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N. 141 - Settembre 2019 (CLXXII)

come il xx settembre divenne festa nazionale

solennità civile dal 1895 al 1930

di Giorgio Giannini

  

La prima proposta di legge per celebrare il 20 settembre, anniversario della breccia Porta Pia e della liberazione di Roma, con la fine del potere temporale del papa, è presentata alla Camera dei deputati dall’onorevole Niccolò Gallo nel maggio 1889.

 

La proposta di legge, annunciata in Aula dal presidente della Camera dei Deputati, on. Biancheri nella seduta del 16 maggio 1889, consta di tre articoli: con il primo si dichiara il XX settembre “Festa Nazionale per celebrare l’Unità d’Italia”, con il secondo si dispone la celebrazione della festa in tutti i municipi, “d’accordo con le autorità governative”; con il terzo articolo si modifica l’art. 1 della legge 5 maggio 1861 n. 7, stabilendo che la prima domenica del mese di giugno si continua a celebrare la Festa Nazionale per lo Statuto del Regno mentre la Festa per l’Unità d’Italia è spostata al 20 settembre.

 

L’esame della proposta è rinviato a un giorno da stabilire in accordo con il Ministro dell’Interno. Però non se ne fa nulla e la proposta non è mai esaminata dagli uffici della Camera (per questo motivo non ha avuto neppure un numero negli atti della Camera).

 

 

La seconda proposta di legge del 1891

 

La seconda proposta di legge è presentata il 3 dicembre 1891 alla Camera dall’on. Nicola Vischi. È presa in considerazione il 3 dicembre e riceve il n. 265 negli atti. Consta di un solo articolo, di modifica dell’art. 1 della legge 5 maggio 1861 n. 7, con il quale si dichiara il 20 settembre “Festa Nazionale per celebrare l’Unità d‘Italia e lo Statuto del Regno “. In pratica si sposta al 20 settembre la Festa Nazionale già prevista per la prima domenica di giugno dalla Legge 7 del 1861.

 

L’esame della proposta è affidato a una commissione composta dagli onorevoli Ferrari (presidente), Sella (segretario), D’Andrea, Daneo, Levi, Marinuzzi, Tasca-Lanza, Vollaro, Vischi (relatore).

 

L’on Vischi presenta nella seduta del 10 febbraio 1892 la relazione, nella quale afferma che “la data del XX settembre, appunto perché ricorda il riscatto della nostra Roma capitale e la caduta del potere temporale dei papi, sarebbe la più degna di essere prescelta per le celebrazioni della festa della unità e della libertà della patria”. Però, “se si elevasse alla dignità di festa nazionale il XX settembre, pur mantenendosi l’altra convenzionale della prima domenica di giugno (cioè la festa dello Statuto), si duplicherebbero tali celebrazioni, che per poter addivenire solenni devono essere uniche, e si creerebbe una possibilità di gare”. Per questo motivo la sua proposta destina il 20 settembre come unica festa dell’Unità nazionale e dello Statuto.

 

Ricorda inoltre che due Deputati della commissione parlamentare avevano osservato che era più opportuno continuare a celebrare la festa dello Statuto la prima domenica di giugno, limitando così l’effetto della proposta di legge solo a dichiarare “giorno festivo” l’anniversario della breccia di Porta Pia “per calmare le apprensioni di coloro, i quali danno alla ricorrenza della prima domenica di giugno una importanza quasi statutaria”. Ricorda infine che la commissione aveva accolto questa osservazione ritenendo che “il XX settembre non ha bisogno di essere legislativamente dichiarato festa nazionale, essendo già tale nei cuori degli italiani”; aveva però riconosciuto la “necessità di carattere politico” che il XX settembre diventasse “giorno festivo agli effetti civili”, aggiungendolo all’elenco di quelli previsti dalla legge 23 giugno 1874 n.1968.

 

L’on. Vischi accetta il significato “più modesto”, dato alla sua proposta dalla commissione (cioè di riconoscere il XX settembre non come “festa nazionale” celebrativa dell’Unità Nazionale, ma solo come “giorno festivo”) perché la data ‘è stata inserita, come unica ricorrenza civile, nel calendario delle festività religiose stabilito con il regio decreto 6 settembre 1853 e recepito dalla legge n. 1968 del 1874, rendendolo così più conforme al vero spirito dell’art. 1 dello Statuto.

 

La proposta di legge, pur così emendata dalla commissione, non è esaminata dalla Camera.

