N. 131 - Novembre 2018 
                          
                          (CLXII)
																						IL MARCHESE ALFONSO ZENETTI
																			
																			
																			
																			UN 
																			SINDACO 
																			DI 
																			NOMINA 
																			REGIA
																			
																			
																			
																			di 
																			Raffaele 
																			Pisani
																			
																			 
																						A livello nazionale sono note l’ideologia e la prassi della Destra storica, che sotto la guida di Casa Savoia aveva portato negli anni Sessanta dell’Ottocento alla costituzione del Regno d’Italia e negli anni successivi porterà pressoché a termine l’opera di unificazione della penisola. 
																			
																			 
																			
																			
																			Nelle 
																			singole 
																			realtà 
																			locali 
																			la 
																			situazione 
																			si 
																			presentava 
																			con 
																			caratteri 
																			diversi, 
																			e 
																			ogni 
																			luogo 
																			visse 
																			questo 
																			evento 
																			generale 
																			in 
																			un 
																			modo 
																			suo 
																			proprio. 
																			Una 
																			diversità 
																			che 
																			non 
																			era 
																			solo 
																			territoriale 
																			ma 
																			soprattutto 
																			sociale 
																			e 
																			culturale; 
																			c’è 
																			chi 
																			subì 
																			passivamente 
																			la 
																			nuova 
																			situazione, 
																			chi 
																			si 
																			ribellò 
																			e 
																			chi 
																			la 
																			colse 
																			con 
																			entusiasmo, 
																			tutto 
																			ciò 
																			con 
																			infinite 
																			sfumature 
																			e 
																			con 
																			quei 
																			dinamismi 
																			che 
																			nello 
																			scorrere 
																			del 
																			tempo 
																			portano 
																			dei 
																			cambiamenti 
																			significativi.
																			 
																			
																			
																			Il 
																			presente 
																			personaggio 
																			veronese, 
																			che 
																			ha 
																			partecipato 
																			all’unificazione 
																			del 
																			Veneto 
																			all’Italia, 
																			ha 
																			prodotto 
																			molti 
																			scritti 
																			con 
																			cui 
																			ha 
																			espresso 
																			la 
																			sua 
																			visione 
																			politico-ideologica 
																			e le 
																			sue 
																			proposte 
																			concrete 
																			per 
																			lo 
																			sviluppo 
																			del 
																			territorio. 
																			Per 
																			tredici 
																			anni 
																			amministrò 
																			il 
																			Comune 
																			di 
																			San 
																			Giovanni 
																			Lupatoto, 
																			poco 
																			distante 
																			da 
																			Verona; 
																			per 
																			tutto 
																			ciò 
																			penso 
																			possa 
																			costituire 
																			un 
																			esempio 
																			di 
																			come 
																			una 
																			certa 
																			linea 
																			politica 
																			si 
																			potesse 
																			incarnare 
																			in 
																			un 
																			determinato 
																			territorio.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Forzando 
																			un 
																			po’ 
																			il 
																			registro 
																			linguistico 
																			del 
																			presente 
																			discorso, 
																			si 
																			potrebbe 
																			associare 
																			il 
																			fenomeno, 
																			con 
																			il 
																			suo 
																			nucleo 
																			essenziale 
																			che 
																			si 
																			declina 
																			nelle 
																			diverse 
																			situazioni, 
																			all’idealtipo 
																			weberiano. 
																			Il 
																			sindaco 
																			del 
																			re 
																			aveva 
																			il 
																			compito 
																			di 
																			guidare 
																			entro 
																			un 
																			ordinamento 
																			uniforme 
																			realtà 
																			che 
																			per 
																			forza 
																			di 
																			cose 
																			erano 
																			estremamente 
																			diverse.
																			 
