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FILOSOFIA & RELIGIONE


N. 4 - Settembre 2005

IL KUNDALINI YOGA
Una preziosa riserva di energia fisica e mentale
di Salvatore Liberti

 

Gli otto passi del sentiero: questo il tema del Seminario intensivo di Yoga Kundalini svolto nella settimana dal 3 al 10 luglio nell’Eremo delle Grazie-Monte Soratte (S.Oreste) sotto la guida del maestro Sergio Olivieri, fondatore dell’Istituto Europeo Kundalini Yoga.

 

Una esperienza unica e straordinaria che ha consentito ai partecipanti, in una dimensione permeata di spiritualità ed interiorità, di approfondire la conoscenza di una disciplina orientale che sempre di più si va diffondendo nel mondo occidentale, probabilmente come antitesi al materialismo ed al consumismo sfrenato che caratterizza la nostra epoca. Quotidiani, riviste, programmi televisivi sono spesso rivolti a divulgare i luoghi comuni dello yoga rivestendo questa antica disciplina di un alone di misticismo religioso, o considerando lo yoga come una forma di ginnastica rivolta a potenziare il fisico, se non addirittura considerandolo un mezzo per tentare di risolvere problemi di carattere psicologico. Difficilmente si riesce a renderne la vera essenza che forse, per noi occidentali, è più facilmente quella di una consapevolezza che ci possa aiutare in tante situazioni della vita quotidiana; ed a ciò possiamo arrivare attraverso la ricerca di un equilibrio ed una maggiore armonia fra il nostro corpo, la nostra anima e la nostra mente.

 

Ma cosa sono gli “otto passi del sentiero” e cos’è il “kundalini yoga”?

 

Patanjali, un mistico indiano vissuto intorno al 400 d.c., teorizzava che otto sono i livelli dello Ashtanga Yoga, chiamati anche le otto braccia dello yoga. Rappresentano il sentiero che il praticante deve percorrere per raggiungere la felicità.

Sulla base della filosofia yoga, Patanjali descrive la fondamentale illusione nella quale ci troviamo quando ci identifichiamo con la nostra psiche ed il nostro corpo. I suoi Yoga-sutra (aforismi) mostrano anche le cause che sono all’origine di questa nostra condizione di autoillusione e indicano una via pratica per liberarsi da tutto ciò. Questa via di liberazione viene definita “fiore a otto petali dello yoga” e costituisce la base comune di tutte le diverse interpretazioni dello yoga.

 

Vediamo in dettaglio queste otto discipline, o precetti:

 

1) Yama: le astinenze, o meglio la disciplina nei confronti del mondo esterno.

L’astenersi dalla violenza, dalla falsità, dal furto,dall’incontinenza, dall’avidità in tutti i campi della vita, indipendentemente dai limiti imposti da classe sociale, luogo, tempo e situazione.

 

2) Niyama: le osservanze o la disciplina nei confronti del mondo interiore.

La purezza interiore, l’appagamento, l’austerità, lo studio di sé e l’abbandono a Dio costituiscono le osservanze. Dobbiamo sviluppare un atteggiamento equilibrato nei confronti di ciò che è piacevole e di ciò che è spiacevole; l’ascesi deve essere intesa come sobrietà nei confronti delle cose materiali e spirituali.

 

3) Asana: le posture. Con la postura del corpo inizia l’autentica, specifica tecnica yoga. Attraverso tecniche differenti dobbiamo sviluppare e rafforzare il nostro corpo per essere in grado di assumere una determinata posizione e mantenerla per un lungo periodo di tempo in uno stato di profondo rilassamento, condizione fondamentale nello yoga per ogni tipo di meditazione.

 

4) Pranayama: la regolazione ed il controllo del respiro, considerato elemento fondamentale per preparare la mente alla concentrazione. Attraverso il respiro possiamo influenzare le potenzialità energetiche presenti nel nostro corpo inducendo nella nostra coscienza trasformazioni radicali.

 

5) Pratyahara: si raggiunge, concentrandosi sul respiro, quando i sensi si ritirano dagli oggetti esterni e la mente può così ritornare alla propria essenza spirituale.

