[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

191 / NOVEMBRE 2023 (CCXXII)


ambiente

UN ANNO SENZA ESTATE
Recenti mini-glaciazioni e l’estate senza sole del 1816

di Francesco Cappellani

 

Con il termine clima si intende l’insieme dei valori statistici di una serie di parametri meteorologici come temperatura, precipitazioni, venti etc. su una scala temporale dell’ordine dei trent’anni. Il clima della Terra è cambiato notevolmente nei secoli e nei millenni passati, ma, dagli ultimi decenni del secolo scorso, ci si è resi conto che queste variazioni possono essere influenzate in modo notevole da uno scriteriato sfruttamento e abuso delle risorse del pianeta da parte dell’uomo.

 

Questi effetti antropogenici, iniziatisi con lo sviluppo dell’agricoltura e il conseguente impoverimento delle zone boschive e delle foreste per creare terreni coltivabili e pascoli, si sono poi dilatati con l’industrializzazione che ha portato all’emissione di grandi quantità di gas “serra” responsabili del lento riscaldamento attuale della nostra atmosfera. Si tratta essenzialmente di anidride carbonica dovuta alla combustione di petrolio e carbone, di biomassa (legno, vegetazione etc.), e di metano derivante in larga parte dagli allevamenti intensivi di animali domestici. Va chiarito che una corretta quantità di questi gas serra insieme all’acqua sotto forma di vapore, cioè l’effetto serra “naturale”, è indispensabile per la vita in quanto costituisce una sorta di schermo termico senza il quale la temperatura media della superficie terrestre sarebbe di -18 °C rispetto ai 14 °C attuali.

 

I gas serra infatti sono trasparenti ai raggi solari diretti al suolo, ma assorbono gran parte del calore riemesso dalla superficie terrestre e dalla bassa atmosfera come radiazione infrarossa verso lo spazio, trattenendo una quantità di energia solare indispensabile per la regolazione termica del nostro pianeta.

 

Cambiamenti climatici possono verificarsi per cause assolutamente indipendenti dalle attività umane, e cioè eruzioni vulcaniche, variazioni dell’attività solare e, più occasionalmente, l’impatto di meteoriti di grandi dimensioni. Altri fattori che contribuiscono alle variazioni climatiche ma solo su scale temporali di circa centomila anni, sono dovuti all’inclinazione dell’asse terrestre, alla precessione degli equinozi e alla eccentricità dell’orbita del nostro pianeta.

 

Grazie alle raffinate tecniche messe a punto negli anni recenti, è possibile, analizzando le bolle d’aria intrappolate nelle “carote” di ghiaccio prelevate anche a grandi profondità nelle calotte polari, risalire alla composizione dell’atmosfera in epoche remote. Analogamente vengono studiati campioni di sedimenti marini, gli spessori e le sequenze degli anelli arborei in piante secolari (dendrocronologia) e le strutture degli strati geologici. Questi diversi dati, analizzati in parallelo, ci permettono di arrivare a una immagine attendibile dell’evoluzione climatica del nostro pianeta.

 

Il più importante caso di raffreddamento della superficie terrestre negli ultimi duemila anni si ebbe nel periodo 535-536 d.C.: buona parte dell’emisfero settentrionale del nostro pianeta rimase avvolta da uno spesso velo di nebbia asciutta per quasi dieci anni. Fu dovuto all’effetto schermante della radiazione solare causato dalle ceneri di una violentissima eruzione vulcanica oppure, con minore probabilità, dalle polveri proiettate verso l’alto dall’impatto di un grosso meteorite con la Terra. Morirono decine di migliaia di persone; si ebbe un crollo della produzione agricola dovuta alla minore insolazione e all’aumento della siccità con conseguenze catastrofiche per le popolazioni, afflitte da carestie e diffuse epidemie.

 

Di questa terribile calamità ci sono testimonianze importanti nei Gaelic Irish Annals: negli annali di Ulster si parla della scarsità di pane nel 536 d.C. e negli annali di Inisfallen del medesimo problema negli anni 536-539. Riferendosi al 536 d.C. ne parla lo storico bizantino Properzio nella descrizione della guerra contro i vandali: «(…) durante quest’anno ebbe luogo un fenomeno terrificante. La luce emanata dal Sole non era brillante (…) sembrava come se ci fosse un’eclisse di sole, poiché i raggi che il sole diffondeva erano opachi». Analogamente Cassiodoro, politico, letterato e filosofo romano, scrive: «Il Sole sembra avere perduto la sua luminosità, ed appare di un colore bluastro. Ci meravigliamo nel non vedere l’ombra dei nostri corpi, di sentire la forza del calore del Sole trasformata in debolezza (… Abbiamo avuto un’estate senza caldo (…) la pioggia sembra si rifiuti di cadere».