																			
																			
																			Il 
																			personaggio 
																			in 
																			questione 
																			nacque 
																			a 
																			Verona 
																			nel 
																			1818, 
																			in 
																			pieno 
																			periodo 
																			austriaco, 
																			il 
																			padre, 
																			marchese 
																			Ferdinando, 
																			aveva 
																			sposato 
																			la 
																			nobile 
																			Laura 
																			Maffei. 
																			Il 
																			giovane 
																			Alfonso 
																			frequentò 
																			l’I.R. 
																			Liceo 
																			di 
																			Verona, 
																			seguirono 
																			gli 
																			studi 
																			giuridici 
																			e il 
																			concorso 
																			per 
																			l’avvocatura, 
																			risulta 
																			iscritto 
																			all’Ordine 
																			degli 
																			avvocati 
																			della 
																			Provincia 
																			di 
																			Verona 
																			(25 
																			luglio 
																			1855) 
																			con 
																			il 
																			numero 
																			tre. 
																			Sposò 
																			Teresa 
																			Gilli, 
																			dalla 
																			quale 
																			ebbe 
																			tre 
																			figlie: 
																			Adelaide, 
																			Laura 
																			e 
																			Rosa.
																			 
																			
																			
																			La 
																			sua 
																			adesione 
																			alla 
																			causa 
																			italiana 
																			si 
																			manifestò 
																			chiaramente 
																			nel 
																			1866, 
																			quando, 
																			ormai 
																			quarantottenne, 
																			non 
																			esitò 
																			ad 
																			arruolarsi 
																			nella 
																			Guardia 
																			Nazionale 
																			Volontaria, 
																			nel 
																			momento 
																			assai 
																			delicato 
																			del 
																			passaggio 
																			del 
																			Veneto 
																			all’Italia. 
																			Pochi 
																			mesi 
																			dopo 
																			venne 
																			designato 
																			per 
																			nomina 
																			regia 
																			quale 
																			sindaco 
																			di 
																			San 
																			Giovanni 
																			Lupatoto, 
																			un 
																			modesto 
																			centro 
																			di 
																			circa 
																			3.500 
																			abitanti, 
																			non 
																			particolarmente 
																			felice 
																			per 
																			quanto 
																			riguardava 
																			la 
																			fertilità 
																			del 
																			suolo 
																			e le 
																			conseguenti 
																			attività 
																			agricole 
																			che 
																			vi 
																			si 
																			praticavano.
																			 
																			
																			
																			I 
																			problemi 
																			che 
																			la 
																			neonata 
																			Amministrazione 
																			comunale 
																			si 
																			trovò 
																			ad 
																			affrontare 
																			furono 
																			in 
																			primo 
																			luogo 
																			di 
																			ordine 
																			finanziario. 
																			A 
																			livello 
																			nazionale 
																			il 
																			passivo 
																			del 
																			bilancio, 
																			dovuto 
																			in 
																			gran 
																			parte 
																			alle 
																			ingenti 
																			spese 
																			militari 
																			per 
																			le 
																			guerre 
																			del 
																			risorgimento, 
																			necessitava 
																			di 
																			essere 
																			saldato 
																			e i 
																			comuni 
																			dovevano 
																			fare 
																			la 
																			loro 
																			parte.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			L’Amministrazione 
																			lupatotina, 
																			che 
																			si 
																			può 
																			considerare 
																			piuttosto 
																			illuminata, 
																			non 
																			si 
																			limitò 
																			al 
																			prelievo 
																			fiscale 
																			ma 
																			si 
																			diede 
																			da 
																			fare 
																			per 
																			favorire 
																			uno 
																			sviluppo 
																			che 
																			contribuì 
																			ad 
																			una 
																			industrializzazione 
																			precoce 
																			del 
																			territorio.
																			 