 

6) Dharana: la concentrazione, cioè il fissarsi della mente sull’oggetto della concentrazione. Se durante questo processo di concentrazione si presentano altri pensieri, indesiderati, dobbiamo lasciarli andare e venire non prestando loro alcuna attenzione.

                                                                                                                             

7) Dhyana: la meditazione, cioè il flusso ininterrotto della mente verso l’oggetto scelto evitando ogni altra percezione o sensazione.

 

8) Samadhi: lo stato di trance, nel quale esiste soltanto l’oggetto della contemplazione e la nostra identità, il nostro io, sono scomparsi.

 

Secondo Patanjali gli ultimi tre stadi rappresentano il processo evolutivo della contemplazione interiore ed è questa l’esperienza che lo yoga vuole trasmetterci: riconoscere e realizzare la nostra vera essenza divenendo consapevoli della nostra identità divina.

 

Ma come entra in relazione con il Kundalini Yoga il cammino dello Ashtanga Yoga di Patanjali?

 

Il Kundalini Yoga, considerato il più completo fra tutte le discipline yogiche, viene definito lo “yoga della consapevolezza”. Secondo la filosofia yogica, prende il suo nome dalla Shakti (moglie di Shiva), il “serpente arrotolato” che riposa avvolto in tre spire e mezzo alla base della colonna vertebrale.

Shakti è la polarità femminile opposta a Shiva (la polarità maschile posta sulla cima della testa), cui vuole riunirsi; l’energia che percorre la colonna mettendo in relazione i due poli è la kundalini.

 

L’energia della kundalini è una energia latente, che può essere risvegliata attraverso:

 

- le asana: posture idonee a stimolare meridiani, terminazioni nervose e centri  energici detti  “chakra” (di cui parlerò diffusamente più avanti).

 

- il pranayama: la scienza del respiro, il modo corretto di portare prana (energia vitale) nel   corpo attraverso la respirazione.

 

- la dhyana: la meditazione.

 

Il processo fisiologico ed energetico che deve essere liberato attraverso la pratica del kundalini yoga è molto complesso e proverò a sintetizzarlo.

 

In ogni individuo il corpo materiale è circondato da un involucro energetico che costituisce il cosiddetto corpo etereo o pranico, definito anche corpo vitale perché rappresenta l’autentico principio della vita.

Prana e Apana sono le forze vitali che alimentano il nostro corpo fisico ed il nostro spirito. Il corpo può fare a meno, anche per lunghi periodi, di acqua e cibo, ma non potrà mai fare a meno, se non per pochissimi minuti, dell’aria che respiriamo e che costituisce appunto la nostra energia vitale.

Sul piano etereo l’energia viene raccolta e distribuita attraverso i chakra; sul piano materiale ciò avviene attraverso l’alimentazione, la luce del sole, l’aria che respiriamo.

 

Lungo la colonna ci sono tre canali energetici. Attraverso il canale centrale, denominato Sushumna, fluisce Shakti, l’energia kundalini (collegata al pianeta Mercurio) che alimenta i chakra. Dalla narice destra parte pingala, il canale che stimola la parte sinistra del cervello; rappresenta l‘energia solare e trasporta prana “energia positiva”, la cui qualità è calda, con effetto stimolante.

 

Dalla narice sinistra parte invece ida, il canale che stimola la parte destra del cervello; rappresenta l’energia della luna e trasporta apana “energia negativa”, l’energia della eliminazione, con effetti calmanti.

Quando queste due energie, prana e apana, si incontrano all’altezza dell’ombelico, la prima in seguito all’inspirazione, la seconda dopo l’espirazione – aiutata da una sospensione del respiro e da una contrazione muscolare – creano un fuoco che attiva la kundalini. Le energie praniche e apaniche risvegliano il “serpente addormentato” che inizia a risalire lungo il canale centrale (sushumna), scorrendo attraverso i chakra, per raggiungere Shiva nel Sashara (il chakra della corona).

 

Finchè prana e apana non si incontrano in maniera equilibrata, la kundalini non verrà rilasciata; la pratica yoga serve appunto ad aiutare il corpo a sostenere la salita della kundalini.                                                                                                

Appare evidente che il processo di risveglio appena descritto costituisce la conclusione di un lungo cammino che può richiedere anche una vita intera, un processo molto complesso rivolto alla conoscenza profonda del proprio Sé.