 

Fenomeni analoghi furono rilevati e annotati in Cina dove si ebbero nevicate in Agosto, in Europa e in Perù dove la siccità e le conseguenze dell’eruzione colpirono la popolazione Maya e arrestarono lo sviluppo storico di questa civiltà per parecchi anni. Le analisi ricavate dai carotaggi di ghiacci della Groenlandia e in Antartide hanno evidenziato la presenza di solfati nella sezione riferibile agli anni 533-534.

 

Ciò indicherebbe l’origine vulcanica della mini-glaciazione come appare confermato oggi da studi recenti che ne attribuiscono la paternità a una violentissima eruzione del vulcano salvadoregno Ilopango, vicino alla capitale San Salvador. La quantità di ceneri emesse è stata valutata in ottantaquattro km cubi; le dimensioni di cento kmq della caldera di Ilopango, i resti del cratere del vulcano oggi estinto e divenuto un lago, confermano la vastità del vulcano e la violenza dell’eruzione.

 

Penuria di raccolti, siccità e carestie conseguenti a questo violento cambiamento climatico possono avere contribuito al diffondersi di una delle più spaventose epidemie della storia dell’umanità, la pandemia di peste bubbonica nota col nome di “peste di Giustiniano”, dal nome dell’imperatore romano di quell’epoca, che, tra il 541 e il 542, causò la morte di almeno venticinque milioni di persone, dando il colpo di grazia al moribondo impero romano. La capitale Costantinopoli fu la più colpita: Procopio di Cesarea parla, forse esagerando, di diecimila morti al giorno; si ritiene comunque che il quaranta per cento della sua popolazione sia stato decimato dalla pestilenza.

 

Tra il IX e gli inizi del XIV secolo le temperature furono particolarmente miti, ma dal 1300 in poi, per circa 500 anni si verifica quella che è stata denominata “piccola glaciazione” con un aumento progressivo delle zone ghiacciate e perfino neve su alcune montagne nordafricane e l’inondazione in Africa di centri come Timbuctù causate dal Niger esondato per le copiosissime piogge. Anche in Europa si hanno ondate di gelo, il mare Baltico gela ripetutamente e nel 1658 Carlo X lo attraversa con le sue truppe per attaccare la Danimarca nel corso della II guerra del Nord. Il Tamigi è ghiacciato e sopra vi si svolge normalmente la Thames Frost Fair.

 

Un evento estremo della piccola glaciazione fu registrato nel 1709, dall’Epifania fino alla primavera, particolarmente in Europa dove, in Italia, molti fiumi e laghi gelarono, e divennero traversabili con i carri da una sponda all’altra. Anche il mare gelò bloccando i porti di Genova e Marsiglia e la laguna di Venezia. I danni alle coltivazioni furono enormi con conseguenti periodi di pesanti carestie.

 

Altro inverno estremo fu il 1816, anno in cui la stagione estiva fu fredda e buia. La causa di questo raro fenomeno climatico è attribuito alla eruzione del vulcano Tambora nell’isola indonesiana di Sumbawa nell’oceano indiano, la più devastante eruzione vulcanica della storia moderna, con colonne eruttive, nelle prime due esplosioni, alte fino a 40 km. Iniziata il 5 Aprile del 1815 e proseguita per oltre quattro mesi iniettò nell’atmosfera un’immensa quantità di cenere, circa 150 km cubi, insieme a circa 70 milioni di tonnellate di anidride solforosa creando una coltre di aerosol che oscurava la luce solare e sconvolse per oltre un anno il clima non solo dell’Asia ma anche dell’Europa e del Nord America.

 

L’energia sviluppata dall’eruzione fu equivalente a oltre 2 milioni di volte quella della bomba atomica su Hiroshima. Alla fine dell’eruzione il vulcano, alto oltre quattromila metri, era ridotto a circa duemilaottocento metri. Le ceneri e le colate piroclastiche ricoprirono l’isola distruggendo completamente la vegetazione. Le cronache dell’epoca raccontano che il boato delle esplosioni fu udito fino a Sumatra a milleottocento km di distanza e che dei ventiseimila abitanti della cittadina di Tambora ai piedi del vulcano, solo qualche centinaio sopravvissero, inoltre: «Turbini violenti portarono uomini, cavalli, bovini in aria, sradicarono i più grandi alberi dalle radici, e coprirono tutto il mare di legname galleggiante».