 

 

La terza proposta di legge del 1895

 

Tenendo conto del testo elaborato dalla commissione parlamentare nel 1892, l’on. Vischi ripresenta all’inizio di luglio 1895 la proposta di legge per dichiarare il XX settembre “giorno festivo per gli effetti civili”.

 

La proposta è annunciata in aula, alla Camera, nella seduta del 4 luglio ed è illustrata dall’on. Vischi nella seduta dell’8 luglio, nella quale, dopo aver ricordato le vicende dell’altra sua proposta presentata il 3 dicembre 1891, ne auspica l’approvazione per celebrare solennemente “la ricorrenza del venticinquesimo anniversario del glorioso avvenimento” (della breccia di Porta Pia), che è anche “la più grande vittoria del secolo decimonono”. L’on. Vischi ricorda anche che il re Umberto I, nel suo ‘discorso della Corona’, all’inaugurazione della legislatura, aveva fatto cenno al primo giubileo dell’unione di Roma allo Stato.

 

L’on. Galli, sottosegretario al Ministero dell’Interno, annuncia che il Governo non si oppone all’approvazione della proposta, che pertanto è ‘presa in considerazione’ e riceve il n. 102 degli atti parlamentari della Camera.

 

Gli onorevoli Casale e Elia propongono di deferire al presidente della Camera, e non agli uffici, la nomina della commissione incaricata di esaminare la proposta di legge allo scopo di riferire in aula “con la maggiore sollecitudine”. La Camera approva la proposta e alcune ore dopo il Presidente, on. Villa, comunica che la commissione è composta dagli onorevoli Bianchieri (presidente), Luzzatto (segretario), Caetani, Di Rudinì, Ercole, Fortis, Garibaldi, Miceli, Vischi (relatore).

 

Il giorno seguente, 9 luglio 1895, l’on. Vischi presenta, a nome della commissione, una breve Relazione, nella quale sollecita l’approvazione della proposta per dichiarare il XX settembre “giorno festivo” al fine di “celebrare degnamente il venticinquesimo anniversario della breccia di Porta Pia” che è “la più grande vittoria ottenuta dall’Italia a beneficio di tutto il mondo civile”.

 

 

L’esame della proposta di legge alla Camera

 

La proposta è esaminata dalla Camera nella seduta pomeridiana dell’11 luglio 1895, con la presidenza del presidente on. Villa.

 

Il dibattito in aula è molto acceso. Intervengono a favore gli onorevoli Bonardi, Andrea Costa, Imbriani, Mazza e il presidente del Consiglio Crispi; dichiarano di essere contrari alla proposta gli onorevoli Colajanni, De Nicolò, Macola, Prinetti.

 

In particolare l’on. Mazza dichiara che la proposta “non si discute” perché il XX settembre “è data non solamente italiana, ma universale” perché segna la “caduta del potere temporale” della Chiesa e quindi la “chiusa di un’era”. Pertanto, non si può “non elevare a festa quel giorno”.

 

L’on. Colajanni, invece, pur appartenendo alla Sinistra, dichiara di non essere favorevole alla proposta perché il “momento è inopportuno” essendoci un governo che pratica una “politica a partita doppia”, che “oggi esalta Giordano Bruno, domani mette a disposizione guardie, delegati, prefetti, autorità d’ogni genere per far trionfare i clericali”.

 

L’on. Andrea Costa afferma di essere “disorientato” perché la borghesia dimostra di non avere più “il culto della patria e del libero pensiero” e quindi “non ha più ideali”. Dichiara comunque il voto favorevole dei socialisti affinché il XX settembre sia festa nazionale “per tutti i cittadini italiani, anche per quelli i quali giacciono al domicilio coatto, nelle carceri, nelle galere”. Infatti “tutti in quel giorno devono essere liberi e salutare il XX settembre come il principio di un’era nuova, che, liberando le coscienze, liberi altresì il lavoro e faccia realmente dell’umanità una società di liberi e di uguali”.

 

L’on. Torraca invece non approva la proposta perché ritiene che, quando la festa del 20 settembre, che ora è celebrata dal popolo spontaneamente, “per impulso dell’anima”, e quindi è “espressione del sentimento popolare” e ha “un valore alto, un alto significato di fronte al Vaticano”, sarà stabilita con legge, perderà questo suo valore e significato. L’on. De Nicolò, contrario alla proposta, presenta un ordine del giorno per sospenderne la discussione.