 

Abbiamo parlato dei Chakra e dunque sarà opportuno spiegare di cosa si tratti.

I Chakra (“ruota” o “loto” secondo il termine sanscrito) sono dei raccoglitori e diffusori di energia che si trovano all’interno del corpo pranico.

 

L’energia che scorre attraverso i chakra influisce sulla nostra salute fisica e sul nostro benessere corporeo e determina il nostro modo di pensare e di sentire, nonché il nostro stato di coscienza.

In sintesi, i Chakra sono i ricevitori, i trasformatori e i conduttori dell’energia, sono i punti di raccolta e di intercettazione della forza vitale contenuta nell’aria che respiriamo (prana). Essi rappresentano le porte di accesso per la corrente energetica e vitale nel nostro corpo pranico. Ogni chakra è in comunicazione con determinati organi e determinate zone del nostro corpo e fornisce la forza necessaria per il loro funzionamento.

 

Si distinguono 7 principali Chakra (otto se si considera tale la nostra “Aura”, il campo energetico intorno al nostro corpo), distribuiti in ordine ascendente lungo la colonna vertebrale:

 

1) Muladhara-chakra, il “sostegno della base” (situato alla base della colonna).

Il primo chakra è in relazione con il nostro istinto di sopravvivenza o di autoconservazione. Sviluppando l’attività di questo centro, si rafforza il nostro senso di identità e di indipendenza da ciò che ci circonda. Una carenza nell’attività del primo chakra determina mancanza di autonomia e di individualità.

 

2) Svadhisthana-chakra, il centro della sessualità.

Il secondo chakra assorbe l’energia vitale e regola le nostre emozioni, la nostra creatività, la sessualità e la riproduzione.

 

3) Manipura-chakra, il centro dell’ombelico.

Il terzo chakra è il centro dell’energia e della volontà. Presiede agli stati emotivi, alle facoltà intellettuali, ai poteri della mente, allo stomaco ed al sistema digestivo superiore. Un’attività limitata di questo chakra determina apatia, mancanza di energia e capacità di imporsi; al contrario, un  eccesso conduce ad un attivismo estremo e talvolta ad aggressività.

 

4) Anahata-chakra, il centro del cuore.

Il quarto chakra determina la misura della nostra capacità di amare e di esprimere sensibilità nei confronti del prossimo; è responsabile  della capacità di aprire il proprio cuore e di donare in modo disinteressato. Quando questo centro è bloccato si prova freddezza o si hanno freni inibitori nei confronti del prossimo.

 

5) Vishudda-chakra, il centro della gola.

Il quinto chakra controlla la nostra voce e, in maniera più ampia, la nostra capacità di comunicazione e di espressione individuale. Eventuali difficoltà nell’immagine di sé e nella comunicazione con il prossimo indicano la presenza di un blocco di questo centro.

 

6) Ajna-chakra, il centro della fronte (il terzo occhio).

Il sesto chakra ci aiuta a sviluppare la nostra intelligenza e la nostra intuizione.

Una scarsa attività di questo chakra determina confusione di pensiero e incapacità di percepire i fatti in modo intuitivo.

 

7) Sahasrara-chakra, il centro della sommità del capo.

Il settimo chakra è il chakra della coscienza cosmica; si riconosce il proprio nucleo Divino e si sperimentano la propria identità con Dio e l‘unità con l’intero universo.

                                                                                                                     

Così come, secondo i precetti dello Ashtanga-Yoga di Patanjiali, gli ultimi tre stadi rappresentano il processo evolutivo della contemplazione interiore, così, analogamente, i tre chakra superiori sono considerati i chakra della spiritualità e della ascesi, che non può essere raggiunta se non si è raggiunto un equilibrio nei tre chakra inferiori, i chakra della materialità terrena, separati dalla linea di demarcazione del chakra del cuore.

 

Mi rendo conto, al termine di questa sintetica trattazione, che certi concetti, per chi si avvicina le prime volte alla pratica yoga, possono sembrare difficili non tanto da comprendere quanto da assimilare, e dunque ritengo necessario aggiungere ulteriori informazioni che possano facilitare una visione più ampia dei concetti trattati.