																			
																			
																			Il 
																			sindaco 
																			Zenetti 
																			si 
																			adoperò 
																			per 
																			far 
																			conoscere 
																			ad 
																			alcuni 
																			imprenditori 
																			la 
																			situazione 
																			del 
																			luogo 
																			caratterizzata 
																			da 
																			un’abbondanza 
																			di 
																			manodopera, 
																			quella 
																			che 
																			prima 
																			era 
																			impegnata 
																			nelle 
																			imponenti 
																			opere 
																			di 
																			fortificazione 
																			austriache 
																			della 
																			piazzaforte 
																			di 
																			Verona, 
																			e 
																			dalla 
																			presenza 
																			di 
																			materiale 
																			siliceo 
																			facilmente 
																			reperibile 
																			in 
																			zona.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Quei 
																			ciottoli 
																			di 
																			varie 
																			dimensioni, 
																			che 
																			erano 
																			sempre 
																			stati 
																			di 
																			ostacolo 
																			per 
																			le 
																			coltivazioni 
																			diventavano 
																			ora 
																			una 
																			risorsa 
																			immediatamente 
																			utilizzabile. 
																			Si 
																			poteva 
																			realizzare 
																			una 
																			fabbrica 
																			per 
																			la 
																			produzione 
																			del 
																			vetro, 
																			il 
																			sito 
																			era 
																			già 
																			chiaramente 
																			individuato: 
																			un’ampia 
																			caserma 
																			austriaca 
																			dismessa 
																			dalla 
																			cui 
																			vendita 
																			il 
																			Comune 
																			poteva 
																			ricavare 
																			una 
																			somma 
																			cospicua 
																			da 
																			mettere 
																			in 
																			attivo 
																			sul 
																			proprio 
																			bilancio; 
																			tale 
																			stabile 
																			poteva 
																			essere 
																			agevolmente 
																			trasformato 
																			in 
																			uno 
																			stabilimento 
																			produttivo.
																			 
																			
																			
																			Fu 
																			cosi 
																			che 
																			nel 
																			1868 
																			l’imprenditore 
																			Luigi 
																			Bedolo 
																			aprì 
																			un 
																			grande 
																			stabilimento 
																			vetrario, 
																			che 
																			appena 
																			qualche 
																			anno 
																			dopo 
																			darà 
																			lavoro 
																			a 
																			800 
																			operai; 
																			la 
																			produzione 
																			annua 
																			di 
																			bottiglie 
																			che 
																			all’inizio 
																			era 
																			di 
																			mezzo 
																			milione 
																			arrivò 
																			ad 
																			un 
																			massimo 
																			di 
																			oltre 
																			due 
																			milioni 
																			e 
																			mezzo, 
																			si 
																			producevano 
																			anche 
																			lastre 
																			per 
																			infissi. 
																			Fu 
																			una 
																			vera 
																			rivoluzione 
																			per 
																			il 
																			paese.
																			 
																			
																			
																			Il 
																			personale 
																			tecnico 
																			veniva 
																			da 
																			fuori 
																			e 
																			anche 
																			parte 
																			delle 
																			maestranze, 
																			questo 
																			comportava 
																			certamente 
																			qualche 
																			problema 
																			ma 
																			dava 
																			anche 
																			la 
																			possibilità 
																			al 
																			piccolo 
																			centro 
																			di 
																			confrontarsi 
																			ed 
																			aprirsi 
																			con 
																			persone 
																			che 
																			parlavano 
																			altre 
																			lingue 
																			ed 
																			avevano 
																			usanze 
																			e 
																			talvolta 
																			anche 
																			religioni 
																			diverse. 
																			Vi 
																			furono 
																			matrimoni 
																			tra 
																			gente 
																			del 
																			luogo 
																			e 
																			nuovi 
																			venuti; 
																			nei 
																			registri 
																			di 
																			stato 
																			civile 
																			del 
																			comune 
																			comparvero 
																			ben 
																			presto 
																			dei 
																			cognomi 
																			di 
																			chiara 
																			origine 
																			straniera. 
																			Questo 
																			per 
																			l’epoca 
																			era 
																			un 
																			fatto 
																			certamente 
																			rilevante.
																			 