 

Il presidente del Consiglio Crispi lamenta il “deplorevole dissidio che si è manifestato tanto da un lato quanto dall’altro della Camera”; anch’egli ritiene che poiché il 20 settembre “è sempre stato festeggiato dal popolo una prescrizione, un ordine a festeggiarlo non sarebbero necessari”, anzi sembrerebbe così che si voglia imporre “quello che è nella coscienza di tutti”. Ritiene però che la non approvazione della legge “sarebbe un’offesa alla coscienza nazionale” e produrrebbe una “triste impressione” sia in Italia che all’estero. Invita quindi ad approvare subito la legge, proponendo di chiudere la discussione generale.

 

La proposta di Crispi è messa ai voti dal Presidente della Camera on. Villa ed è approvata “tra rumori vivissimi”, tanto che viene sospesa la seduta per cinque minuti, dalle ore 15,45 alle ore 15,50. Il presidente on. Villa mette quindi in votazione l’ordine del giorno De Nicolò (firmato anche da altri 11 Deputati), al quale il relatore Vischi si dichiara contrario, come pure il presidente del Consiglio Crispi a nome del governo.

 

L’on. Salaris propone la votazione per ‘divisione’ sull’ordine del giorno, ma la proposta è respinta dal Presidente on. Villa perché il regolamento prevede la votazione per appello nominale. Prima di procedere al voto dell’ordine del giorno De Nicolò, si procede alle dichiarazioni di voto sulla proposta di legge; intervengono gli onorevoli Canzi, Mussi, Berenini, Taroni, Di Lenna, tutti a favore.

 

Il presidente on. Villa pone quindi ai voti, per appello nominale, l’ordine del giorno De Nicolò. Durante la chiamata per il voto, l’on. Imbriani invece di rispondere si o no urla: ”Voto per Mentana!” e il presidente Villa lo richiama all’ordine. L’ordine del giorno De Nicolò è respinto con 26 a favore, 249 contrari e 3 astensioni.

 

Si procede quindi alla votazione, a scrutinio segreto, della proposta di legge, che è approvata a larghissima maggioranza: 204 a favore e 62 contrari.

 

 

L’approvazione definitiva al Senato

 

La proposta è trasmessa dal presidente della Camera Villa al Senato, dove il presidente sen. Farini ne dà notizia nella seduta del 13 luglio, durante la quale il sen. Cancellieri propone di affidare al Presidente, come era stato fatto alla Camera, la nomina di una commissione di cinque membri per esaminare il progetto di legge e riferire al Senato “d’urgenza “. La proposta è approvata e il presidente Farini annuncia che il giorno seguente avrebbe comunicato i nomi dei cinque componenti. Così l’indomani, 14 luglio, il sen. Farini annuncia che la commissione è composta dai senatori Cancellieri (presidente), Cavalletto, Cosenz, Finali (relatore), Sforza Cesarini.

 

Il sen. Finali presenta nella seduta del 16 luglio 1895 la relazione, nella quale sostiene l’approvazione della proposta con il fatto che “il sentimento popolare celebra già l’annuale ricorrenza del XX settembre come giorno di festa nazionale”, per cui l’approvazione della legge per dichiararla festiva agli effetti civili“ permetterà a tutti di parteciparvi più liberamente”. La proposta di legge è discussa in sula nella seduta pomeridiana del 17 luglio 1895, con la Presidenza del Presidente Sen. Farini.

 

Nella discussione generale intervengono a favore i senatori Del Zio, Pierantoni, Mariotti, Carducci, Gadda, Finali e il Presidente del Consiglio Crispi. Dichiarano invece di essere contrari alla proposta i senatori Negri e Lampertico. In particolare, il sen. Del Zio si dichiara a favore della legge ed espone una dotta relazione sull’origine delle feste nazionali durante la Rivoluzione Francese.

 

Il sen. Negri dichiara di essere contrario alla legge perché gli sembra “completamente superflua e quindi inopportuna” dal punto di vista del diritto nazionale perché si mette in dubbio quello di cui non si può dubitare (cioè l’unione di Roma all’Italia), mentre dal punto di vista del problema religioso la legge gli appare addirittura “pericolosa perché essa raggiunge il risultato di rendere più forte, perché più rispettato dai credenti, quel potere (il Papa) che oggi ci è terribile nemico”. Presenta quindi una mozione con la quale chiede di sospendere la discussione della proposta perché “superflua e inopportuna”.