 

La cenere portata nell’alta atmosfera si aggiungeva a quella proveniente dall’eruzione del vulcano Soufrière nel 1812 nell’isola di Saint Vincent nei Caraibi e del monte Mayon nel 1814 nelle Filippine, i venti in quota diffondono l’enorme quantità di polvere sottili intorno al globo formando una densa cappa opaca che riduce la radiazione solare al suolo provocando un aumento dell’oscurità e un calo delle temperature che dura quasi due anni. Questi fenomeni produssero alterazioni del clima che si tradussero in inondazioni, epidemie, carestie e, nel 1816, alla quasi totale assenza dell’estate tanto che quell’anno è ricordato come “l’anno senza estate”. A essi si aggiunse una minore energia irraggiata dal sole documentata da una netta diminuzione delle macchie solari (minimo di Dalton) che durava dal 1790 e terminerà all’incirca nel 1830, inoltre era in corso la piccola glaciazione che si protrarrà fino al 1850.

 

Nel New England e nel Canada orientale la maggior parte dei raccolti fu distrutta dal ghiaccio e dalle nevicate; all’inizio di giugno una nevicata di circa trenta cm ricoprì il Quebec e a Luglio e Agosto ghiacciarono laghi e fiumi in Pennsylvania. Tempeste e inondazioni colpirono anche l’Europa, dove ci fu un’abbondante esondazione del Reno. Ha inizio un lungo periodo di carestie.

 

Le popolazioni migrano alla ricerca di nuove risorse: nel Nord America, provato dalle condizioni estreme della costa Est, gruppi sempre più numerosi di famiglie si spostano nel midwest e verso le terre dell’ovest, inizia la conquista del Far West. Si diffondono malattie infettive dovute a carenze igieniche e alla malnutrizione, e appare per la prima volta in Europa il colera, allora presente solo nel delta del Gange.

 

Le difficoltà del momento obbligano la gente ad aguzzare l’ingegno. È il caso del barone Karl Drais di Karlsruhe, che avendo perso per mancanza di foraggio quasi tutto il suo bestiame da traino e da trasporto, inventa il primo velocipede, antenato della bicicletta, collegando due ruote di un carro agricolo con un telaio in legno sul quale si montava come a cavallo.

 

L’estate senza sole del 1816 va ricordata anche per un fatto culturale straordinario. Lord Byron con un gruppo di amici tra cui la sua ex-amante Claire Clairmont incinta della figlia del poeta, la sorellastra di lei, la diciannovenne Mary Wollstonecraft Godwin col fidanzato Percy Bysshe Shelley che sposerà a fine anno, John William Polidori, medico personale di Byron e zio del pittore preraffaellita Dante Gabriele Rossetti, si trovano sul lago Lemano per trascorrere le vacanze estive. Le condizioni del tempo sono pessime e gli amici sono costretti a passare le giornate chiusi in casa. Byron, prostrato dalle interminabili condizioni di freddo e di buio, scrive la poesia Darkness (Oscurità) che inizia con questi versi che riflettono la desolante situazione climatica di quel periodo:

 

Ebbi un sogno che non era completamente un sogno.

Il sole radioso si era spento, e le stelle vagavano
oscurandosi nello spazio eterno,
prive di raggi e perdute, e la terra coperta di ghiacci
intenebrandosi ruotava cieca nell’aria senza luna;
il mattino venne e svanì, ritornò senza portare il giorno.

 

Per riempire le giornate gli amici decidono di sfidarsi nella composizione di un racconto di tipo “gotico-fantastico”. Nascono così, quasi per esorcizzare l’angoscia delle cupe giornate vissute spesso al lume di candela, due opere che raggiungeranno una fama straordinaria e una diffusione mondiale, Frankenstein, or The Modern Protheus scritto da Mary Godwin Shelley e The Vampire da John William Polidori. I personaggi principali dei due racconti, Frankenstein e Dracula, diverranno degli archetipi degli incubi irrazionali del mondo moderno e tecnologico, dando corpo a tutte le paure della timorosa società borghese che si andava sviluppando in Europa.