 

Nel Kundalini Yoga il pranayama, cioè la regolazione del respiro e la direzione dell’energia pranica, avviene attraverso i cosiddetti Kriya, che costituiscono una combinazione in diversi esercizi, di tecniche di Asana, di Mantra e di Mudra.

 

Con il concetto di Asana si intendono determinate, ben definite, posture del corpo e sequenze di movimenti bilanciate con una respirazione specifica e riassunti generalmente in una sequenza di esercizi denominati appunto Kriya. I kriya del Kundalini yoga sono di fatto dei percorsi di un allenamento che determina risultati sia sul piano fisico che su quello mentale o energetico; da un lato rafforzano, armonizzano o potenziano uno specifico organo fisico o una determinata parte del corpo, dall’altro donano un senso di vitalità e di coscienza del proprio corpo accompagnato ad una sensazione di consapevolezza di sé gradualmente crescente.

 

Una Mudra è  una determinata e ben definita posizione della mano e delle dita attraverso la quale si può esercitare un influsso sulla nostra mente e sulla nostra psiche. Determinate posizioni delle mani e delle dita coinvolgono determinate zone del nostro cervello e della nostra psiche e vi esercitano un influsso energetico.

Mantra sono determinate sillabe, parole, sequenze fonetiche, utilizzate come strumento per la concentrazione e per dirigere il proprio influsso sulla coscienza. Sono delle vibrazioni energetiche interiori, un flusso sonoro che si trova in relazione con un ben determinato contenuto od oggetto legato a nomi o parole sacre con un significato spirituale, diretto a donare una profonda calma interiore.

 

Il Kundalini Yoga è un cammino, una via, che tutti possiamo intraprendere e che apporterà in noi una progressiva trasformazione a condizione che ci sia una intensa preparazione del corpo e dello spirito, un costante allenamento della mente attraverso le discipline della concentrazione e della meditazione, una purificazione ed un ottimo rafforzamento del nostro corpo armonizzando il sistema endocrino e il sistema nervoso ed equilibrando i processi vegetativi della digestione e del metabolismo in genere attraverso una alimentazione sana, naturale, il più possibile vegetariana.

 

Questa preparazione comprende, in qualche modo, anche le regole esposte da Patanjali sulla disciplina nei confronti del mondo esterno e di quello interiore. Senza un certo distacco spirituale dal materialismo della vita quotidiana, senza un atteggiamento di raccoglimento meditativo, risulterà difficile intraprendere il Kundalini Yoga, così come qualunque altra disciplina yogica. Lo yoga è una disciplina olistica, che plasma ogni aspetto della nostra vita: una vita consapevole in senso yogico conferisce energia e forza, che si esprimono nella vita quotidiana  e ci donano calma ed equilibrio interiore.

 

La pratica Yoga, per effetto di alcuni diffusi pregiudizi, è vista ancora oggi con qualche riserva mentale e resistenza psicologica. Per noi occidentali, che abbiamo una mente più stressata e attaccata alle cose materiali, lo Yoga, pur rispettando le sue finalità che sono quelle di unire la propria coscienza individuale con quella cosmica congiungendo con Dio il proprio corpo, la propria anima, la propria mente,  potrà quanto meno aiutarci ad armonizzare e rimuovere i blocchi di energia.

 

L’esperienza di chi vorrà intraprendere il cammino di questa disciplina, come ho potuto verificare direttamente pur considerandomi ancora agli inizi, porterà a riscontrare da subito evidenti benefici: scioltezza articolare e tonicità muscolare per quel che riguarda la parte esterna; benessere e migliore funzionamento degli organi quale cuore, polmoni, cervello per quanto concerne la parte interna, da un punto di vista puramente fisico.

Ma anche, sul piano psichico,  maggior forza di volontà, concentrazione, serenità, maggiore attenzione verso l’ambiente esterno, progressivo distacco dalle cose materiali.

 

A chi oggi mi chiede: ma a cosa serve lo yoga? Io rispondo, pur cosciente della riduttività della risposta: a stare bene con se stesso e, soprattutto, in armonia con l’universo e nei rapporti con gli altri.

Voglio dire, ed il mio maestro vorrà perdonarmi per la semplificazione, che essendo lo yoga una via, è importante mettersi in cammino: non sappiamo dove, come e quando arriveremo, ma ognuno, se vuole, troverà la propria strada.



 

 

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