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N. 7 - Dicembre 2005

LA TRATTA DEI BAMBINI

La Russia e la Slovacchia - Parte II

di Leila Tavi

 

Dopo aver analizzato il caso della Repubblica Ceca nel mese di novembre, trattiamo in questo numero la tratta dei minori in Russia e in Slovacchia.

 

Per lo sfruttamento dei minori a scopo sessuale in Russia ci siamo basati su uno studio pubblicato nel 2004 dall’ECPAT Europe Law Enforcement Group dal titolo “Joint East West research on trafficking in children for sexual purposes in Europe: the sending countries” e sulle ricerche condotte da Maria Rusakova e Tatiana Pyškina dell’ONG Stellit di San Pietroburgo.

 

Secondo gli esperti i clienti che pagano per prestazioni sessuali di minori in Russia sono o pedofili o uomini di mezza età. Fare sesso con un bambino al di sotto dei 12 anni costa naturalmente di più; per un maschio vengono offerte cifre maggiori rispetto a una bambina. Gli sfruttatori sono uomini e donne, di solito sposati e cittadini russi o della Federazione. La Russia nord occidentale e San Pietroburgo sono i mercati “accessibili” per i clienti che vengono da paesi come la Finlandia, la Svezia, la Germania, la Norvegia e la Gran Bretagna; anche se non manca la clientela dall’Africa, dalla Turchia, dall’Arabia Saudita, l’India, l’Iran, il Giappone e gli Stati Uniti, o dall’Azerbaijan, la Georgia, il Tajkistan e l’Uzbekistan.

 

Nessuna delle organizzazioni umanitarie e delle autorità intervistate è stata in grado di fare una stima anche approssimativa del numero delle vittime coinvolte nel trafficking; la maggiore difficoltà che si incontra in Russia nel tentativo di contrastare il traffico di minori per lo sfruttamento sessuale è rappresentata dalla criminalità organizzata, che gestisce in regime di monopolio il mercato del sesso. Inoltre, come per gli altri paesi orientali e occidentali, l’argomento è ancora tabù e, forse, non preso con la dovuta serietà dalle autorità russe.

 

Per il traffico di bambini e ragazzi maschi si incontrano ancora più difficoltà perché le vittime sono restie a parlare con gli operatori umanitari a causa della discriminazione e all’esclusione sociale che l’essere omosessuali, o in questo caso, essere costretti a prostituirsi per omosessuali comporta. Il rapporto curato dalla Stellit rivela che nella maggior parte dei casi le organizzazioni umanitarie in Russia non vogliono avere a che fare con vittime dello sfruttamento sessuale di minori in ambienti omosessuali, perché ritenute pratiche scandalose.

 

La ONG di San Pietroburgo ha comunque riscontrato che tale tipo di sfruttamento è abbastanza diffuso in Russia e ben organizzato perché porta alla malavita locale proventi maggiori che lo sfruttamento delle ragazze; più difficile è stabilire se i ragazzi sono soltanto avviati alla prostituzione o costretti a farlo. La Stellit è riuscita ad intervistare un solo ragazzo che ha raccontato di un bordello in Finlandia, dove dal 2000 al 2001 sono stati portati dei minori da San Pietroburgo, tra cui anche ragazzi. Gli esperti sostengono che i minori vengono portati in Europa occidentale utilizzando le stesse rotte del traffico di donne, attraverso l’Ucraina, la Bielorussia e la Moldova, verso la Germania, l’Italia, Cipro, la Danimarca, la Francia e la Svezia. Alcuni di loro finiscono addirittura in Corea, in Cina, negli Stati Uniti, Giappone, Israele e in Turchia.

 

La carenza dal punto di vista della tutela giuridica nei confronti dei minori ha permesso in Russia un’espansione del traffico a scopi sessuali. Secondo il parere degli esperti i bambini sarebbero prelevati da piccoli villaggi degli Urali e della Siberia, o dalla Cecenia messa in ginocchio dai dieci anni di guerra, per essere sfruttati nelle città del nord ovest vicine alla Scandinavia. Spesso il traffico dei minori a scopo sessuale è maggiormente sviluppato dove c’è la presenza di basi o forze militari; questo è il caso della Cecenia, dove si è constatato che il fenomeno è frequente nei villaggi che si trovano nei pressi delle basi militari.

