[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

191 / NOVEMBRE 2023 (CCXXII)


arte

ALESSANDRO ICONA POP

SULLA SERIE SERIGRAFICA DI ANDY WARHOL

di Teresa Nicolangelo

 

La fascinazione del mito di Alessandro scavalla ampiamente i limiti spazio-temporali della sua vicenda storica, giungendo inalterata, pur attraverso alterne vicende, sino ai nostri giorni.

 

Da sempre in Occidente, considerata emblematica della grandiosità europea (e della sua vocazione colonialista-imperialista), in tempi più recenti la figura di Alessandro si è ritrovata al centro di riflessioni e dibattiti su temi di rinnovata attualità, quali quelli legati all’identità – nazionale e di genere –, divenendo perno e icona di riaffermazione nazionale (con conseguenti ripensamenti sull’inevitabile, ineluttabile connessione con la violenza a fondamento degli imperi) in Grecia e nella Repubblica di Macedonia, e persino d’identità di genere nella cultura occidentale.

 

Forte di un radicamento di secoli, la figura del Macedone si è dunque progressivamente invischiata nella memoria collettiva dell’umanità, motivo per il quale la serie serigrafica che nel 1982 Andy Warhol realizza assume maggiore e ulteriore significato, omaggio, certo (l’unico, nella carriera dell’artista, che riguarderà un’opera antica), a un celebre e celebrato leader, ma anche testimonianza delle modalità con le quali il postmodernismo rievoca, reinterpretandolo in chiave collettiva, il passato classico: «Alessandro, in breve, costituisce un riallineamento del passato per accordarsi con le questioni contemporanee» (Nygard, Thomasso 2015), con un approccio alla storia che, paradossalmente, sottolinea la sua importanza mentre irriverentemente la decontestualizza e rielabora.

 

La serie, commissionata all’artista dal gallerista e mecenate di origine ellenica Alexander Iolas, si colloca, nella storia personale di entrambi, all’interno di un lungo sodalizio amicale e professionale che, dal 1945, si protrarrà sino alla duplice scomparsa avvenuta – a pochi mesi di distanza l’una dall’altra – nel 1987 e, più in generale, all’interno di un clima di rinnovato orgoglio identitario greco, generato dalle recenti scoperte archeologiche di Vergina (1977), i cui risultati in America trovano eccezionale risonanza nell’esposizione itinerante – dedicata al Macedone e alle tombe reali –, che dal 1980 al 1983 tocca le principali metropoli e istituzioni culturali del Paese, generando nel pubblico americano interesse e familiarità con il personaggio e, al contempo, sottolineando con un certo compiacimento le radici greche della cultura occidentale e quindi, latu sensu, di quella americana, che di essa rivendica la legittima eredità.

 

 

La mostra “The Search for Alexander”, finanziata dalla Banca Nazionale di Grecia e dal Ministero greco della Cultura e delle Scienze, viene dunque a costituire l’impulso non ufficiale di Iolas per la commissione (che prevede anch’essa una collaborazione finanziaria con l’Hellenic Heritage Foundation di New York, a ulteriore riprova del sentimento nazionalistico, greco, ma anche americano, sotteso al progetto) a Warhol delle stampe dedicate ad Alessandro, sottile omaggio celebrativo su base onomastica a un personaggio cui il committente stesso ama accostarsi, a partire dalla scelta del nome d’arte fino all’appellativo di “Alessandro il Grande”, con il quale viene spesso indicato all’interno del suo entourage di amici e artisti.

 

Ancor più che Iolas, nato ad Alessandria d’Egitto – coincidenza, prima delle numerose fondazioni ecistiche proprio del Macedone – come Costantino Koutsoudis, quelle radici e quell’orgoglio ellenici (anche se diasporici) può vantarli realmente: «Sono puro greco» – scrive nel 1984 – «ma come mia madre, mio ​​padre e i miei nonni, sono nato in Egitto. C’era una grande comunità greca al Cairo, con scuole meravigliose. I greci egiziani non sono come i greci di Grecia, che sono così incolti. In Egitto abbiamo preso parte a tutte le culture: greca, inglese, francese, egiziana. La vita era molto viva e cosmopolita».

 

Nel percorso artistico di Warhol la serie trova, invece, contestualizzazione nelle riflessioni e creazioni del periodo, in particolare se rapportata all’altra, datata 1981, celebrativa dei miti del XX secolo: da Superman a Dracula e allo Zio Tom, i miti di una generazione vengono riprodotti serigraficamente, a partire da una fotografia, nel caratteristico stile pop a colori vividi e linee addizionate direttamente dall’artista. Esattamente come nel suo Alessandro, al punto che il critico Robert Huge si spinge ad affermare: «Rendendo l’immagine di Alessandro nel suo famoso stile, Warhol integrò così l’antichità nella grande narrazione della storia e dell’arte americana. Alessandro il Grande di Warhol diventa parte della cultura americana così come i vari Marilyn Monroe [1962-1967], Jimmy Carter [1976] e Sylvester Stallone [1980]».