																			
																			
																			È da 
																			notare 
																			che 
																			si 
																			trattava 
																			di 
																			un’industria 
																			legata 
																			all’agricoltura, 
																			che 
																			si 
																			affiancava 
																			alla 
																			filanda, 
																			di 
																			più 
																			lunga 
																			tradizione. 
																			Del 
																			resto, 
																			anche 
																			l’idea 
																			che 
																			guidava 
																			a 
																			livello 
																			nazionale 
																			lo 
																			sviluppo 
																			economico 
																			dell’Italia 
																			vedeva 
																			ancora 
																			nell’agricoltura 
																			il 
																			settore 
																			dominante 
																			con 
																			l’industria 
																			in 
																			funzione 
																			ancillare.
																			 
																			
																			
																			Altri 
																			interventi 
																			dell’Amministrazione, 
																			comunque 
																			necessari 
																			ma 
																			resi 
																			più 
																			urgenti 
																			da 
																			questa 
																			situazione, 
																			riguardarono 
																			la 
																			viabilità, 
																			su 
																			strada 
																			ed 
																			anche 
																			su 
																			ferro, 
																			l’espansione 
																			edilizia 
																			e 
																			l’istruzione 
																			elementare, 
																			a 
																			quei 
																			tempi 
																			ancora 
																			gestita 
																			localmente. 
																			Non 
																			essendo 
																			nelle 
																			prerogative 
																			di 
																			un 
																			Comune 
																			procedere 
																			alla 
																			costruzione 
																			di 
																			un 
																			ponte 
																			sull’Adige, 
																			venne 
																			progettato 
																			e 
																			poi 
																			realizzato 
																			un 
																			traghetto 
																			che 
																			collegava 
																			le 
																			due 
																			sponde 
																			del 
																			fiume 
																			poco 
																			meno 
																			di 
																			una 
																			decina 
																			di 
																			chilometri 
																			a 
																			valle 
																			di 
																			Verona.
																			 
																			
																			
																			A 
																			documentare 
																			la 
																			storia 
																			del 
																			paese, 
																			con 
																			uno 
																			sguardo 
																			rivolto 
																			soprattutto 
																			alle 
																			vicende 
																			dell’Ottocento, 
																			ci 
																			pensò 
																			il 
																			segretario 
																			comunale 
																			Angelo 
																			Merzari, 
																			prezioso 
																			collaboratore 
																			dello 
																			Zenetti. 
																			Nel 
																			libro 
																			intitolato
																			
																			Monografia 
																			del 
																			Comune 
																			di 
																			San 
																			Giovanni 
																			Lupatoto, 
																			(1879) 
																			viene 
																			dipinta 
																			a 
																			tinte 
																			fosche 
																			la 
																			situazione 
																			durante 
																			il 
																			periodo 
																			napoleonico 
																			e 
																			quello, 
																			ben 
																			più 
																			lungo, 
																			sotto 
																			l’Austria, 
																			per 
																			poi 
																			spiegare 
																			in 
																			termini 
																			positivi 
																			l’unificazione 
																			all’Italia 
																			e le 
																			realizzazioni 
																			conseguenti 
																			a 
																			livello 
																			territoriale.
																			 
																			
																			