 

Spesso a trarre in inganno il minore è qualcuno a lui vicino, molto spesso un parente se non addirittura i genitori; spesso sono i genitori stessi a essere tratti in inganno, si illudono che ai loro figli verrà riservato un destino migliore del loro, magari attraverso quello che loro credono essere uno scambio culturale tra scuole e che invece si rivelerà l’inferno per i loro figli. Altre volte è una vittima stessa del traffico, quella che gli operatori chiamano “the second wave of trafficking”a reclutare bambini per la malavitaorganizzata.

 

In alcuni casi vengono utilizzati annunci pubblicitari, classica è la proposta di matrimonio per le ragazze. Per i traffici di minori all’interno della Federazione viene spesso utilizzato l’inganno della possibilità di un lavoro in una grande città, dove in un secondo momento sarà facile far perdere le tracce dei minori. Una volta nella grande città i minori, probabilmente sotto l’effetto di droghe o narcotici, vengono sfruttati nella pornografia.

 

Un passaporto falso per una ragazza di 14 anni può essere facilmente acquistato in Russia per 800 dollari; i minori di 14 anni sono registrati nel passaporto dei genitori; per un bambino sotto i 6 anni non è necessaria la foto di riconoscimento, quindi è possibile con uno stesso documento trasportare ogni volta un bambino diverso. Spesso dagli orfanotrofi spariscono i bambini, si sospetta inoltre che direttori di centri per bambini abbandonati abbiano ricevuto soldi da famiglie straniere interessate ad adottare i bambini senza passare per le vie legali e nel più breve tempo possibile. Dal 1993 al 2001 più di 500 bambini sono stati adottati dalla regione del Volgograd; la maggior parte di loro non è mai stata trovata agli indirizzi lasciati da quelle che dovevano essere le famiglie adottive.

 

Anche in Russia si teme che ci siano appartamenti che funzionano come bordelli clandestini dove vengono tenuti più bambini insieme. I metodi più comuni per costringere i minori alla prostituzione sono l’intimidazione, la violenza fisica e psicologica, l’uso di droghe e la dipendenza dagli sfruttatori per la sopravvivenza.

Come abbiamo accennato all’inizio dell’articolo il Codice penale russo non disciplina in modo soddisfacente lo sfruttamento dei minori a scopo sessuale: l’art. 152 proibisce il commercio dei minori con pene che vanno dai 5 ai 15 anni di detenzione, ma non si fa esplicito riferimento allo sfruttamento sessuale, inoltre il criminale deve essere colto in flagrante o con prove inequivocabili del crimine commesso per poter essere perseguito penalmente.

 

Nell’art. 126 può essere ricompresso anche il sequestro di minore, con pene dai 5 ai 15 anni di detenzione. L’art. 127 disciplina la mera privazione della libertà contro il volere della persona, punibile con la reclusione da 4 a 8 anni.

 

L’art. 165 del Codice di Famiglia della Federazione Russa disciplina le adozioni: la priorità viene data alle famiglie russe; dall’età di 10 anni non è possibile adottare un minore senza il suo consenso. L’adozione internazionale è permessa solo attraverso agenzie straniere accreditate e solo a condizione che dette agenzie facciano dei resoconti periodici sullo stato del minore adottato alle autorità russe.

 

Dal 2001, anno della ratifica del Protocollo addizionale delle Nazioni Unite sulla tratta di persone, la Russia sta cercando di adeguare e rinforzare la normativa a riguardo; nel 2003 sono stati proposti emendamenti in materia nel codice penale, ma questo non è sufficiente; dovrebbero essere previste aspre pene per chi pratica lo sfruttamento sessuale dei minori e per i clienti e soprattutto una forma di tutela o di gratuito patrocinio per chi, vittima dello sfruttamento, non è in grado di pagarsi la difesa di un legale.

 

Alcuni dei centri che offrono programmi di riabilitazione per donne che hanno subito violenze sessuali hanno recentemente attivato un servizio di aiuto psicologico anche per i minori, questi centri si trovano però solo nelle grandi città e non usufruiscono di sovvenzioni statali. A San Pietroburgo il Centro di riabilitazione sociale “Maloohtinsky Dom Trudolubiya” lavora con minori vittime del trafficking, nel 2001 il centro ha lanciato un progetto chiamato “casa sicura”, finora solo un minore è stato reintegrato nella società e la colpa di tale insuccesso può essere attribuita in larga parte alle istituzioni che fino ad oggi hanno ignorato il problema.

