Intra Moenia, Napoli, 2014.



 

 

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