																			Tornando 
																			al 
																			personaggio 
																			e 
																			osservando 
																			il 
																			suoi 
																			rapporti 
																			con 
																			l’autorità 
																			religiosa, 
																			si 
																			può 
																			dire 
																			che 
																			il 
																			suo 
																			spirito 
																			laico 
																			e il 
																			suo 
																			anticlericalismo, 
																			peraltro 
																			cordiale, 
																			non 
																			gli 
																			impedirono 
																			di 
																			collaborare 
																			con 
																			i 
																			parroci 
																			del 
																			paese. 
																			Sapeva 
																			bene 
																			che 
																			una 
																			notizia 
																			detta 
																			in 
																			chiesa 
																			raggiungeva 
																			la 
																			quasi 
																			totalità 
																			delle 
																			persone, 
																			cosa 
																			che 
																			annunci 
																			scritti 
																			o 
																			proclami 
																			del 
																			banditore 
																			civico 
																			non 
																			potevano 
																			certamente 
																			ottenere. 
																			Sulla 
																			scuola, 
																			sul 
																			passaggio 
																			di 
																			competenze 
																			per 
																			la 
																			registrazione 
																			della 
																			popolazione 
																			ed 
																			anche 
																			su 
																			disposizioni 
																			per 
																			la 
																			sicurezza, 
																			per 
																			lungo 
																			tempo 
																			tra 
																			Comune 
																			e 
																			Parrocchia 
																			ci 
																			fu 
																			una 
																			fattiva 
																			collaborazione.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Dalla 
																			seconda 
																			metà 
																			degli 
																			anni 
																			settanta 
																			mutò 
																			il 
																			clima 
																			e i 
																			rapporti 
																			con 
																			il 
																			nuovo 
																			parroco, 
																			che 
																			nel 
																			frattempo 
																			si 
																			era 
																			insediato, 
																			si 
																			guastarono 
																			progressivamente. 
																			Il 
																			suo 
																			mandato 
																			di 
																			sindaco 
																			si 
																			concluse 
																			nel 
																			1880, 
																			quando, 
																			a 
																			suo 
																			dire, 
																			una 
																			sorta 
																			di 
																			fronda 
																			clericale 
																			lo 
																			avrebbe 
																			messo 
																			in 
																			condizione 
																			di 
																			non 
																			poter 
																			proseguire. 
																			Scriveva 
																			sul 
																			quotidiano
																			
																			L’arena 
																			di 
																			Verona 
																			nel 
																			settembre 
																			del 
																			1881: 
																			«Il 
																			fatto 
																			sta 
																			che 
																			il 
																			clero, 
																			contro 
																			consiglio 
																			del 
																			sindaco, 
																			dalla 
																			nomina 
																			del 
																			parroco 
																			D. 
																			Ciccarelli 
																			volle 
																			a 
																			poco 
																			a 
																			poco 
																			imporsi 
																			al 
																			municipio. 
																			Le 
																			secrete 
																			istruzioni 
																			delle 
																			assemblee 
																			cattoliche, 
																			le 
																			istigazioni 
																			Vaticane, 
																			la 
																			debolezza 
																			delle 
																			nostre 
																			Leggi, 
																			tutto 
																			concorreva 
																			a 
																			questo 
																			compito 
																			di 
																			far 
																			serva 
																			alla 
																			Sacrestia 
																			la 
																			podestà 
																			civile».
																			
																			
																			 
																			
																			
																			I 
																			suoi 
																			numerosi 
																			scritti 
																			su 
																			argomenti 
																			alquanto 
																			differenti 
																			si 
																			possono 
																			riassumere 
																			nei 
																			temi 
																			del
																			
																			bello 
																			e 
																			dell’utile, 
																			talvolta 
																			anche 
																			congiunti.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Ha 
																			tradotto 
																			un’opera 
																			di 
																			Raymond 
																			Dumas 
																			(1830-1880) 
																			intitolata:
																			
																			Quanto 
																			abbia 
																			contribuito 
																			Scipione 
																			Maffei 
																			a 
																			ristorare 
																			la 
																			tragedia 
																			presso 
																			gli 
																			Italiani 
																			(1880). 
																			Zenetti 
																			per 
																			via 
																			di 
																			madre 
																			era 
																			imparentato 
																			con 
																			il 
																			grande 
																			letterato 
																			veronese, 
																			anche 
																			se 
																			non 
																			era 
																			« 
																			son 
																			arrière 
																			petit-fils», 
																			come 
																			Dumas 
																			lo 
																			definisce 
																			in 
																			una 
																			lettera 
																			riportata 
																			nelle 
																			prime 
																			pagine 
																			del 
																			testo. 
																			Ha 
																			scritto 
																			numerosi 
																			articoli 
																			sul 
																			quotidiano
																			
																			L’Adige 
																			che 
																			parlano 
																			di 
																			arte 
																			e 
																			decoro, 
																			in 
																			riferimento 
																			soprattutto 
																			alla 
																			città 
																			di 
																			Verona.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Sul 
																			tema 
																			dell’utile, 
																			fra 
																			gli 
																			scritti 
																			dati 
																			alle 
																			stampe, 
																			si 
																			può 
																			ricordare
																			
																			Il 
																			canale 
																			industriale 
																			e 
																			l’Agro 
																			Veronese.
																			