 

Ma l’arte di Warhol, universalmente nota per la sua celebrazione della cultura di massa (che oltre ai miti e alle star del cinema immortala prodotti di consumo celeberrimi quali la zuppa Campbell o la Coca Cola, rendendoli iconici), si muove spesso su un altro binario, che non potrebbe essere più diverso: un’indagine sottile e sfumata, evocata, a tratti persino inquietante di tabù culturali riguardanti, per dirla alla greca, éros (esemplare la serie di scatti dai contenuti piuttosto espliciti) e thánatos (basti citare ad esempio le Death and Disaster series degli anni Settanta).

 

Forse può essere letta anche sotto tale luce la scelta del soggetto Alessandro che, sicuramente collegato a un immaginario violento derivante dalla natura stessa di condottiero e avvalorato da aneddoti storici (il trattamento riservato a Batis dopo la presa di Gaza e l’uccisione di Clito il Nero, solo per citarne i più celebri) presenta egualmente l’altro risvolto della stessa medaglia: seppur non esplicitamente sensuale nella resa dell’opera, l’Alessandro di Warhol conserva inalterato il fascino che le fonti tramandano abbia emanato in vita (Plutarco ne decanta avvenenza e carisma) e che certo non può lasciare indifferente la vivace comunità gay americana, di cui sia Iolas che Warhol fanno parte, caricando il personaggio storico (per via del noto rapporto intrattenuto con l’etaĩros Efestione e con Bagoas, eunuco dell’harem di Dario III) di una valenza di attualità ed ergendolo a precedente storico e moderna icona “per l’identità, l’orgoglio e la liberazione gay del XX secolo” (Nygard, Thomasso 2015), nonostante la conclamata e riconosciuta dagli studiosi diffusissima pratica della bisessualità nel mondo greco.

 

Nelle stampe dell’artista la colossale testa bronzea di età romana (231-249 d.C., secondo la datazione proposta da Frédérique van der Wielen) non è fissata da Warhol nella sua reale, un po’ algida, resa metallica, ma amplificata nella sua avvenenza dalla scelta dell’angolazione degli scatti alla base della serie – nella gradevolezza del profilo e nell’intensa espressività regalata dal tre quarti –, enfatizzata dalla resa grafica della corona di morbidi riccioli che incorniciano i tratti iconici e intriganti del Macedone e ravvivata dall’accesa policromia che accentua ulteriormente la presenza di un giovane affascinante, dal quale uomini come Iolas e Warhol potrebbero gradire l’idea di essere sedotti.

 

.

Testa colossale di Alessandro, bronzo.

Provenienza ignota. Losanna, collezione privata.

 

La testa, dalla provenienza non chiara (forse parte di un Sebasteion in Lycia) in quanto frutto di probabile scavo illegale negli anni Sessanta del secolo scorso – e pertanto priva di documentazione del relativo contesto archeologico – e dal 1975 proprietà di Samuel Josefowitz di Losanna, rientra, come accennato in precedenza, tra i reperti fruibili nell’ambito dell’esposizione di successo “The Search for Alexander” e, sebbene non siano parte integrante dell’evento, le stampe di Warhol vengono ideate e realizzate per coincidere con esso, assecondando una logica mirante a una maggiore appetibilità sul mercato collezionistico.

 

Una fotografia, si è già detto, è alla base della serie – in un modus operandi tipico dell’artista –, che conserva un riferimento sostanziale, però, a un’opera scultorea antica; costituirebbe un grave errore, tuttavia, considerarla mera documentazione ‘antiquaria’, poiché Warhol la tramuta in qualcosa di nuovo, mantenendo l’immagine originale al centro del suo lavoro e al tempo stesso manipolandola, rilevandone le linee di contorno e i dettagli essenziali con tratti grafici che ne esaltano i lineamenti e utilizzando una vivace cromia, generando un effetto tipicamente pop: la testa, nelle riproduzioni, è centrata sul supporto cartaceo, emergendo da fondi quasi sempre cromaticamente di forte impatto.

 

Il gioco del contrasto tra sfondo e toni altrettanto vivaci, con i quali l’artista sceglie di rendere incarnato e chioma, si realizza attraverso un processo serigrafico che prevede l’utilizzo di un’emulsione fotosensibile e la sovrapposizione di più strati d’inchiostro, sovrapposizione che, unitamente alle linee reduplicate, conferisce una certa tridimensionalità all’immagine.