 

Il sen. Pierantoni, intervenendo a favore della proposta, ricorda che dopo la battaglia di Legnano, che “fu il più grande avvenimento dell’Europa del Medio evo e la prima grande vittoria di un popolo contro lo straniero”, il 20 settembre è la data storica più importante perché “l’Italia piantò sopra le eterne mura di Roma il vessillo della nazionalità recante il trionfo della libertà civile, politica e religiosa”.

 

Il sen. Mariotti, dopo aver ricordato che ogni popolo civile ha la festa della sua indipendenza, afferma che anche l’Italia deve celebrare la sua unità nazionale, raggiunta il 20 settembre 1870, anniversario che “ogni anno si celebra fastosamente dal popolo italiano”, ormai da 25 anni, tanto che nessun altra legge ha avuto dal popolo una “approvazione anticipata". Ricordando quindi il principio cavouriano della ‘libera Chiesa in libero Stato’, fa presente che “alla libertà della Chiesa deve sempre corrispondere la libertà dello Stato”. Pertanto, come sono liberi i giubilei “oltre Tevere” (cioè nel Vaticano) così nessuno “ha il diritto di vietare a noi di fare il giubileo nostro, celebrando il giorno che diede compimento alla patria”.

 

Il sen. Carducci dichiara di aver nutrito “la fiducia che l’alto Consesso (il Senato) accogliesse unanime la proposta obbedendo alla coerenza storica del nostro risorgimento”. Afferma quindi che “l’Italia ha il dovere di celebrare il XX settembre, non per affermare un diritto, ma per riaffermare l’alleanza fra la rivoluzione e la tradizione, fra la democrazia e la monarchia” e per commemorare perennemente “quel giorno in cui l’Italia poté riabbracciarsi alla sua alma Roma, non imperiale, non papale Roma italiana, Roma intangibile; intangibile in nome dell’Italia, della libertà, della scienza”. Il suo discorso riceve moltissimi applausi.

 

Il sen. Gadda ritiene che la proposta é inopportuna, ma afferma che sarebbe “maggiormente inopportuno, una volta prodotta, il respingerla perché all’estero la reiezione della legge potrebbe credersi un affievolimento nella nostra fede di Roma capitale”.

 

Interviene il presidente del Consiglio Crispi che riconferma quanto detto alla Camera nella seduta del 11 luglio e cioè che, una volta che la proposta era stata presentata “non si poteva né si doveva votarvi contro” perché il voto contrario avrebbe il significato che “noi retrocediamo, o per lo meno che abbiamo paura di mantenere lo stato attuale delle cose”. Confida pertanto che il Senato ”corpo eminentemente conservatore” voterà a favore della legge.

 

Il presidente del Senato Farini pone quindi in votazione la mozione del sen. Negri, che non è accettata né dal Relatore sen. Finali, né dal governo, per dichiarazione del presidente del Consiglio Crispi, il quale ribadisce che un voto contrario alla legge può essere interpretato “come un atto di debolezza “, che invece non si deve avere.

 

L’ordine del giorno Negri è posto in votazione per alzata e seduta e non è approvato. Si procede quindi alla votazione a scrutinio segreto della proposta di legge che viene approvata a grande maggioranza: 87 voti favorevoli e 28 contrari.

 

La legge è promulgata dal re Umberto I il 19 luglio con il n. 401 ed è pubblicata lo stesso giorno sulla Gazzetta Ufficiale del Regno.

 

Da quell’anno, la ricorrenza del XX settembre è festeggiata solennemente in tutto il Paese, con grandi manifestazioni popolari e anche con l’inaugurazione di lapidi e di monumenti celebrativi.

Particolari festeggiamenti si tengono in tutto il Paese nel settembre 1895, per festeggiare il 25° anniversario dell’unificazione di Roma all’Italia.

 

In particolare, a Roma, il 20 settembre, per la celebrazione della ricorrenza, si tiene una imponente manifestazione in via XX Settembre (che inizia da Porta Pia), e il 22 settembre è solennemente inaugurata, con grande partecipazione di popolo, nel Piazzale di Porta Pia una colonna commemorativa della ‘breccia’, costituita da un fusto antico e da una statua in bronzo dorato, che rappresenta una ‘Vittoria alata’ opera dello scultore Giuseppe Guastalla. Altre imponenti manifestazioni si tengono il 20 settembre dell’anno 1900.

 

Nel 1920, al tratto ricostruito delle mura cittadine è addossata una mostra di marmo, realizzata su disegno di Adolfo Apolloni, con un’epigrafe scritta da Giovanni Bovio celebrativa del XX settembre.