																			Opinioni 
																			di 
																			un 
																			sindaco 
																			di 
																			campagna 
																			(1875), 
																			con 
																			il 
																			quale 
																			prospettava 
																			la 
																			realizzazione 
																			di 
																			un 
																			sistema 
																			di 
																			canalizzazioni 
																			che 
																			doveva 
																			servire 
																			per 
																			l’irrigazione 
																			delle 
																			campagne 
																			e 
																			per 
																			la 
																			nascente 
																			industria; 
																			per 
																			ciò 
																			che 
																			concerne 
																			il 
																			trasporto 
																			su 
																			ferro 
																			scrisse
																			
																			La 
																			linea 
																			ferroviaria 
																			Verona-Bologna 
																			(1880), 
																			dove 
																			metteva 
																			in 
																			evidenza 
																			l’importanza 
																			di 
																			questo 
																			quarto 
																			braccio 
																			della 
																			croce 
																			ancora 
																			mancante 
																			per 
																			la 
																			città 
																			di 
																			Verona 
																			che 
																			nella 
																			situazione 
																			presente 
																			poteva 
																			comunicare 
																			solo 
																			nella 
																			direzione 
																			est-ovest 
																			e 
																			verso 
																			Nord.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Abbiamo 
																			detto 
																			dei 
																			temi 
																			del 
																			bello 
																			e 
																			dell’utile, 
																			c’è 
																			da 
																			aggiungere 
																			anche 
																			il 
																			tema 
																			del
																			
																			vero, 
																			un 
																			vero 
																			sempre 
																			opinabile 
																			naturalmente, 
																			Zenetti 
																			da 
																			buon 
																			avvocato 
																			sapeva 
																			ben 
																			argomentare 
																			le 
																			sue 
																			posizioni, 
																			lo 
																			faceva 
																			anche 
																			nello 
																			scritto 
																			intitolato
																			
																			L’Italia 
																			e il 
																			suo 
																			clero. 
																			Pensieri 
																			e 
																			studi 
																			di 
																			Fonalso 
																			Teziten, 
																			uno 
																			scritto 
																			in 
																			forma 
																			di 
																			lettera 
																			ad 
																			un 
																			amico; 
																			in 
																			esso 
																			lo 
																			Zenetti, 
																			prendendo 
																			spunto 
																			da 
																			un 
																			documento 
																			dei 
																			cattolici 
																			veneti, 
																			svolge 
																			una 
																			critica 
																			molto 
																			serrata, 
																			un’accusa 
																			senza 
																			possibilità 
																			di 
																			appello 
																			all’intera 
																			istituzione 
																			ecclesiale 
																			cattolica 
																			del 
																			tempo 
																			presente, 
																			ben 
																			diversa 
																			a 
																			suo 
																			dire 
																			da 
																			quella 
																			gloriosa 
																			dei 
																			primi 
																			secoli.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			È 
																			forse 
																			il 
																			caso 
																			di 
																			rimarcare 
																			che, 
																			mentre 
																			gli 
																			altri 
																			scritti 
																			sono 
																			stati 
																			stampati 
																			a 
																			Verona, 
																			questo 
																			ha 
																			visto 
																			la 
																			luce 
																			a 
																			Salerno 
																			nel 
																			1878; 
																			l’anagramma 
																			del 
																			nome, 
																			più 
																			che 
																			un 
																			tentativo 
																			di 
																			non 
																			apparire, 
																			ha 
																			il 
																			sapore 
																			dello 
																			scherzo.
																			 