 

La presenza di aerosol atmosferico, costituito da particelle di minime dimensioni (principalmente ceneri e polveri), provoca un fenomeno di diffusione della radiazione solare. La parte dello spettro luminoso di maggiore lunghezza d’onda (cioè di colore dal giallo al rosso) è meno deviata nella direzione dell’osservatore a terra rispetto alle altre. Ciò spiega l’arrossarsi del cielo al tramonto dove i raggi solari, causa la traiettoria sempre più tangente alla superficie terrestre, attraversano un tratto più lungo di atmosfera incontrando una maggiore quantità di aerosol che ne disperdono quasi completamente la componente blu.

 

I crepuscoli del 1816, a causa della presenza in atmosfera di inusitate quantità di ceneri vulcaniche, presentarono una abnorme luminosità rossastra; ne fu ispirato il grande pittore inglese Joseph Mallord William Turner che immortalò sulla tela questi tramonti così anomali e straordinari documentando in modo inequivocabile la situazione eccezionale che si era verificata.

 

La variazione dell’attività solare è stata spesso indicata come corresponsabile di cambiamenti climatici anche se, a tutt’oggi, malgrado la messa a punto di sofisticati modelli atmosferici, una sua stretta connessione con la meteorologia troposferica e il clima non è stata trovata. Durante i periodi di maggiore attività vi è un piccolo aumento dell’energia solare depositata nella stratosfera che sembra però avere effetti climatici limitati sulla superficie terrestre e in ogni caso trascurabili rispetto al contributo antropogenico.

 

L’intensità della radiazione solare è correlata col numero delle macchie solari scoperte da Galilei nel 1612. Queste sono delle zone che affiorano sulla superficie a seguito di violente tempeste magnetiche nella parte interna del sole; si tratta di veri e propri tubi di flusso magnetico con temperature inferiori di quasi duemila °C rispetto a quella della superficie del Sole, la fotosfera, che è di circa seimila °C, e hanno quindi minore luminosità per cui sono visibili come macchie più scure. Compaiono inizialmente alle latitudini più elevate per poi portarsi verso la fascia equatoriale; col passare del tempo sbiadiscono e scompaiono del tutto.

 

Il grafico della media annuale delle macchie solari a partire dal 1600 evidenzia un andamento sinusoidale con picchi di differente ampiezza che si ripetono all’incirca ogni undici anni, il cosiddetto ciclo solare. Le cause di questo fenomeno e la constatazione sperimentale che il cosiddetto “battito cardiaco” del Sole, cioè il ciclo delle macchie solari, presenta delle irregolarità variando tra i dieci e i dodici anni sono oggetto di studio da decenni ma non si è ancora giunti a una spiegazione risolutiva. I modelli si basano sulla esistenza di un potente campo magnetico generato dal moto turbolento del plasma all’interno del sole e dalle particelle cariche nella sua zona convettiva, cioè nella parte esterna a contatto con la superficie; si parla di un effetto “dinamo differenziale”, dove l’energia elettromagnetica necessaria è generata dalla rotazione del Sole su se stesso.

 

Il campo magnetico inverte il proprio verso all’incirca ogni undici anni in corrispondenza del massimo dell’attività solare. Questo meccanismo è responsabile della comparsa delle macchie solari, delle eruzioni superficiali e del vento solare che proietta materia nello spazio, ma non riesce a spiegare le differenze riscontrate nella “frequenza cardiaca” del nostro astro e le variazioni di intensità tra i cicli; ad esempio le previsioni riguardo all’attuale ciclo, iniziato nel 2019, sono contraddittorie.

 

Un fatto anomalo che emerge da questi dati è la quasi totale assenza di macchie solari tra il 1645 e il 1715, periodo chiamato “minimo di Maunder” dal nome dell’astronomo Edward Walter Maunder che lo scoprì pubblicando i risultati alla fine del 1800.

 

Questo periodo coincide con la parte centrale della piccola glaciazione; il clima terrestre cominciò a risalire nel 1850 per stabilizzarsi in seguito sui valori attuali. Le cause della piccola era glaciale sono molto dibattute; oltre alla scarsa attività solare si è visto che dal 1258 in poi vi era stata una serie di violente eruzioni vulcaniche fino a quella del vulcano Tambora del 1815, di cui abbiamo parlato, che avranno senz’altro contribuito al raffreddamento della superficie terrestre. A oggi tuttavia non si è arrivati ancora a una spiegazione esauriente della complessità e della lunga durata di questo fenomeno climatico. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]