 

Anche la Slovacchia come la Repubblica Ceca è un paese di provenienza, di transito e di arrivo. Le destinazioni sono la Repubblica Ceca, il Giappone, la Slovenia e naturalmente molti dei paesi dell’Europa occidentale. Le cause che contribuiscono al dilagare di questa piaga sociale sono la povertà, la disoccupazione e la discriminazione femminile nel mercato del lavoro. L’entrata della Slovacchia nell’UE ha incrementato il traffico al confine con la Germania e l’Austria dove, cadute le barriere doganali, è molto più facile trasportare illegalmente merci e persone. Inoltre in Slovacchia è una pratica diffusa la corruzione tra gli agenti di polizia che favoreggiano i traffici illegali e la prostituzione.

 

Coinvolti nel traffico dei minori sono le comunità Rom, sembrerebbe non essere un caso che il crescente impoverimento tra gli stanziamenti dei Rom nella Slovacchia dell’Est coincida con il crescente sfruttamento dei minori a scopo sessuale in quella zona. E’stato provato che alcune famiglie Rom della Slovacchia dell’Est hanno venduto i loro figli per 5.000 – 8.000 corone per ripagare i loro debiti. I piccoli Rom finiscono spesso nel nord ovest della Boemia e nel sud della Moravia dove vengono sfruttati a scopi sessuali.

 

Il codice penale slovacco proibisce qualsiasi forma di traffico di essere umani allo scopo di prostituzione, sfruttamento, pornografia, lavori forzati, schiavitù, o per il traffico di organi con una detenzione da 3 a 10 anni; con le aggravanti del caso si può arrivare a una detenzione fino a 15 anni (art. 246 c.p.).

 

Lo stesso codice penale è stato riformato nel 2001 con pene più aspre per il crimine di corruzione, pratica diffusa, ricordiamo, tra gli agenti di polizia.

 

Nel mese di gennaio 2003 è stata arrestata una banda criminale di Nove Zamky, nella Slovacchia occidentale, che sfruttava 60 donne come prostitute, molte delle quali minori provenienti da orfanotrofi o famiglie povere. A marzo del 2003 un’altra banda è stata arrestata, altrettante 56 donne sfruttate in Slovenia, di cui molte ancora minorenni.

 

Da gennaio del 2004 sono stati rafforzati i controlli alla frontiera con l’Ucraina. A giugno del 2004 con un operazione congiunta della polizia ceca e slovacca si è scoperto un traffico di 250 donne celato da una fittizia agenzia di modelle; le ragazze venivano ingannate con l’illusione di lavorare come modelle all’estero e poi sfruttate come prostitute in Italia, Austria, Germania, Egitto e Emirati Arabi.

 

Nel 2003 l’International Organization for Migration (IOM) ha lanciato una campagna nella capitale slovacca, Bratislava, finanziata dal governo austriaco, per combattere il trafficking di ragazze slovacche; sono stati aperti 8 centri di supporto psicologico e una linea telefonica attiva 24 ore su 24.

 

Nonostante i vari programmi dell’UE come quello del 2002 STOP II, Agis attivo dal 2003 al 2007, Daphne, lanciato nel 2000 e la Convenzione contro il traffico di esseri umani adottata nel maggio 2005 dal Consiglio d’Europa il traffico di minori nei paesi dell’Europa centrale e orientale sembra ancora fiorente e soprattutto lascia le organizzazioni criminali internazionali agire indisturbate in quella che è stata definita la nuova schiavitù del XXI secolo.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Robert Anderson, “Slovak border police fight losing battle with traffickers on EU’s Eastern front”, Financial Times, 9 dicembre 2004

Joint East West research on trafficking in children for sexual purposes in Europe; the sending countries, a cura di Muireann O’Briain, Anke van den Borne e Theo Noten, ECPAT, Amsterdam, 2004

Martina Pisarova, “Slovak girls kidnapped, sold abroad”, Slovak Spectator, 18 agosto 2000

“Reform drives Slovak Romanies to very bottom of poverty”, Czech News Agency, 29 dicembre 2004

Code of Conduct: www.thecode.org

Council of Europe: www.coe.int

ECPAT International: www.ecpat.net

European Union: http://europa.eu.int/comm/justice_home

Europol: www.europol.eu.int

IFJ: www.ifj.org

IOM: www.io.int

ODIHR : www.osce.org/odihr

Office of the High Commissioner for Human Rights (UNHCHR): www.unhchr.ch

Save the Children: www.savethechildren.net

Terre des Hommes: www.terredeshommes.org

 

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