 

Nel 1932, al centro del piazzale di Porta Pia è eretto il Monumento al bersagliere, opera dell’architetto Italo Mancini, che rappresenta un bersagliere nel momento in cui va all’assalto. La statua in bronzo è opera dello scultore Publio Morbiducci.

 

Nel piedistallo della statua ci sono sei altorilievi in bronzo, realizzati sempre da Morbiducci, che rievocano i più significativi episodi bellici del Corpo dei Bersaglieri: Ponte di Goito (1848), Luciano Manara (1849), Porta Pia (1870), Sciara Sciat (1911), Enrico Toti (1916) e Riva di Villasanta (1918).

 

 

L’abrogazione della legge durante il regime fascista

 

Durante il regime fascista l’elenco delle ‘feste nazionali’, dei ‘giorni festivi a tutti gli effetti civili’ e delle ‘solennità civili’, stabilito con il regio decreto legge 30 dicembre 1923 n. 2859, subisce varie modifiche con provvedimenti che introducono nuove feste celebrative del regime.

Per riordinare la materia in un Testo Unico, Mussolini presenta alla Camera il 24 novembre 1930 il disegno di legge n. 717.

Le innovazioni più importanti riguardano:

-   - il riconoscimento del 28 ottobre, anniversario della ‘marcia su Roma’, come festa nazionale;

- il riconoscimento del 23 marzo, anniversario della fondazione dei Fasci di combattimento, come solennità civile;

- la soppressione del 20 settembre come ‘giorno festivo a tutti gli effetti civil’i;

- la previsione dell’11 febbraio, data della firma del Trattato del Laterano, come solennità civile.

                

Nella brevissima relazione illustrativa della proposta, Mussolini giustifica la soppressione del XX settembre come giorno festivo con il fatto che “con il Trattato Lateranense è stata definitivamente chiusa la questione romana”. Pertanto questa data “è venuta necessariamente a perdere la sua giustificazione di riconsacrazione annuale del diritto dell’Italia alla sua capitale”. In sostituzione di questa festa è riconosciuto come solennità civile, il giorno 11 febbraio, data della stipulazione del Trattato del Laterano.

 

La proposta viene esaminata da una commissione composta dagli onorevoli Chiarelli (presidente), Giunti (segretario), Bagnasco (relatore), Garagiola, Ferracini, Maresca, Miori, Mottola, Severini.

 

L’on. Bagnasco presenta una brevissima relazione il 10 dicembre 1930. La proposta è esaminata in aula dalla Camera il 12 dicembre 1930. Interviene l’on. Ezio Garibaldi che sostiene che “il 20 settembre è una grande data, non solo nella storia d’Italia, ma in quella del mondo”. Infatti, “la data del 20 settembre supera di molto la sua significazione di riconsacrazione annuale del diritto d’Italia su Roma…è la data che ricorda la fine del potere temporale e rimane uno dei luminosi fari della nostra storia civile”. Sostiene comunque che “pur dichiarando l’undici febbraio solennità civile, si sarebbe potuto lasciare nell’elenco il 20 settembre “. Il suo discorso riceve molti applausi.

 

Interviene quindi Mussolini che giustifica la soppressione del 20 settembre come giorno festivo con il fatto che la celebrazione era diventata negli ultimi tempi “una parata massonica,inutile e malinconica”; invece l’11 febbraio è il giorno in cui il Papa ha riconosciuto all’Italia il “legittimo e pacifico possesso di Roma”, per la prima volta e con rinuncia definitiva e irrevocabile. Ritiene pertanto che, se si continuasse a festeggiare il 20 settembre, si attuerebbe un comportamento illogico. Afferma comunque che “il 20 settembre è una data che nessuno cancella e nessuno può cancellare, perché il fatto è là delineato… legato a un evento, a una cronologia, a un periodo storico”. Auspica infine che “dopo queste dichiarazioni la Camera possa con tranquilla, con italiana, con fascista coscienza dare il proprio suffragio al disegno di legge”. Alla fine del suo intervento tutti si alzano in piedi e applaudono a lungo.

 

Il presidente della Camera on. Giuriati annuncia che gli onorevoli Fera e Basile hanno rinunciato a intervenire e chiude la discussione generale. Si procede quindi all’esame dei singoli articoli che sono approvati senza modifiche. Poi è messo in votazione, a scrutinio segreto, il testo del disegno di legge, che ottiene l’unanimità dei consensi: 271 voti favorevoli su 271 presenti e votanti.