 

Warhol sceglie di mantenere “filologicamente” il bordo frastagliato del punto di congiunzione tra la base del collo e il busto, piuttosto che cercare di ricostruire il contesto originale come parte di un insieme più ampio, e lo enfatizza con una netta definizione grafica delle linee di contorno, così come mantiene inalterata rispetto all’originale la cavità delle orbite vuote, un tempo vivificate da un riempimento a incrostazione vitrea e in pietre dure, con un espediente volto a porre l’attenzione sulla storia della testa, piuttosto che a cancellare i segni del tempo: in questo modo gli interventi artistici narrano un’irrecuperabilità della classicità e una frattura con l’attualità.

 

Un particolare iconografico sembra, infine, avvalorare la tesi di un Alessandro icona pop tra rivendicazioni identitarie nazionalistiche e di genere, la presenza costante del colore oro o giallo nelle serigrafie policrome, rimando alla regalità sacra, ma anche alla caratteristica fisica della bionda capigliatura che lo accomuna ad Achille: xanthós lo definiscono le fonti (Eliano, Storia varia, 12, 4), esattamente come l’eroe omerico (Iliade, 1, 197) e altra assurta icona, se si vuole, di violenza e omo-bisessualità.

 

E come in un’ideale ringkomposition, il cerchio di éros e thánatos si chiude così attorno ad Alessandro e al suo mitico avo e modello: suggestione personale dell’autrice o evidenza dei fatti, chissà.

 

Quel che è certo è che una delle serigrafie della serie, probabilmente la più importante, perché di proprietà del committente (ereditata dalla nipote del mecenate, Sylvia De Cuevas, e da lei donata all’istituzione), è attualmente esposta e fruibile presso il Baltimore Museum of Art, testimonianza di quanto, a distanza di oltre venti secoli, il fascino di Alessandro sia ancora attuale.

 

 

.

Alexander the Great, serigrafia su carta.

Dalla collezione di A. Iolas. Baltimora, Baltimore Museum of Arts.

 

   

Riferimenti Bibliografici:

 

Alessandro Magno. Storia e mito, a cura di C. Alfano, Catalogo della Mostra, Roma, Palazzo Ruspoli, 21 dicembre 1995 - 21 maggio 1996, Roma 1995.

Andy Warhol prints:a catalogue raisonné, edited by F. Feldman, J. Schellmann, New York 1985.

Andy Warhol Prints: a catalogue raisonné 1962-1987, edited by F. Feldman, J. Schellmann, IV ed., revised and expanded by F. Feldman and C. Defendi, 2003.

The Search for Alexander: An Exhibition, Catalogue from the National Gallery of Art, Boston 1980.

M. Bieber, Alexander the Great in Greek and Roman Art, Chicago 1964.

R. Hughes, American Visions, New York 1997.

The Search for Alexander: An Exhibition, Catalogue from the National Gallery of Art, Boston 1980.

A. Iolas, Alexandres Iolas, in The Art Dealers: The Powers Behind the Scene Tell How the Art World Really Works, edited by L. de Coppet, A. Jones, New York 1984, pp. 48-55.

P. Moreno, Alessandro Magno. Immagini come storia, Roma 2004.

T. Nygard, V. Tomasso, Andy Warhols Alexander the Great: an ancient portrait for Alexander Iolas in a Postmodern Frame, in “Classical Receptions Journal”, vol 0, Iss. 0, 2015, pp. 1-23.

E. Schwarzenberger, The portraiture of Alexander, in Alexandre le Grand. Image et Réalité, Genève 1975, pp. 223-267.
A.F. Stewart,
Faces of Power: Alexanders Image and Hellenistic Politics, Berkeley 1993.
F. Stewart,
Alexander in Greek and Roman Art, in Brills Companion to Alexander the Great, edited by J. Roisman, Leiden 2003.
A. Trofimova, Imitatio Alexandri in the Hellenistic Art: portraits of Alexander the Great and mythological images, Roma 2012.

F. Van der Wielen, Tête dAlexandre le Grand, n.. 384, in Art Antique: Collections Privées de Suisse Romande, édited by J. Dörig, Mayence 1975.
A. Warhol, P. Hackett,
POPism: the Warhol 60s, New York 1980.

N. Yalouris, Alexander and His Heritage, in The Search for Alexander: An Exhibition, Catalogue from the National Gallery of Art, Boston 1980, pp. 10-20. 

RUBRICHE


attualità

ambiente

arte

filosofia & religione

storia & sport

turismo storico

 

PERIODI


contemporanea

moderna

medievale

antica

 

ARCHIVIO

 

COLLABORA


scrivi per instoria

 

 

 

 

PUBBLICA CON GBE


Archeologia e Storia

Architettura

Edizioni d’Arte

Libri fotografici

Poesia

Ristampe Anastatiche

Saggi inediti

.

catalogo

pubblica con noi

 

 

 

CERCA NEL SITO


cerca e premi tasto "invio"

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]