																			
																			
																			Ha 
																			lasciato 
																			all’ 
																			Accademia 
																			di 
																			Agricoltura, 
																			Scienze 
																			e 
																			Lettere 
																			di 
																			Verona 
																			un 
																			voluminoso 
																			manoscritto 
																			in 
																			due 
																			tomi, 
																			in 
																			tutto 
																			poco 
																			più 
																			di 
																			mille 
																			pagine, 
																			nel 
																			quale 
																			sottili 
																			analisi 
																			storiche 
																			si 
																			alternano 
																			ad 
																			accurate 
																			descrizioni 
																			scientifiche. 
																			Le 
																			sue 
																			idee 
																			riguardanti 
																			la 
																			necessità 
																			di 
																			canalizzare 
																			il 
																			territorio 
																			veronese 
																			per 
																			scopi 
																			agricoli 
																			e in 
																			prospettiva 
																			industriali 
																			trovarono 
																			una 
																			drammatica 
																			conferma 
																			con 
																			la 
																			piena 
																			dell’Adige 
																			del 
																			1882.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Egli 
																			la 
																			descrive 
																			molto 
																			dettagliatamente: 
																			dalle 
																			eccezionali 
																			piogge 
																			del 
																			Trentino 
																			e 
																			del 
																			Tirolo,all’innalzamento 
																			del 
																			livello 
																			del 
																			fiume 
																			fino 
																			alla 
																			tracimazione, 
																			all’allagamento 
																			dei 
																			vari 
																			quartieri 
																			e 
																			alla 
																			distruzione 
																			di 
																			alcuni 
																			ponti. 
																			Per 
																			salvare 
																			Verona, 
																			scrive, 
																			serve 
																			un’adeguata 
																			regolazione 
																			idraulica 
																			capace 
																			di 
																			alleggerire 
																			la 
																			portata 
																			dell’Adige 
																			nel 
																			tratto 
																			cittadino, 
																			in 
																			tal 
																			modo 
																			si 
																			potranno 
																			unire 
																			i 
																			vantaggi 
																			dello 
																			sviluppo 
																			economico 
																			con 
																			quelli 
																			ancor 
																			più 
																			immediati 
																			della 
																			sicurezza 
																			della 
																			città.
																			 
																			
																			
																			È 
																			difficile 
																			valutare 
																			quanto 
																			il 
																			suo 
																			pensiero 
																			abbia 
																			influito 
																			sulle 
																			scelte 
																			delle 
																			Amministrazioni 
																			comunali 
																			di 
																			Verona, 
																			è 
																			certo 
																			comunque 
																			che 
																			ogni 
																			suo 
																			intervento 
																			sulla 
																			stampa 
																			cittadina 
																			sia 
																			sempre 
																			stato 
																			attentamente 
																			considerato. 
																			Negli 
																			anni 
																			successivi 
																			furono 
																			costruiti 
																			i 
																			muraglioni 
																			di 
																			protezione 
																			dalle 
																			esondazioni 
																			e 
																			dell’Adige, 
																			furono 
																			anche 
																			portati 
																			a 
																			termine 
																			i 
																			lavori 
																			di 
																			escavazione 
																			di 
																			canali 
																			a 
																			scopo 
																			irriguo, 
																			con 
																			un’attenzione 
																			già 
																			rivolta 
																			all’industria 
																			e in 
																			particolare 
																			alla 
																			produzione 
																			idroelettrica.
																			 
																			
																			
																			Alfonso 
																			Zenetti 
																			venne 
																			a 
																			morire 
																			il 
																			due 
																			luglio 
																			del 
																			1892, 
																			riposa 
																			nel 
																			Cimitero 
																			monumentale 
																			di 
																			Verona 
																			nel 
																			Panteon 
																			Ingenio 
																			Claris.
																							
																							
																			 
																			
																			
																			