 

La proposta è trasmessa il 14 dicembre 1930 al Senato, dove riceve il n. 710 degli atti parlamentari, ed è inviata per l’esame all’ufficio centrale composto dai senatori Paulucci di Calboli (presidente), Quartieri (segretario), Fedele (relatore), Bonin Longare, Colonna, Dallolio, Sanjust.

 

Il 18 dicembre il sen. Fedele presenta la Relazione nella quale giustifica la soppressione della festività del 20 settembre con il fatto che in quel giorno “non si celebrava più il ricongiungimento di Roma con l’Italia ma la pretesa vittoria della massoneria sul papato”.

 

Ritiene inoltre che, essendo stata “chiusa la Questione romana con i Patti del Laterano, la celebrazione del 20 settembre non ha più ragione di essere. Ed è giusto che essa sia sostituita nell’elenco delle solennità civili col giorno dell’11 febbraio nel quale si compì uno dei più grandi avvenimenti della storia contemporanea” poiché “l’11 febbraio significa veramente per l’Italia il pieno, assoluto inviolabile possesso della sua capitale Roma”. Invita quindi i Senatori a votare a favore della proposta per incidere “la data dell’11 febbraio del 1929 fra le più memorabili degli annali della storia d’Italia”.

 

La proposta è esaminata in aula, al Senato, nella seduta del 20 dicembre 1930. Poiché nella discussione generale non ha chiesto di intervenire nessun senatore, il presidente sen. Federzoni la dichiara chiusa; si passa quindi all’esame dei singoli articoli, che sono tutti approvati senza alcuna modifica rispetto al testo approvato dalla Camera.

 

Viene quindi approvato, a scrutinio segreto, l’intero disegno di legge, che ottiene una larghissima maggioranza: 144 voti favorevoli e 15 contrari. La legge è promulgata dal re Vittorio Emanuele III il 27 dicembre 1930 con il n. 1726. è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 13 gennaio 1931 ed entra in vigore lo stesso giorno.

 

 

La proposta di legge del 2002 per celebrare il XX settembre come ‘solennità civile’

 

L’Associazione nazionale per il libero pensiero Giordano Bruno diffonde nella primavera 2002 un appello affinché il XX settembre sia di nuovo ‘Festa’. Però, ben consapevole dell’estrema difficoltà di far approvare una legge del genere, sia perché nell’attuale periodo storico politico le forze clericali stanno riprendendo con forza il sopravvento, sia perché nell’attuale normativa (la legge 27 maggio 1949 n. 260) esiste una sola Festa Nazionale, il 2 giugno, Festa della Repubblica (che dopo essere stata spostata alla prima domenica di giugno con la legge 5 marzo 1977 n. 54 è stata ripristinata, nel giorno del 2 giugno, con la legge 20 novembre 2000 n. 336), l’Associazione auspica che il XX settembre sia riconosciuto come ‘solennità civile’ e afferma che l’approvazione della legge rappresenterebbe una grande vittoria laica.

 

Il 18 settembre 2002, l’on. Pierpaolo CENTO (Verdi) presenta alla Camera dei Deputati la proposta di legge n. 3162, elaborata dal prof. Giorgio Giannini, segretario della sezione romana dell’Associazione nazionale del libero pensiero Giordano Bruno, per riconoscere solennità civile il XX settembre, “anniversario dell’unificazione di Roma allo Stato Italiano”.

 

La proposta di legge consta di un solo articolo, con il quale si inserisce nell’elenco delle solennità civili, previste dagli articoli 2 e 3 della legge 27 maggio 1949 n. 260, il XX settembre.

 

Ai sensi della legge 260 del 1949 sono ‘solennità civili’ il 28 settembre, anniversario delle Cinque Giornate di Napoli del 23-28 settembre 1943 con le quali la popolazione napoletana cacciò l’invasore nazifascista, e il 4 ottobre, festa di San Francesco, patrono d’Italia.

 

La ‘solennità civile’, ai sensi della legge 54 del 1977, non comporta la riduzione dell’orario di lavoro negli uffici pubblici (come invece era ai sensi della legge 260 del 1949), non costituisce giorno di vacanza né comporta riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado; c’è solo la esposizione della bandiera nazionale negli edifici pubblici.

 

Lo scopo della proposta di legge è quello di affermare il principio della “laicità dello Stato”, che è l’elemento fondante di ogni Stato democratico, multietnico e multireligioso. La proposta di legge non è esaminata e decade, come tutte le altre proposte di legge simili presentate nelle Legislature seguenti.



 

 

 

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